Archivi del mese: settembre 2018

Ancora due stele dagli scavi di Kom Ombo

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Source: MoA

Ormai i lettori più assidui del blog l’avranno imparato a memoria, ma mi scuseranno se ripeto questa introduzione per i nuovi arrivati. In prossimità del tempio tolemaico di Kom Ombo, nel governatorato di Assuan, si stanno effettuando lavori per abbassare il livello della falda freatica che minaccia i resti del santuario e, scavando, sono numerose le scoperte fortuite. Dopo i più recenti ritrovamenti, due stele di Tolomeo V e una sfinge, questa volta è il turno di altre due stele, divise nella datazione da oltre 1000 anni.

La prima, spezzata in due, è alta 2.3 metri, larga 1 m e spessa 30 cm. Secondo quanto riferito dal Ministero delle Antichità, sulla lunetta sarebbe mostrato (due volte) Seti I (1290-1279 a.C.) nell’atto di presentare offerte al dio coccodrillo Sobek e a Horus. Inoltre, nelle 28 righe di testo geroglifico sotto la scena rituale sarebbe citato anche il nome dell’ultimo faraone della XVIII dinastia, Horemheb. Fra l’altro, non sarebbe il primo ritrovamento risalente alla XIX dinastia in questo contesto, dopo i frammenti di una statua colossale di Ramesse II.

La seconda stele è conservata peggio essendo fratturata in più parti, ma le misure totali sono state stimate sui 3.25 x 1.15 x 0.3 metri. In questo caso, il sovrano ad essere rappresentato è Tolomeo IV (222-204) insieme alla moglie Arsinoe III al cospetto della trinità di Kom Ombo (qui bisogna fidarsi perché non sono state ancora distribuite foto). Si tratta comunque solo di uno studio preliminare che, visti anche casi passati, non fornisce la certezza delle informazioni rilasciate dal ministero.

 

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Nuova edizione di Ulisse: Alberto Angela parlerà di Cleopatra

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Source: repubblica.it (ph. Barbara Ledda)

Ieri, nel suggestivo scenario della Curia Iulia nei Fori Romani, Alberto Angela ha ufficialmente presentato la nuova edizione di Ulisse – Il Piacere della Scoperta, programma divulgativo che andrà in onda ogni sabato in prima serata su Rai 1. E se stasera si partirà con la prima puntata dedicata alla Cappella Sistina, il 6 ottobre la protagonista sarà Cleopatra (VII).

D’altronde, nonostante il tema sia stato già trattato dalla trasmissione quando era ancora su Rai 3, era piuttosto scontato che si tornasse a parlare della regina tolemaica per l’imminente uscita del nuovo libro di Angela, “Antonio e Cleopatra. Il tramonto di un regno, l’alba di un impero”, sia solo per scopi promozionali ma anche per sfruttare il materiale raccolto durante la stesura del testo.

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Source: twitter @ParcoColosseo

La location scelta per la conferenza stampa (foto in alto) non è casuale perché, oltre ad alcune scene riprese nel Museo Egizio di Torino, la puntata è stata girata quasi interamente tra i monumenti più importanti del Parco archeologico del Colosseo. Infatti, gli autori hanno scelto di focalizzare l’attenzione sui rapporti che l’ultimo faraone d’Egitto ebbe con Roma e in particolare con Cesare e Marco Antonio. Ricordate la vicenda di Beyoncé e del Colosseo occupato da Alberto Angela? Beh, nei giorni che la popstar americana avrebbe voluto prenotare per girare il suo videoclip si stava realizzando proprio questa puntata.

Verranno quindi mostrati luoghi simbolo di uno dei periodi storici più tumultuosi per l’Urbe, quello delle guerre civili, durante il quale Cleopatra si ritrovò a vivere a Roma (46-44 a.C.). Inoltre, si ricalcheranno gli ultimi passi di Cesare, dalla sua presunta abitazione fino a Largo Argentina, dove fu assassinato nelle celebri idi di marzo.

Tra le novità di questa edizione di Ulisse, spicca la partecipazione di Gigi Proietti e Luca Ward. L’attore romano, proprio nello stesso luogo nel Foro dove Antonio declamò le orazioni funebri di Cesare, reciterà la versione shakespeariana. Il doppiatore, invece (ma questo voglio proprio vedere come lo incastrano con il filone narrativo), all’interno dell’Anfiteatro Flavio riproporrà alcuni momenti salienti de “Il Gladiatore” con l’accompagnamento del duo di violoncellisti 2Cellos. Infine, grazie alle tecniche forensi del gruppo RIS dei Carabinieri, si cercherà di ricostruire il volto di Cleopatra partendo dai ritratti della regina noti da statue e monete.

