Ci siamo! Tutto il mondo aspettava questa notizia da mesi; notizia che potrebbe portare a una delle più grandi scoperte archeologiche del XXI secolo: nella tomba di Tutankhamon ci sono due camere nascoste!
Si è appena conclusa la conferenza stampa di Mamdouh El-Damaty che, presso la Carter’s House all’imbocco della Valle dei Re, ha reso pubblici i risultati preliminari degli esami effettuati con georadar all’interno della KV62. Il ministro delle Antichità, giustamente, ancora non ha fornito la certezza assoluta parlando del 90% di possibilità che, dietro il muro settentrionale della Camera funeraria, ci sia una camera o un’altra tomba; Nicholas Reeves, l’autore della geniale intuizione, definisce i primi dati “incoraggianti e intriganti”; meno diplomatico è, invece, Hirokatsu Watanabe (nella foto), l’esperto giapponese che ha effettuato i rilevamenti con un sofisticato radar della Koden e che, senza giri di parole, ha confermato la teoria dell’egittologo britannico.
Lo strumento è stato prima tarato nella KV5 (la Tomba dei figli di Ramesse II), sepoltura che presenta ancora corridoi noti ingombri di detriti, e poi è stato utilizzato per tre giorni nella stanza del sarcofago di Tutankhamon. Sulla parete nord, proprio in corrispondenza delle lesioni osservate sulle immagini ad alta definizione della Factum Arte, Watanabe ha individuato un netto salto di materiale, una transizione non graduale dalla pietra solida a un vuoto molto profondo che è perfettamente verticale e perpendicolare al soffitto. Tutto fa pensare che ci sia un passaggio obliterato. Un’altra porta nascosta sarebbe stata identificata nella parete occidentale, simmetrica a quella del cosiddetto “Tesoro”. El-Damaty ha aggiunto che tutti i dati verranno analizzati nei prossimi mesi e che si procederà a indagini endoscopiche con una telecamera inserita in un piccolo foro. Nel caso si dovessero avvistare oggetti (Reeves spera nel corredo di Nefertiti), si penserà a un modo sicuro per aprire la parete senza danneggiare la splendida scena del rito dell’Apertura della bocca.
Il Ministero delle Antichità aveva già anticipato due giorni fa che oggi sarebbe stata annunciata una nuova scoperta a Luxor e le attese sono state perfino superate. A el-Asasif, nella TT28 (tomba di Amenhotep-Huy), gli archeologi spagnoli diretti da Francisco José Martín Valentínhanno effettuato, ancora una volta, un ritrovamento eccezionale: un sarcofago perfettamente conservato con la mummia di un sacerdote uab di Amon-Ra, “Scriba delle offerte ad Amon-Ra” a Karnak chiamato Ankh-ef-en-Khonsu. La scoperta dovrebbe risalire al 18 novembre, come si può intuire dall’entusiasmo strozzato per motivi istituzionali (ricordo che ogni annuncio ufficiale spetta al ministero) nel giornale di scavo pubblicato sul sito della missione. La tipologia della bara riconduce chiaramente all’inizio della XXII dinastia (950 a.C. circa), periodo in cui la carica religiosa di Primo Profeta di Amon ebbe anche una grandissima rilevanza politica tanto da costituire praticamente una dinastia parallela a Tebe. Il sarcofago ligneo, che era alloggiato in una fossa parallelepipeda scavata nella roccia, è rivestito da uno strato di stucco dipinto che mostra il defunto con parrucca e larga collana usekh sotto le mani incrociate sul petto. Una striscia verticale con tre colonne di geroglifici attraversa la parte centrale del coperchio mentre, sulle pareti laterali esterne, scene variopinte rappresentano il sacerdote mentre compie offerte verso divinità come Osiride, Nefertum, Anubi e Hathor.
Un imponente muro in blocchi di arenaria è stato scoperto dai membri della missione dell’Österreichisches Archäologisches Institut, Kairo nell’area di Tell el-Dab’a, nel Delta orientale. Gli archeologi austriaci stanno lavorando soprattutto sull’antica capitale Hyksos Avaris (II Periodo Intermedio), ma la struttura appena scavata, secondo quello che ha affermato il ministro El-Damaty, apparterrebbe a una città di Medio Regno non ancora identificata. Il muro è largo 7 metri e lungo almeno 500 e dividerebbe i quartieri abitati occidentali da una profonda depressione interpretata come porto.
