Archivi del mese: febbraio 2018

Kom Ombo, scoperta statua colossale di Ramesse II

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Source: Luxor Times Magazine

Ormai da settembre, i lavori di abbassamento del livello della falda freatica che minaccia il sito di Kom Ombo, nella provincia di Assuan, portano a continue scoperte. D’altronde, non ci si può aspettare altro quando si scava a pochi metri da uno dei più importanti templi greco-romani d’Egitto. Se a novembre, era stata individuata una stele che retrodatava la costruzione dell’edificio al regno di Filippo III Arrideo (323-317), questa volta il ritrovamento è ancora più antico. Dal cantiere, infatti, sono emersi alcuni frammenti in arenaria – corona, testa e busto – di una statua colossale raffigurante Ramesse II (1279-1213). Il faraone è ritratto in posa osiriaca con corona bianca dell’Alto Egitto, le braccia incrociate al petto e le mani, che mostrano ancora tracce di pittura, a sorreggere due ankh. L’identificazione è assicurata dal cartiglio con il nomen Ramessu-Meriamon (foto in basso). Solo la testa misura 70 x 56 x 30 cm, mentre l’altezza originaria totale doveva raggiungere i 7 metri.

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Source: Luxor Times Magazine

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Tuna el-Gebel, scoperte tombe di sacerdoti di Thot

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Source: english.ahram.org.eg

Come ormai di consueto per le missioni egiziane, stamattina si è tenuta una conferenza stampa in cui il ministro Khaled el-Enany (foto a sinsitra) ha annunciato una grande scoperta: una necropoli con oltre 40 sarcofagi nella provincia di el-Minya, Medio Egitto. Il ritrovamento di 8 tra tombe e pozzi funerari, databili dal Periodo Tardo all’inizio dell’Età Tolemaica (seconda metà del I millennio a.C.), è stato effettuato dagli archeologi dell’Università del Cairo che scavano qui, 6 km a nord di Tuna el-Gebel, dal novembre del 2017. Queste sepolture appartengono alle famiglie dei sacerdoti di Thot, la principale divinità venerata nella capitale del XV nomo dell’Alto Egitto, Ermopoli (oggi el-Ashmunein).

In particolare, nella tomba del sommo sacerdote Harsiesi, sono state ritrovate 13 deposizioni, oltre a più di mille ushabti in faience e 4 canopi in alabastro perfettamente conservati in cui sono ancora conservati gli organi mummificati del defunto. Il nome di quest’ultimo, Djehutyirdies, è scritto sui vasi e sul sarcofago con la mummia riccamente ornata da un collare in bronzo che rappresenta Nut alata, diverse collane in perline rosse e blu in pasta vitrea e lamine in bronzo dorato. Inoltre, il corpo era dotato di 4 amuleti in pietre semi-preziose di cui uno reca l’iscrizione propiziatoria Nefer-renepet: “Buon anno nuovo”.

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Source: english.ahram.org.eg

Più in generale, dalle tombe provengono diversi vasi ceramici, maschere funerarie, gioielli e 40 sarcofagi in calcare di varie dimensioni, alcuni dei quali con all’interno feretri antropoidi in legno con il nome e il titolo del morto. Questi numeri forniscono la portata del sito che, secondo le stime di Mustafa Waziry, segretario generale del Supreme Council of Antiquities, richiederà almeno 5 anni per essere indagato completamente.

Più o meno nella stessa area, lo scorso maggio era stata scoperta una cachette tarda con 17 mummie.

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Inaugurato il museo all’aperto di Matariya

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Source: MoA

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Source: MoA

Lo scorso sabato, il ministro delle Antichità Khaled el-Enany ha inaugurato il museo all’aperto di Matariya, quartiere cairota nord-orientale. Il progetto vede così finalmente la sua conclusione dopo che era stato fatto partire nel 2008 e interrotto alla fine del 2010 a causa del caos generato dalla “primavera araba”. Il parco comprende 135 reperti tra statue, stele, blocchi iscritti e il famoso obelisco di Sesostri I (1964-1919), monolite in granito rosso alto 20 metri e pesante 121 tonnellate (foto a sinistra).