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Menfi, scoperto edificio romano con terme e ambienti rituali

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Source: MoA

A due passi dal sito di Mit Rahina (l’antica Menfi), in un’area indicata come Hid el-Demerdash, gli archeologi egiziani hanno scoperto un grande edificio di epoca romana. La struttura misura 17 x 14,5 metri ed è stata costruita con una tecnica mista di mattoni crudi, blocchi di calcare e mattoni cotti, tipici del periodo e riconoscibili dal colore rosso (come nella scalinata nella foto in basso a destra). Come riferito da Adel Okasha, direttore generale delle Antichità del Cairo e di Giza, a questo corpo principale se ne addossa un altro sull’angolo S-E che comprende terme e ambienti probabilmente adibiti a rituali religiosi per la presenza di diversi bacini lustrali in calcare e un altare per le offerte decorato con una maschera mostruosa interpretata come il volto del dio Bes (foto in basso). Nell’angolo esterno N-E, invece, in un’area esterna recintata, è stato trovato un forno conico, ancora oggi tipicamente usato per cuocere il pane.

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Source: MoA

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Corn-mummies: le figurine germinanti di Osiride

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“Corn-mummy” nel suo sarcofago, Epoca romana, British Museum, EA41553 (ph. Maria Linda Pessolano)

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“Corn-mummy”, Epoca Tarda, British Museum, EA60745 (ph. Maria Linda Pessolano)

“Momies d’Osiris”, “Grain Osiris figures”, “Kornmumien”, “Kornosirise”, “Osiris vègètant”: queste sono solo alcune delle definizioni che sono state utilizzate nel tempo per indicare una particolare categoria di reperti mummiformi, composti da una miscela di terra, cereali, bende di lino e resine, che la storia degli studi più recente definisce corn-mummies.
Queste figurine misurano dai 35 ai 50 cm e quasi sempre sono fornite di attributi in cera, legno o terra disposti al di sopra del bendaggio e raffiguranti maschere con volto umano e barba posticcia, corone regali (atef o hedjet), urei, pugni che reggono uno scettro sul petto o falli eretti (foto a sinistra).
Accanto alla mummia sono stati a volte ritrovati anche altri elementi accessori, come figurine con volti di cera, in genere nel numero di quattro (raffiguranti i Figli di Horo), scarabei o piccole sfere di terra.
Spesso rinvenuti all’interno di un sarcofago ligneo con testa di falco (foto in alto) e coperchio decorato, per questa ragione le corn-mummies sono state erroneamente alcune volte catalogate come mummie infantili o di rapace.
Ciò, insieme al numero relativamente limitato di reperti noti e di indagini scientifiche effettuate su di essi, ha reso particolarmente complessa la ricerca di risposte riguardo al panorama cronologico, geografico e culturale in cui collocarli.
Tuttavia, l’analisi stilistica ha permesso di datare le corn-mummies tra il tardo Terzo Periodo Intermedio (950-656 a.C.) e l’inizio dell’Età Tolemaica (300-200 a.C.), consentendo inoltre di individuare una cronologia più ristretta per i singoli esemplari in base a determinate caratteristiche decorative dei sarcofagi e agli attributi in cera.

Osiride e il grano

Gli elementi regali e il ricorrere, sui sarcofagi, di iscrizioni recanti il nome di Osiride e i suoi epiteti Khenty-Imentit e Wennefer hanno portato all’interpretazione delle corn-mummies come rappresentazioni del dio dei morti.
Inoltre, le necropoli identificate come contesti di provenienza di corn-mummies (Tehne, Meydum, El-Sheik Fadl, Tuna el-Gebel and Wady Qubbanet el-Qirud) mostrano la presenza, in epoca tarda, di attività cultuali dedicate ad Osiride.
Un’analisi approfondita delle scene rappresentate, degli attributi, dei colori e dei materiali utilizzati ha dimostrato come ogni dettaglio del processo di realizzazione delle figurine fosse stato pensato per perseguire due obiettivi: rievocare l’idea di fertilità e proteggere il dio nel suo processo di rinascita.
I cereali, componente essenziale delle corn-mummies, rappresentano la metafora più immediata del ciclo di vita e morte della natura, assumendo connotazioni simboliche associate ad Osiride, in ambito funerario, sin dal Nuovo Regno: esemplari al riguardo sono i cosiddetti “letti di Osiride” (foto in basso), sagome lignee che riproducono la forma del dio di profilo, all’interno delle quali era fatto germogliare il grano. Sono stati rinvenuti principalmente in contesti funerari e un esempio celebre proviene dalla tomba di Tutankhamon.
Le indagini archeobotaniche hanno dimostrato che i semi presenti negli impasti delle corn-mummies appartengono ad una specie di orzo (Hordeum vulgare) coltivata in Egitto sin dal Neolitico e comunemente presente in contesti funerari, in forma di collane vegetali disposte sulle mummie, a simboleggiare la rinascita del defunto, oppure germogliato per scopi rituali connessi al culto di Osiride.

