Archivi del mese: ottobre 2014

I sequel anni ’40 de “La Mummia” (blooper egittologici)

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Il grandissimo successo de “La Mummia” ingolosì a tal punto i produttori della Universal Pictures che furono realizzati, negli anni ’40, quattro film impropriamente definiti sequel dell’originale del 1932. Infatti, nonostante siano stati riciclati scenografia e addirittura spezzoni della pellicola di Freund, la storia non continua quella precedente, ma è una sorta di reboot con personaggi diversi. Si racconta sempre del risveglio di una mummia maledetta, ma è quella del principe Kharis e non più del sacerdote Imhotep; per questo, si parla anche di “Ciclo di Kharis”.

Tale premessa è sufficiente a far capire lo spessore di questa tetralogia che è stata prodotta a bassissimi costi girando lungometraggi di poco più di un’ora che si svolgono in location limitate e che sfruttano, come già scritto, materiale esistente. Non vale la pena presentare un’analisi accurata per questi b-movies, come di solito faccio nella rubrica “blooper egittologici”, e ho deciso di presentarveli tutti insieme con le loro curiosità e divertenti castronerie. Inoltre, ho faticato un po’ a trovarli perché non sono mai usciti nelle sale italiane, quindi è probabile che non li abbiate visti e che non li vedrete nemmeno dopo aver letto l’articolo.

 

“The Mummy’s Hand” (1940)

6a00d8341c630a53ef0133ee4a4479970bCon soli 80.000 $ (per rendersi conto, otto anni prima il budget era stato di quasi 200 mila), Christy Cabanne gira un film che non può nemmeno essere accostato a “La Mummia” (qui potrete vederlo LEGALMENTE in inglese). Tutto è a risparmio: scenografie (in parte riutilizzate), ambientazioni (tre di numero), attori (il divo Boris Karloff è sostituito da Tom Tyler solo perché gli somigliava leggermente) e trucco (come si vede nell’immagine in alto, la mummia sembra portare dei pantaloni e, per quasi tutte le scene, il trattamento del volto è semplificato con una maschera di gomma). Inoltre, all’inizio, per introdurre la storia, vengono montati gli spezzoni del 1932 che raccontano la storia d’amore tra Imhotep e Anck-es-en-amun, la morte della principessa, il sacrilegio del sacerdote e la sua mummificazione forzata. Ovviamente, i primi piani di Karloff sono stati sostituiti con quelli di Tyler (anche per evitare di pagare i diritti di immagine alla star).

Come anticipato, i personaggi cambiano. La principessa si chiama Ananka, mentre la mummia appartiene al principe Kharis, condannato a vigilare sulla tomba della sua amata per l’eternità. Ma a proteggere la tomba c’è anche una setta segreta di seguaci del vecchio culto guidata dal sacerdote del dio Karnak (non serve che puntualizzi, vero?) Adhoneb. Quando due archeologi disoccupati, l’eroico Steve Banning (Dick Foran) e il comico Babe Jenson (Wollace Ford), grazie a un vaso acquistato in un mercato al Cairo, risalgono all’esistenza della sepoltura, Adhoneb fa risvegliare la mummia di Kharis con una pozione magica. La mummia uccide alcuni membri della missione, tra cui il direttore del Museo Egizio del Cairo, il Dott. Petrie (un chiaro riferimento a Flinders Petrie, grande egittologo britannico e padre della moderna archeologia), e rapisce la bella figlia del finanziatore dello scavo, rispettando uno dei più famosi stereotipi degli horror classici. Come Anck-es-en-amun, anche Ananka (e apprezzate l’allitterazione!) ha bisogno del sacrificio di una giovane in cui reincarnarsi, ma i due archeologi riescono a fermare il piano sparando al sacerdote e dando la mummia alle fiamme. Il film termina con i tre che tornano in America insieme al corpo della principessa e al suo corredo funebre.

L’effetto comico della coppia di egittologi fu così riuscito che, nel 1955, “The Mummy’s Hand” venne parodiato da un film di Gianni e Pinotto, “Il mistero della piramide” (Abbott and Costello Meet the Mummy”), sempre prodotto dalla Universal.