L’area in cui sorge il museo – accessibile con un biglietto di 60 LE (30 per gli studenti: 2,75/1,35 euro) – corrisponde all’antica città di Eliopoli e non è lontana dal punto in cui la missione egiziano-tedesca di Dietrich Raue lo scorso anno ha scoperto il colosso di Psammetico I.

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Il segreto per una piega perfetta è nella cera d’api

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Tunica plissettata, S. 14087, V-VI din., Gebelein (ph: torino.corriere.it)

Una delle cose che stupisce di più i visitatori che si apprestano ad attraversare il secondo piano del Museo Egizio di Torino è lo straordinario stato di conservazione di alcuni abiti che, nonostante i loro 4000 anni, sembrano essere stati confezionati l’altro ieri. In particolare, colpisce come alcune tuniche di lino abbiano mantenuto la plissettatura originaria senza sostanziali danni.

Le tuniche plissettate sono un fiore all’occhiello del museo piemontese che ne conserva il più cospicuo gruppo al mondo, cioè 12 di cui 6 complete. Alcune vestivano mummie, altre erano ripiegate e deposte in tombe, per lo più femminili, che vanno dalla V all’XI dinastia (2500-2000 a.C. circa). Questi capi sono composti da tre pezzi di tela cuciti insieme, uno per la gonna e due per le maniche, e presentano uno scollo a V sia frontale che posteriore. Ma il particolare che colpisce maggiormente riguarda le pieghe, rivolte per metà verso l’alto e per metà verso il basso (per maggiori informazioni: Museo Egizio, 2015, p. 243), che si sono mantenute addirittura meglio di quelle che non riesco a far andar via quando stiro le camicie… Tuttavia, la vera incognita di una così alta perizia sartoriale era la natura della sostanza utilizzata come appretto che, però, sembra sia stata finalmente individuata.

Pochi giorni fa, infatti, durante il X Congresso Nazionale dell’Associazione Italiana di Archeometria (AIAr), sono stati presentati i risultati preliminari di uno studio portato avanti da ricercatori di Università di Palermo e Torino, CNR di Messina e Centro conservazione e restauro La Venaria Reale. Dopo analisi con spettroscopia infrarossa e risonanza magnetica nucleare, è emerso che la sostanza che ha reso le pieghe perfette per 4000 anni è la cera d’api. In ogni caso, la ricerca continuerà allargando il campo di studi a ulteriori esemplari.

 

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Cold Case: Ramesse III è stato sgozzato (e forse abbiamo il colpevole)

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L’esposizione temporanea al Museo Egizio del Cairo di alcuni reperti, di solito chiusi nei depositi, ha riacceso i riflettori su una mummia particolare che, per aspetto e tecniche d’imbalsamazione, si distingue da tutte le altre: l’“Unknown Man E”, soprannominato la “Mummia urlante”. Questo misterioso individuo è legato a un controverso caso di cronaca nera, riaperto dopo 3000 anni e forse risolto. Per questo, ripropongo un vecchio articolo scritto nel 2012 per l’Archoblog di VOLO, in cui parlo della vicenda del cosiddetto “complotto dell’harem” e del tentativo, a quanto pare riuscito, di uccisione del faraone Ramesse III (1186-1154 a.C.).

I fatti erano già noti grazie al “Papiro giuridico di Torino” (qui la scheda del Museo Egizio), nel quale si racconta del tentativo di congiura ordito da una delle spose di Ramesse III, Tiye, coadiuvata da numerosi altri membri della corte. Il piano consisteva nel colpire il re proprio nell’harem, per poi sostituire il legittimo erede al trono, Ramessu-Hekamaat-Meriamun (il futuro Ramesse IV), con il figlio di Tiye Pentaur. Il complotto venne scoperto e i colpevoli puniti con la pena capitale, ma un particolare ha sempre destato sospetti: il faraone, durante la descrizione del processo, è definito “Dio Grande” (nTr aA), epiteto di solito riservato ai faraoni divinizzati dopo la morte. Che quindi sia stato ucciso durante il tentativo di golpe?

