Archivi del mese: dicembre 2018

Un anno (il 5°!) di Djed Medu: le scoperte archeologiche più importanti in Egitto del 2018

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Fine anno, tempo di bilanci. A maggior ragione se cade anche l’anniversario della fondazione del blog. Ebbene sì: Djed Medu compie 5 anni!

Era il 29 dicembre 2013 quando pubblicai il primo degli 800 articoli che trovate qui, un breve sommario delle notizie più importanti uscite nel mese di inattività durante il passaggio dal vecchio blog su cui scrivevo (archeoblog di VOLO, dall’8 maggio 2012) a quello attuale.

Un lustro pieno di scoperte, mostre, pubblicazioni, clamorosi colpi di scena (vedasi l’infinita storia delle camere nascoste nella tomba di Tutankhamon), bufale eGGizie e bloopers egittologici. Un quinquennio in cui ho avuto il piacere di diventare articolista per National Geographic Italia e la possibilità di divulgare la storia e l’archeologia dell’antico Egitto anche offline grazie a conferenze, accrediti stampa, blog tour e collaborazioni varie con musei ed istituzioni culturali (Museo Egizio di Torino, Rassegna Internazionale del Cinema Archeologico e Museo Civico di RoveretoPalazzo Strozzi e Museo Archeologico Nazionale di Firenze, BMTA di Paestum, Museo Archeologico Nazionale e gruppo FAI di Crotone, tourismA, Firenze Archeofilm, Festival dell’Inutile di Corigliano d’Otranto, Castello di Zumelle, ecc.).

kkkkkkColgo così l’occasione per ringraziare tutti voi che leggete le mie “parole dette” (che poi è proprio il significato del nome del blog), aficionados della prima ora e chi è capitato da queste parti solo recentemente. E non siete nemmeno così pochi visto che qualche giorno fa ho toccato – perdendo, dannazione!, l’attimo per screenshottare la cifra tonda – le 500.000 visualizzazioni. Spero che nel corso di tutto questo tempo abbiate apprezzato gli articoli proposti e che ci sia stato un miglioramento nella forma e nel contenuto. Dal canto mio, mi impegnerò a mantenere il più possibile la frequenza di pubblicazione e a portarvi le ultime notizie, sempre verificate e appofondite che non si limitino alla traduzione dei comunicati stampa. Fra l’altro, per chi non lo sapesse, potete trovare altri tipi di contenuti, ovviamente a tema egittologico, sui miei social: Facebook, Instagram e Twitter. Infine, ringrazio anche tutte le persone che hanno prestato tempo e conoscenza per scrivere guest post per Djed Medu.

Detto questo, passiamo a raccontare l’anno che sta per finire. Il 2018 è stato caratterizzato da un’intensificazione dell’attività archeologica egiziana e della diffusione mediatica dei relativi risultati. Ma tra i tanti ritrovamenti, importanti o visibilmente spettacolari, gli articoli più letti sul mio blog sono stati quelli concernenti la scoperta, l’apertura e lo studio del contenuto dell’ormai celebre sarcofago nero di Alessandria che, nonostante le attese, ha rivelato solo una brodaglia di liquami, ossa di tre individui e tre piccole placche d’oro (foto in alto). Un successo simile è derivato da una strana commistione tra interesse dei giornali, curiosità popolare, luoghi comuni e superstizione. In realtà, l’anno ha regalato molto di più. Ecco la lista dei principali eventi egittologici mese per mese:

GENNAIO

fcarrionmolinaIl 2018 si è aperto senza scoperte particolarmente eclatanti. L’evento più rilevante è stato la conclusione del megatrasloco del colosso di Ramesse II, in origine a Ramses Square, verso il Grand Egyptian Museum. Lo spostamento della statua, alta 11 metri e pesante 83 tonnellate, è stato effettuato in diretta TV, nel solco della recente e costante promozione pubblicitaria a favore del nuovo museo.

FEBBRAIO

113007709-ced24bc7-a42d-47d6-badb-01f6d6646c86Seguendo la tradizione iniziata nel 2017, il Ministero delle Antichità ha continuato ad annunciare le principali scoperte con conferenze stampa in pompa magna. Come il ritrovamento a Tuna el-Gebel di una necropoli (8 tombe e diversi pozzi funerari) in cui si trovavano oltre 40 sarcofagi di sacerdoti di Thot (approfondimento su National Geographic).

