Archivi del mese: giugno 2016

Middle Kingdom Studies 2: “The World of Middle Kingdom Egypt (2000-1550 BC)”, Volume II

9781906137489.jpg“Middle Kingdom Studies”, la nuova collana di volumi completamente dedicata al Medio Regno, si arricchisce di una seconda pubblicazione: “The World of Middle Kingdom Egypt (2000-1550 BC), Vol. II” (ed. Miniaci, Grajetzki). Sono particolarmente felice di presentarvi quest’opera perché ho collaborato per l’editing finale. In ogni caso, seguendo l’impostazione del 1° volume, il testo raccoglie interventi di studiosi internazionali su tematiche riguardanti l’Egitto dal 2000 al 1550 a.C. circa. Ricordo che la serie è stata ideata da Gianluca Miniaci (Università di Pisa), caporedattore, per dar voce a un argomento stranamente poco dibattuto, anche grazie a un approccio multidisciplinare che non si limiti alla sola egittologia, ma che comprenda anche archeometria, sociologia, antropologia e lo studio di aree geografiche limitrofe. Nel corso del 2016, sono previsti altri tre volumi della serie: Stephen Quirke, “Birth tusks: the armoury of health in context – Egypt 1800 BC”; Lubica Hudáková, Andrea Kahlbacher (ed.), “Change and Innovation in Middle Kingdom Art. Proceedings of the MeKeTRE Study Day held at the Kunsthistorisches Museum, Vienna (3rd May 2013)”; Danijela Stefanović, “Dossiers of Ancient Egyptian Women. The Middle Kingdom and Second Intermediate Period”.

Gli articoli del secondo volume (http://www.goldenhp.co.uk/index2.htm) sono i seguenti:

  • Tombs in transition: MIDAN.05 and windows in the early Eighteenth Dynasty
    Marilina Betrò
  • Precious finds from an early Middle Kingdom tomb in Thebes: reconstructing connections between the dead and their goods
    Anna Consonni
  • Umm-Mawagir in Kharga Oasis: an Industrial Landscape of the Late Middle Kingdom/Second Intermediate Period
    John Darnell, Colleen Darnell
  • The tomb of a Governor of Elkab of the Second Intermediate Period
    Vivian Davies
  • An Isolated Middle Kingdom Tomb At Dayr Al-Barsha
    Marleen De Meyer
  • The Transmission of Offices in The Middle Kingdom
    Nathalie Favry
  • The stela of the Thirteenth Dynasty treasurer Senebsumai
    Wolfram Grajetzki, Gianluca Miniaci
  • Some Remarks on the Relations between Egypt and the Levant during the late Middle Kingdom and Second Intermediate Period
    Karin Kopetzky
  • Female Burials in the Funerary Complexes of the Twelfth Dynasty: an Architectonic Approach
    Ingrid Melandri
  • Diachronic questions of form and function: falcon-head utensils in Middle Kingdom contexts
    Stephen Quirke
  • The Egg is a metaphor for Isis: a Coffin Text Imagery
    Mohammed Gamal Rashed
  • ‘Writing-Board Stelae’ with Sokar-Formula: Preliminary Account
    Gloria Rosati
  • Two loose blocks from Hawara of Sobek-Hotep
    Ashraf Senussi, Said Abd Alhafeez Abd Allah Kheder
  • An unpublished Scarab of Queen Tjan (Thirteenth Dynasty) from the Louvre Museum (AF 6755)
    Julien Siesse
  • Literary exploitation of a craftman’s device: the sandal-maker biting leather (Teaching of Chety, pSallier VIII, 12). When philology, iconography and archaeology overlap
    Pascal Vernus
  • Boundaries of Protection: Function and Significance of the Framing (Lines) on Middle Kingdom Apotropaia, in particular Magic Wands
    Fred Vink
  • On the Context and Conception of Two ‘Trademark’ Styles from Late Middle Kingdom Abydos
    Paul Whelan
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Museo Archeologico Nazionale di Napoli: inaugurata la sala dei culti orientali

