Archivi del mese: novembre 2017

Firmato accordo tra Museo Egizio di Torino e Comune di Catania

Source: MiBACT

Nella mattina del 24 novembre, presso la sede romana del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, è stato finalmente sottoscritto il protocollo d’intesa tra Museo Egizio di Torino e Comune di Catania. Si arriva così alla tanto attesa formalizzazione dell’impegno del museo piemontese a prestare alcuni reperti alla città siciliana per la mostra temporanea “Missione Egitto 1903-1920“. E questa volta, visto il comunicato ufficiale del MiBACT, non dovrebbero esserci smentite come quanto successo mesi fa. Insieme al padrone di casa Dario Franceschini, erano presenti tutti i rappresentanti delle istituzioni coinvolte per firmare l’accordo: Evelina Christillin, presidentessa della Fondazione Museo delle Antichità Egizie, Enzo Bianco, sindaco di Catania, e Luisa Papotti, Soprintendente della città metropolitana di Torino.

L’accordo, oltre all’organizzazione della mostra nel Convento dei Crociferi, prevede anche la consulenza scientifica dei curatori torinesi nello studio dei rapporti tra cultura materiale egiziana e quella ellenistica siciliana e lo sviluppo di un non specificato nuovo progetto. Quindi, al momento, non si è parlato chiaramente della creazione di una succursale etnea del Museo Egizio.

http://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sito-MiBAC/Contenuti/MibacUnif/Comunicati/visualizza_asset.html_1607539313.html

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Due scoperte dalla provincia di Assuan

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Source: MoA

Nel giorno del Black Friday, due scoperte al prezzo di una: Mostafa Waziry, Segretario Generale dello SCA, ha annunciato due ritrovamenti effettuati nel governatorato di Assuan, all’estremo sud dell’Egitto.

Proprio nel capoluogo della provincia, più precisamente sull’isola di Elefantina, la missione svizzero-tedesca (Schweizerisches Institut für Ägyptische Bauforschung und Altertumskunde in Kairo e Deutsches Archäologisches Institut in Kairo) diretta da Cornelius von Pilgrim ha individuato un laboratorio di carpenteria risalente alla XVIII dinastia. In particolare, l’ultima fase di frequentazione dell’edificio è collocabile tra il regno di Thutmosi III (1458-1425 a.C.) e i primi anni di Amenofi II (1425-1401). Tra i vari attrezzi recuperati dagli archeologi, spiccano due asce, in bronzo e rame, deposte in un piccolo pozzo. La prima (foto in basso), simmetrica con l’estremità allungate, appartiene a una tipologia che comparve nel II Periodo Intermedio (1650-1550 circa). Il suo cattivo stato di conservazione ha necessitato l’intervento di un restauratore. La seconda (foto in alto), invece, è decisamente più interessante perché non sarebbe di produzione locale ma levantina. Questo tipo, mai trovato prima d’ora in Egitto, presenta un foro per l’inserimento del manico (tecnica non egiziana) e 4 punte nella parte opposta alla lama che gli danno il nome di Nackenkammäxten (ascia dal collo a pettine). Pilgrim ha affermato che due esemplari molto simili, ma più tardi, sono stati scoperti a Ugarit (Ras Shamra, costa settentrionale della Siria) e in un santuario di Beit Shean (Israele nord).

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Source: MoA

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Source: MoA

Circa 40 km più a nord, a Kom Ombo, durante i lavori di abbassamento del livello della falda freatica che minaccia il sito archeologico, è stato portato alla luce un blocco in arenaria (83 x 55 x 32 cm) con iscrizione geroglifica. Il nome nei cartigli appartiene a un faraone poco noto ai più, Filippo III Arrideo (323-317), sovrano che regnò sui territori conquistati dal fratellastro Alessandro Magno nella fase di transizione verso la dinastia tolemaica vera e propria. Il testo presenta invocazioni al dio coccodrillo Sobek – parte, insieme ad Hathor e  Khonsu, di una delle due triadi a cui era dedicato il santuario (l’altra era composta da Horoeris, Tasenetnofret e Panebtawy) –  ed è compreso tra la raffigurazione di Nekhbet sotto forma di avvoltoio e la testa di Filippo con la corona rossa del Basso Egitto. Tale attribuzione sposta indietro la costruzione del Tempio di Kom Ombo, nel quale il primo faraone attestato finora era Tolomeo VI  (163-145).