MARZO

114420864-9c8992d5-339f-4f1d-b28a-11fd69fba1bbUno studio agli infrarossi effettuato su due mummie predinastiche conservate presso il British Museum ha individuato le tracce dei più antichi tatuaggi figurativi al mondo (Naqada II, tra il 3351 e il 3017 a.C.). Il famoso Ginger (“Uomo A di Gebelein”) presenta un uro e una capra berbera sul braccio destro; la cosiddetta “Donna di Gebelein”, invece, 4 motivi ad “S” su una spalla e forse un bastone rituale sul braccio.

APRILE

100943816-17ecaffd-8f9a-45c8-8d37-71ef5b543dbdDoppia scoperta per Aprile con una rara testa di Marco Aurelio ritrovata fortuitamente durante i lavori di abbassamento della falda freatica a Kom Ombo (articolo NG) e il podio cermoniale per il giubileo di Ramesse II individuato a Eliopoli dalla missione dell’ex ministro delle Antichità Mamdouh el-Damaty.

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MAGGIO

32072966_1772518269460482_1866311672642142208_nEnnesima puntata della soap Tutfertiti con colpo di scena finale (si spera): nella tomba di Tutankhamon non c’è nessuna camera nascosta! Il team italiano diretto da Franco Porcelli (Politecnico di Torino) ha reso noti gli esiti della terza mandata di prospezioni al georadar effettuate a gennaio che hanno messo fine alla questione non avendo rilevato alcun vuoto dietro le pareti nord e ovest della camera funeraria.

GIUGNO

36189165_1827775780601397_4158860542598971392_nLa necropoli di el-Asasif, come si vedrà soprattutto nei mesi successivi, è stata con Saqqara il sito protagonista dell’anno. Ma già per giugno va segnalata la scoperta nella già nota tomba di Karabasken (TT391) di 4 vasi canopi in calcite riposti in una fossa quadrangolare scavata nel pavimento.

LUGLIO

001808838-de6b8d1f-8739-407f-b294-a30ff4844eb0Anche se l’attenzione mediatica si è concentrata tutta sul sarcofago nero di Alessandria, la scoperta del mese – forse dell’anno – è stata quella a Saqqara di un laboratorio d’imbalsamazione, una cachette con gli attrezzi utilizzati nel trattamento dei cadaveri, un pozzo funerario e oltre 35 mummie di XXVI dinastia. Tra i reperti del corredo, spicca una rarissima maschera funeraria in argento.

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AGOSTO

ac-2018-02535h_0001Ancora Saqqara ma con i risultati di uno studio portato avanti dall’Università di Catania che è riuscito a stabilire l’età del più antico formaggio solido conosciuto: ben 3200 anni! Altre analisi scientifiche, realizzate sulla mummia predinastica del Museo Egizio di Torino, avrebbero stabilito che l’imbalsamazione sarebbe stata praticata volutamente già intorno al 3600 a.C.

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SETTEMBRE 

2018-636727046374386457-438Tra i tanti ritrovamenti fortuiti che in questi anni stanno venendo dal cantiere di Kom Ombo, quello della sfinge tolemaica è stato il più apprezzato dai lettori, sia per lo stato perfetto di conservazione che, forse, per l’espressività del volto. Altro evento da ricordare, purtroppo, è stato il devastante incendio che ha distrutto il Museo Nazionale di Rio de Janeiro e la più grande collezione egizia del Sud America.

OTTOBRE

110938065-5a7b8a20-c8cd-4b51-8b0e-45839fe30422Ad Abusir, la storica missione ceca di Miroslav Barta ha individuato la tomba di Kairis (approfondimento su NG), alto funzionario della V dinastia che poteva fregiarsi di importanti titoli, come “Custode del Segreto della Casa del Mattino”, che lo legavano strettamente al faraone. Del defunto si è conservata anche una statua in granito rosa.

NOVEMBRE

222715984-165d114e-9f2d-4bf5-8404-2f28c4b0b1e1Tanta roba! Anche se di queste scoperte si vociferava almeno da settembre. Partiamo da Saqqara con una serie di tombe riutizzate in Epoca Tarda per la deposizione di mummie animali: gatti, coccodrilli, serpenti e addirittura scarabei. Passiamo poi a el-Asasif con ben quattro sarcofagi: due di Epoca Tarda ritrovati dagli egiziani e due dell’inizio XVIII din. aperti in diretta dalla missione francese.

