Archivi del mese: luglio 2015

Middle Kingdom Studies 1: “The World of Middle Kingdom Egypt (2000-1550 BC)”, Volume I

9781906137434Interessante novità editoriale tutta incentrata su un’epoca della storia faraonica che, strano a dirsi, è piuttosto snobbata. Quando si parla di Egitto, la gente pensa subito alle grandi piramidi di Antico Regno e alle tombe di Nuovo Regno della Valle dei Re. Quindi, sembra che il grande pubblico, ma anche molti studiosi, si sia dimenticato del Medio Regno. Per ovviare a questa lacuna, Gianluca Miniaci  e Wolfram Grajetzki, esperti del periodo, hanno ideato una nuova serie di pubblicazioni dove far confluire interventi di egittologi di tutto il mondo su archeologia, storia dell’arte, religione e lingua: “Middle Kingdom Studies”. La vera novità, però, consiste nell’abolizione della rigida divisione temporale classica che si limita alla fine della XI e alla XII dinastia a beneficio di un allargamento al I e al II Periodo Intermedio. In totale, quindi, viene coperto un range cronologico che va dal 2000 al 1550 a.C. circa.

 

Gli articoli del primo numero (http://www.goldenhp.co.uk/index2.htm) sono i seguenti:

  • Burial Assemblages of the Late Middle Kingdom, Shaft-tombs in Dahshur North Masahiro Baba, Ken Yazawa
  • Stone Objects from the Late Middle Kingdom Settlement at Tell el-Dabʻa, Bettina Bader
  • The Statue of the Steward Nemtyhotep (Berlin ÄM 15700) and some Considerations about Royal and Private Portrait under Amenemhat III, Simon Connor
  • Thoughts on the Sculpture of Sesostris I and Amenemhat II, Inspired by the Meket-re Study Day, Biri Fay
  • London BM EA 288 (1237) – a Cloaked Individual, Biri Fay
  • Neferusobek Project: Part I, Biri Fay, Rita E. Freed, Thomas Schelper, Friederike Seyfried
  • A Torso gets a Name: an Additional Statue of the Vizier Mentuhotep?, Rita E. Freed
  • Three Burials of the Seventeenth Dynasty in Dra Abu El-Naga, José M. Galán, Ángeles Jiménez-Higueras
  • A Middle Kingdom Stela from Koptos (Royal Pavilion & Museums, Brighton & Hove HA282043), Wolfram Grajetzki
  • Hathor and her Festivals at Lahun, Zoltán Horváth
  • King Seankhibra and the Middle Kingdom Appeal to the Living, Alexander Ilin-Tomich
  • A unique Funerary Complex in Qubbet el-Hawa for Two Governors of the Late Twelfth Dynasty, Alejandro Jiménez Serrano
  • In the Realm of Reputation: Private Life in Middle Kingdom Auto/biographies, Renata Landgráfová
  • The So-called Governors’ Cemetery at Bubastis and Provincial Elite, Tombs in the Nile Delta: State and Perspectives of Research, Eva Lange
  • The Archetype of Kingship Who Senwosret I claimed to be, How and Why?, David Lorand
  • Tracing Middle Kingdom Pyramid Texts Traditions at Dahshur, Antonio J. Morales
  • New Approaches to the Study of Households in Middle Kingdom and Second Intermediate Period Egypt,  Miriam Müller
  • The (social) House of Khnumhotep, Melinda G. Nelson-Hurst
  • Scribes of the Gods in the Coffin Texts, Rune Nyord
  • The Significance of the Hieroglyph  ‘The Egg with the Young Bird Inside, Mohamed Gamal Rashed
  • The Canopic Chest of Khakheperreseneb/Iy – Louvre E 17108, Patricia Rigault
  • I am a Nbt-pr, and I am Independent Danijela Stefanović, Helmut Satzinger
  • Garstang’s El Arabah Tomb E.1, Angela M. J. Tooley
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Wadi el-Hudi (Assuan), Scoperte tre stele inscritte di Medio Regno

Source: MSA

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Nel sito di Wadi el-Hudi, 35 km a SE da Assuan, la missione americana diretta da Kate Liszka (Princeton University) e Bryan Kraemer (University of Chicago) ha individuato tre stele in granodiorite con inscrizioni geroglifiche che le datano al Medio Regno. L’area era sfruttata per le miniere di ametista almeno da Mentuhotep IV, ultimo re della XI dinastia (2001-1994), fino al periodo romano. I testi di due delle stele, infatti, recano il cartiglio di Sesostri I (1964-1919) e potrebbero parlare di una spedizione del 28° anno di regno del faraone nel Deserto Orientale con lo scopo di procurarsi la bella gemma viola. Tuttavia, le incisioni sono ormai quasi completamente erose e ci vorrà la tecnica fotografica della Reflectance Transformation Imaging (RTI) per riuscire a leggerne tutto il contenuto.