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Egitto, scoperti tre relitti di epoca romana al largo di Alessandria

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Source: MoA

Al contrario di quello che si potrebbe pensare, le tracce della millenaria storia dell’antico Egitto non si celano solo sotto l’arida sabbia del deserto, ma possono essere trovate anche nelle profondità del mare.
Ne è un perfetto esempio la scoperta annunciata ieri da Mostafa Waziry, Segretario Generale del Supreme Council of Antiquities, di tre relitti di epoca romana al largo del porto di Alessandria.

Il ritrovamento è stato effettuato da una missione egiziana del Dipartimento di Archeologia Subacquea del Ministero delle Antichità in collaborazione con l’Institut Européen d’Archéologie Sous-Marine (IEASM). Secondo il capo del Dipartimento, Osama al-Nahas, ce ne sarebbe anche un quarto intuibile dalla presenza di grandi travi di legno sul fondale e di numerosi contenitori ceramici che potrebbero aver fatto parte del carico della nave affondata.

L’area indagata si trova tra il porto orientale di Alessandria e la baia di Abu Qir, dove un tempo sorgeva l’antica città di Heracleion (Thonis in lingua egizia) ormai sommersa dalle acque del Mediterraneo.

I resti di questo importante snodo commerciale dell’Egitto Tardo sono stati individuati nel 2000 dal team di Franck Goddio, fondatore dell’IEASM e fautore di due serie di popolari mostre itineranti in giro per l’Europa e non solo. Gli spettacolari reperti “ripescati” a Thonis, a Canopo e nella capitale tolemaica, insieme a statue concesse in prestito dal Museo Egizio del Cairo e dal Museo Greco-Romano di Alessandria, sono stati esposti con la mostra “Egypt’s Sunken Treasures” a Berlino, Parigi, Bonn, Madrid, Torino (presso la Venaria Reale dal 07/02/2009 al 31/05/2009) e Yokohama e, negli ultimi due anni con “Osiris: Egypt’s Sunken Mysteries”, a Parigi, Londra (con il titolo “Sunken cities, Egypt’s lost worlds”) e Zurigo.

Tornando all’attualità, gli archeologi subacquei hanno scoperto da settembre ad oggi anche importanti oggetti che collocano i ritrovamenti di Abu Qir ai primi anni della dominazione romana nella Valle del Nilo. Si tratta, infatti, di una testa di statua molto deteriorata che Waziry attribuisce al triumviro Marco Antonio, e a 3 monete d’oro risalenti all’impero di Augusto.

Per la precisione, questi aurei furono coniati dalla zecca di Lugdunum (l’odierna Lione) tra il 2 a.C. e il 4 d.C. per celebrare il titolo di Princeps iuventutis concesso ai nipoti di Ottaviano, Gaio Cesare e Lucio Cesare. Ora non resta che aspettare la ripresa delle ricerche con la prossima missione del 2018.

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Tell Atrib, scoperti resti di un tempio (di Iside?)

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Source: almasryalyoum.com

Leggendo il titolo dell’articolo, si esaurisce quasi completamente la notizia. Sì, perché ciò che si sa di questa scoperta fortuita al momento è veramente poco. Mostafa Waziry, Segretario Generale del Supreme Council of Antiquities, ha annunciato che, durante la realizzazione di un complesso residenziale nei pressi della città di Banha (40 km a nord del Cairo), sono stati individuati i resti di un tempio. I blocchi ritrovati sono coperti da iscrizioni geroglifiche, ma non è ancora stata fornita una datazione. Fonti non ufficiali, invece, parlano di un tempio di Iside perché la dea, insieme ad Horus, comparirebbe in alcune scene sulle pareti e sui frammenti delle colonne. Il cantiere è stato bloccato per permettere agli archeologi del Ministero delle Antichità di proseguire le indagini archeologiche nell’area dove sorgeva l’antica Athribis.