 

“The Mummy’s Tomb” (1942)

The Mummy's TombLa formula sembra funzionare, così la Universal decide di lanciare un seguito affidandolo a Harold Young, che occupa buona parte dei 61 minuti del film con spezzoni de “La Mummia” e “The Mummy’s Hand” più altro materiale d’archivio. Vedendo il finale precedente, è chiaro che la realizzazione di “The Mummy’s Tomb” non fosse prevista. Infatti, ci sono dei colpi di scena stiracchiati per far stare in piedi la trama: sono passati 30 anni dalla scoperta della tomba di Ananka e si viene a scoprire che Adhoneb (George Zucco) non è morto per le pallottole di Jenson (qui, inspiegabilmente diventa Hanson) e, desideroso di vendetta, invia negli USA il suo successore, Mehmet Bey (stesso cognome fittizio adottato da Imhotep nella Mummia originale), e la mummia di Kharis (che sembra non avere nemmeno una bruciacchiatura, ma tanto farà la stessa fine) per uccidere tutti i componenti rimasti della missione archeologica di Banning e i loro discendenti (avranno viaggiato in prima classe?). Il sacerdote si fa assumere come guardiano del cimitero di Mapleton, Massachusetts, dove somministra l’elisir di foglie di tana alla mummia e la fa risorgere. Il mostro, da qui in poi impersonato da Lon Chaney Jr., è ancora più impacciato trascinando la gamba sinistra e piegando perennemente il braccio destro contro il petto; ma, nonostante ciò, riesce a strangolare l’ormai anziano Banning e altre persone. Hanson avverte tutti, senza essere creduto, che gli omicidi sono opera di Kharis, fino a quando alcuni esami su una sostanza grigia trovata nei luoghi del delitto rilevano muffa di mummia… Poi, Bey fa rapire Isobel, la fidanzata del figlio dell’archeologo, per continuare la stirpe reale, ma lo sceriffo spara al sacerdote e un’orda inferocita armata di torce intrappola la mummia dando fuoco all’abitazione dove si trova (ogni riferimento a Frankenstein è puramente casuale). Happy end con la fine della maledizione e il matrimonio tra Isobel e John Banning.

La storia di “The Mummy’s Tomb”, insieme a quella di “The Mummy’s Hand”, verrà ripresa nel 1959 dalla Hammer Film Production per la sceneggiatura di “The Mummy”.

 

“The Mummy’s Ghost” (1944)

ImmaginefTerzo film della serie e unico a non utilizzare flashback. Un punto a favore di Reginald Le Borg e della sua originalità? No, semplicemente mancanza di volontà nel dare spiegazioni che colleghino la storia di “The Mummy’s Ghost” a ciò che era successo prima. In ogni caso, siamo negli anni ’70 e il decrepito Adhoneb, questa volta sacerdote di Arkham (???), invia in America un nuovo adepto, Yousef Bey, a riprendersi le mummie di Kharis e Ananka. Intanto, il Prof. Norman, egittologo di Mapleton, compie degli esperimenti con le mistiche foglie di tana studiando antichi geroglifici, ma Kharis appare (non chiedetevi il perché, Bey non è nemmeno ancora negli USA) strangolandolo. Il sacerdote e la mummia si recano presso un inventato “Scripps Museum” di New York (vedi immagine), dove è conservato il corpo della principessa e tutto il suo corredo, ma improvvisamente i resti di Ananka si polverizzano perché l’anima si reincarna in Amina Mansouri (Ramsay Ames), giovane studentessa di storia di origini egiziane. Kharis non la prende bene e, con un’inaspettata agilità, distrugge tutti i reperti esposti e uccide una guardia. Yousef capisce tutto e torna a Mapleton dove Amina, ipnotizzata, sviene ed è rapita dalla mummia. Ma succede che entrambi i cattivoni s’innamorano della ragazza e si sa… tra i due litiganti, il mostro immortale super potente gode; Bey vola dalla finestra e Kharis se ne va con la donna. Da qui in poi, ci sono scene trite e ritrite: l’orda inferocita di abitanti del luogo insegue la creatura, la creatura fugge nella foresta con la bella, la creatura viene fermata e uccisa, la bella viene salvata. No, un momento, colpo di scena! Amina muore! Mentre è tra le braccia della mummia, invecchia di colpo di 3000 anni e i due s’inabissano per sempre (in realtà, come vedremo, solo per qualche anno) in una palude.