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“Letto di Osiride”, XVIII dinastia, dalla tomba di Maiherpera (KV36), Museo Egizio del Cairo (CG 24061)

Il Festival di Khoiak

Il rituale in cui le corn-mummies dovevano essere presumibilmente realizzate e utilizzate sembra richiamare il contesto culturale del “festival di Khoiak”.
Questa festività prende il nome dal quarto mese della stagione dell’inondazione (Akhet), in cui le celebrazioni in onore di Osiride avevano luogo in tutto il regno, dal 12° al 30° giorno del mese. Era in questo periodo che la piena del Nilo arretrava e le colture iniziavano a germogliare.
Da un’originaria chiave di lettura essenzialmente agricola del festival, che sarebbe stato volto ad assicurare la fertilità dei campi attraverso l’identificazione tra Osiride e il grano, si è gradualmente posto l’accento, negli studi più recenti, sul valore simbolico del mito osiriaco e della sua commemorazione, il cui scopo sarebbe stato celebrare la vita e preservarla, attraverso il mantenimento dell’ordine cosmico durante il ciclo annuale della natura.
Noto sin dal Medio Regno (vi fanno riferimento numerose stele private datate a quest’epoca), il festival è tuttavia descritto nel dettaglio soltanto in fonti tarde.
Essenziali per la comprensione delle varie fasi del rito sono i testi riportati nel tempio di Hathor a Dendera, datati all’epoca romana. Alcuni passi riportano istruzioni specifiche sui tempi, i materiali e le modalità da adottare per la creazione di figurine di Khenty-Imentit, otre che di Sokar e delle “Membra Divine” (spy-nTr).

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“Mattone di Osiride”, Epoca Tarda, British Museum (EA 54364)

In tale ambito, le corn-mummies sono state spesso associate ai “mattoni di Osiride” (foto a destra), chiamati così per la forma, il materiale e le dimensioni analoghe a quelle dei mattoni da costruzione. Essi presentano una cavità centrale che richiama la forma del dio di profilo e costituiscono probabilmente un’evoluzione tarda dei “letti di Osiride” precedentemente citati.
Sebbene in passato fossero stati interpretati come matrici per la creazione di figurine, la presenza di lino, terra e semi germogliati nelle cavità di alcuni esemplari (foto in basso), nonché il loro rinvenimento negli stessi contesti archeologici delle corn-mummies, ha portato a concludere che i “mattoni di Osiride” siano in realtà veri e propri oggetti votivi. Contemporanei o di poco anteriori alle corn-mummies, come quest’ultime dovevano essere realizzati annualmente e ritualmente sepolti.
In realtà, numerose incongruenze e ambiguità si presentano nel confronto tra il dato archeologico e quello testuale, tali da portare a dubitare dell’effettiva identificazione delle corn-mummies con le figurine di Khenty-Imentit di cui parlano i Testi di Dendera.
Il quadro è ulteriormente complicato dal rinvenimento di sepolture di altre figurine di Osiride realizzate in diversi materiali, probabilmente connesse con la partecipazione pubblica e personale del popolo alla ritualità del festival e al culto della divinità.
Se è possibile che queste incongruenze siano dovute alle naturali differenze tra teoria letteraria e pratica, l’effettiva complessità prospettata dall’analisi e la combinazione di tutte le fonti archeologiche, iconografiche e testuali potrebbe anche suggerire la presenza di varianti locali nella celebrazione del festival e del culto, ulteriormente evolutesi nel corso del tempo.
Resta indubbio, in ogni caso, il coinvolgimento delle corn-mummies in un rituale volto alla rigenerazione di Osiride, con il quale esse condividevano lo stesso destino di “morte” e “resurrezione”, attraverso cui poteva essere assicurato il continuo rinnovamento della Ma’at.

