Archivi del mese: aprile 2014

Recuperati 10 reperti rubati nel 2011 dal Museo Egizio del Cairo

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Anche oggi sono felice di riportare una fantastica notizia che questa volta riguarda, passatemi il termine, un “ri-ritrovamento”. Durante una conferenza stampa, il Ministro degli Interni ha annunciato il recupero di 10 reperti che erano stati trafugati dal Museo Egizio del Cairo durante l’assalto del 28 gennaio 2011. La polizia avrebbe fermato tre uomini collegati a un’agenzia turistica che, evidentemente, non erano riuscire a piazzare una refurtiva così scottante perché gli oggetti in questione sono molto importanti, come una statuetta che ritrae il faraone Tutankhamon (qui a sinistra) e otto ushabti scoperti nella tomba di Yuya e Tuia (KV46), genitori della regina Tiye, sposa di Amenofi III.

La lista dei reperti è la seguente (le immagini sono state prese dal gruppo facebook “Stop the Heritage Drain”):

  1. Statuetta di Tutankhamon, legno ricoperto di foglie d’oro e di bronzo (JE 60713);
  2. ushabti di Yuya, alabastro, 21 cm (JE 68994, JE 373);
  3. ushabti di Yuya, legno dipinto, 22 cm (JE 68987, JE 95367);
  4. ushabti di Yuya, legno di cedro dipinto, 26 cm, la barba posticcia è andata persa (JE 68993, JE 95374);
  5. ushabti di Tuia, legno dorato, 27 cm (JE 68998, JE 95362);
  6. ushabti di Yuya, legno dipinto con strato d’oro sul volto, 26 cm (JE 68989, JE 95371);
  7. ushabti di Yuya, legno con iscrizioni incise, 28 cm (JE 68983, JE 95369);
  8. ushabti di Yuya, legno con frattura sul volto, 21 cm (JE 68992, JE 95358);
  9. ushabti in calcare, epoca amarniana (JE 39590);
  10. statuetta del toro Api, bronzo, epoca greco-romana (JE 29357).

Ora si attende la conferma ufficiale del comunicato stampa.

http://www.youm7.com/News.asp?NewsID=1637680&SecID=65&IssueID=0#.U1-6A4F_sXs

 

 

 

 

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Cachette della XVIII din., ampliamento della notizia

Come promesso, ecco un aggiornamento della sensazionale notizia di qualche minuto fa. Susanne Bickel, direttrice della missione svizzera, ha affermato che la tomba potrebbe far parte della KV40, di cui non si sapeva niente finora. La sepoltura, usata per decenni, dovrebbe appartenere a oltre 50 membri delle famiglie reali di Thutmosi IV e Amenofi III. Un pozzo funerario profondo 6 m porta a 5 camere sotterranee, tra le quali quella centrale e tre laterali conservano le mummie. Le pareti presentano chiari segni d’incendio, forse provocato dalle torce dei tombaroli che, molto spesso, preferivano bruciare i corpi imbalsamati per arrivare prima agli amuleti. Dalla lettura dei testi sulle ceramiche, emergono titoli quali “principe” e “principessa”: 8 almeno sono i nomi di principesse reali sconosciute (come Taemwadjes e Neferunebu), 4 principi e numerose spose straniere e bambini. La tomba è stata poi riutilizzata in un secondo momento nel IX sec. a.C.

http://www.eurekalert.org/pub_releases/2014-04/uob-bei042814.php

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Source: Luxor Times Magazine

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Valle dei Re, Scoperta cachette reale con 60 mummie della XVIII dinastia

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Scoperta straordinaria degli archeologi dell’Università di Basilea che scavano nella Valle dei Re! In una tomba rupestre è stata individuata una cachette con circa 60 mummie appartenenti all’ambiente reale della XVIII dinastia (1543-1292 a.C.). I corpi, alcuni dei quali ben conservati, comprendono anche mummie di bambini accompagnati da sarcofagi lignei, maschere funerarie in cartonnage e numerosi oggetti di corredo. Da uno studio preliminare sulle iscrizioni in ieratico sulle ceramiche, sarebbero emersi i nomi e i titoli di circa 30 defunti, probabilmente le principesse della corte di Thutmosi IV e Amenofi III.