DICEMBRE

DufHAqFWsAAjlfPL’anno si è chiuso alla grande per gli archeologi egiziani con la scoperta a Saqqara della tomba di un sacerdote di V dinastia. Le spettacolari decorazioni parietali hanno spinto Mostafa Waziry a definirla la tomba più bella ritrovata nel 2018.

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Tell Edfu, scoperte statue di Nuovo Regno

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Source: MoA
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Source: MoA

In Egitto non ci si ferma nemmeno in questo periodo (anche a me è capitato di scavare a Natale che lì ovviamente non è festivo) e proprio alla Vigilia risale la notizia di una serie di ritrovamenti effettuati a Tell Edfu, governatorato di Assuan, dalla missione americana diretta da Nadine Moeller e Gregory Marouard (Oriental Institute – University of Chicago). Tenete presente, però, che da una effettiva scoperta al relativo annuncio da parte del Ministero delle Antichità passano sempre diversi giorni o addirittura mesi.

Lo scopo principale del Tell Edfu Project è lo studio dello sviluppo amministrativo e urbanistico della città tra la fine dell’Antico e l’inizio del Medio Regno, ma questa volta i ritrovamenti risalgono al Nuovo Regno. Lo scavo, infatti, ha interessato un vasto edificio di 400 m2 di età thutmoside (1500-1450 a.C.) con divere stanze tra cui la più grande, colonnata, misura 10 x 8 metri. Qui è stato ritrovato un piccolo santuario domentico per il culto degli antenati con un raro busto femminile in calcare, alto 20 cm e risalente all’inizio XVIII dinastia (quindi di poco precedente all’edificio), e una bella statua dello stesso periodo, in diorite nera e alta 23,4 cm, che rappresenta uno scriba seduto chiamato Jwf (foto in alto nel corso dello scavo e in basso a sinistra). Nello stesso contesto, è stata scoperta un’inusuale stele in calcare (37,6 x 25,5 x 12,1 cm) che mostra i rilievi di un uomo e una donna i cui nomi non si sono conservati.

Questo esempio di culto degli antenati è il più antico mai individuato per il Nuovo Regno essendo più conosciuto per l’epoca ramesside a Deir el-Medina. Lo scavo delle occupazioni successive ha permesso di trovare una porzione di colonna in arenaria (immagine a sinistra), alta 1,65 m e dal diametro di 28,5 cm, riutilizzata in Epoca Tarda ma con il nome di Amenmose, sommo sacerdote di Horus vissuto all’inizio della XVIII dinastia (1550-1500 a.C.). Non a caso il sito era consacrato al culto del dio falco dall’Antico Regno fino alla riedificazione del grande tempio tolemaico che vediamo ora. 

https://telledfu.uchicago.edu/news/press-release-dec-25th-2018

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Kom Ombo, scoperte impronte di sigilli reali della V dinastia

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Source: MoA

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Source: MoA

A Kom Ombo, nel governatorato di Assuan, la missione austro-egiziana diretta da Irene Forstner-Müller ha scoperto diverse cretule con impressioni di sigilli reali della V dinastia. Le cretule sono masse di argilla che venivano poste a chiusura di vasi, casse o porte e sulle quali si lasciava il segno di un sigillo che garantisse l’integrità del contenuto stoccato. Si tratta, infatti, di una forma di controllo amministrativo nell’immagazzinamento delle merci.

In questo caso, sono visibili i cartigli del fondatore Userkaf (2510-2500 a.C.), di cui si leggono sia il praenomen che il nome-Horo Irmaat (entrambe le foto qui riportate si riferiscono a lui) , e del terzo faraone della dinastia Neferirkara Kakai (2490-2480). Già all’inizio del progetto, nel novembre del 2017, scavando in una necropoli del I Periodo Intermedio era stata individuata una cretula con il nome del sovrano che regnò tra i due, Sahura (2500-2490), quindi si conferma l’importanza del sito già nell’Antico Regno.

https://www.oeaw.ac.at/oeai/forschung/siedlungsarchaeologie-und-urbanistik/kom-ombo-stadt-und-hinterland/

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Report della missione 2018 dell’Università di Pisa a Dra Abu el-Naga

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La statua scoperta nella T1

Notizie di prima mano! Per una volta scrivo di qualcosa che ho vissuto in prima persona. Dal 13 ottobre al 2 novembre, infatti, ho fatto parte della missione archeologica dell’Università di Pisa a Dra Abu el-Naga (Tebe Ovest) che, sotto la direzione della prof.ssa Marilina Betrò, è alla sua 15a stagione.