Le due statue che vedete qui in alto sono i lotti con la base d’asta più alta tra le antichità egizie che verranno messe in vendita da Sotheby’s e Christie’s l’8 e il 9 dicembre a New York. Aste per cui il ministro El-Damaty si è già attivato per bloccarne l’effettuazione inviando le foto di tutti i pezzi ai magazzini dei musei e dei siti archeologici del Paese al fine di verificare eventuali furti ed esportazioni illegali.
Il primo appuntamento è quello di Sotheby’sche, per la prima volta nella sua storia, dedica una data esclusivamente a sculture e altre opere d’arte egiziane. In tutto 46 reperti tra rilievi, bronzetti, amuleti, collane, maschere funerarie in cartonnage, frammenti di papiro e statue con un prezzo stimato che va da poche migliaia alle centinaia di migliaia di dollari che gli acquirenti dovranno sborsare per comprare la testa frammentaria in granito rosso di Amenofi III (150-250.000 $), il piccolo busto in basalto di Thutmosi III (200-300.000 $), il volto di un sarcofago antropoide in calcare di XXX din. (200-300.000 $), la maschera funeraria in legno di XXV/XXVI din. (300-500.000 $) o la statuetta in steatite della “Cantante di Sobek” Iset (600-900.000 $). Ma il lotto più costoso, e colpisce veramente tanto vederlo in un’asta, è un colosso in granodiorite che rappresenta Sekhmet seduta in trono (immagine di sinistra), il cui prezzo stimato è di 3-5 milioni di dollari (2,7-4,5 milioni di euro). La statua fa parte del gruppo di centinaia di effigi della dea, sedute o stanti, fatte erigere da Amenofi III nel Tempio di Mut a Karnak e che continuano a essere scoperte anche nel del tempio funerario del faraone a Kom el-Hettan, Tebe Ovest. Pezzi simili sono disseminati nei musei egizi di tutto il mondo come quelli di Copenhagen, Glasgow, Londra, Parigi, Torino, Vaticano, Brooklyn, New York, Toronto, Tokyo, Il Cairo e, naturalmente, Luxor. Facendo un paragone tanto recente quanto controverso, lo scorso anno, la statua di Sekhemka è stata venduta da Christie’s per 14 milioni di sterline (circa 17.6 milioni di euro) partendo da una valutazione di 4-6 milioni (5.7-8.55 M €).
L’asta di Christie’s del 9 dicembre, invece, presenterà 42 antichità egizie tra le 195 del catalogo del giorno. In questo caso, modellini lignei, rilievi, statue, vasi, ushabti, scarabei, amuleti, bronzetti, maschere funerarie e stele in media sono più “economici” non superando mai i 100.000 dollari, a eccezione di una statuetta greco-romana in bronzo raffigurante Bes (80-120.000 $), una statuetta in argento dorato di Amun-Ra risalente al III Periodo Intermedio (180-220.000 $) e un dorso frammentario in granodiorite di età tolemaica (immagine a destra) che ha il prezzo stimato più alto dell’intera asta (800.000-1.200.000 $).
Aggiornamento (08/12/2015):
L’asta di Sotheby’s si è conclusa senza grandi sorprese se si escludono i prezzi della testa di Amenofi III e della la maschera funeraria lignea che sono schizzati rispettivamente a 1.330.000 e 1.450.000 $. Per il resto dei lotti più costosi, la valutazione è stata rispettata, come per la statua di Sekhmet che è venduta a 4,17 milioni di dollari. La testa di sarcofago in calcare, invece, non ha ricevuto offerte sufficienti.
Aggiornamento (09/12/2015):
L’asta di antichità di Christie’s, invece, ha avuto meno successo di quella di Sotheby’s. Molti pezzi egizi non sono stati venduti, compreso il busto tolemaico che aveva il prezzo stimato più alto tra tutti i lotti. Il reperto egizio più costoso è stato un rilievo in calcare di V-VI din., battuto per 118.750$.
Nella tomba di Tutankhamon, dopo gli esami termografici, si passa all’uso di un sofisticato radar di fabbricazione giapponese. Ad annunciarlo è stato oggi il ministro El-Damaty che, dopo aver dato il via libera lo scorso ottobre a questo tipo di indagine non distruttiva, ha lanciato i lavori di analisi volti a verificare la teoria di Nicholas Reeves. L’utilizzo del radar, previsto dal 26 novembre (data fortemente simbolica perché coincide con il 93° anniversario dell’ingresso di Carter nell’anticamera della KV62) per tre giorni, servirà a confermare le anomalie termiche riscontrate due settimane fa che indicherebbero la presenza di due aperture nascoste sulle pareti nord e ovest della Camera funeraria. I risultati preliminari saranno resi pubblici sabato 28 novembre durante una conferenza stampa.
