Archivi del mese: aprile 2019

Moderna protesi ortopetica nel ginocchio di una mummia rivelerebbe un’operazione chirurgica di 3000 anni fa (bufale eGGizie*)

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Source: RC Egyptian Museum

(*A scanso di equivoci, il nome della rubrica contiene volutamente un errore ortografico per sottolineare il carattere a dir poco ridicolo di alcune notizie riguardanti l’Egitto che circolano nel web e non solo)

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Non è tra gli OOPart (Out Of Place ARTifacts, “reperti fuori posto”) classici della fantaegittologia, ma sicuramente una delle ‘prove’ più utilizzate nel web per testimoniare il presunto avanzato livello tecnologico della civiltà faraonica: una moderna protesi ortopetica impiantata nella gamba di una mummia di 3000 anni.

La sconvolgente “verità che l’archeologia ufficiale vi nasconde” viene dal Rosicrucian Egyptian Museum (San Jose, California), la più grande collezione egizia degli Stati Uniti occidentali ed emanazione dell’Antico e Mistico Ordine della Rosacroce. L’AMORC è un mix di misticismo e massoneria ideato nel 1915 dall’americano Harvey Spencer Lewis che lo credeva erede del primo Ordine Rosa-Croce ‘fondato’ da Thutmosi III. In una simile ideologia, un museo egizio appare decisamente funzionale e già negli anni ’30 Lewis cominciò a raccogliere reperti dalla Valle del Nilo. Qualche decennio più tardi, nel 1971, il museo acquistò  per circa 16,000 $ da Neiman Marcus – una catena di grande distribuzione del lusso – due sarcofagi ancora sigillati.

Con sorpresa ci si accorse che uno dei due feretri (inv. RC-1777), appartenuto al sacerdote di XXVI dinastia (572-525 a.C.) Usermontu, conteneva ancora una mummia (RC.1779) che, tuttavia, dall’analisi della tecnica d’imbalsamazione sembra più antica e risalire al Nuovo Regno. Quindi, non si sa quando, il corpo è stato ribendato e messo in un altro sarcofago. I misteri sarebbero finiti qui se nel 1995 non fossero stati effettuati esami ai raggi X alle mummie del museo e non fosse emerso qualcosa di strano proprio in quella di “Usermontu”.

team-of-experts-mummyLo studio, diretto da Charles Wilfred Griggs – egittologo e professore di scrittura antica presso la mormonica Brigham Young University (il quarto da destra nella foto) -, rilevò la presenza di un oggetto metallico all’interno del ginocchio sinistro della mummia: un perno di 23 cm a forma di vite che sembrava collegare le due parti della gamba. Richard Jackson – chirurgo ortopetico e membro del team di ricerca (il secondo da destra) – disse che era incredibilmente simile a una moderna protesi; per questo Griggs inizialmente pensò a un intervento non più antico di 100 anni, magari atto a tenere attaccata la gamba per un’eventuale vendita nel mercato antiquario («Somebody got an ancient mummy and put a modern pin in it to hold the leg together»). Ma quando l’anno dopo ebbe il permesso di sbendare il ginocchio, inserire una sonda e prelevare campioni del metallo (ferro) e dell’osso, vide che la zona era ancora coperta da resina e tessuto originari.

 

2cs88irLo stesso Jackson influenzò con il suo entusiasmo il giudizio di Griggs (forse già sensibile a idee ‘alternative’ a causa del suo credo) e diede il via alle speculazioni fantarcheologiche: si sarebbe di fronte alle prove di un’operazione chirurgica effettuata sul paziente ancora in vita! Il medico, infatti, disse che il perno, dalle incredibili proprietà biomeccaniche, era inserito tramite una vite nel femore e, dopo aver attraversato l’articolazione del ginocchio, s’innestava con tre flange zigrinate nella tibia, proprio come si fa oggi per stabilizzare la rotazione dell’osso. Questi accorgimenti avrebbero evitato che la protesi si muovesse provocando lancinanti dolori all’uomo e, di fatto, l’impossibilità a camminare.

Peccato che, anche in questo modo, la deambulazione sarebbe stata come minimo improbabile. Cercate voi di fare un passo con una spranga rigida di ferro che vi blocca la parte più mobile della gamba! Fra l’altro, mancano anche alcune ossa. Seppur sia già noto che la più antica protesi ortopetica finora scoperta è egiziana, non è questo il caso di parlare di miracolo della medicina. Appare evidente quindi che l’intervento avesse un altro scopo, seppur importantissimo dal punto di vista ideologico.