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Ingresso della T1

La missione è attiva dal 2003 nel settore settentrionale della Necropoli Tebana con un lavoro di scavo, documentazione e restauro della tomba ramesside di Huy (TT14), ampliato dall’anno successivo all’area circostante dove sono state scoperte altre 4 sepolture, prima sconosciute e quindi inedite. Il gruppo di tombe è scavato nella roccia lungo i lati del cortile della più grande e antica di queste, ribattezzata MIDAN.05 e risalente all’inizio della XVIII dinastia (intorno al 1500 a.C.).

La campagna del 2018 si è concentrata in particolare su scavo e documentazione della T1 e T2, ipogei più piccoli individuati nel 2010 sul lato nord del cortile. Anche queste due tombe risalirebbero all’inizio del Nuovo Regno, seppur riutilizzate in epoche successive, facendo pensare a un gruppo di sepolture realizzate nello stesso periodo per i membri di un unico nucleo familiare. Tuttavia, presentano una caratteristica molto rara nella facciata, cioè la presenza, alla sinistra della porta, di una sola finestra e non due come negli altri esempi dello stesso periodo.

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Interno della T1 (sulla destra, l’inizio del passaggio discendente)

.La T1, inoltre, ha una struttura a volta, in parte crollata, in mattoni crudi intonacati che introduce a una piccola camera dalla pianta quasi quadrata. Sulla parete nord una nicchia regolare è tagliata nella roccia, mentre in quella est è stato individuato l’inizio di un passaggio discendente che verrà indagato nella prossima campagna di scavo. L’intero ambiente è stato liberato dai depositi alluvionali che non mostravano tracce di saccheggi del XIX o XX secolo, ben evidenti invece nella T2. Tra il materiale ritrovato, quasi tutto databile al Nuovo Regno, spiccano i frammenti di una bella statua doppia in calcare che mostra il defunto e sua moglie, seduti e abbracciati (foto in alto). Purtroppo mancano le teste che si confida di ritrovare quando verrà scavato il passaggio discendente. Il raffinato testo geroglifico, inciso e dipinto in blu su colonne separate da linee rosse sul retro del gruppo, ci fornisce i nomi e i titoli: il marito, Nani, era un “Superiore dei Servitori-meru della Casa di Amon”, la moglie, Bakenuret, legata al tempio della regina divinizzata Ahmose-Nefertari. Gli stessi nomi e titoli si leggono anche in diversi frammenti di arenaria, probabilmente parte di stipiti e architrave della porta della tomba.

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Frammenti di intonaco dipinto di uno dei sarcofagi della T2

La T2 è leggermente più grande e presenta almeno due camere. L’entrata di una seconda stanza, infatti, è stata messa in luce durante lo scavo che tuttavia non è stato completato. In questo caso, i depositi alluvionali arrivavano quasi al soffitto ed erano intaccati dalle fosse scavate dai tombaroli. Fortunatamente i tagli non raggiungevano uno strato in cui erano deposti almeno 8 corpi i cui scheletri sono stati ritrovati completi e ancora in connessione. I resti ossei erano coperti dai frammenti dei coperchi dei sarcofagi di cui, a causa dell’azione del fuoco appiccato dai ladri in cerca di amuleti e dell’acqua delle inondazioni, si è conservato solo l’intonaco dipinto (immagine a sinistra). Lo stile delle decorazioni ha permesso di collocare le deposizioni alla XXI dinastia (1069-945 a.C.). In connessione con due defunti sono stati ritrovati anche quasi 400 piccoli ushabti in terracotta.