A breve, nuovi dettagli, immagini e una conferma sui nomi.

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La Germania restituirà tre reperti trafugati dall’Egitto

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Source: youm7.com

Il prossimo sabato, la Germania dovrà restituire all’Egitto tre reperti trafugati illegalmente nel 2009. A intercettarli erano state le autorità doganali di Stoccarda durante il tentativo di contrabbando dal Belgio, mentre la decisione finale è stata presa dalla Corte Suprema di Friburgo.

Gli oggetti, che ora si trovano momentaneamente presso il Ägyptisches Museum und Papyrussammlung di Berlino, sono: un piccolo obelisco in calcare di Antico Regno con il nome di Cheope (qui a sinistra), un naos di Nuovo Regno dedicato ad Horus e un rilievo in granito nero di Periodo Tardo che rappresenta una donna e la sua famiglia (vedi immagini in basso).

 

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Source: youm7.com

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Source: youm7.com

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Arrampicati a 14 m d’altezza per la stele di Amenofi IV a Silsila

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Source: gebelelsilsilaepigraphicsurveyproject.blogspot.co.uk

Gebel el Silsila, tra Edfu e Kom Ombo, è il più grande sito di antiche cave d’arenaria d’Egitto estendendosi per 2,5 km su ogni lato del Nilo. Tutta quest’area, una volta conosciuta come Khenu/Kheny, è disseminata di pittogrammi rupestri preistorici, iscrizioni in geroglifico, ieratico, demotico, greco e copto e marchi di cava. L’obiettivo del “Gebel el Silsila Survey Project” è proprio la documentazione fotografica di tutto questo materiale epigrafico, compreso quello più “scomodo” da raggiungere.

Questo è il caso della stele di Amenofi IV (vedi foto) posta a 14 metri d’altezza rispetto all’attuale livello del suolo. Infatti, gli archeologi diretti da Maria Nilsson si sono dovuti arrampicare su scale e ponteggi per copiare e fotografare il testo. La stele celebra l’inaugurazione della cava per il materiale dello “Hut-benben”, tempio solare fatto costruire dal faraone nei pressi di Karnak prima del trasferimento ad Amarna.

http://gebelelsilsilaepigraphicsurveyproject.blogspot.co.uk/2014/04/seven-weeks-in-stela-of-amenhotep-iv.html

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La prima capitale islamica d’Egitto rischia di diventare un giardino

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Source: Save Cairo

Non bastavano furti, scavi abusivi e mercato nero di antichità; ci mancavano solo i progetti di riqualificazione urbana a mettere in pericolo il patrimonio archeologico egiziano. El-Fustat, prima capitale del Paese sotto il dominio islamico, rischia di essere trasformata in un giardinetto pubblico. La città, fondata nel 641 d.C. dal comandante Amr Ibn el-As, corrisponde al nucleo originale della Vecchia Cairo e per oltre 500 anni fu il fulcro dell’ intero Egitto. Il sito, che è stato scavato fino al 2011 da una missione francese, è perfino protetto dall’UNESCO per la presenza di palazzi storici e antiche moschee, tra le quali c’è anche la prima ad essere stata costruita in Africa.

Nonostante ciò, dopo la rivoluzione, l’area è stata funestata dall’abusivismo edilizio ed è diventata un’enorme discarica a cielo aperto (come si vede nella foto a destra) tanto che, negli ultimi anni, il governo avrebbe speso circa 2 milioni di lire egiziane (circa 206.000 €) per sbarazzarsi della spazzatura. Proprio per il malcontento dei burocrati, si sarebbe pensato a istallare qui un “giardino culturale”, in barba all’articolo 20 della Legge sulla Protezione delle Antichità. Ad affermarlo è Sally Soliman, fondatrice del gruppo facebook “Save Cairo”. La decisione è stata presa con il passaggio di proprietà dal Ministero delle Antichità (che non ha mosso alcuna obiezione) al Governatorato del Cairo. In ogni caso, le autorità sono rimaste vaghe e mancano ancora dichiarazioni ufficiali, ma intanto il sito è stato recintato con alte mura ed è stato posto sotto sorveglianza della polizia.