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Al via le aperture notturne della Valle dei Re e dei templi di Luxor

Source: pinterest.com/pin/513621532473586286/

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A Luxor, il sistema d’illuminazione e videosorveglianza annunciato un mese fa dal ministro El-Damaty è, nonostante l’iniziale scetticismo, effettivamente pronto e, stasera, saranno inaugurate le visite notturne ad alcuni tra i principali monumenti della città. I turisti, da oggi in poi, potranno entrare dalle 6:00 alle 23:00 nel Tempio di Luxor, nel Ramesseum e nel Tempio di Hatshepsut a Deir el-Bahari oltre che nelle tombe di Seti I (KV 17), Ramesse IV (KV 2) e Ramesse VI (KV 9) nella Valle dei Re (vedi foto). Con l’orario invernale, invece, l’apertura dei siti verrà prolungata solo fino alle 21:00.

Variazioni di orario ci saranno anche per il Luxor Museum che, dal 1 agosto, resterà aperto al pubblico anche nel pomeriggio, dalle 17:00 alle 21:00.

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Presentate le ultime scoperte della missione polacco-americana a Berenice

Photo by S.E. Sidebotham

Photo by S.E. Sidebotham

Il ministro El-Damaty ha presentato i risultati dell’ultima campagna (20 dicembre 2014 – 9 febbraio 2015) del Berenike Project” diretto da Steven Sidebotham (University of Delaware) e Iwona Zych (Uniwersytet Warszawski). Il corposo team internazionale lavora dal 1996 a Berenice, importantissima città portuale fondata nel 275 a.C. da Tolomeo II (285-246) come punto di partenza dalla costa del Mar Rosso (più o meno, all’altezza di Assuan) per le spedizioni commerciali verso il Corno d’Africa, l’Arabia e l’India. Durante lo scorso inverno, è stata portata avanti una ricognizione con prospezioni geomagnetiche e sono state scavate 12 trincee esplorative, soprattutto nell’area industriale e in corrispondenza di un tempio romano tardo, cosiddetto “di Serapide”.

Photo by

Photo by S.E. Sidebotham

Nel primo caso, è stato individuato l’ennesimo impianto per lo smontaggio e la riparazione delle navi, risalente al I sec. d.C. e riconoscibile grazie alla presenza di legname e corde. Da questa zona, proviene anche una bellissima gemma ovale in corniola del I sec. a.C., una volta incastonata in una collana o in un anello, con incisa la figura di una divinità femminile (vedi immagine a sinistra). Nel tempio di III sec. d.C., invece, sono state scoperte diverse iscrizioni dedicatorie monumentali dei tempi di Settimio Severo (193-211) e Caracalla (211-217), numerose stele egittizzanti e il frammento di una stele di Medio Regno con il il cartiglio di Amenemhat IV (1809-1800, in alto a sinistra), ritrovamento che attesta una frequentazione della città molto più antica rispetto alla fondazione greca. Inoltre, sono state scavate anche opere difensive tolemaiche e idrauliche romane e tre tombe del I sec. d.C., due maschili e una femminile.

Per maggiori informazioni: http://honorfrostfoundation.org/wp/wp-content/uploads/2015/03/Report-to-the-Honor-Frost-Foundation-on-the-winter-2014.pdf

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Scoperti magazzini ramessidi a Sais

Source: MSA

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La missione congiunta dell’Egypt Exploration Society e della Durham University, in collaborazione con il Ministero delle Antichità, ha scoperto una serie di magazzini di tarda età ramesside (fine XX din., XII sec. a.C.) a Sa el-Hagar, l’antica Sais, capoluogo del V nomo del Basso Egitto (Delta occidentale) e capitale delle dinastie XXIV (727-715) e XXVI (664-525). Una delle strutture, di 6 x 6 metri, conteneva una gran quantità di ceramica per la preparazione e la conservazione dei cibi (vedi foto) oltre ad anfore cananee. Un deposito simile deve essere ancora scavato. Nelle vicinanze, sono state individuate anche le tracce di silos in mattoni crudi per lo stoccaggio dei cereali. Secondo Penny Wilson, direttrice della missione che lavora nell’area dal 1997, il soffitto dei magazzini sarebbe crollato a causa di un evento naturale che avrebbe portato alla distruzione dell’intera città di Nuovo Regno, sulle macerie della quale si è poi istallata una successiva occupazione di III Periodo Intermedio. Grazie a questo studio, infatti, si è visto che, prima della capitale di Psammetico I, di cui non rimane quasi niente, esistevano almeno due fasi d’urbanizzazione.