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Esposte per la prima volta le lamine d’oro dalla tomba di Tutankhamon

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Source: dainst.org

In un museo sempre più vuoto, nuovi tesori – una volta tanto non è un’esagerazione – a disposizione dei visitatori.

Ieri, in occasione del 115° anniversario dell’apertura del Museo Egizio del Cairo e del 60° della riapertura del Deutsches Archäologisches Institut Kairo (DAIK), il ministro El-Enany ha inaugurato la mostra speciale delle decorazioni in lamina d’oro provenienti dalla tomba di Tutankhamon. Queste 55 piccole lastre auree su cuoio adornavano i carri da guerra, i finimenti dei cavalli e le guaine delle armi trovate nella KV62, ma non erano mai state esposte al pubblico per il loro cattivo stato di conservazione. Il progetto di restauro è stato portato avanti da specialisti del Museo Egizio, del Römisch-Germanisches Zentralmuseum di Mainz, dell’Institut für die Kulturen des Alten Orients dell’Università di Tübingen e del DAIK. I lavori sono iniziati tre anni fa sotto la direzione di Christian Eckmann – che ha rimediato anche al famigerato incidente della maschera – e sono terminati nei tempi previsti. Ma avete poco tempo per ammirarle – almeno per il momento – perché a fine dicembre saranno trasferite presso il Grand Egyptian Museum.

 

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Deir el-Banat, scoperta mummia greco-romana

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Source: MoA

La missione del Centro per gli Studi Egittologici dell’Accademia Russa delle Scienze (CESRAS) ha scoperto un sarcofago con una mummia di età greco-romana. Il ritrovamento è stato effettuato a Deir el-Banat, necropoli situata in pieno deserto oltre il bordo sud-orientale del Fayyum. Nonostante la bara di legno sia piuttosto danneggiata (foto in basso), la mummia, avvolta in un sudario di lino, è fortunatamente in ottimo stato di conservazione e presenta ancora maschera con lamina d’oro per il volto e copertura in cartonnage dai colori vividi (foto in alto, con tanto di dito sull’obiettivo). Mancano iscrizioni, ma sul torso, sotto la parrucca, si vedono il collare usekh, la dea alata del cielo Nut e i 4 figli di Horus (Duamutef, Hapi, Qebehsenuef, Imsety). Le tombe di questo cimitero vanno dal periodo tolemaico a quello copto e sono state quasi tutte depredate, ma gli archeologi del CESRAS, diretti da Galina Belova, hanno individuato diverse sepolture intatte.

http://www.cesras.ru/deyatelnost/arheologiya/fajjum-dejr-al-banat

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Source: MoA

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“I social media per la cultura: istruzioni per l’uso” (Pisa, 1 dicembre 2017)

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Le “Bufale eGGizie” lasciano internet per un giorno e passano offline grazie all’associazione studentesca VOLO – Viaggiando Oltre L’Orizzonte – di cui sono presidente – che, in collaborazione con l’Università di Pisa, organizza un workshop dal titolo I social media per la cultura: istruzioni per l’uso. Il 1° dicembre, presso la Gipsoteca di Arte Antica (piazza San Paolo all’Orto 20, Pisa), una serie di esperti di comunicazione digitale parleranno della divulgazione culturale attraverso il web e in particolare i social network. Saranno toccati argomenti come arte, cinema, teatro, letteratura, musei e archeologia. Io aprirò gli interventi della giornata illustrando l’ormai consolidata veicolazione virtuale di fake news e cattiva informazione anche nell’archeologia, per una volta non limitandomi all’antico Egitto.