Maggiori informazioni sul sito della cattedra di egittologia dell’Università di Pisa: https://goo.gl/tdKhh8

Il modello 3D dell’area di scavo realizzato da Emanuele Taccola (la T1 e la T2 si trovano, ancora non indagate, sul lato destro del cortile): https://sketchfab.com/models/f0b1bef707544c4987be40ec7b50ab1c

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Tenendo insieme i frammenti della statua di Nani e Bakenuret

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I membri della missione pisana: dal basso verso destra Mohammed Saleh, responsabile della logistica; Carmen Munoz-Perez; Camilla Saler; Paolo Marini; Anna Giulia De Marco; Divina Centore. In alto da sinistra: Paolo Del Vesco; Marilina Betrò; Lisa Sartini; Mattia Mancini; Gianluca Buonomini; Maura Sedda. Manca Emanuele Taccola, autore della fotografia

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Saqqara, scoperta tomba di V dinastia con splendide pitture parietali

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ph. Stéphane Romatet (Ambasciatore francese in Egitto)

Ultimo annuncio mediatico dell’anno per il Ministero delle Antichità. Si è da poco conlcusa a Saqqara una conferenza stampa in cui il ministro Khaled el-Enany e il segretario generale dello SCA Mostafa Waziry hanno reso nota la scoperta di una tomba privata risalente alla V dinastia. Il propietario, Wah-t, era un sacerdote-uab, “Ispettore della barca sacra” e “Ispettore del tempio funerario di Neferirkara-Kakai” (2475-2465 a.C.).

La tomba è composta da una larga camera rettangolare (3 x 10 m) con andamento N-S e 5 pozzi funerari ancora da scavare. Sono due, invece, le false porte dedicate al defunto e alla madre.

Colpisce la straordinaria conservazione delledecorazioni parietali, rilievi dai colori ancora vividi che presentano le classiche scene di vita quotidiana – agricoltura, allevamento, pesca, caccia, macellazione, produzione di pane, birra e vino, realizzazione di statue e vasi, offerte religiose – tipiche delle sepolture di Antico Regno. Notevoli anche le numerose nicchie con statue in rilievo che raffigurano il defunto e i suoi parenti più stretti, come la moglie, la madre e i figli.

L’ingresso della tomba era stato già segnalato durante l’annuncio della scoperta dei depositi di mummie animali, ma al momento era ancora sigillato.

Ulteriori aggiornamenti e foto su: National Geographic Italia

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Che cos’è il Papiro dei Re? #Sapevatelo

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Fotografia per gentile concessione Museo Egizio

Vi sarete accorti, leggendo articoli che riguardano scoperte effettuate in Egitto, che le datazioni sono quasi sempre indicate con le “dinastie” che corrispondono a gruppi di faraoni accomunati da parentela o residenza reale. La classica suddivisione in 30 dinastie che noi adottiamo si basa sugli scritti di Manetone, sacerdote originario di Sebennito (città situata al centro del Delta del Nilo) che ricostruì la storia dell’Egitto probabilmente durante il regno di Tolomeo II (282-246 a.C.).

L’opera risultante, gli Aegyptiaca, giunta a noi solo attraverso i testi di storici posteriori, fu commissionata per permettere di conoscere meglio il Paese ai nuovi dominatori macedoni arrivati dopo la conquista di Alessandro Magno (332 a.C.). Per la sua ricerca, Manetone consultò documenti ufficiali conservati negli archivi dei templi che presentavano vere e proprie liste di faraoni.

Tra gli esemplari di queste liste che si sono conservati fino ai giorni nostri, uno dei più importanti si trova proprio in Italia, più precisamente nel Museo Egizio di Torino: il “Papiro dei Re di Torino”. Il Papiro dei Re – detto anche “Canone Regio” o “Lista reale” – è un documento compilato in ieratico – la forma corsiva della scrittura egiziana – sotto Ramesse II (1279-1213 a.C.) o i suoi immediati successori (Merenptah o Seti II).

Il testo è diviso in 11 colonne con i nomi e gli anni di regno di 126 faraoni, anche se in origine ne dovevano essere annoverati 222. Il papiro, infatti, è ridotto in oltre 300 frammenti e ampie parti sono andate perse, ma il numero totale può essere ricostruito calcolando le righe. Esisteva anche almeno una dodicesima colonna che, tuttavia, è stata tagliata già in antichità, probabilmente per riutilizzare il foglio nella sua parte non scritta. In tutto, quindi, erano elencati circa 250 re.