L’operazione è avvenuta post mortem, durante il processo di mummificazione. L’individuo avrebbe subito l’amputazione dell’arto, cosa che poi probabilmente lo ha ucciso, e i sacerdoti imbalsamatori avrebbero risolto il problema almeno per l’aldilà. Nell’ideologia religiosa egizia, infatti, l’integrità del corpo era fondamentale per la ‘rinascita’ e la vita dopo la morte. L’archetipo di questa concezione coincide con il mito della ricomposizione da parte di Iside del cadavere di Osiride smembrato da Seth e si concretizza nella pratica stessa della mummificazione. Anche i testi funerari – fin dall’Antico Regno con i Testi delle Piramidi – sono pieni di formule magiche che salvaguardano la sanità del fisico dai pericoli della Duat o di riferimenti a pene che comprendono decapitazioni e amputazioni varie che avrebbero portato all’annullamento definitivo del defunto.

In conclusione, la “protesi” nella mummia non è la prova di un’eccezionale operazione chirurgica effettuata millenni fa ma un semplice accorgimento simbolico che avrebbe garantito un corretto passaggio verso la vita ultraterrena.

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Scoperta la più grande tomba “a saff” di Tebe Ovest

Source: MoA

Un’enorme tomba era nascosta a due passi dal normale percorso di visita che i turisti compiono tutti i giorni, celata da centinaia di metri cubi di detriti di un paio di secoli di scavi archeologici nell’area.
A nord della sepoltura di Roy (TT255), visitabile nella necropoli di Dra Abu el-Naga, è stata individuata e scavata da una missione egiziana diretta da Mostafa Waziri, la più grande “tomba a saff” finora nota di Tebe Ovest. La struttura consiste in una vasta corte aperta su cui si apre una facciata monumentale di 55 metri, con 18 entrate intervallate da pilastri.

Qui era sepolto Djehutyshedsu, il cui nome e i numerosi titoli – “principe”, “sindaco”, “Portatore dei sigilli del Re dell’Alto e Basso Egitto” – si leggono sulle facce dipinte dei pilastri e su alcuni degli oltre 50 coni funerari ritrovati.

Negli angoli nord e sud, due pozzi profondi 11 metri si datano, secondo l’egittologa Friederike Kampp che è una dei maggiori esperti della necropoli tebana, alla XVII dinastia (16650-1550 a.C.), seppur usati fino al regno di Hatshepsut (1479-1458) all’inizio della XVIII dinastia.

Nella tomba, le pareti sono decorate con scene rituali del defunto al cospetto degli dèi e di attività quotidiane, come caccia, pesca e fabbricazione di barche di papiro. Il corredo funerario comprende vasi, decine di ushabti in legno o faience, statuette lignee, una maschera in cartonnage, coperchi di vasi canopi in calcare e un rarissimo papiro intatto, scritto in ieratico e ancora avvolto nel lino. Una moneta in bronzo dell’epoca di Tolomeo II (285-246) attesta ovviamente una frequentazione più recente.

Attorno alla corte, come spesso accade a, si affacciano 6 tombe minori ancora da indagare.

Poco lontano, nella necropoli di Sheik Abd el-Qurna, sono state annunciate dal Ministero delle Antichità altre due sepolture. Risalenti alla XIX dinastia (1291-1185), appartengono a due funzionari di nome Akhmenu e Meryra. Del primo si conosce ancora poco, mentre del secondo, “Sovrintendente al tesoro”, è stato ritrovato uno splendido sarcofago policromo.

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Assuan, missione milanese scopre tomba con 35 mummie

Source: MoA

Sulla riva ovest di Assuan, la missione italo-egiziana diretta dalla prof.ssa Patrizia Piacentini (Università degli Studi di Milano) e da Abdel Monaem Said (Ministero delle Antichità) ha scoperto una tomba con circa 35 mummie.

Il team dell’ateneo meneghino era stato chiamato in Egitto nel luglio 2018 per mappare le circa 300 sepolture rupestri nell’area del mausoleo islamico dell’Aga Khan, ma già al primo giorno di missione lo scorso gennaio è stata individua la scalinata d’ingresso di una nuova tomba, seppur depredata in antichità.

La struttura era stata realizzata in origine per Tjt, “Capo carovaniere” di Epoca Tarda (VI secolo a.C.), ma probabilmente riutilizzata fino al periodo greco-romano.

La prima grande camera funeraria conteneva circa 30 mummie in buono stato di conservazione, tra cui alcune di bambini disposte in una nicchia laterale. Con loro sono stati ritrovati vasi contenenti bitume per l’imbalsamazione, anfore, frammenti di cartonnage dipinto o ancora bianco, una lucerna, una statuetta lignea dell’uccello-ba e porzioni del sarcofago le cui iscrizioni hanno fornito nome e titoli del proprietario della tomba e dei suoi familiari. Appoggiata a una parete c’era ancora una barella in legno di palma e strisce di lino usata per portare i corpi dei defunti.