“Anschluss”, passatemi il temine, per il rimpatrio delle antichità egizie. In pochi giorni, Austria e Germania hanno restituito all’Egitto due reperti archeologici esportati illegalmente. Nel primo caso, la polizia austriaca ha consegnato a Khaled Abdelrahman Abdellatif Shamaa, ambasciatore del paese nordafricano a Vienna, un ushabti di XXVI dinastia (672-525 a.C.) che due abitanti di Innsbruck di origini egiziane stavano cercando di vendere per, così dicono i giornali locali, due milioni di euro prima che venissero arrestati lo scorso settembre.
Nel secondo caso, invece, la restituzione è stata volontaria, ma ci sono voluti addirittura 50 anni. Un collezionista di Berlino ha ceduto una maschera funeraria in cartonnage di epoca greco-romana per esaudire l’ultima richiesta dell’ormai defunto padre che la possedeva da mezzo secolo. Il reperto è arrivato mercoledì al Cairo ed è attualmente sotto restauro nei magazzini del Museo Egizio per essere esposto al pubblico.
Ieri, si è conclusa l’ultima missione all’estero del Dott. Christian Greco. No, nessuna campagna in Egitto, ma un giro tra le maggiori istituzioni museali statunitensi per presentare il lavoro compiuto in questo anno per il nuovo Museo Egizio di Torino. Il direttore, in una settimana fitta di incontri, ha illustrato a New York, Boston e Washington il progetto scientifico che ha rivoluzionato l’allestimento grazie a una particolare attenzione per i contesti di ritrovamento degli oggetti e le loro relazioni, allo studio dei documenti di scavo originali e alla riunificazione dei corredi funerari. Il programma è stato il seguente: 12 novembre al Metropolitan Museum of Art con la conferenza “1824- 2015: Museo Egizio. New Connections and Archaeological Contextualization”; 13 novembre, “The New Museo Egizio: Research Guidelines” presso l’Egyptological Seminar of New York; 16 novembre al Museum of Fine Arts di Boston; infine, il 17 novembre, ancora la prima conferenza ma allo Smithsonian di Washington DC.
Da qualche giorno, chi deve aspettare un volo all’Aeroporto Internazionale del Cairo ha un’alternativa in più per ingannare il tempo. A inizio mese, il ministro El-Damaty ha inaugurato un piccolo museo archeologico nella sala d’attesa del Terminal 3. Si tratta di una raccolta di 38 reperti, dall’epoca faraonica alla conquista araba, provenienti da tre musei della capitale ed esposti in un’area di 60 m²: 20 pezzi dal Museo Egizio di Piazza Tahrir, 6 dal Museo Copto (manoscritti e altri oggetti liturgici) e 12 dal Museo d’Arte Islamica (lampade, candelabri, piatti e una copia del Corano). L’iniziativa è pensata per dare una spinta al turismo egiziano, ma, in realtà, non è nuova perché era stata prevista per la fine del 2014 dal precedente ministro delle Antichità, Mohamed Ibrahim. Il biglietto d’ingresso costa 3 dollari.
(*A scanso di equivoci, il nome della rubrica contiene volutamente un errore ortografico per sottolineare il carattere a dir poco ridicolo di alcune notizie che riguardano l’Egitto)
Odio quando la gente parla di cose che non conosce e, ancora di più, quando pretende di aver ragione. E, purtroppo, in archeologia succede spesso. Molti, troppi, con la scusa del «da piccolo avrei voluto fare l’archeologo, ma poi sono diventato ingegnere» (niente di personale, è solo un esempio) e con alle spalle una “solida” documentazione, quando va bene, su wikipedia, si arrogano il diritto di mettere in dubbio dati SCIENTIFICI supportati da anni di studi di professionisti che si occupano di antichità per lavoro, non nel tempo libero. Perché l’archeologia è un MESTIERE, non una passione (o, meglio, non solo), un hobby, un passatempo. Si è lottato tanto per il nostro riconoscimento, non solo a livello legislativo, ma una parte dell’opinione pubblica è ancora convinta che chiunque potrebbe occuparsi, allargando un po’ il discorso, di cultura. Non a caso, lo Stato se ne approfitta sfruttando “volontari” in musei, monumenti, scavi e in altre mansioni che dovrebbero essere affidate solo a persone competenti che hanno speso tempo e denaro per la loro formazione. Nel fine settimana, io non mi metto a curare carie o a progettare rotonde. Allora per quale motivo uno che fa tutt’altro nella vita dovrebbe pretendere di saperne di più di chi ha laurea, specializzazione, dottorato, esperienza sui libri e sul campo?