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Ora, uno studio pubblicato sul British Medical Journal sembra dirimere ogni dubbio. Un’equipe di ricercatori, composta da Albert Zink, paleopatologo dell’EURAC di Bolzano (centro che ha studiato il nostro Ötzi), Carsten Push, esperto di genetica molecolare dell’Università di Tubinga, e Zahi Hawass (in questo caso non servono presentazioni), sembra aver individuato la causa della morte di Ramesse III. Grazie alle immagini della TAC, si è visto che, sotto le bende, si trova un profondo taglio alla gola che, recidendo trachea, esofago e ogni vaso sanguigno fino alle vertebre, ha causato il decesso istantaneo. Successivamente, durante la mummificazione, è stato inserito nella ferita un amuleto a forma di udjat (indicato dalla freccia nella foto) per permetterne la rimarginazione nell’Aldilà.

Altre informazioni sono arrivate dalle analisi del DNA che hanno collegato Ramesse III al misterioso “Unknown Man E”, la cui mummia (foto a sinistra) fu scoperta da Maspero nella caschette di Deir el-Bahari nel 1881. Questa mummia era stata imbalsamata con un procedimento rudimentale e, contro ogni tradizione, avvolta solo da pelle di capra. Sembra quindi che il ragazzo, morto intorno ai 18-20 anni, abbia ricevuto un trattamento volutamente inefficace e impuro che comprendeva la semplice disidratazione nel natron e il versamento di resina nella bocca aperta; inoltre, mani e piedi erano legati con lacci di cuoio. Il torace gonfio e la pelle del collo compressa farebbero pensare a un’impiccagione o comunque allo strangolamento, possibile punizione per aver partecipato al complotto. Già da tempo si pensava che la mummia appartenesse a Pentaur e la codifica del genoma ha confermato la parentela con il faraone, ma per la certezza matematica servirebbe il corpo della madre Tiye che, però, non è mai stato ritrovato.

http://www.bmj.com/content/345/bmj.e8268

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tourismA 2018: Egitto e non solo

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Dal 16 al 18 febbraio, presso Palazzo dei Congressi di Firenze, si terrà la quarta edizione di tourismA – Salone Archeologia e Turismo Culturale, la manifestazione che ormai è diventata un appuntamento imperdibile per chi si occupa di turismo, valorizzazione e divulgazione nell’ambito dei beni culturali. L’Egitto non sarà protagonista del Salone come lo scorso anno, quando ne è stato Paese ospite, ma riserverà comunque qualche spunto interessante. In particolare, ci saranno gli interventi di due tra i curatori del Museo Egizio di Torino:

  • Enrico FerrarisVenerdì 16, 17:20, Sala Verde (nell’ambito di IT’S BROKEN & UGLY: Archeologia e cultura materiale: Documentazione Analisi Interpretazione);
  • Paolo Del Vesco«Tutela del patrimonio culturale e inclusione sociale in Egitto: dal Museo allo Scavo», Sabato 17, 16:35, Sala 9 (nell’ambito di ARCHEOLOGIA IN ORIENTEIl contributo degli archeologi italiani: dalla tutela del patrimonio culturale al turismo consapevole).

Inoltre, Domenica 18, alle 12:25 nell’Auditorium, il documentarista Brando Quilici parlerà della ricerca di Zahi Hawass sulla cospirazione dell’harem e l’omicidio di Ramesse III (il mio articolo sull’argomento).