 

“The Mummy’s Curse” (1944) 

The_mummy's_curseSempre nel 1944, esce il quarto ed ultimo (meno male!) episodio del “Ciclo di Kharis” e tornano i lunghi flashback di seconda/terza mano (qui il film completo in inglese). Il regista Leslie Goodwins fa ripartire la storia a 25 anni dagli ultimi eventi (quindi dovremmo essere intorno al 1995, ma non c’è alcun tentativo di rappresentare il futuro) in Louisiana dove, durante alcuni lavori di dragaggio di un fiume, viene ritrovata la mummia di Kharis. Come sia finita lì dal Massachusetts è un mistero perché ce n’è di strada da fare! Sul cantiere, si presentano due studiosi dello Scripps Museum in cerca delle mummie perdute, ma uno dei due, Ilzor Zandaab (Peter Coe), altro non è che l’ennesimo sommo sacerdote che non lascia in pace il povero principe maledetto. Ilzor, insieme a un suo sottoposto, porta la mummia nelle rovine di un monastero abbandonato e, con la solita pozione, la riporta in vita. Nel frattempo, anche Ananka, impersonata qui da Virginia Christine, si risveglia sbucando lentamente dal fango in quella che probabilmente è la sequenza più horror dell’intera tetralogia. Nonostante fosse invecchiata alla fine del film precedente, la principessa rinasce giovane e attraente e, dopo un bagno nel fiume, anche truccata e pettinata. La ragazza non ricorda niente e vaga in stato di shock tra gli arbusti fino a quando un operaio la trova e la porta nella locanda del posto. Ma nel locale rimane per poco perché Kharis la trova e, dopo aver lasciato in giro qualche cadavere, la trascina verso il monastero. Lì, intanto, scoppia una colluttazione tra Zandaab e il suo discepolo, ora pentito, Ragheb che scatena l’ira della mummia. Come abbiamo visto, l’agilità non è la prima qualità della creatura e, infatti, durante la lotta, abbatte un muro portante facendo crollare la struttura che seppellisce tutti ponendo fine, questa volta definitivamente, alla maledizione. Infine, la gente accorsa trova Ananka chiusa nel sarcofago di nuovo avvizzita.

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Tombaroli scoprono tempio di Thutmosi III

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Source: english.ahram.org.eg

Il ministro El-Damaty ha annunciato che la Polizia per il Turismo e le Antichità ha arrestato sette uomini intenti a scavare abusivamente a Houd Zelikha, distretto di El-Badrashin (40 km a sud della Piana di Giza). I sospetti fermati, tra cui ci sono due Palestinesi, stavano cercando antichità da rivendere al mercato nero sotto le proprie case nel sito di Tell al-Aziziya, quando si sono imbattuti in un tempio di Nuovo Regno.

Continuando le indagini, gli ispettori del Ministero delle Antichità hanno scoperto che il tempio risale a Thutmosi III (1479-1434). Infatti, sotto 9 metri di acqua e fango, sono affiorati sette rilievi con geroglifici che presentano il cartiglio del faraone (vedi immagine a sinistra), oltre a due basi di colonna in granito rosa e una statua colossale alta 2,5 m, sempre in granito, che rappresenta il sovrano seduto in trono.

I reperti sono stati portati nei magazzini di Saqqara per essere restaurati e studiati, mentre l’area è stata dichiarata sito archeologico sotto tutela dove presto inizierà uno scavo ufficiale.

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Inaugurata presso l’Accademia d’Egitto a Roma la mostra su Tutankhamon

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Source: ilmessaggero.it

Ieri (28 ottobre), alla presenza del ministro della Cultura Gaber Asfour e dell’ambasciatore egiziano in Italia Amr Helmy, è stato riaperto ufficialmente il museo dell’Accademia d’Egitto a Roma. Il museo era stato chiuso nel 2013, quando il governo egiziano si riprese tutti i reperti originali che erano esposti nei locali di via Omero 4, nel cuore di Villa Borghese. Da oggi, invece, per due anni, ospiteranno la mostra intitolata “La misteriosa scoperta della tomba di Tutankhamon” che comprende una trentina di copie autenticate dal MSA  del corredo della KV62. Dal lunedì al venerdi, dalle 10 alle 17, i visitatori potranno ammirare riproduzioni perfette di alcuni tra gli oggetti più famosi del Tesoro di Tutankhamon, come la maschera funeraria e il sarcofago d’oro, la cassetta in alabastro con i quattro vasi canopi e uno dei carri da guerra.