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Source: beniculturali.it

Domani, 29 giugno, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli metterà a disposizione un nuovo percorso espositivo dedicato alla diffusione dei culti orientali nel mondo romano. “Egitto-Napoli. Dall’Oriente”, a cura di Valeria Sampaolo, è la terza tappa del progetto “Egitto-Pompei”, in attesa della quarta e ultima che l’8 ottobre, sempre nel museo napoletano, vedrà finalmente la riapertura della sezione egizia. Una sala al secondo piano, in prosecuzione di quella dell’iseo pompeiano, conserverà testimonianze trovate in Campania dell’arrivo di divinità orientali – come Attis, Cibele, Sabazio, Mitra ma anche il Dio ebraico – tra cui Iside fu sicuramente la più amata. Spiccano gli affreschi con scene di cerimonie isiache dalla Palestra di Ercolano, la “nicchia isiaca” dai Praedia di Giulia Felice a Pompei (finora nei depositi del museo) e, soprattutto, le tre bellissime coppe in ossidiana (skyphoi) da Stabia, forse di produzione alessandrina (I sec. a.C.-I d.C.), con intarsi in pietra dura e lamelle d’oro (vedi foto).

http://www.museoarcheologiconapoli.it/mann/2016/06/egitto-napoli-dalloriente-dal-29-giugno-2016/

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Israele restituisce all’Egitto due coperchi di sarcofago

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Source: haaretz.com

Finalmente tornano a casa i due reperti egizi sequestrati nel 2012 in un negozio di antiquariato della città vecchia di Gerusalemme. Si tratta di coperchi di sarcofagi in legno di palma ricoperti in stucco dipinto e datati, tramite il C14, al XVI-XIV e al X-VIII sec. a.C. Secondo l’Israel Antiquities Authority, i due pezzi, segati a metà per facilitarne il trasporto, sono stati scavati illegalmente nel deserto occidentale per poi essere esportati a Dubai e poi in un paese europeo prima di finire in Israele. La restituzione – la prima del genere dagli anni ’90 – è stata resa possibile grazie all’intervento dell’Interpol e ad accordi diplomatici tra i due paesi, tornati a dialogare lo scorso settembre con la riapertura dell’ambasciata israeliana al Cairo. I coperchi ora si trovano nei magazzini del Museo Egizio di Piazza Tahrir per il restauro, in attesa di essere esposti nello stesso museo o nel Grand Egyptian Museum di Giza.

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“L’Egitto di Provincia”: il Museo Archeologico Nazionale e il Museo Archeologico di Capo Colonna

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Source: mycalabria.it

Come avevo anticipato, questo sarebbe stato un articolo fuori dai normali schemi della rubrica “L’Egitto di Provincia” perché scritto dopo aver già parlato di persona a Crotone della piccola collezione di oggetti egizi ed egittizzanti conservati presso i musei della città. Così, qui di seguito, riporterò un breve riassunto degli argomenti trattati durante l’incontro L’Egitto a Crotone, organizzato lo scorso 18 giugno grazie alla dott.ssa Margherita Corrado, archeologa e referente locale del FAI.

DSCN2598.JPGIl Museo Archeologico Nazionale di Crotone espone reperti che illustrano la millenaria storia della città con maggiore attenzione, ovviamente, verso il periodo magno-greco. Il museo è stato fondato nel 1968, dopo che le vecchie collezioni del Museo Civico erano passate allo Stato. Tra gli oggetti del nucleo originario, ci sono anche due ushabti in faience di Epoca Tarda (foto a sinistra) che appartenevano al marchese Eugenio Filippo Albani, sindaco di Crotone e collezionista di antichità grazie al quale venne istituito il Civico nel 1910. Proprio perché acquistate nel mercato antiquario, le statuette non sono accompagnate da dati sul contesto di ritrovamento.