Maria Linda Pessolano

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“Mattone di Osiride”, Epoca Tarda,  Metropolitan Museum di New York (20.2.30)

 

BREVE BIBLIOGRAFIA

  • Centrone, M. C. 2007. Corn-mummies: a case of “figuring it out”, in Goyon, J. and Cardin, C. Proceedings of the ninth International Congress of Egyptologists, Grenoble 6-12 September 2004. Leuven: Peeters, pp. 293-301.
  • Centrone, M. C. 2006. Corn-mummies, amulets of life, in Szpakowska, K. Through a glass darkly: Magic, Dreams and Prophecy in Ancient Egypt. Swansea: Classical Press of Wales, pp. 33-45.
  • Raven, M. J.; Wasylikova, K.; Jankun, A.; Klosowska, A. 1997. Four Corn-Mummies in the Archaeological Museum at Cracow; Identification of barley from the Ancient Egyptian corn-mummies in the Archaeological Museum in Cracow; The Conservation and Technical Examination of Three Corn-Mummies at the Archaeological Museum in Cracow, in Materiały Archeologiczne vol. XXX. Cracovia, pp. 5-23.
  • Teeter, E. 2012. Religion and ritual in ancient Egypt. Cambridge, Mass: Cambridge Univ. Press.
    Tooley, A. M. J. 1996. Osiris Bricks,  in JEA 82, no. 1. Londra: Egypt Exploration Society, pp. 167-79.
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Bufale eGGizie*: Kherima, la mummia del Museo Nazionale del Brasile che mandava in trance i visitatori

Custédio Coimbra

ph. Custédio Coimbra

(*A scanso di equivoci, il nome della rubrica contiene volutamente un errore ortografico per sottolineare il carattere a dir poco ridicolo di alcune notizie riguardanti l’Egitto che circolano nel web e non solo)

Solo due settimane fa, un catastrofico incendio distruggeva quasi completamente il Museu Nacional di Rio de Janeiro e il 90% dei 20 milioni di reperti in esso conservati, tra cui la maggiore collezione egizia del Sud America. Di questa raccolta la protagonista era senza dubbio la cosiddetta “Principessa Kherima”, una mummia ignota femminile di età romana che doveva la sua popolarità non tanto alla rarità delle fattezze ma a strane storie che la riguardavano. Strane storie che mi portano a scrivere dopo oltre un anno un articolo per la rubrica “bufale eGGizie”.

Sì, perché attorno a questa mummia, negli anni ’60 del secolo scorso, sono nate numerose leggende metropolitane da quando una studentessa, dopo averle toccato un piede, sarebbe entrata in trance e avrebbe affermato di essere Kherima, principessa vergine di Tebe pugnalata a morte. Da allora, nel corso di un decennio, si sarebbero ripetuti oltre cento casi di malesseri improvvisi, svenimenti, visioni, possessioni al solo starle vicini o guardarla. Accadimenti che ispirarono anche un romanzo, “O Segredo da Múmia”, scritto da Everton Ralph, non a caso rosacrociano (prima o poi parlerò anche di questo ordine segreto che molti collegamenti ha con l’antico Egitto).

IMG_3931.jpgMa andiamo per ordine. La mummia, così come la gran parte dei 700 oggetti della collezione, arrivò in Brasile nel 1824, portata da un italiano o francese che aveva intenzione di piazzarla in Argentina. Tuttavia, alcuni scontri politici e un’epidemia di febbre gialla spinsero il mercante a rimanere a Rio dove l’imperatore Pietro I l’acquistò dando vita alla prima raccolta egizia dell’America Latina. Non è ben chiaro da dove provenga il corpo, anche se probabilmente fa parte delle antichità raccolte da Belzoni a Tebe Ovest. Come anticipato, il suo aspetto la rende quasi unica al mondo perché le tecniche d’imbalsamazione adottate sono riscontrabili in soli altri 8 casi, tra cui ho trovato quelli del British Museum, Musée Calvet di Avignone, due al World Museum di Liverpool e due a Leida. Tutte queste mummie sono apparse sul mercato antiquario tra gli anni ’20 e ’30 del XIX secolo e forse sono state ritrovate nella stessa tomba, appartenenti a una sola famiglia o comunque frutto del lavoro di un singolo laboratorio d’imbalsamazione. Gli arti sono lasciati liberi, così come tutte le dita di mani e piedi che sono bendate separatamente; inoltre, alcune caratteristiche fisiche, come i tratti del volto, le unghie, i capezzoli, l’ombelico e il pube, sono dipinte sul lino. In particolare, nell’esemplare di Rio, la silhouette femminile era stata ricreata con pacchetti di tessuto e resina sul petto, fianchi e addome. La TAC sulla giovane donna, deceduta a 18-20 anni nel I-II sec. d.C., ha evidenziato fratture post mortem alle braccia che, comuni anche alle altre mummie simili, sono imputabili al trattamento del cadavere. Cervello e organi interni, compreso il cuore, erano stati asportati e non si sono riscontrate tracce di morte violenta. Quindi nessuna pugnalata (se non quella servita ad aprirle il ventre per l’imbalsamazione).