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Scoperta ad Ossirinco antica icona copta di Gesù Cristo

Rimaniamo in ambiente cristiano copto. Dopo, l’articolo sul fantomatico “Papiro della Moglie di Gesù”, c’è un’altra notizia che riguarda il Nazareno. Ad Ossirinco, gli archeologi catalani diretti da Josep Padró (che solo qualche giorno fa erano stati protagonisti della scoperta di due tombe saitiche) avrebbero individuato un’antichissima rappresentazione pittorica di Cristo. L’immagine si trova in una strana struttura quadrata sotterranea alta 3,75 m e con i lati di 8 m. La stanza ipogea è sorretta da quattro pilastri e potrebbe essere un osireion o un serapeo (documentato dai papiri, ma non ancora trovato) poi riutilizzato in età cristiana. Le pareti della cripta sono ricoperte da cinque o sei strati di affreschi, l’ultimo dei quali è pieno di iscrizioni copte del VI-VII sec. Tra i motivi vegetali, c’è anche la figura di un giovane riccio con corta tunica in atto di benedizione con il braccio alzato (vedi immagine a sinistra). Questa iconografia è molto simile a quelle paleocristiane delle catacombe romane che rappresentano Gesù. Padró, infatti, afferma che potrebbe essere una delle prime immagini del Salvatore in Egitto. Forse, la traduzione delle iscrizioni potrà confermare l’ipotesi.

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Il “Vangelo della Moglie di Gesù” è un falso!

papiroVero, Falso, Vero, Vero, Falso… No, non sono le risposte di un quiz per la patente ma le diverse interpretazioni che si sono susseguite sull’autenticità del cosiddetto Vangelo della Moglie di Gesù, frammento di papiro su cui si legge: «Gesù disse loro: “Mia moglie […]». Come per ogni scoperta controversa, era prevedibile un batti e ribatti del genere e avevo volutamente scelto di non parlarne finora perché non completamente convinto della notizia e carente delle basi per analizzarla nel modo adatto. Ripeto, finora, perché pare che Christian Askeland (Institut für Septuaginta- und biblische Textforschung, Università di Wuppertal) abbia trovato le prove che inchiodano il “Vangelo” come falso.

Il clamore era iniziato nel 2012, quando Karen L. King (Harvard Divinity School) aveva annunciato la scoperta durante il Tenth international congress of Coptic studies” proprio a Roma… Apriti cielo! Naturalmente, subito è arrivata la smentita del Vaticano più una serie di commenti scettici da parte di studiosi di tutto il mondo insospettiti dagli errori grammaticali, dall’inchiostro e dal fatto che nessuna lettera sia tagliata dalle fratture (da ignorante nella materia, anche a me era sembrata una coincidenza troppo fortunata). Inoltre, la porzione più importante del testo (evidenziata di rosso nell’immagine: ta-hime, “mia moglie”) sembra volutamente rimarcata con inchiostro più scuro. Altri, invece, meno critici, avevano proposto una traduzione alternativa interpretando la moglie di Cristo come la Chiesa. 

La King (qui il suo articolo sull’ultimo numero dell’Harvard Theological Review) dice di essere stata contattata insistentemente dal collezionista proprietario dai primi anni ’80 del papiro che, però, ha voluto mantenere l’anonimato (due stranezze sospette). Un recente studio ha riacceso i riflettori sul GosJesWif datando l’inchiostro tra il IV e l’VIII sec. (risultati dalla Colombia University, Harvard University e Massachusetts Institute of Technology; solo la University of Arizona è arrivata a una datazione precedente alla nascita di Cristo). Quindi il Vangelo è autentico? No. Tali dati non forniscono una sicurezza del 100%. Inoltre, i falsari avrebbero potuto utilizzare un vero papiro e carbone antico per preparare i pigmenti. Sembra infatti che il testo in copto sia la rielaborazione di frasi prese dal “Vangelo di Tommaso”, documento paleocristiano scoperto in Egitto (a Nag Hammadi) nel 1945.