Il pessimo stato di conservazione dell’oggetto non è dovuto alla sua età – oltre 3200 anni – ma dalla sbadataggine di Bernardino Drovetti, il console francese al Cairo e collezionista di origini italiane che lo acquistò intorno al 1820 in un’imprecisata area di Tebe. Ignorandone l’importanza (Champollion decifrerà il geroglifico solo nel 1822), Drovetti lo stipò ancora integro (40 x 170 cm circa) senza tanta cura in una cassa insieme ad altri papiri e il trasporto, prima ad Alessandria e poi in Europa attraverso il porto di Livorno, ne causò la distruzione e il mescolamento.

Nel 1824, la collezione del console – che comprendeva 8000 pezzi tra statue, sarcofagi, mummie e amuleti – fu acquistata per 400.000 lire da re Carlo Felice di Savoia e determinò la nascita del Museo Egizio. Poco dopo, a soli due anni dalla sua grande intuizione, Jean-François Champollion in persona si recò a Torino per approfondire i suoi studi e fu il primo a riconoscere l’essenza del Papiro dei Re individuando alcuni nomi reali tra le centinaia di migliaia di frammenti conservati in una cassa. Anche la denominazione “canone”, seppur impropria, fu introdotta da Champollion e ripresa dall’egittologo britannico Alan Gardiner, autore nel 1959 della principale edizione del contenuto. Non si tratta, infatti, di un documento ufficiale, ma di una copia che uno scriba realizzò per esercitarsi o come riferimento per la stesura di altri testi. I principali tentativi di ricomporre il ‘puzzle’, invece, furono ad opera, nel 1826, del tedesco Gustav Seyffarth (acerrimo antagonista di Champollion) e, oltre un secolo dopo, nel 1938, dell’allora direttore del museo Giulio Farina e della restauratrice Erminia Caudana.

La lista comprende quindi una serie di re che vanno da Meni, primo faraone della I dinastia intorno al 3150-3125 a.C., alla fine del II Periodo Intermedio (1580 a.C. circa) con la XVI dinastia e la cosiddetta “dinastia di Abido”. La colonna mancante doveva annoverare gli ultimi faraoni fino al periodo di compilazione della lista, quindi dalla XVII alla XIX dinastia. Ma ancor prima dei sovrani storici, sono citati re mitologici divisi in tre categorie: dei, semi-dei e spiriti. Per ogni sovrano sono segnati gli anni di regno – in alcuni casi anche i mesi e i giorni – e, solo per quelli più antichi, l’età di morte. Per questa disomogeneità di dati, appare evidente che l’autore della lista abbia consultato più di una fonte.

La cosa interessante è che, nonostante le dinastie siano una convenzione cronologica ‘inventata’ in età tolemaica, la lista di Torino presenta delle suddivisioni che in parte coincidono con quelle di Manetone. I faraoni, infatti, sono raggruppati in 6 sezioni, ripartite in 10 sottoinsiemi (rispetto alle 16 dinastie degli Aegyptiaca), introdotte da un titolo che annovera il fondatore e la residenza reale e chiuse da un sommario che indica il numero totale di re e gli anni complessivi di regno. Non essendo un documento ufficiale, non presenta tracce di omissioni propagandistiche, quindi compaiono anche i nomi di faraoni effimeri, donne e perfino i dominatori stranieri Hyksos che hanno subito damnatio memoriae nelle altre liste reali.

Curiosità
Nonostante il suo ruolo fondamentale nella ricostruzione della storia dell’antico Egitto, il Papiro dei Re è stato scritto semplicemente su ‘carta riciclata’. Nel recto, infatti, si legge il testo originale che comprende un vecchio registro delle tasse nelle oasi libiche sotto Ramesse II.

In Italia è conservata anche un’altra importante lista reale, o meglio il suo frammento principale: la Pietra di Palermo.
Il pezzo, parte di una stele in diorite nera, è chiamato così perché si trova presso il Museo archeologico regionale Antonio Salinas nel capoluogo siciliano, mentre altre porzioni più piccole sono conservate nel Museo Egizio del Cairo e nel Petrie Museum di Londra. In realtà, a differenza del Papiro dei Re, in questo caso si può parlare propriamente di “Annali” perché, oltre ad essere elencati i nomi dei faraoni dal Predinastico alla metà della V dinastia, sono annotati anche i principali eventi accaduti durante i loro regni (conta del bestiame, altezza della piena del Nilo, costruzioni monumentali, campagne militari ecc.).