Tutto questo sfogo perché, ormai da qualche anno, mi occupo di divulgazione archeologica sul web e continuo a veder spuntare siti o blog di “amatori” che pubblicano SPAZZATURA. Niente in contrario con chi condivide con gli altri il proprio amore per la storia, anzi. Mi riferisco, piuttosto, a tutti quei cialtroni che, per ignoranza o, peggio, per guadagno, fanno girare vere e proprie fandonie senza alcun fondamento che, però, vengono prese per buone dal pubblico che non controlla le fonti. Questa situazione è ancora più grave per l’antico Egitto, la cui aurea di mistero ed esotismo è terreno fertile per fantarcheologi, ufologi, new ager, cospirazionisti e creazionisti. Non passa settimana che qualcuno non mi chieda di alieni, Atlantide, retrodatazioni, verità nascoste o roba simile e, alle mie risposte, gli interlocutori sembrano restare delusi. Infatti, la corretta spiegazione agli enigmi della storia è quasi sempre la più semplice.
Così, era da un po’ di tempo che pensavo di lanciare una nuova rubrica in cui confutare le grandi bufale che girano intorno al mondo dell’egittologie e l’occasione si è proposta negli ultimi giorni grazie a Benjamin Carson. A chi non segue l’attualità politica statunitense, non dirà niente questo nome che è saltato alla ribalta soprattutto sui social. Si tratta di un ex neurochirurgo in corsa alle primarie del Partito Repubblicano per le elezioni presidenziali del 2016; insomma, un pretendente alla Casa Bianca. Lo scorso 4 novembre (ricordo, il 93° anniversario della scoperta della tomba di Tutankhamon), un giornalista della CBS gli ha chiesto se credesse ancora in una sua teoria espressa diciassette anni fa, ottenendo una conferma. Nel 1998, infatti, durante una conferenza alla Andrews University, Carson affermò che le piramidi non sono costruzioni degli alieni (e fin qui, tutto bene) ma neanche tombe, bensì granai realizzati da Giuseppe figlio di Giacobbe. Già, quello delle vacche grasse e vacche magre. Se non ci credete, andate al minuto 3.44:
L’origine di queste dichiarazioni è spiegata dall’adesione di Carson alla Chiesa Avventista del Settimo Giorno che crede nell’infallibilità delle Sacre Scritture. In questo modo, Giuseppe, dopo aver interpretato i sogni del faraone, sarebbe diventato visir e avrebbe fatto costruire le piramidi per immagazzinare il grano durante i periodi di fertilità. In realtà, però, la Bibbia non fa alcun riferimento alle piramidi; basta leggere i versetti in questione:
“Giuseppe aveva trent’anni quando entrò al servizio del faraone, re d’Egitto. Quindi Giuseppe si allontanò dal faraone e percorse tutta la terra d’Egitto. Durante i sette anni di abbondanza la terra produsse a profusione. Egli raccolse tutti i viveri dei sette anni di abbondanza che vennero nella terra d’Egitto, e ripose i viveri nelle città: in ogni città i viveri della campagna circostante. Giuseppe ammassò il grano come la sabbia del mare, in grandissima quantità, così che non se ne fece più il computo, perché era incalcolabile”. (Genesi 41, 46-49)
Si parla, a seconda delle traduzioni, di “depositi” o “magazzini del re”. Allora come si è arrivati a una conclusione simile? Questa credenza si diffuse nel Medioevo, con le prime fonti che presentano le piramidi come grandi silos che risalgono al VI secolo, forse per un errore nell’etimologia del nome accostato a “pyros”, grano in greco. Tra gli esempi più famosi, si può ricordare l’Historia Francorum di Gregorio di Tours (1.10) del 574-593. I testi in questione, cristiani e arabi, nel corso dei secoli hanno influenzato anche l’arte religiosa, come si può osservare in uno splendido mosaico del XII secolo in una delle cupole di San Marco a Venezia (tra le mani di Carson nell’immagine in alto).
Source: moy.guide
Ma veniamo al momento delle smentite. Prima di entrare nel particolare con le spiegazioni, però, ragioniamo con l’ovvio. A sinistra potete vedere lo schema della struttura interna della Piramide di Cheope che, al di là di poche stanze e corridoi, è piena. Perché costruire un magazzino di 7 milioni di tonnellate per conservare qualche quintale di cereali? Inoltre, non mi sembra così comodo spingere ceste piene di materiale su per la ripida Grande galleria.