http://community.dur.ac.uk/penelope.wilson/sais.html

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Luxor, Scoperto lino dipinto con cartiglio di Tolomeo XII, padre di Cleopatra VII

Settimana caratterizzata da grandi risultati di archeologi polacchi in Egitto. Dopo la scoperta delle sepolture neolitiche di Gebel Ramlah e quelle di Tell el-Farcha (in realtà frutto della missione del 2014, ma annunciate come recenti pochi giorni fa dal Ministero delle Antichità), interessanti news arrivano dalla necropoli di Sheikh Abd el-Qurna, Tebe Ovest. Il team diretto da Andrzej Ćwiek (Adam Mickiewicz University e Museo Archeologico di Poznań), tra il 5 febbraio e il 1 marzo 2015, ha trovato un raro frammento di lino dipinto in inchiostro nero con tre colonne di geroglifici che riportano i cartigli di Tolomeo XII (80-58, 55-51 a.C.), padre di Cleopatra VII, e il nome di Iside con alcuni epiteti poco leggibili. La scoperta è avvenuta durante la pulizia di un pozzo profondo 18 metri appartenente a una tomba (MMA1152) di Medio Regno riutilizzata come sepoltura nel III Periodo Intermedio e in Epoca Tarda e, infine, nel VI sec. d.C., come abitazione da monaci copti. Secondo Ćwiek, sarebbero stati proprio questi eremiti a portare lì il telo dalle rovine di un vicino tempio, probabilmente quello di Hathor di Deir el-Medina dove è effettivamente presente anche il nome del sovrano tolemaico. Il faraone potrebbe aver fatto dono al tempio di un velo usato per coprire la statua di una divinità, poi riciclato in età cristiana per scopi ben più pratici e “casalinghi”. Nel pozzo sono stati individuati anche numerosi frammenti di ceramica faraonica e copta, mattoni crudi, perline, amuleti, ushabti, frammenti di cartonnage, corde e ossa umane e animali. Le camere ipogee, invece, saranno indagate dal prossimo febbraio.

http://www.polacynadnilem.uw.edu.pl/sezony/2014-2015/misje-polskie-egipt/245-szejch-abd-el-gurna-szejch-abd-el-gurna/

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“L’Egitto di Provincia”: Expo Milano 2015

Source: expo2015.org

Source: expo2015.org

La parola “provinciale”, se ci si riferisce al suo significato connesso ai limiti, geografici e non, di un preciso territorio, ha come ovvio contrario “universale”, cioè ciò che riguarda l’umanità intera. Così, potrebbe sembrare un controsenso parlare, in questa rubrica, proprio di un’esposizione mondiale; ma, descrivendo tutte le collezioni egizie minori d’Italia, il mio intento era segnalarvi la presenza di reperti nilotici nei posti più inaspettati e anche all’Expo2015 di Milano, fino al 31 ottobre, sarà possibile trovarne alcuni. Il tema ufficiale di quest’anno è “Nutrire il pianeta, energia per la vita”, l’alimentazione vista in ogni suo aspetto, dall’educazione alimentare al problema della fame nel mondo, dagli OGM ai prodotti tipici nazionali e regionali. Tra gli argomenti affrontati nell’evento, c’è anche la storia dell’uomo raccontata attraverso il suo rapporto con il cibo e lo sfruttamento delle risorse naturali.

La ricerca del cibo è da sempre uno dei nostri bisogni primari che ha influenzato la nostra evoluzione fisica, tecnologica e culturale. Nell’illustrare i passi dell’uomo, dalle prime società di cacciatori-raccoglitori alla produzione industriale in serie dei beni alimentari, non poteva mancare l’Egitto, una delle prime grandi civiltà agricole della storia. Testi scritti, scene dipinte, reperti organici perfettamente conservati dal particolare clima caldo-secco fanno sì che si conosca molto delle tecniche di coltivazione e allevamento, dei prodotti utilizzati e perfino delle ricette (a questo proposito, consiglio la lettura di “Piramidi e pentole”). Non è un caso, quindi, che una piccola coppa proveniente dal Museo Egizio di Torino (a sinistra, n° catalogo: S. 01825) sia diventata il simbolo del Padiglione Zero e sia stata riprodotta con una gigantografia del diametro di 7 metri proprio sulla facciata dell’edificio all’ingresso del Sito Espositivo (vedi foto in alto). La scelta di quest’oggetto è dipesa sia dalla sua antichità (Naqada I, 3900-3650 a.C. circa) che dal motivo decorativo che vede un uomo stilizzato al centro del mondo vegetale e animale. L’apporto del museo torinese non si esaurisce qui. Sempre per lo stesso padiglione, sono stati prestati alcuni reperti che si aggiungono ai recipienti di altre epoche esposti nella sala “Raccogliere, trasportare, conservare, trasformare”, l’unica con del materiale archeologico: da Gebelein, una forma per pane (S. 13960) in terracotta risalente alla V dinastia (2435-2305 a.C.) e un sacchetto miniaturistico per granaglie (S. 13688), realizzato in corde intrecciate nel I Periodo Intermedio (anche se la didascalia nella vetrina indica erroneamente VII-XI “secolo” al posto di “dinastia”, 2118-1980 a.C.) e, probabilmente da Tebe Ovest, un bel vaso antropomorfo porta unguento (Cat. 3646) di XVIII din. (1539-1292 a.C.). Lo stretto rapporto del nuovo Egizio con l’Esposizione di Milano si basa soprattutto su motivi promozionali; infatti, per attingere allo sconfinato bacino di visitatori lontani solo 40 minuti di alta velocità, si è lottato contro il tempo per terminare i lavori di riallestimento entro il 1 aprile, un mese esatto prima dell’inaugurazione dell’Expo.