Qui il programma della giornata:

9:15 – Saluti di VOLO; introduce e modera Azzurra Scarci

9:30 – Mattia Mancini (Djed Medu, Pisa), Alieni e piramidi: fake news e cattiva informazione web in archeologia

9:55 – Marina Lo Blundo (MAN Firenze), Il museo è un luogo social(e)! Comunicare i musei nel web 2.0 e nei social media

10:20 – Michela Santoro (Mlac-Roma), Arte e social media: un mondo reale di reti virtuali

10:45 – Domande e curiosità

11:00 – Pausa

11:15 – Margherita Mattei (Cinema Arsenale, Pisa), “A qualcuno piace social” – La comunicazione online del Cinema Arsenale

11:40 – Antonella Criscuolo (ARTeiNWolrd), Hashtag Puccini: l’Opera è Social

12:05 – Cristina Maranzano, Alice Gennari, Caterina Pinzauti, Gianluca Cometa (Radioeco, Pisa), La comunicazione 2.0: tra web-radio e social

12:30 – Francesco Feola (Francesco Feola Blog letterario, Pisa), La letteratura ai tempi dei social: un fortunato esperimento di blogging

12:55 – Domande e curiosità

http://www.associazionevolo.it/attivita-2/attivita-in-programma/workshop-i-social-media-per-la-cultura-istruzioni-per-luso/

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Scoperto il primo ginnasio ellenistico in Egitto

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Source: MoA

La presenza di gymnasia in Egitto era già attestata da fonti scritte su papiri tolemaici, ma non se n’era mai trovata traccia in scavi archeologici; almeno finora. La missione tedesca del Fayum Survey Project, diretta da Cornelia Römer (Deutsches Archäologisches Institut)ha infatti individuato i primi resti nel Paese di questo particolare tipo di edificio. La scoperta è stata effettuata a Medinet Watfa, villaggio situato 5 km a est di Qasr Qarun e non è un caso perché il Fayyum, insieme al Delta del Nilo, fu l’area egiziana più interessata dal ‘colonialismo’ greco dopo la conquista di Alessandro Magno. Watfa corrisponde all’antica Philoteris, città fondata da Tolomeo II (282-246 a.C.) in memoria della sorella Filotera. Il centro, al suo massimo apice, comprendeva 1200 abitanti di cui 1/3 era macedone; per questo non mancavano strutture architettoniche tipicamente ellenistiche.

Il ginnasio era il luogo preposto alla formazione fisica e intellettuale dei giovani Greci che iniziavano imparando a leggere e scrivere e poi passavano a studi più avanzati di retorica, grammatica, filosofia, musica, senza mai dimenticare l’allenamento del corpo. Della struttura di Watfa sono state ritrovate entrambe le parti caratterizzanti: la palestra, una grande corte a peristilio – probabilmente adorna di statue – usata anche come luogo di ritrovo, e il drômos, la pista adibita alle corse podistiche. In particolare, la lunghezza di circa 200 metri di quest’ultimo fa ipotizzare che sia stato progettato per le gare di stadion, uno sprint rettilineo di 192,28 m.

 

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Usata eclissi solare per datare il regno di Merenptah

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Source: dioni.altervista.org

Vi avevo avvertiti che sarebbe arrivata sul blog una serie di titoli clickbait, anche se, questa volta, la notizia proviene da fonti più che autorevoli: le università di Cambridge e Oxford. Due studiosi degli atenei inglesi, Sir Colin John Humphreys (professore di Scienze dei Materiali e Metallurgia e Direttore della Ricerca a Cambridge) e Graeme Waddington (astrofisico a Oxford), hanno utilizzato dati scientifici e interpretazioni filologiche per individuare quella che, secondo loro, sarebbe la più antica registrazione di un’eclissi solare. Inoltre, questo fenomeno astrologico porterebbe, tramite cross-dating tra fonti bibliche e testi egiziani, a una ricollocazione temporale degli anni di regno del faraone Merenptah e, di conseguenza, del suo più famoso predecessore Ramesse II.

Il tutto è partito da una reinterpretazione del passo biblico di Giosuè 10, 12-13:

“¹²Quando il Signore consegnò gli Amorrei in mano agli Israeliti, Giosuè parlò al Signore e disse alla presenza d’Israele:
«Fèrmati, sole, su Gàbaon,
luna, sulla valle di Àialon».
¹³Si fermò il sole
e la luna rimase immobile
finché il popolo non si vendicò dei nemici.
Non è forse scritto nel libro del Giusto? Stette fermo il sole nel mezzo del cielo, non corse al tramonto per un giorno intero. […]”

[Versione della Bibbia CEI 2008]