Diverso discorso va fatto per tutti quei pezzi scoperti in scavi nell’area del crotonese e riferibili al Periodo orientalizzante (VIII-VI sec. a.C.) o all’epoca romana. La maggior parte proviene dal Tempio di Hera Lacinia a Capo Colonna, uno dei più importanti santuari della Magna Grecia dall’età arcaica fino a quella ellenistica. In particolare, nel cosiddetto Edificio B, sono stati ritrovati diversi scarabei e una statuina di ariete utilizzati come ex voto alla dea. Tra questi, il più interessante è senza dubbio uno scarabeo in faience (vedi sotto) che presenta un crittogramma acrofonico, cioè un vero e proprio rebus che ‘nasconde’ il nome di Amon. Altre offerte egizie o egittizzanti individuate nel tempio, anche per epoche successive, sono conservate nel nuovo Museo Archeologico di Capo Colonna vicino all’area archeologica: è il caso di una statuina in faience di leone, uno scarabeo e un piede di braciere che rappresenta Bes-Sileno.

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Dal Tempio di Apollo Aleo a Cirò Marina, invece, proviene una testa di una statua marmorea che potrebbe appartenere ad Arpocrate, Horus bambino, una delle divinità egizie più apprezzate dal mondo romano. Tuttavia, la frammentarietà del pezzo e le somiglianze con Eros ne rendono meno sicura l’identificazione. Ma il reperto più importante della raccolta è la Stele di Horus sui coccodrilli (immagine in basso), trovata casualmente in un cantiere nei pressi dell’ospedale civile e finita, attraverso il mercato nero, al Museo Egizio di Milano. Solo grazie al Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, la stele è tornata a ‘casa sua’ nel 2012 e da sabato, proprio in occasione della conferenza, è esposta nel Museo Nazionale. Si tratta di un piccolo amuleto in basalto, databile tra la fine della XXX dinastia e l’inizio del periodo tolemaico (seconda metà del IV sec.), completamente ricoperto di figure tutelari e di testi magici che servivano a proteggersi dagli animali velenosi che, come si vede in primo piano, Horus stringe tra le mani.

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Sist L., Una stele di “Horo sui coccodrilli”, in OA 22 (1983), p. 252

Per le foto degli altri oggetti: https://www.facebook.com/DjedMedu/photos/?tab=album&album_id=1045097255537795

Il servizio del TGR Calabria che parla della conferenza (min. 16:38): http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-065b22d3-428f-4df1-96b7-6e6c742f314c.html#p=

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L’imperfezione della Piramide di Cheope

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Credit: Mark Lehner

Il titolo dell’articolo è ovviamente una provocazione verso tutti coloro che, convinti dell’esistenza di avanzatissime tecnologie scomparse nell’antichità, parlano di costruzioni del passato più precise di quelle contemporanee. Il recente studio dell’ingegnere Glen Dash e dell’egittologo Mark Lehner – che da anni dirige a Giza la missione dell’Ancient Egypt Research Associates (AERA) -, infatti, ha portato a dati perfettamente ipotizzabili e che, comunque, non tolgono niente alla perizia tecnica utilizzata per realizzare una delle 7 meraviglie del mondo antico: la base della Piramide di Cheope non è perfettamente quadrata.

Il grande monumento funebre, costruito intorno al 2560 a.C. (e non 12 mila anni fa…), originariamente era ricoperto da lastre di calcare che, nel corso dei secoli, sono state asportate come materiale edile di riuso. Proprio la mancanza del rivestimento non ha permesso finora una misurazione precisa delle dimensioni della piramide. Tuttavia, i ricercatori della Glen Dash Foundation hanno considerato i pochi blocchi rimasti alla base (immagine in alto) e gli 84 segni ancora visibili sulla piattaforma dove poggiavano calcolando, con metodi statistici, il vero andamento del perimetro. In base ai calcoli effettuati, il lato est misurerebbe dai 230,295 ai 230,373 m, mentre quello ovest dai 230,378 ai 230,436 m portando, così, a una differenza di soli 8,3-14,1 cm. Un’inezia se paragonata alla stazza della piramide ma sufficiente, forse, a smontare qualche teoria fantarcheologica.

Per maggiori informazioni: http://dashfoundation.com/downloads/archaeology/as-published/AERAGRAM16_2_GDash.pdf 

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Il tesoro di Tutankhamon sarà spostato al GEM alla fine dell’anno

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Source: english.ahram.org.eg

Dopo oltre 80 anni, il tesoro di Tutankhamon lascerà il Museo Egizio del Cairo. Il ministro El-Enany, infatti, ha annunciato che, alla fine del 2016, tutti gli oggetti del corredo funerario della KV62 saranno trasferiti nel Grand Egyptian Museum di Giza seguendo quei pezzi mai esposti prima – come le decorazioni d’oro dei carri da guerra – che erano già stati spostati per il restauro in attesa dell’inaugurazione definitiva del nuovo museo che viene rimandata ormai da anni e che, per ora, è prevista per il 2018. Tuttavia, questo significherebbe privarsi almeno per un anno di una delle più grandi attrattive turistiche del paese: difficile crederlo…

Ricordo che il GEM sarà – chissà quando – il più grande museo archeologico del mondo con 470 mila m² e 100.000 reperti esposti che comprenderanno anche le due barche solari di Cheope. La posa della prima pietra risale al febbraio del 2002 quando venne lanciato il concorso internazionale per il progetto, mentre gli sporadici lavori della I fase sono iniziati nel 2005.

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Un nuovo studio sui frammenti dorati del sarcofago della KV55

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Source: gettyimages, MSA

Una vecchia cassa di legno dimenticata contenente 500 piccoli frammenti di foglia d’oro, due pezzi di cranio umano e una nota poco chiara scritta a mano in francese. Un sarcofago con la maschera intenzionalmente strappata di cui non si conosce il proprietario. Sono ingredienti che creano uno scontato alone di mistero, soprattutto se si pensa che il sarcofago (immagine a sinistra) è stato ritrovato nell’enigmatica KV55 e che da alcuni, forse troppo liberamente, viene attribuito ad Akhenaton. In realtà, il Ministero delle Antichità sta lanciando uno studio scientifico – finanziato dall’American Research Center in Egypt con 28.500 $ – atto proprio a verificare se, come sembra, quei frammenti dorati appartengano alla bara conservata presso il Museo Egizio del Cairo. La scatola in questione è spuntata l’anno scorso dai magazzini del museo durante le fasi di trasferimento dei reperti verso il nuovo Grand Egyptian Museum di Giza.

La KV55, nella Valle dei Re, fu scavata nel 1907 da Edward Ayrton e Theodore Davis senza un’adeguata documentazione che ha reso ancora più problematica un’identificazione già di suo difficile per la cattiva conservazione della sepoltura e i segni di damnatio memoriae. Inoltre, sembra che Davis abbia addirittura permesso ad alcuni visitatori di prendere come ricordo frammenti della foglia d’oro che erano sparsi a terra. La mummia stessa, mal conservata, fu danneggiata dagli archeologi. Molto più recentemente, uno studio sul DNA del corpo, portato avanti da Zahi Hawass, identificherebbe il defunto con il figlio di Amenofi III, con il padre di Tutankhamon e, quindi, con Akhenaton, ma molti genetisti hanno messo in discussione metodi e risultati.

Così, questa nuova ricerca – che prevede la partecipazione anche di Mark Gabold  (Université Paul-Valéry Montpellier 3) – potrebbe contribuire a dirimere tutti questi dubbi. L’appunto trovato nella scatola, infatti, parla di un sarcofago reale senza indicarne il nome, ma la data coinciderebbe con quella della missione di Ayrton-Davis.

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“L’Egitto a Crotone: i reperti egizi ed egittizzanti del Museo Archeologico Nazionale” (Crotone, 18 giugno)

locandina egitto a KR_2┬░.jpgPuntata in trasferta per la rubrica “L’Egitto di Provincia”! Sabato 18 giugno, infatti, sarò a Crotone per parlare dei reperti egizi ed egittizzanti conservati nel Museo Archeologico Nazionale e nel Museo di Capo Colonna. Oltre ai pezzi derivanti dal mercato antiquario, la città calabrese ha restituito diversi oggetti che attestano un rapporto costante con la cultura nilotica, dal Periodo Orientalizzante (VIII-VI sec. a.C.) fino all’età romana. Tra questi, spicca sicuramente la “Stele di Horo sui coccodrilli” (nella locandina a sinistra), tornata a ‘casa’ dopo essere finita illegalmente al Museo Egizio di Milano.

L’incontro si terrà alle ore 18:00, presso la chiesa sconsacrata di Santa Veneranda, e vedrà gli interventi del dott. Gregorio Aversa, direttore del Museo Nazionale, e della dott.ssa Margherita Corrado, archeologa, referente del Gruppo FAI di Crotone nonché organizzatrice dell’evento. Al termine della conferenza, ci sarà una visita guidata per osservare da vicino i reperti descritti.

 

 

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Identificata la “Cappella del capitano” della seconda barca solare di Cheope

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Source: weekly.ahram.org.eg

Durante le operazioni di asportazione e restauro del legno appartenente alla seconda barca solare di Cheope, è stata identificata la copertura della “Cappella del capitano” (foto in alto). Le tavole in cedro -riconosciute grazie a un confronto con la prima barca solare che oggi è nel museo accanto alla Grande Piramide – facevano parte di una struttura che si trovava a prua, una sorta di baldacchino per il conducente dell’imbarcazione opposta alla grande cappella del faraone a poppa (immagine in basso).

I pezzi in questione sono gli ultimi dei 700 su 1400 trasferiti presso il Grand Egyptian Museum dove verranno restaurati e rimontati per l’esposizione prevista, un po’ troppo ottimisticamente, per il 2017. Le due barche di 47 metri furono scoperte nel 1954 da Kamal el-Mallakh in fosse a sud della Piramide di Cheope, ma la seconda è rimasta sigillata nel suo pozzo fino al 1987 a causa del pessimo stato di conservazione. Ma solo nel 2009, è iniziato il progetto di rimozione affidato alla squadra di Sakuji Yoshimura (Waseda University) che ha effettuato una prima fase di pulizia, disinfestazione e consolidamento in situ per poi, abbassato il livello di umidità del legno al 55%, completare le procedure nei laboratori del GEM.

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Elaborazione grafica delle foto originali da ancient-egypt-online.com e ehoza.com

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Le tombe di Seti I e Nefertari saranno riaperte al pubblico

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Source: wikipedia

Il prossimo 1 novembre, dopo oltre 10 anni di chiusura, due tra le più belle sepolture d’Egitto apriranno di nuovo le porte al pubblico. La tomba di Seti I (KV7), nella Valle dei Re (a sinistra nella foto), e quella di Nefertari (QV66), nella Valle delle Regine (a destra), dopo il lungo restauro delle splendide decorazioni, saranno visitabili con un biglietto speciale di 1000 LE (quasi 100 euro), prezzo molto alto ma comunque metà di quello che si pagava per gli esclusivi ingressi “VIP” (20.000 LE per gruppi di 10 persone). Tale iniziativa è pensata per cercare di risollevare un turismo sempre più in calo, a discapito della sicurezza delle fragili pitture e contro la recente decisione di realizzare copie a grandezza naturale per i turisti (Seti I, Nefertari). Curioso come entrambi gli ipogei siano stati scoperti da italiani: quello del padre di Ramesse II da Giovan Battista Belzoni nel 1817, quello della sposa da Ernesto Schiaparelli nel 1904.

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