Dal 30 ottobre fino al 16 novembre, invece, una parte dei pezzi della mostra sarà spostata presso il Salone Centrale del Vittoriano insieme ad opere di giovani artisti dell’Accademia. Anche questo evento, incluso nell’ambito di “Roma verso Expo”, sarà inaugurato dal ministro Asfour e darà il via alle relazioni culturali che porteranno all’Anno dell’Egitto in Italia (2015) e all’Anno dell’Italia in Egitto (2016). Attesissima è anche la messa in scena dell’Aida ai piedi delle piramidi di Giza il 16 dicembre.

Per altre foto della mostra: http://foto.ilmessaggero.it/CULTURA/foto/0-82119.shtml#0

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“Riletta” tecnologicamente l’iscrizione dell’Obelisco di File

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Source: collectingegypt.blogspot.it

Mentre il lander Philae si appresta a sbarcare sulla cometa 67P/Churyumov–Gerasimenko, a circa 500 milioni di km di distanza, nel Dorset, il monumento che dà il nome al robot torna ad essere studiato. Negli ultimi giorni, ricercatori del Centre for the Study of Ancient Documents (Oxford University) stanno analizzando le iscrizioni dell’Obelisco di File utilizzando le ultime tecnologie di imaging. Scoperto sull’isola nilotica nel 1815, il monolite venne acquistato da William John Bankes che lo fece portare da Belzoni, nel 1820, nella sua tenuta di Kingston Lacy. L’esploratore inglese aveva notato il nome di Tolomeo e Cleopatra nella doppia iscrizione, in greco e geroglifico, sul granito rosa; in effetti, la sua ipotesi fu confermata da Champollion che sfruttò quest’intuizione, insieme alla lettura della Stele di Rosetta, per la decifrazione della lingua egizia.

Il testo, redatto intorno al 118/117 a.C. sotto Tolomeo VIII, presenta anche i cartigli delle regine Cleopatra II e III e celebra una’agevolazione fiscale nei confronti dei sacerdoti di File. Delle due parti, quella in greco è la più danneggiata risultando quasi illeggibile. Così, lo studio della squadra della Dott.ssa Jane Masséglia consiste proprio in un record epigrafico completo possibile solo grazie al Reflectance Transformation Imaging (RTI), tecnica fotografica che crea un’immagine composita tridimensionale della superficie che si sta trattando.

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Spondilite anchilosante o DISH? Diagnosi sulle mummie reali

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Source: commons.wikimedia.org

Diagnosi contrastanti per pazienti illustri. Fino a poco tempo fa, vecchie analisi ai raggi X erano utilizzate come prova della presenza di tracce di spondilite anchilosante nelle mummie di Amenofi II (1387-1348), Ramesse II (1279-1212) e Merenptah (1212-1202; vedi immagine). La SPA è una malattia reumatica infiammatoria cronica che colpisce soggetti geneticamente predisposti, soprattutto giovani, e che può portare alla fusione delle vertebre.

Questi risultati, però, sarebbero messi in discussione da un nuovo studio condotto dalla Dott.ssa Sahar Saleem (Fac. di Medicina dell’Università del Cairo) e dall’arcinoto Zahi Hawass. Analizzando 17 mummie reali dalla XVIII alla XX dinastia, questa volta utilizzando le moderne TAC, non si riscontrerebbero segni di fusione nelle articolazioni della schiena o erosione di quelle sacroiliache del bacino; al contrario, in quattro casi, nei corpi di Amenofi III (1387-1348), Ramesse II, Merenptah e Ramesse III (1185-1153), sarebbe stata individuata la Iperostosi Scheletrica Idiopatica Diffusa. La DISH, a uno sguardo disattento, potrebbe somigliare alla SPA, ma è una condizione degenerativa che colpisce in età avanzata. In questo modo, quindi, sarebbe confutata l’ipotesi di un’antica origine della spondilite anchilosante.