Humphreys ha preso in considerazione il testo originale in ebraico e si è focalizzato sulla parola dôm, “essere fermi”, che però avrebbe la stessa radice di termini utilizzati nelle tavolette astronomiche babilonesi per indicare le eclissi. In tal senso, la nuova traduzione proposta, riferita ai due astri, sarebbe l’interruzione della loro attività abituale, cioè il brillare. Prima attestazione di un’eclissi totale nella storia? Non esattamente. Considerando il periodo che va dal 1500 al 1050 a.C. e riferendosi alla più antica menzione del popolo di Israele, nella “Stele della Vittoria” di Merenptah, il fenomeno più plausibile sarebbe l’eclissi anulare del 30 ottobre 1207 a.C. L’eclissi anulare si verifica quando la Luna è troppo lontana dalla Terra e riesce a coprire con il suo cono d’ombra solo l’86% per Sole, finendo così per creare l’illusione di un cerchio di fuoco. Quella del 1207 sarebbe stata visibile dalla terra di Canaan, in particolare da Gabaon (10 km a nord di Gerusalemme), tra le 15:30 e le 17:38, con l’apice alle 16:50 (immagine in basso; N.B.: la didascalia è errata già nell’articolo originale).

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Source: academic.oup.com

Quest’intuizione avrebbe ripercussioni storiche spostando, anche se di poco, la cronologia assoluta della XIX dinastia egizia. Come detto, Merenptah è il faraone sotto il quale si ha la prima fonte scritta sugli Israeliti grazie al resoconto delle sue campagne militari contro le tribù libiche dei Libu e dei Meshwesh e contro i popoli di Canaan, tra cui viene annoverato anche quello di YsyriAr:

“I re sono abbattuti e dicono ‘Salam’. Nessuno tiene alta la testa fra i Nove Archi; la Libia è devastata; Kheta è pacificata; Canaan è depredata con ogni male; Ascalon è deportata; Geser è conquistata; Ionoam è ridotta come ciò che non esiste; Israele è desolato, non c’è più il suo seme. La Palestina è divenuta vedova per l’Egitto: tutte quante le terre sono pacificate, chi era turbolento è stato legato dal re Merenptah, sia egli dotato di vita come Ra, ogni giorno”.

[traduzione: BRESCIANI E., Letteratura e Poesia dell’Antico Egitto, Torino 1969, p. 277]

La Stele della Vittoria, detta anche “Stele d’Israele”, risale al 5° anno di regno del sovrano, ma la campagna asiatica è collocata tra il 2° e il 4° anno ovvero, secondo Humphreys, al 1207 a.C. Con questa nuova cronologia, il regno di Merenptah, attualmente posto tra il 1213 e il 1203, si daterebbe al 1210-1200 (± 1 anno). Di conseguenza, Ramesse II sarebbe stato al trono tra il 1276 e il 1210 (± 1 anno).

L’utilizzo di fenomeni celesti per fissare punti fermi nella storia non è di certo una novità: l’eclissi registrata a Ninive il  15 giugno del 763 a.C. è stata utile per fornire una cronologia assoluta per i re assiri; per l’Egitto, invece, si può fare l’esempio dell’inizio di un nuovo ciclo sotiaco (coincidenza, ogni 1460 anni, tra il calendario civile e la levata eliaca di Sirio) nel 139 d.C., sotto l’imperatore Antonino Pio. Ma che attendibilità può avere la Bibbia? È indubbio che ci sia del vero tra i versetti del Vecchio Testamento, ma, al di là dell’interpretazione filologica, appare esagerato fidarsi della registrazione di un evento accaduto centinaia di anni prima. La redazione del Libro di Giosuè, infatti, è datata al VI-V sec. a.C. Inoltre, personalmente non trovo il nesso tra la lotta degli Israeliti contro gli Amorrei e la campagna di Merenptah a Canaan. Humphreys aveva subito critiche simili anche per il suo libro “The Mystery of the Last Supper” (2011) in cui, con cieca fiducia nei Vangeli e ancora con l’aiuto tecnico di Waddinton, aveva posto l’Ultima Cena al 1 aprile del 33.