Poi non posso non segnalare altri eventi da segnare sull’agenda, a partire da ARCHEOSOCIAL, il consueto incontro di tourismA che, grazie all’organizzazione di Antonia Falcone e Domenica Pate (Professione Archeologo) e di Astrid D’Eredità (ArchePop)  e la partecipazione di Stefania Berruti (Memorie dal Mediterraneo), Marina Lo Blundo (Generazione di Archeologi), Giovanna Baldasarre (ArcheoKids), Giovina Caldarola (Aquinum), Antonio Plescia (Apostrofare Catilina in Senato), è completamente dedicato alla divulgazione archeologica via web. Quest’anno il tema principale sarà l’utilizzo delle immagini, tra meme e visual storytelling (Venerdì 16, 9:00-18:00, Sala 4).
Infine, conferenza succosissima quella curata dal CICAP – Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle PseudoscienzeANTICHI ASTRONAUTI… SULLA ROTTA SBAGLIATA: Riflessioni ai confini della fantarcheologia. Si parlerà ovviamente di bufale archeologiche, questa volta non solo eGGizie*. (Sabato 17, 12:00-14:00, Sala Verde).

Il programma completo: http://www.tourisma.it/wp-content/uploads/2018/02/programma_completo_2018.pdf

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Scoperto tempio di epoca romana nei pressi di Kom Ombo

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Source: MoA

Ayman Ashmawy, capo del settore delle antichità egizie del Ministero delle Antichità, ha annunciato la scoperta di un tempio di epoca romana nel sito di Kom el-Rasras, nei pressi di Kom Ombo. Il ritrovamento è stato effettuato nell’ambito degli scavi di una scuola di formazione organizzata dal ministero che, per sei settimane a partire dall’inizio di gennaio, ha fornito le basi di archeologia, antropologia e ceramologia a giovani ispettori egiziani. L’edificio era realizzato in arenaria, con tre sale parallele e un’aula trasversale. Alla datazione del I-II secolo d.C. si è arrivati grazie alla presenza dei cartigli di tre imperatori romani, qui ovviamente rappresentati nei classici abiti faraonici: Domiziano (81-96), Adriano (117-138) e Antonino Pio (138-161). Secondo Ashmawy, il tempio sarebbe stato costruito in un’area residenziale abitata dagli operai che lavoravano nelle vicine cave di Gebel Silsila.

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Giza, scoperta tomba di V dinastia

Source: Luxor Times

Così come il 2017, anche il 2018 sarà un anno di grandi risultati per l’archeologia egiziana. È la promessa fatta stamattina dal ministro delle Antichità Khaled El-Enany durante una conferenza stampa ufficiale tenutasi a poche centinaia di metri dalla Grande Piramide. El-Enany ha infatti annunciato la scoperta di una tomba risalente alla V Dinastia (2400 a.C. circa) effettuata nella necropoli occidentale di Giza.

Il cimitero in questione, scelto per migliaia di sepolture di funzionari di Antico Regno, è stato indagato già dalla metà dell’Ottocento fino ai più recenti scavi di Zahi Hawass; tuttavia, la ricerca nell’area è ripresa da pochi mesi grazie a 12 missioni locali. Quella che ha portato al ritrovamento è iniziata lo scorso ottobre ed è diretta da Mostafa Waziry, segretario generale del Supreme Council of Antiquities, che ha fornito ulteriori dettagli sulla tomba.

La mastaba, ora denominata G9000, è appartenuta a Hetepet [Hetpet nella forma meno corretta], donna che si fregiava dei titoli di “Sacerdotessa di Hathor” e “Conoscente del Re”. Al momento, non si conosce molto altro della defunta se non l’importanza che si può desumere dalla sua deposizione indipendente, apparentemente non legata a uno sposo.

L’edificio funerario è composto da una struttura architettonica in blocchi di calcare e pareti in mattoni di fango. All’interno, un corridoio “a L” conduce alla cappella con un bacino di purificazione e una tavola per l’incenso e le altre offerte per l’aldilà.

Ma quello che colpisce è la perfetta conservazione delle pitture parietali, dai colori ancora vividi, che ritraggono scene di vita quotidiana: uomini e donne sono ritratti mentre pescano, cacciano, coltivano i campi, macellano bovini, fondono metalli, lavorano il cuoio, intrecciano canne di papiro per la realizzazione di barche, danzano, suonano e portano doni a Hetepet.