Ma per dettagli più tecnici, che esulano dalla mia formazione, vi rimando all’articolo originale sull’ultimo numero di Arthritis&Rheumathology.

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Chiusa per restauro la Tomba di Tutankhamon

Tuatankamon-1Mentre i media di tutto il mondo stanno impazzendo per l’ultima – e tutt’altro che originale – ricostruzione virtuale del volto di Tutankhamon (realizzata per un documentario della BBC), in Egitto, Youssef Khalifa, Capo del Dip. delle Antichità Egizie presso il Ministero delle Antichità, ha annunciato che la tomba del giovane faraone, la KV62, resterà chiusa dal 1 Novembre al 15 Dicembre per lavori di restauro. Si tratta di operazioni di routine affidate al Getty Conservation Institute che si occuperà solo delle pitture delle pareti interne e non della mummia che, in questi giorni, è stata già messa abbastanza sotto i riflettori.

Vi ricordo che, per motivi di conservazione, la tomba è già destinata ad essere chiusa al pubblico e ad essere sostituita da una replica perfetta che, attualmente, si trova all’imbocco della Valle dei Re, dietro la Carter’s House. Per maggiori informazioni sulla KV62: http://www.thebanmappingproject.com/

Aggiornamento (4/11/2014):

Il Ministro El-Damaty, oggi in visita alla Valle dei Re, ha deciso di spostare la chiusura della tomba di Tutankhamon alla fine della stagione turistica.

 

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L’Egitto recupera 15 reperti dall’Inghilterra e ne chiede 35 agli USA

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Source: english.ahram.org.eg

Giorni particolarmente intensi per i funzionari del Dipartimento Recupero Antichità (DAR). Sono parecchi, infatti, i casi di reperti egizi che, nell’ultima settimana, sono stati rimpatriati o richiesti ufficialmente a nazioni straniere.

Ma partiamo con un successo: dopo oltre un anno di trattative diplomatiche, 15 pezzi sono tornati in Egitto da Londra. Nel maggio 2013, l’Interpol era stata avvertita dell’illegittimità di vendita di 200 lotti in un’asta di Bonham’s e di 6 in una di Christie’s. Tra quelli restituiti ci sono: un frammento in granito rosso che mostra un prigioniero, parte di una statua di Amenofi III recentemente scoperta a Kom el-Hittan (Tebe Ovest); due pezzi di cartonnage dipinti rubati dal magazzino della missione del Louvre a Saqqara; una placchetta antropomorfa (vedi immagine a sinistra) fatta sparire dal museo di Qantara Est; una testa di cobra in calcare dipinto; 6 amuleti e una serie di frammenti di statua in calcare di Medio e Nuovo Regno. Questi reperti saranno restaurati ed esposti temporaneamente presso il Museo Egizio del Cairo.

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Source: MSA

Meno sforzi per un sedicesimo oggetto che sarà restituito volontariamente dal proprietario. L’uomo, di origine tedesca ma residente in Sud Africa, ha consegnato all’ambasciata egiziana a Pretoria un ushabti in faience (immagine in alto) che la madre aveva acquistato nel 1959 a Luxor.

Rimangono numerose, però, le aste che continuano a vendere antichità egizie dall’origine dubbia. Ad esempio, il governo egiziano ha presentato una richiesta ufficiale, al momento inascoltata, a Washington per bloccare l’asta online dell’Artemis Gallery (Pennsylavania) che, tra ieri e oggi, piazzerà 35 reperti faraonici. Secondo Ali Ahmed, Direttore Generale del DAR, questi lotti sarebbero il frutto di scavi abusivi. Cliccando il seguente link è possibile vedere l’andamento delle offerte: https://artemisgallery.infinitebidding.com/?method=getCatalogLots&catalogref=4B59RG6KZW&page=1&orderby=1

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Scoperto altro sarcofago in una casa dell’Essex

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Source: dailymail.co.uk

L’Essex, contea inglese a NE di Londra, deve essere un posto pieno di antiquari e collezionisti perché basta entrare in una vecchia casa per trovarsi di fronte a un sarcofago egizio! Dopo il coperchio di XXV dinastia scoperto lo scorso agosto a Bradwell-on-Sea, è spuntata fuori una bara antropomorfa (immagine a sinistra), questa volta completa, nel soggiorno di un pensionato di Colchester. Sono le stesse anche le modalità del ritrovamento fortuito compiuto da Gina Vince, esperta inviata dalla Reeman Dansie Auction House a valutare lo stabile prima della vendita.