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Gebel el-Silsila, scoperta tomba di XVIII dinastia (sotto l’acqua)

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Source: MoA

Normalmente, se si parla di egittologia, si pensa a scavi archeologici effettuati in luoghi sabbiosi al margine del deserto. Non sempre… Basta vedere l’ultima scoperta effettuata a Gebel el-Silsila dal team di Maria Nilsson e John Ward (Lund University, Svezia) che, nel loro consueto lavoro di survey nell’esteso sito di cave di arenaria situato tra Edfu e Kom Ombo, hanno individuato una tomba completamente sommersa da acqua e fango.

La struttura, risalente alla XVIII dinastia (1550-1292 a.C.), è scavata nella roccia con un pozzo profondo 5 metri che conduce a due camere funerarie. Per questo, gli archeologi l’hanno ritrovata in gran parte riempita da limo e dall’acqua freatica (come si vede nella foto in basso) che, ovviamente, ha causato danni ai corpi deposti e agli oggetti del corredo. Inoltre, la struttura era stata già visitata da tombaroli.

Nonostante le difficoltà, è stato possibile recuperare resti ossei relativi a circa 60 persone – sintomo di una sepoltura familiare di tre generazioni (da Thutmosi II a Amenofi II) -, tre sarcofagi in arenaria di cui uno per un neonato (foto in alto), ceramica, ushabti, scarabei e diversi amuleti.

http://gebelelsilsilaepigraphicsurveyproject.blogspot.com/

 

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Bufale eGGizie*: il Papiro di Artemidoro è un falso

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Source: artribune.com

(*A scanso di equivoci, il nome della rubrica contiene volutamente un errore ortografico per sottolineare il carattere a dir poco ridicolo di alcune notizie riguardanti l’Egitto che circolano nel web e non solo)

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Questa volta, nell’aiutarmi a sfatare l’ennesima fake news del mondo dell’egittologia (o meglio, della papirologia), non ci saranno storici o archeologi ma addirittura un procuratore della Repubblica! L’interesse della magistratura nella vicenda, che ha comunque provocato aspri dibattiti fin dall’inizio, è dovuta a una presunta – a questo punto acclarata – truffa nell’acquisto di un documento antico: il papiro di Artemidoro.

453a09a8-fc60-11e8-8eb7-e46a5f00f631_11301872-kquC-U029673780DTQ5T7UM-1024x576@LaStampa.itIl Papiro di Artemidoro è un papiro frammentario di circa 30 x 250 cm con disegni e testo in greco che, in un primo momento, erano stati datati al I sec. a.C. Il contenuto, infatti, presenterebbe un trattato geografico con la divisione amministrativa della Spagna tratto dai “Geographoùmena” di Artemidoro di Efeso (II-I sec. a.C.). Le raffigurazioni, invece, mostrerebbero una porzione della penisola iberica, parti anatomiche di statue e animali veri e fantastici.

La datazione così tanto dibattuta è arrivata dagli studiosi che si sono occupati dell’edizione critica del testo – Claudio Gallazzi, Bärbel Kramer e Salvatore Settis – su base paleografica e sulla notizia, poi smentita, che il papiro venisse da una maschera funeraria in cartonnage risalente a un periodo inquadrabile tra i regni di Nerone (54-68) e Domiziano (81-96).

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Noto già da qualche decennio, il papiro fu acquistato nel 2004 dalla Compagnia di San Paolo per ben 2 milioni e 750 mila euro dal mercante d’arte d’origine armena, nato in Egitto e residente in Germania, Serop Simonian. L’intenzione della banca – che fa parte della Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino – era di portare all’Egizio quella che sarebbe stata una delle più antiche carte geografiche della storia. Già, “sarebbe stata”, perché dubbi sull’autenticità del pezzo furono subito avanzati da altri studiosi ed Eleni Vassilika, direttrice del Museo Egizio dal 2005, si rifiutò di esporlo avendo avuto a che fare con Simonian e i suoi falsi quando dirigeva il Roemer- und Pelizaeus-Museums di Hildesheim. Per questo nel 2014, dopo una serie di mostre ‘temporeggianti’, il papiro è finito al Museo di Antichità di Torino.