Ma faccio finta che queste osservazioni non bastino e passo alle prove. Non ci sono dubbi che le piramidi fossero tombe grazie a testimonianze scritte e archeologiche. Prima di tutto, sono ben chiari i passi che, nel corso dell’Antico Regno, hanno portato alla trasformazione delle sepolture reali. Nel Protodinastico, i faraoni erano sepolti nelle, o meglio, sotto le mastabe (dall’arabo “panca”), strutture monumentali in pietra o, più spesso, mattoni crudi dalla forma troncopiramidale. Queste tombe sono una regolarizzazione dei tumuli funerari e hanno anche un’origine ideologica. Nella teologia eliopolitana, infatti, il demiurgo, Atum o Ra, si autogenera sulla collina primordiale che emerge dalle acque indistinte del Nun. Quindi, la mastaba, come successivamente la piramide, è la riproduzione del monticello dove avviene per la creazione iniziale detta, appunto, sep-tepi , la “Prima volta”. Questa simbologia rimanda alla rinascita del faraone dopo la morte e al suo compito di reiterare ciclicamente la creazione originale. Con la III dinastia, si ha il primo passo verso la struttura sepolcrale definitiva che si avrà solo a Giza. La mastaba di Djoser (2680-2660) subì progressivi ampliamenti, secondo le fonti voluti dall’architetto Imhotep che aggiunse altri piani realizzando prima una piramide a quattro gradoni e poi la definitiva a sei alta 60 metri. Poi, all’inizio della IV dinastia, Snefru (2650-2609) si fece costruire addirittura tre piramidi, una a Meidum (in realtà, regolarizzò le facciate di una struttura a sette o otto gradoni preesistente, probabilmente opera di Huni) e due a Dashur, la “Piramide romboidale” e la “Piramide rossa”. La strana forma della anche detta “Piramide a doppia pendenza” evidenzia il mancato raggiungimento del progetto finale di Cheope (2605-2580) e dei suoi successori Chefren e Micerino. In ogni caso, questo tipo di tomba verrà adottato fino alla XIII dinastia e, in versione molto più ridotta, anche come segnacolo delle sepolture di Nuovo Regno.
Già che ci sono, e spero di non doverci tornare su, sfato un’altra leggenda metropolitana sull’Egitto: le piramidi sono in tutto il mondo, dalla Cina al Messico, perché opera di un’unica civiltà perduta, Atlantide o simili, dall’alto livello tecnologico (gli alieni non li prendo nemmeno in considerazione). L’evoluzione verso la forma piramidale ha anche motivazioni strutturali. Esperimento 1: prendete una manciata di sabbia e fatela cadere lentamente su uno stesso punto. Vedrete che si formerà un mucchietto a punta con l’inclinazione di circa 51 gradi, la stessa della Grande Piramide. Esperimento 2: prendete delle formine da bambini, quelle che riproducono le principali figure solide. Provando a capovolgere un cilindro, una sfera, un parallelepipedo o, appunto, una piramide, in quale caso impiegate più forza? Appunto. Tutto questo per spiegare empiricamente che la piramide è la forma più stabile, la soluzione ideale per realizzare grandi opere sviluppate verso l’alto ed è normalissimo che diverse culture siano arrivate a costruire monumenti simili senza il bisogno di essere entrate in contatto.
Quando si suol dire casa e lavoro. La Polizia per il Turismo e le Antichità ha arrestato un gruppo di tombaroli che stava effettuando scavi abusivi sotto un’abitazione nei pressi del Tempio di Edfu, fatto non nuovo nella zona. Tra gli uomini fermati, figura anche il sessantenne proprietario dell’immobile che è stato trovato in possesso di reperti archeologici pronti per il mercato nero. Nasr Salama, direttore delle Antichità di Assuan, ha affermato che la banda di saccheggiatori ha individuato una cappella risalente al regno di Tolomeo VIII (170-116 a.C.). Il faraone è rappresentato mentre porge il simbolo della Maat a Horus (dio a cui è dedicato il vicino santuario), in presenza di Hathor. La buca è profonda 5 metri, ma, guardando l’estensione dei rilievi (di cui, purtroppo, non sono riuscito a trovare foto migliori), la parete dovrebbe proseguire per altri 7 metri. I muri della cappella continuano anche sotto le case vicine quindi, per il momento, non è possibile continuare lo scavo.