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L’interesse popolare era dovuto in parte a queste caratteristiche che rendevano la mummia simile a una bambola di pezza. Inoltre, all’epoca, i curatori del museo le avevano coperto il volto con una maschera dorata di età tolemaica (immagine in alto), non pertinente perché più antica ma sicuramente suggestiva, e l’avevano esposta senza alcuna protezione, permettendo a chiunque di toccarla. È facile intuire, quindi, come per un visitatore, influenzato dalla fama esotica e favolistica dell’antico Egitto, potesse essere forte un’esperienza del genere. Ma il carico da 90 alla vicenda lo diede Victor Stawiarski (foto a destra), funzionario del Museo Nazionale, biologo e professore di Storia naturale. Personalità eclettica, Stawiarski si dilettava anche nell’insegnamento di egittologia e di scrittura geroglifica, organizzando sessioni speciali accanto alla cosiddetta “Principessa del Sole” e spingendo gli studenti a toccarla. Tale scelta dipendeva sia da fattori prettamente pubblicitari sia dalle sue eccentriche convinzioni. Il professore, infatti, era un seguace della filosofia ermetica ed era solito a pratiche esoteriche; promuoveva esperimenti di parapsicologia e durante le lezioni spesso invitava medium o, indossando la maschera della mummia, teneva sedute di ipnosi collettiva. In questo mix di suggestione teatralizzata e di manipolazione mentale, è normale che i soggetti più sensibili sentissero profumo di rose durante la spiegazione della forma sDmn.f

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Colgo l’occasione per annunciare che il 28 settembre 2018 parteciperò a BRIGHT Toscana proprio con un intervento incentrate sulle bufale in archeologia: “Alieni e piramidi: fake news e disinformazione web in archeologia”. La conferenza si terrà alle ore 18.00 presso la Gipsoteca di Arte Antica dell’Università di Pisa (Piazza S. Paolo All’Orto 20, Pisa). Vi aspetto!

Il programma completo: https://goo.gl/4rM4hS

 

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Assuan, scoperte tombe di Epoca Tarda con sarcofagi e mummie

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Source: MoA

Sulla riva occidentale di Assuan, nei pressi del mausoleo islamico di Aga Khan, gli archeologici egiziani hanno individuato tre tombe rupestri di Epoca Tarda (672-332 a.C.).

Le sepolture sono state sicuramente riutilizzate più volte, come dimostra la presenza di mummie accatastate senza ordine. Tuttavia, nell’ipogeo principale, composto da una camera rettangolare di 3 x 5 metri, si trovava un sarcofago antropoide in arenaria ancora chiuso che conteneva una mummia in buono stato di conservazione (foto a sinistra). Nella tomba sono stati scoperti anche i resti di un sarcofago in terracotta, oltre ad amuleti in faience (occhi udjat, uno scarabeo alato e i quattro Figli di Horus), una testa di statua in arenaria e una statuetta in legno di falco. Sulle pareti, invece, decorazioni pittoriche con divinità come Hathor, Iside e Anubi e iscrizioni geroglifiche ancora non diffuse dal Ministero delle Antichità (foto in basso).

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Scoperta sfinge tolemaica a Kom Ombo

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Source: english.ahram.org.eg

Sorrisetto di circostanza, folte sopracciglia inarcate, espressione leggermente contrariata: evidentemente la sfinge non si aspettava di essere disturbata. Eppure i ritrovamenti in quel di Kom Ombo si fanno sempre più frequenti. La statua in arenaria è stata individuata nei pressi del tempio proprio dove, circa due mesi fa, sono state scoperte due stele di Tolomeo V. Come nei casi precedenti, il reperto risale all’età tolemaica ed è il frutto degli scavi effettuati per l’abbassamento della falda freatica. In attesa di maggiori studi, non si hanno ulteriori dati sull’oggetto.