konvolut_200x327Tra chi avevano gridato al falso spicca il nome del filologo classico Luciano Canfora che, considerando il testo opera del falsario greco ottocentesco Costantino Simonidis, nel 2013 ha presentato un esposto alla Procura di Torino. Le indagini sono partite nel 2015 ad opera del procuratore Armando Spataro che proprio oggi ha ufficializzato i risultati. In realtà, già da tempo è stato assodato che il reperto non risalga al I sec. a.C., soprattutto da quando la polemica Settis-Canfora, scoppiata con un botta e risposta sulle pagine dei giornali, si è allargata a tutta la comunità scientifica. C’erano da registrare incongruenze nel linguaggio e in alcune conoscienze geografiche presenti nel testo e addirittura, nel 2009, la polizia scientifica di Marche e Abruzzo aveva indicato come palesemente ritoccata la foto (immagine a destra) che avrebbe mostrato il cosiddetto Konvolut (conglomerato) appena estrapolato dalla maschera funeraria.

In ogni caso, come detto, oggi è arrivata la conferma definitiva dalla magistratura. Tra i vari documenti acquisiti durante le indagini, figurano una lettera del 2004 con cui la delegata del governo federale per l’Istruzione e la Comunicazione di Bonn, Rosa Schmitt-Neubauer, permetteva l’esportazione del papiro perché non considerato bene artistico di valore per la Germania e il documento con cui è uscito dall’Egitto nel 1971 in cui è descritto come “sacco di carta in parte con immagini in oro” dal valore di 20 lire egiziane. Infine, sono stati presi in considerzione gli esami scientifici: il C14 che ha indicato una datazione del I secolo avanti – I secolo dopo Cristo è relativo al solo supporto papiraceo (spesso i falsari usano veri papiri); l’inchiostro non è conforme a quello adottato all’epoca; sono stati rilevati il contatto con una rete zincata e l’azione di acidi per contraffare la composizione chimica dell’oggetto.

Addenda

La sentenza e la relativa diffusione mediatica ha riacceso il dibattito tra gli studiosi su una questione tutt’altro che conclusa. A tal proposito, segnalo la conferenza tenuta a Torino il 15/01/2019 dalla dott.ssa Roberta Mazza (papirologa dell’Università di Manchester), convinta dell’autenticità del Papiro di Artemidoro:

 

Aggiornamento (17/06/2019):

Il programma RAI di inchiesta giornalistica Report ieri ha dedicato un servizio alla vicenda del Papiro di Artemidoro anticipando alcuni dei risultati dei recenti esami eseguiti presso l’Istituto di Patologia del Libro del MiBAC. Il dato più importante viene dalle analisi spettroscopiche degli inchiostri che per un unico reperto sono ben 7 e senza impurità. “Improbabile che siano di manifattura antica” afferma la restauratrice intervistata, Cecilia Hausmann. Negli inchiostri è presente il diamante esagonale, elemento che si trova raramente in natura, nelle rocce meteoriche, in Sri Lanka o Canada, o più semplicemente come prodotto industriale realizzato a partire dal XIX secolo.

Il servizio completo: http://www.rai.it/programmi/report/inchieste/Il-papiro-94d1b4df-07c8-4da8-8c9d-8f495ce7d73b.html

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Fayyum, scoperto pozzo funerario di Medio Regno

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Source: MoA

Nella necropoli di Khelua, sul bordo sud-occidentale della pseudo-oasi del Fayyum, la missione egiziana diretta da Aiman Ashmawy ha individuato un pozzo funerario risalente al Medio Regno. Più precisamente, l’area era stata scelta per le sepolture durante il regno di Amenemhat III (1846-1801) e poi rioccupata dai Cristiani in età bizantina.

Il pozzo si trova a est della tomba del principe e governatore Uage, scoperta nel 1981 dalla missione dell’Università di Pisa, diretta dalla prof.ssa Edda Bresciani. Il profondo passaggio conduce a tre camere funerarie che, tuttavia, sono state già depredate in antichità. Ciò che resta del corredo funerario, infatti, si limita solo a un torso in arenaria (40 cm; foro in alto a sinistra), al frammento centrale di un’altra statua ma di basalto (20 cm; in basso a sinistra), qualche contenitore ceramico e tre coperchi di canopi in calcare (in alto). Secondo Ashmawy, sarebbero stati ritrovati anche i corpi dei canopi, seppur fratturati, con ancora i resti degli organi del defunto.

 

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