Il sarcofago ligneo, risalente al 1000 a.C. circa, apparteneva a una donna. Alto circa 1,80 m, presenta ancora tracce della pittura esterna e geroglifici incisi all’interno, mentre il volto è coperto da stucco dipinto. Ancora non è chiaro come il reperto sia finito lì; in ogni caso, verrà messo all’asta il prossimo 24 novembre con una valutazione di 6000 £.

Aggiornamento (26/11/2014):

Il sarcofago è stato venduto per 13.500 sterline (circa 16.400 euro).

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Ripetuto ancora ad Abu Simbel il “Miracolo del Sole”

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Come ogni anno, anche oggi, ad Abu Simbel, si è ripetuto lo spettacolare fenomeno chiamato “Miracolo del Sole”. Alle prime luci dell’alba, i raggi solari hanno varcato l’ingresso del Tempio Maggiore e hanno attraversato tutta la struttura fino a raggiungere le statue di Ptah, Amon-Ra, Ramesse II e Ra-Harakhti che sono nel Sancta Sanctorum. Qui, in realtà, le divinità ad essere illuminate sono state tre con Ptah, dio ctonio, lasciato al buio.

La particolarità del fenomeno è che solo per due volte l’anno, il 22 febbraio e il 22 ottobre, l’angolazione dell’asse terrestre permette alla luce di arrivare in fondo al tempio e, in modo particolare, sull’effige di Ramesse II divinizzato, illuminata per circa 20 minuti. Nonostante il nome con cui la gente lo ha ribattezzato, quest’evento non ha niente di sovrannaturale, ma è il frutto dei precisi calcoli degli antichi architetti che lo avevano previsto per il 20 febbraio (inizio della raccolta) e per il 20 ottobre (fine della piena del Nilo). Lo spostamento del complesso templare, terminato nel 1968 grazie all’intervento dell’UNESCO, ha mantenuto questa peculiarità, anche se ha comportato lo slittamento di due giorni.

Il video del fenomeno dal canale dell’ente egiziano di promozione turistica:

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Varsavia, inaugurata la nuova Galleria di Faras

Lo scorso 18 ottobre, in Polonia, presso il Museo Nazionale di Varsavia, è stato inaugurato il nuovo allestimento della “Galleria di Faras”, unica esposizione  europea con pitture medievali nubiane. I 67 frammenti di intonaco dipinto appartenevano alla cattedrale di Faras (VIII-XIV sec.), l’antica Pachoras, già sede vescovile nel VII secolo e florida città del regno cristiano di Nobazia (nord della II Cataratta).

La chiesa venne scoperta dalla missione polacca diretta da Kazimierz Michałowski, a cui è intitolata la galleria, durante gli scavi di emergenza lanciati dall’UNESCO per salvare i siti minacciati dalle acque del Lago Nasser. Proprio perché l’area sarebbe stata sommersa, le pitture sono state staccate e, in parte, nel 1972, regalate dal governo sudanese alla Polonia per l’impegno profuso. L’altra metà dei frammenti è conservata presso il Museo Nazionale del Sudan a Khartoum.

L’allestimento prevede una ricostruzione in scala della cattedrale con la navata centrale, le cappelle laterali e il nartece. I dipinti sono posizionati in base alla loro effettiva collocazione originale e sono accompagnati da ricostruzioni 3D anche di quelli che si trovano a Khartoum. I visitatori potranno apprezzare anche gli oggetti del corredo delle tombe dei vescovi e una corposa collezione di ceramiche nubiane e egiziane copte ritrovate negli scavi di Faras, Dongola e dell’area della IV Cataratta.

http://www.mnw.art.pl/en/collections/permanent-galleries/faras-gallery/

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