In una seconda sala laterale si trovavano altre quattro mummie di cui due sovrapposte e adagiate in una fossa scavata direttamente nella roccia: si tratta di una donna alta 1,50 m e di un bambino – probabilmente suo figlio – ancora coperte da cartonnage dipinto e da una maschera funeraria di papiro. Maggiori informazioni sull’identità degli individui arriverà con gli esami antropologici la prossima missione. Qui il corredo comprendeva vasi contenenti il cibo per l’aldilà.

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Sohag, Tomba tolemaica dai colori vividi e 50 mummie animali

Source: Luxor Times

Lo scorso ottobre, nei pressi della città di Sohag, la polizia aveva arrestato alcuni tombaroli con le mani ancora nel sacco (7 tombe). Dopo il sequestro delle autorità, è cominciato lo scavo vero e proprio, affidato a Mostafa Waziry, di una tomba di età tolemaica che ha riservato sorprese.

La sepoltura, seppur piccola, presenta due stanze interamente dipinte con scene che ritraggono il defunto, chiamato Tutu, e la moglie mentre sono insieme a divinità offerenti.

Inoltre, nella camera interna sono stati individuati due sarcofagi in calcare che contenevano mummie ancora non identificate: una donna di 35-50 anni e un ragazzo di 12-14 anni.

Tuttavia, oltre alle due sepolture umane, sono stati deposti oltre 50 corpi imbalsamati di falchi, gatti, cani e roditori.

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Saqqara, scoperti tomba di un funzionario e il nome di una nuova regina di V dinastia

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Source: cegu.ff.cuni.cz

Il team diretto da Mohamed Megahed, lavorando a scavo, documentazione e restauro della piramide del penultimo faraone della V dinastia, nel settore sud della necropoli di Saqqara, aveva ritrovato ciò che resta della sovrastruttura di una sepoltura monumentale.

La vicinanza alla tomba del re e la qualità dei rilievi sopravvissuti all’espoliazione dei blocchi in calcare nelle epoche successive facevano già presagire un proprietario di rango elevato.

In effetti, dopo aver scavato la superiore camera delle offerte con pianta “ad L”, è stato raggiunto l’accesso alla parte sotterranea che, per la prima volta in una sepoltura privata, ricalca lo schema delle piramidi reali della V dinastia: corridoio discendente, vestibolo, anticamera e stanza del sarcofago.

In particolare colpisce la straordinaria conservazione delle pitture, dai colori ancora vividi, che ricoprono le pareti dell’anticamera. Il defunto, l’amico del ‘palazzo’ (titolo tipico dell’Antico Regno) Khuy, è rappresentato sulle pareti nord e sud seduto di fronte a una tavola d’offerta, mentre in basso ci sono scene del trasporto fluviale del sarcofago.

La parete est (a destra nella foto) è interamente occupata da una lunga lista di offerte e da una macellazione rituale di un bovino; quella ovest, invece, è decorata con il tipico motivo ‘a facciata di palazzo’.

Da qui si accede alla camera funeraria che non è dipinta, ma in origine doveva essere quasi completamente occupata dal sarcofago in calcare, ritrovato a pezzi per l’intervento dei ladri che visitarono la tomba già in antichità.

In effetti, non è stato trovato alcun oggetto del corredo, nemmeno nella piccola stanza accessoria che fungeva da magazzino, ma sono stati individuati frammenti del corpo di Khuy che presentano tracce di mummificazione.

Poco lontano, a nord-est della piramide di Djedkara, è emersa una colonna in granito rosso di Assuan che reca l’iscrizione: “Colei che vede Horus e Seth, la grande dello scettro-hetes, la grande di preghiera, moglie del re, sua amata Setibhor”.

Setibhor risulta quindi il nome di una regina finora sconosciuta, sposa di Djedkara e, a questo punto, proprietaria del complesso funerario che era ancora anonimo.

Questo complesso piramidale è il più grande per una regina di Antico Regno, uno dei primi ad essere realizzato a Saqqara Sud e caratterizzato da elementi appannaggio dei soli re, come le colonne palmiformi nel tempio funerario.

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Delta, scoperto sarcofago con scarabeo d’oro

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Source: MoA

55726295_2223079501071021_7997631178515415040_nA Quesna, sito estrattivo 100 km a nord del Cairo,  una missione egiziana ha scoperto un sarcofago antropoide in calcare che conteneva due mummie. La bara, lunga 2 metri e larga 60 cm, è in buono stato di conservazione, cosa che non si può dire invece dei due corpi disposti l’uno sull’altro al suo interno (foto a sinistra). Tuttavia, su una delle mummie è stata trovata un’applique in oro a forma di scarabeo (foto in basso).

Nell’area, utilizzata per sepolture dell’Antico Regno e dal Periodo Tardo all’Epoca tolemaica, sono stati individuati anche altri corpi accompagnati da diverse tipologie di oggetti che variano a seconda della datazione della tomba: uno scarabeo in faience, tre coperchi di canopi in calcare, vasetti, anfore, piatti, chiodi e monete in bronzo tolemaiche.

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