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Scoperta tomba di Medio Regno a Lisht

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Source: MoA

Continuano le news da Lisht, la necropoli della capitale del Medio Regno Itj-tawy. A pochi giorni dall’annuncio della documentazione di 802 tombe già note, ne è stata scoperta una nuova, scavata nella roccia a circa 300 metri a N-E dalla piramide di Sesostri I (vedi mappa in basso). Gli archeologi egiziani hanno individuato la sepoltura di un funzionario, di cui ancora non si conoscono ancora né nome né titoli, composta da una corte aperta e da un corridoio iscritto che si addentra nella collina. Il passaggio termina in un’ampia sala sul cui lato ovest si trova una piccola cappella decorata di cui il Ministero delle Antichità non ha fornito foto.

Nel cortile esterno è stato trovato anche un pozzo profondo 3 metri che conduce alle camere funerarie vere e proprie. Dal lato ovest del fondo, infatti, si accede a due stanze successive in cui sono stati ricavati due sarcofagi in calcare scavati nel pavimento. In particolare il secondo, vuoto come il primo, presenta una strana lavorazione a “scalini” all’interno. Anche sulla faccia sud del pozzo si apre un corridoio che conduce ad altre stanze che saranno scavate nella prossima stagione.

 

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Incendio al Museu Nacional di Rio de Janeiro: in fumo la più grande collezione egizia del Sud America

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Source: globo.com

Ieri, alle 19.30 locali (nostre 22:30), un enorme incendio è scoppiato nel Museu Nacional di Rio de Janeiro e in poco tempo ha avviluppato l’intero edificio devastando gran parte degli oltre 20 milioni di reperti in esso contenuti. Gli 80 vigili del fuoco accorsi non hanno potuto niente. Proprio lo scorso 6 giugno, quella che è la più antica istituzione culturale brasiliana aveva celebrato i 200 anni dalla sua fondazione.

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Source: seshat.com.br

Se fortunatamente non si contano vittime umane, i danni al patrimonio storico sono incalcolabili. Persa per sempre è, tra l’altro, anche la collezione egizia, la più grande dell’America Latina con i suoi 700 pezzi. La raccolta era nata nel 1826, quando Pietro I, primo imperatore del Brasile, acquistò centinaia di oggetti provenienti dagli scavi di Belzoni. Questo gruppo, donato all’allora Museo Reale, costituisce il nucleo principale della collezione a cui si sono aggiunte nel tempo le acquisizioni fatte dal figlio Pietro II, ulteriori membri della corte e altri donatori privati.

B 1431Tra i reperti più importanti, spicca il bellissimo sarcofago di Sha-Amun-en-su, cantante di Amon durante il Periodo Tardo (immagine a sinistra), che insieme alla mummia della defunta fu donato a Pietro II dal khedivè d’Egitto Ismail Pascià. Poi era possibile ammirare altri tre sarcofagi e cinque mummie umane, diversi corpi imbalsamati di animali, dozzine di stele funerarie, frammenti di rilievi, maschere, statuette di divinità, ushabti, vasi canopici, coni funerari, amuleti e gioielli.

Per maggiori informazioni: https://goo.gl/fhfv8X

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Individuato uno dei più antichi insediamenti del Delta del Nilo

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Source: MoA

A Tell el-Samara, sito del governatorato di Daqahliya nel Delta Orientale, l’uomo s’insediò molto prima di quello che si credeva. Infatti, la missione franco-egiziana diretta da Frederic Guyot (Institut Français d’Archéologie Orientale) è riuscita a individuare tracce di presenze che risalgono al Neolitico, cioè alla fine del V millennio a.C. Le precedenti attestazioni, note già dal 1982, si aggiravano per lo più a 1000 anni più tardi, cioè alla fine del Predinastico.

Quanto annunciato oggi dal Ministero delle Antichità, tuttavia, è più che altro una conferma dei risultati arrivati già dopo la prima campagna di scavo (dicembre 2015), come si può evincere dal report preliminare del 2016. La ceramica degli strati più profondi del sito, infatti, era apparsa da subito comparabile con quella dei più antichi insediamenti del Delta, come Sais, el-Omari e Merimde. Oltre ai manufatti, sono stati ritrovati un riparo e un silos cilindrico dal diametro di 85 cm, pieno di ossa animali e resti paleobotanici che verranno analizzati per conoscere meglio le abitudini alimentari della società neolitica.

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