In particolare, curiosa è la rappresentazione di due scimmie, all’epoca normali animali domestici, l’una intenta nel cogliere frutti da un albero mettendoli in una cesta, l’altra nel ballare durante il banchetto funebre.

Questa scoperta, però, potrebbe non essere completamente inedita perché di Hetepet abbiamo già diversi rilievi in calcare, tra cui due false porte, conservati presso il Liebieghaus Museum di Francoforte e il Neues Museum di Berlino.

I blocchi furono recuperati nel 1909 dalla spedizione tedesca di Carl Maria Kaufmann che, purtroppo, non segnalò il punto esatto di ritrovamento né descrisse il contesto. In ogni caso, le ricerche continueranno, anche in ottica del recente piano di riqualificazione turistica della Piana di Giza che ha visto, tra le altre cose, l’apertura al pubblico lo scorso novembre delle Tombe dei costruttori delle piramidi.

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L’Università di Pisa propone due summer school di Egittologia

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Segnalo due ottime occasione rivolte agli studenti che vogliano approfondire diversi aspetti dello studio dell’Egittologia durante la pausa delle lezioni universitarie. Quest’estate, l’Università di Pisa organizza ben due summer school, una di filologia e l’altra di museologia.

La prima Summer School, ormai giunta alla sua terza edizione, è dedicata allo ieratico. Dal 23 al 28 luglio, insegnanti dell’ateneo e altri docenti stranieri daranno lezioni sulla grammatica del medio-egizio (2000-1500 a.C.) e sulla forma di scrittura ‘corsiva’ che difficilmente si trova nei piani di studio universitari italiani. Per questo, “Reading Middle Egyptian Hieratic” risulta una rara possibilità per imparare a leggere e studiare i documenti della quotidianità del Medio Regno.

Per maggiori info: https://hieraticsummerschoolunipi.wordpress.com

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L’altra proposta è organizzata in collaborazione con il Museo Egizio di Torino e si terrà proprio nei locali dell’istituzione piemontese dal 6 al 13 settembre. “Egyptologists as museum curators: an immersive training”  toccherà tutte quelle tematiche relative allo studio dei reperti e alla loro esposizione in un museo. Le lezioni verranno impartite dalla prof.ssa Marilina Betrò, dal dr. Gianluca Miniaci (Università di Pisa), dal direttore Christian Greco e dagli altri curatori dell’Egizio.

Per maggiori info: https://egyptologistsascurators.wordpress.com/

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Abusir, scoperte tre sepolture rituali di età tolemaica

Source: MoA

Parziale rettifica della notizia rilasciata ieri dal Ministero delle Antichità.

Ad Abusir, importante sito cultuale e funerario a sud del Cairo, sono state scoperte tre sepolture rupestri risalenti al periodo tolemaico. Il ritrovamento è stato effettuato a seguito di scavi illeciti, mentre ora l’indagine archeologica è stata affidata a un team egiziano coordinato da Sabri Farag, direttore generale della necropoli di Saqqara.

Le ‘tombe’ sono semplici pozzi funerari scavati nella roccia in cui si trovavano 4 piccoli sarcofagi lignei in cattivo stato di conservazione. Le dimensioni ridotte delle bare, secondo quanto annunciato in un primo momento, dipenderebbero dalla natura delle mummie ritrovate all’interno, considerate appartenenti a uccelli. In realtà, come fa notare sull’Egyptologists’ Electronic Forum Alexandra von Lieven, professoressa alla Freie Universität Berlin, potrebbe trattarsi di sepolture rituali di figurine di Ptah-Sokar-Osiride. Se tale ipotesi fosse confermata, la scoperta sarebbe ancora più importante data l’unicità di un ritrovamento simile con contesto archeologico intatto.

Tra gli altri oggetti deposti,  spiccano 38 vasetti in faience. La datazione, invece, è fornita dalla lettura del testo geroglico di uno dei coperchi in cui compare il cartiglio di Tolomeo IV (244-204 a.C.).

Source: MoA

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