Archivi del mese: agosto 2019

Reeves non si arrende: “Nella tomba di Tutankhamon era sepolta Nefertiti”

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Source: highres.factum-arte.org/Tutankhamun/

Nonostante sia stato fatto fuori dal progetto di ricerca da lui iniziato, ostracizzato dall’attuale direzione del Ministero delle Antichità e smentito dall’ultima serie di scansioni con il georadar nella KV62, Nicholas Reeves non si arrende, anzi rilancia: la tomba di Tutankhamon era stata pensata per seppellire Nefertiti e nasconde ambienti ancora sconosciuti.

Nella sua ultima pubblicazione, scritta il 13 luglio 2019, “The decorated north wall in the tomb of Tutankhamun (KV62) – The burial of Nefertiti? II”, l’egittologo britannico rivisita l’articolo originario del 2015 che scatenò la querelle “Tutferiti” e aggiunge nuovi dati a favore della sua tesi, concentrandosi sull’analisi della decorazione della parete settentrionale della camera funeraria. Inoltre, si avvale anche delle valutazioni del geofisico che era stato scelto come consulente esterno durante la seconda seduta di scansioni.

Secondo quanto riporato nel testo, il corpo di Tutankhamon sarebbe stato collocato in una stanza secondaria dell’ultima dimora di Nefertiti, prima diventata co-reggente e poi, alla morte del marito Akhenaton, faraone vero e proprio con il nome di Ankhkheperura Smenkhkara-Djeser-Kheperu. La decorazione della camera, quindi, sarebbe stata modificata per accogliere le spoglie del nuovo re.

Reeves, già nel 2015, osservando le scansioni ad alta risoluzione della Factum Arte, aveva notato delle differenze tra le pitture della parete nord (quella che nasconderebbe l’accesso al resto della tomba) e quelle degli altri muri, rilevando due fasi realizzative: una prima tardo-amarniana con figure disegnate con canone a griglia di 20 quadrati su fondo bianco; una seconda post-amarniana con griglie a 18 quadrati e fondo giallo. Quindi, in origine, la stanza avrebbe avuto una sola parete dipinta, quella nord, che poi sarebbe stata aggiornata per il nuovo proprietario aggiungendo un fondo giallo, cambiando figure, cartigli e parte dei testi e procedendo con la decorazione delle pareti sud, ovest ed est.

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Source: highres.factum-arte.org/Tutankhamun/ (modificato da @djedmedu)

Per avvalorare la sua ipotesi, Reeves entra nel particolare e analizza le tre scene della parete nord. Nella prima, quella a destra, il nuovo faraone Ay compie il rito dell’apertura della bocca sulla mummia di Tutankhamon, suo predecessore. Il volto di Ay, che doveva avere già un’età avanzata, sembra invece più giovane di quello di Tut, morto intorno ai 18 anni. Ay non è raffigurato maturo come nella sua tomba ad Amarna (TA25), ma presenta la tipica pinguedine (1 nella figura in alto) del sottomento che caratterizza le altre immagini di Tutankhamon. Quest’ultimo qui ha viso snello, mento appuntito, piega all’angolo della bocca (2), corpo allungato e gambe corte, tutte peculiarità femminili delle rappresentazioni tardo-amarniane di Nefertiti. Anche il cartiglio di Ay sarebbe stato alterato: s’intravedrebbero infatti tracce del segno “i” di Imn (3), l’ultima parte del nome del ‘faraone bambino’ che, per motivi di rispetto per il dio Amon, andava scritta per prima.

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Source: highres.factum-arte.org/Tutankhamun/ (modificato da @djedmedu)

Nella seconda scena, quella al centro, Tutankhamon, accolto nell’aldilà dalla dea Nut, sembrerebbe essere stato rappresentato con due metri di proporzione: un canone amarniano per le gambe e uno post-amarniano per busto e testa che, per questo, è troppo grande rispetto alle altre. Secondo Reeves, quindi, la parte superiore della figura sarebbe stata ridipinta. Inoltre, le strane frange del suo gonnellino (4) sono compatibili con la tipologia di veste femminile di regine e altre donne della corte di Akhenaton che, in questo caso, sarebbe stata coperta con il fondo giallo (5).

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Source: highres.factum-arte.org/Tutankhamun/ (modif. da @djedmedu)

Nell’ultima scena, quella a sinistra, Tutankhamon e il suo ka si mostrano a Osiride che, secondo Reeves, sarebbe stato ristretto in un secondo momento (8) per far posto alla figura del faraone. