Archivi del mese: luglio 2016

Hazor (Israele), scoperto frammento di statua egizia

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Source: jpost.com

A distanza di tre anni, nello stesso luogo, un altro importante e inaspettato ritrovamento. A Tel Hazor, sito UNESCO israeliano a nord del Mar di Galilea, gli archeologi dell’Hebrew University of Jerusalem hanno scoperto un frammento di base di una statua egizia, proprio nello stesso edificio dove, nel 2013, era stato individuato un pezzo di sfinge di Micerino. Probabile, quindi, che il palazzo fosse il centro amministrativo di Hazor, una delle più importanti città cananee del Tardo Bronzo e Stato vassallo dell’Egitto. Il forte legame con la Valle del Nilo è testimoniato dai frammenti di 18 statue egizie scavati nel tell in 30 anni che corrispondono alla più cospicua quantità di ritrovamenti del genere in Israele.

Il reperto di calcare misura 45 x 40 cm e ritrae un funzionario, forse di Menfi, in una posizione abbastanza rara, cioè seduto con la gamba sinistra piegata sul petto e la gamba destra poggiata a terra. Questa iconografia (qui un esempio) fu introdotta nell’Antico Regno, periodo cui è collocato l’oggetto dai membri della missione. Se fosse confermata questa datazione, si tratterebbe – insieme alla sfinge di Micerino – dell’unica statua egizia di III millennio ritrovata nel Levante. In ogni caso, maggiori informazioni in tal senso arriveranno dalla traduzione dalle iscrizioni geroglifiche perché, al momento, si sa solo che contengono formule funerarie che assicurano offerte per l’uomo raffigurato di cui ancora non si conoscono nome e carica. Invece, la distruzione della scultura, come quella delle altre del palazzo, è probabilmente deliberata da parte di chi (Popoli del Mare?) ha conquistato e raso al suolo la città nel XIII secolo a.C.

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Grand Egyptian Museum: verso l’apertura parziale nel 2017

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Source: architectsjournal.co.uk

Da oltre un anno, ormai, continua ininterrotto il flusso di reperti dal Museo Egizio del Cairo e da altre collezioni del Paese verso quella che sarà la più grande esposizione archeologica del mondo, ma che, al momento, è solo un gigantesco cantiere. Il Grand Egyptian Museum di Giza comincia ad avere tempistiche degne della Salerno-Reggio Calabria e l’ultima previsione poneva nel 2018 la fine dei lavori; tuttavia, un recente comunicato del Ministero delle Antichità – il trasferimento del tesoro di Tutankhamon al GEM alla fine del 2016 – presagiva che potessero esserci novità. Il ministro El-Enany, infatti, ha affermato che lo scopo è terminare la prima fase del progetto entro dicembre così da aprire almeno alcune sezioni del museo verso la metà del 2017.

Il museo di Piazza Tahrir non sarà sostituito completamente e continuerà a conservare alcuni pezzi che, quindi, avranno gli spazi che meritano. Inoltre, per le prossime settimane, anche grazie al nuovo sistema d’illuminazione, è previsto un prolungamento dell’apertura, dalle 17:00 alle 21:00, il giovedì e la domenica. Tra questo mese e il prossimo, invece, ci saranno le riaperture del Museo d’Arte Islamica del Cairo – colpito dall’attentato del gennaio del 2014 – e del Mallawi Museum – depredato nell’agosto del 2013 con 69 reperti che mancano ancora all’appello -.

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Ascalona, scoperta necropoli filistea

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Source: repubblica.it

Gli archeologi della Leon Levy Expedition to Ashkelon hanno individuato lungo la costa meridionale d’Israele la prima necropoli filistea. Finora, infatti, dei Filistei si conoscevano solo poche tombe, tra cui le 5 scoperte da Petrie nel “Cimitero 500” di Tell el-Far’ah databili tra la metà del XII e la fine dell’XI secolo. Proprio a questo periodo risale l’insediamento in Palestina di questo nuovo popolo che dà il nome all’area e che è noto soprattutto dalle informazioni fornite dalla Bibbia. Come si legge nel Libro di Giosuè (13:3), i ‘cattivi’ per antonomasia si sarebbero divisi in una serie di città-Stato tra cui le principali, la cosiddetta pentapoli filistea, erano Ashdod, Ekron, Gath, Gaza e, per l’appunto, Ascalona.

Qui, nei pressi del porto, la missione diretta da Daniel MasterLawrence Stager ha scavato le sepolture di 211 individui – uomini, donne e pochi bambini – che il radiocarbonio colloca tra l’XI e l’VIII secolo. Si riscontra una gran varietà di pratiche funerarie: inumazione e cremazione; tombe a camera, a fossa, a pozzo o a cista; singole o multiple; corpi deposti supini o proni. Ma, a differenza dei predecessori Cananei o dei vicini Israeliti, i Filistei non adottarono sepolture secondarie, cioè non prendevano le ossa dopo un anno dalla morte per trasferirle altrove. Una caratteristica interessante è la presenza nel corredo di piccoli contenitori di profumo posti al lato della testa o vicino al naso (vedi foto) in una chiara scelta simbolica.

Ma perché parlare qui di questa scoperta? I Filistei altro non sono che i Peleset delle fonti egiziane, presentati come mercenari alleati o, più spesso, come nemici invasori dal caratteristico copricapo piumato (o a strisce di cuoio). Li troviamo anche nelle rappresentazioni della battaglia di Qadesh di Ramesse II e, soprattutto, nei rilievi del tempio di Medinet Habu di Ramesse III. La loro origine, come per il resto dei Popoli del Mare, non è molto chiara e, in generale, è indicata nell’area egea – come dimostrano le influenze micenee nella ceramica filistea -. Quindi le analisi del DNA dei corpi scoperti sarà fondamentale per dirimere questi dubbi.

http://digashkelon.com/

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Individuato in Egitto il più antico cane con tracce di tumore

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Source: scienceinpoland.pap.pl

Risale agli anni ’70 del I secolo d.C. il più antico cane finora individuato con chiare tracce di un tumore. L’esemplare in questione fa parte dei circa cento animali domestici sepolti a Berenice, importantissima città portuale fondata nel 275 a.C. da Tolomeo II (285-246) come punto di partenza dalla costa del Mar Rosso – più o meno all’altezza di Assuan – per le spedizioni commerciali verso il Corno d’Africa, l’Arabia e l’India. La speciale necropoli, scoperta nel 2011 dalla missione americano-polacca diretta da Steven Sidebotham (University of Delaware) e Iwona Zych (Uniwersytet Warszawski), si trova a nord-est del porto e ha restituito i corpi deposti con cura di cani, gatti, cercopitechi e babbuini, alcuni dei quali con un collare metallico.

Studiando i resti ossei di un grosso molossoide, l’archeozoologa Marta Osypińska (Polska Akademia Nauk, Poznań) ha osservato lesioni su un omero e su una tibia (indicate dalle frecce nella foto) riconducibili a un osteosarcoma, tra i più aggressivi e mortali cancri che colpiscono ancora oggi i cani. Lo sfortunato animale era stato avvolto con foglie di palma e coperto da un’anfora cipriota spaccata a metà. L’autopsia ha permesso addirittura di scoprirne l’ultimo pasto: un pesce di acqua salata e carne di capra.

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Esposti per la prima volta i papiri di Cheope

Per la prima volta dalla loro scoperta – effettuata nel 2013 a Wadi el-Jarf, costa occidentale del Golfo di Suez, dalla missione franco-egiziana diretta da Pierre Tallet (Sorbona) e Sayed Mahfouz (Università di Assiut) – saranno esposti al pubblico i frammenti di papiro risalenti al 26° anno di regno di Cheope. Con circa 4600 anni, sono i più antichi papiri iscritti mai individuati.

Tuttavia, l’importanza dei reperti non si limita solo alla datazione, ma dipende anche dai testi riportati. Si tratta, infatti, di documenti amministrativi che registrano le presenze mensili dei lavoratori del porto, impiegati, ad esempio, nel trasporto di blocchi di calcare verso Giza per la costruzione della Grande Piramide.

L’esposizione sarà allestita da oggi presso il Museo Egizio del Cairo insieme alla mostra temporanea delle repliche dei più celebri pezzi della collezione.

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Nuovo sistema d’illuminazione per il Museo Egizio del Cairo

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Source: mgkhs.com

Ieri, al Museo Egizio del Cairo, è partita l’istallazione di un nuovo sistema d’illuminazione per sostituire il precedente ormai obsoleto e poco funzionale. L’iniziativa è stata voluta dal Ministero delle Antichità anche per supportare future aperture serali del museo. Inoltre, saranno aggiunti ulteriori punti luce nel giardino esterno per permettere alla Polizia Turistica un controllo migliore. In totale, il progetto costerà 2 milioni di lire egiziane (circa 200.000 euro).

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Metropolitan di New York: inaugurata la nuova sezione dell’Egitto tolemaico

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Source: metmuseum.org

Il Metropolitan Museum of Art di New York conserva una delle più importanti e corpose collezioni egizie del mondo, compreso un intero tempio, quello di Dendur, donato dall’Egitto agli Stati Uniti per l’impegno nel salvare il patrimonio archeologico messo in pericolo dalla diga di Assuan. Tra le 40 gallerie dedicate ai reperti nilotici, la 133 e la 134 sono state adibite alla nuova istallazione sul periodo tolemaico (332-30 a.C.). L’inaugurazione è avvenuta il 30 giugno, dopo anni di studio e progettazione e uno di trasferimento dei pezzi. Il rinnovato allestimento si basa su due temi principali: i grandi templi dei centri cittadini e la “ritrattistica” di sovrani, funzionari e sacerdoti. Ovviamente, grande attenzione è riservata alla commistione tra le due anime dell’Egitto dell’epoca, quella faraonica e quella greca portata dai nuovi dominatori con Alessandro Magno. Ad esempio, i faraoni potevano essere rappresentati attraverso il canone tradizionale, ellenistico o ibrido mescolando, a seconda della situazione, simboli religiosi e/o politici delle due culture.

http://www.metmuseum.org/blogs/now-at-the-met/2016/egyptian-ptolemaic-art-installation

 

P.S. Questo è il 500° articolo del blog… Troppe candeline su cui soffiare!

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Bufale eGGizie*: i geroglifici egizi di Gosford, Australia

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Source: abc.net.au

(*A scanso di equivoci, il nome della rubrica contiene volutamente un errore ortografico per sottolineare il carattere a dir poco ridicolo di alcune notizie riguardanti l’Egitto che circolano nel web e non solo)

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Source: karionghieroglyphs.blogspot.it

Questa volta mi vergogno un po’ a scrivere l’articolo perché basterebbe guardare l’immagine (Anubi che assomiglia a Wile Coyote!?) per capire che siamo di fronte all’ennesima bufala; ma, viste le tante persone che credono ancora a questa storia, mi tocca: geroglifici scoperti in Australia attesterebbero l’arrivo degli antichi Egizi sull’isola già 5000 anni fa! La notizia, seppur rimbalzata negli ultimi anni su diversi siti, risale al 1983 quando un giornale locale (immagine a sinistra) riportò la testimonianza di Alan Dash, un appassionato di storia antica, che affermava di aver visto nel 1975 geroglifici egizi a Gosford, nei pressi di Kariong, 60 km a nord di Sidney. L’area, nel cuore del Brisbane Water National Park, era nota per petroglifi aborigeni di 200/250 anni o anche più antichi, ma, tra le rappresentazioni di cacciatori, canguri e altri animali, spuntarono circa 300 segni ‘egizi’ incisi su due pareti parallele di arenaria. Già all’epoca, la cosa creò molto clamore tanto da costringere i ranger del National Parks and Wildlife Service a indagare: la situazione, infatti, metteva a repentaglio l’integrità della riserva naturale e del vero sito archeologico. Furono arrestati diversi tombaroli in cerca di tesori nella ormai ribattezzata “Kariong Egyptoid” ed emulatori, come un anziano cittadino jugoslavo sorpreso nel 1984 mentre era intento ad armeggiare sulla pietra con uno scalpello.

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Foto scattata nel 1983 dal NPWS

Fu subito evidente il fake. David Lambert, studioso di arte rupestre inviato dal NPWS, osservando i bordi netti delle incisioni e la mancanza di muschi e licheni, parlò di una realizzazione non più vecchia di 12 mesi. Fu perfino interpellato un egittologo, il prof. Naguib Kanawati della Macquarie Univesity di Sidney – come, più recentemente, il collega Boyo Ockinga -, che ovviamente rilevò solo simboli sparsi senza senso, a eccezione di un paio di nomi di faraoni, Cheope e Snefru, inscritti in cartigli quadrati (foto a sinistra). Che poi, a voler fare i pignoli, il verso delle titolature non coincide con quello dei nomi e, inoltre, il nomen “figlio di Ra” (sul cartiglio di destra) non era ancora in uso.

Si tratta, quindi, di un insieme di segni, alcuni dei quali anche inventati, posizionati senza nemmeno rispettarne la scala di grandezza. L’origine dovrebbe attestarsi alla prima metà degli anni ’70, ma alcuni geroglifici furono aggiunti successivamente. Tuttavia, non si conosce l’autore/gli autori: si è parlato di disegni fatti da reduci della I guerra mondiale, di uno scherzo di una radio locale o di studenti in gita, ma è probabile che sia stato proprio l’anziano, con problemi mentali, fermato nel 1984. Purtroppo, sul web continuano a circolare false traduzioni di presunti esperti, come un certo Ray Johnson confuso con Raymond W. Johnson, lui sì vero egittologo – direttore dell’Epigraphic Survey dell’Oriental Institute di Chicago – che, per questa omonimia, è stato costretto a smentire il suo coinvolgimento nella vicenda.

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