E qui torniamo alla prova definitiva scoperta da Askeland che prende in considerazione un altro testo, il “Vangelo di Giovanni”, versione in dialetto licopolitano del Qau Codex di Cambridge. Il frammento è stato quasi sicuramente acquistato insieme al GJW perché presenta la stessa calligrafia, stesso inchiostro e stesso strumento di scrittura. Anche la datazione del papiro ha portato a risultati molto simili (VII-IX sec.). Ma, in questo caso, lo studioso americano-tedesco ha individuato la fonte a cui il falsario si sarebbe “ispirato”, l’edizione del Qau Codex di Herbert Thompson (“The Gospel of St. John According to the Earliest Coptic Manuscript”, London 1924). Come si può vedere nella comparazione elaborata da Alin Suciu, corrisponde anche la ripartizione delle linee:

Il GJW, invece, come detto, è la copia rielaborata della pubblicazione in PDF del 2002 di Micheal Grondin del “Vangelo di Tommaso”. In conclusione, sembra che si sia in presenza di un gruppo di falsi realizzati da esperti burloni che hanno preso spunto da documenti realmente esistenti (un po’ come è successo con il “Papiro Tulli” e l’inquietante narrazione di presenze extraterrestri nel cielo che, invece, si è rivelata una bufala costruita con gli esercizi dell’Egyptian Grammar di Gardiner e che è stata sbugiardata da Franco Brussino nella community di egittologia.net). Naturalmente, quest’articolo semplifica molto la questione perché esistono altre motivazioni filologiche e paleografiche che, per chi volesse approfondire, si trovano nei link segnalati nel post.

 

 

 

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Amarna, report della stagione primaverile 2014

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Source: Egyptology News

Barry Kemp, direttore dell’Amarna Project, ha messo a disposizione su Egyptology News un rapporto preliminare sulle attività di scavo e restauro della stagione primaverile 2014 nella capitale di Akhenaton. I lavori si sono concentrati soprattutto sul Grande Tempio di Aton per il quale, sulla base dei risultati degli anni precedenti, ci sono dubbi riguardo l’unicità strutturale (quel che è sicuro è che ci furono due fasi realizzative). In modo particolare, gli archeologi hanno rimossi i cumuli di sterro risultanti dai vecchi scavi di Pendlebury e hanno esteso le trincee del 1932 a 6 nuove aree (quelle contornate in rosso nella mappa).

Tra il materiale ritrovato, molti blocchi presentano rotture intenzionali atte ad eliminare modanature e decorazioni varie, cosa che conferma il riutilizzo della pietra da costruzione, soprattutto nella vicina Ermopoli, una volta abbandonata Akhetaton. E’ stato coperto anche un frammento di statua a grandezza naturale che rappresenta una donna della famiglia reale con una veste riccamente plissettata. Inoltre, è continuata la realizzazione di moderni muri che segnino il perimetro del tempio.

Per il testo integrale del report: http://egyptology.blogspot.it/2014/04/amarna-spring-season-2014-second-report.html

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Scoperta diga greco-romana a Beni Suef

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Ieri, nei pressi della Grotta di Sannur (nella foto si vede l’ingresso), nel governatorato di Beni Suef, è stata individuata un’antica diga risalente al periodo greco-romano. La struttura, costruita in calcare, gesso e mattoni, è lunga 71 m, larga 6 e alta 6 e collegava due colline di 50 metri. La funzione originaria consisteva nella raccolta dell’acqua piovana visto che il sito dista circa 70 km dal Nilo. Nelle vicinanze sono state trovate anche alcune abitazioni e un centro di produzione della ceramica.

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