 

L’articolo originale su Astronomy & Geophysics 58 (1917): “Solar eclipse of 1207 BC helps to date pharaohs”

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#ScanPyramids: confermata la presenza di un grande “vuoto” nella Piramide di Cheope?

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Source: ScanPyramids

Vi avverto: tra eclissi datanti, Popoli del Mare e camere nascoste, il prossimo sarà un periodo pieno di grandi proclami in cui i giornali sguazzeranno. Iniziamo con la notizia pubblicata oggi su Nature che riporta all’attenzione pubblica, dopo mesi di silenzio, il progetto #ScanPyramids. Riassumendo brevemente, un team internazionale (HIP.institute, Università del Cairo, Université Laval, Nagoya University) sta utilizzando le tecnologie più avanzate per analizzare la struttura interna delle grandi piramidi di IV dinastia. In particolare, l’obiettivo principale è l’individuazione di vuoti o altre anomalie all’interno della Piramide di Cheope. Grazie all’utilizzo dell’ormai tanto famosa quanto incomprensibile prospezione muonica (qui una breve spiegazione), nell’ottobre 2016, erano state riscontrate due cavità, una alla base del lato nord, dietro l’ingresso originale (presenza confermata anche da termocamere), l’altra in corrispondenza dell’angolo N-E, a 105 metri d’altezza. Ma poi, complice anche lo scetticismo delle autorità locali e soprattutto di Zahi Hawass, si era deciso di verificare questi risultati con altri esami effettuati tra agosto 2016 e luglio 2017. I nuovi rilevamenti confermerebbero l’ipotesi del fisico giapponese Kunishiro Morishima: un grande vuoto posto sopra la Grand Gallery, tra i 50 e i 70 metri dalla base del monumento. Con una lunghezza di più di 30 metri, la struttura sarebbe la più grande scoperta nella piramide dall’Ottocento. Infatti, in corrispondenza di quell’area, viene segnalato un eccesso di muoni (particelle prodotte dai raggi cosmiche) non assorbiti dalla roccia che sono stati rilevati da piattaforme posizionate nella Camera della Regina e fuori dalla piramide.

Da notare, però, che questa volta, memori della precedente tirata di orecchi dal Ministero delle Antichità, nessuno si è azzardato a parlare di “camere”. In ogni caso, al momento è inutile fare ipotesi sulla natura dell’anomalia, anche perché non è ancora possibile sapere se questa sia orizzontale o obliqua come la galleria sottostante. Nonostante ciò, c’è già qualcuno che si è avventurato in spiegazioni parlando di un condotto utilizzato per trasportare i pesanti blocchi di copertura della Camera del Re o comunque legato alla costruzione della Grand Gallery stessa.

Aggiornamento (3 novembre 2017):

Come prevedibile, è arrivata la risposta piccata del Ministero delle Antichità. Mostafa Waziry, Segretario Generale del Supreme Council of Antiquities, ha parlato di conclusioni troppo precipitose per uno studio preliminare e di termini inadeguati considerati addirittura propagandistici. Il comunicato si riferisce a parole come “scoperta”, “camera segreta”, “galleria”, “tunnel” (a dir la verità, usate soprattutto dalla stampa) e in particolare ad alcune interviste rilasciate dallo stesso Mehdi Tayoubi, co-direttore dello ScanPyramids Project. Ma il vero problema è stato sicuramente la pubblicazione della notizia senza l’approvazione del Ministero – che ha l’esclusiva degli annunci e che ha revocato concessioni di scavo a missioni archeologiche per scavalcamenti simili – e del comitato scientifico permanente (Zahi HawassMark Lehner, dir. Ancient Egypt Research AssociatesMiroslav Barta, dir. della missione ceca a Saqqara, e Rainer Stadelmann, ex dir. del Deutschen Archäologischen Institut Kairo) che giudica i risultati del progetto. Lehner, infatti, ha riferito come già si conoscesse la presenza di vuoti lasciati durante la costruzione della piramide, paragonata così alla groviera più che al cheddar (cit.). Quindi niente di nuovo. La risposta di Hawass è stata ancora più categorica: “Questa pubblicazione non fornisce niente all’Egittologia. Zero”.

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