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Forma per pane, sacchetto miniaturistico e vaso porta unguento

Tra le 145 nazioni presenti, anche l’Egitto ha il suo piccolo padiglione, incluso nel Cluster Bio-Mediterraneo. Il tema di partecipazione, “La storia infinita”, è ovviamente legato alle radici millenarie del Paese e una Iside virtuale accompagna i visitatori tra pannelli multimediali, video 3D ed esperienze in realtà aumentata. Non manca l’atmosfera un po’ kitsch da suq orientale con le copie dei più famosi reperti faraonici (la maschera di Tutankhamon, il busto di Nefertiti, lo Zodiaco di Dendera, ecc.) accatastate a casaccio agli angoli delle quattro sale.

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Gebel Ramlah, Scoperte inusuali sepolture di 6500 anni

Source: scienceinpoland.pap.pl

Source: scienceinpoland.pap.pl

Nell’ultimo anno, gli archeologi polacchi diretti da Jacek Kabaciński (Instytut Archeologii i Etnologii – Polskiej Akademii Nauk) hanno scavato 60 nuove tombe neolitiche a Gebel Ramlah, antichissima necropoli del deserto occidentale vicina al confine con il Sudan (140 km ad ovest di Abu SImbel). Tra queste, due hanno attirato l’attenzione dei membri della missione per la loro singolarità; in particolare, la tomba 11 conteneva i resti di due uomini di cui uno presenta tracce di lesioni volontarie sui femori. Tagli intenzionali del genere non erano mai stati individuati per questo periodo nel Nord Africa. Un altro defunto, con varie patologie a livello osseo, invece, era stato letteralmente ricoperto da frammenti ceramici, pietre e ocra rossa; inoltre, sulla testa, è stato ritrovato una parte del cranio di una gazzella del deserto che fungeva da copricapo cerimoniale.

http://scienceinpoland.pap.pl/en/news/news,405679,poles-discovered-a-unique-65-thousand-years-old-burial-in-egypt.html

Il Ministero delle Antichità ha anche annunciato un’altra scoperta “polacca” compiuta nel sito di Tell el-Farcha, ma le quattro tombe predinastiche descritte sembrano corrispondere a quelle trovate già nel 2014. Quindi, prima di fornirvi i particolari, sto cercando una conferma.

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Le cave del Mons Claudianus diventeranno un museo a cielo aperto

Source: celinehurghada.com

Source: celinehurghada.com

Il Ministero delle Antichità, lo scorso giovedì (2 luglio), ha deciso di sviluppare il sito archeologico del Mons Claudianus istituendo un museo a cielo aperto. Il Mons Claudianus, o Gebel Fatireh, si trova nel deserto orientale, a metà strada tra Qena e Hurghada, e corrisponde a un’area estrattiva di epoca romana da cui si ricavava, tra I e III secolo d.C., la granodiorite detta anche “granito del Foro”. Nonostante il nome, sembra che le attività minerarie siano iniziate già con Tiberio o Augusto, ma con Claudio (41-54) si ha l’istallazione di una guarnigione militare e di quartieri residenziali per gli operai le cui rovine sono tuttora conservate. La zona è disseminata di elementi architettonici appena sbozzati e di grandi colonne spezzate, la più lunga delle quali supera i 20 metri e le 200 tonnellate (vedi foto). Dal sito proviene anche una ricca collezione di oltre 9000 ostraka in greco che raccontano la vita dei minatori locali. La pietra veniva trasportata via terra fino al Nilo o al Mar Rosso e raggiungeva via nave prima il Mediterraneo e poi il porto di Ostia. Tra gli esempi di monumenti in cui è stato impiegato il granito grigio del Mons Claudianus, ci sono il Foro di Traiano, Villa Adriana, il Pantheon (8 colonne del pronao) e il palazzo di Diocleziano a Spalato.

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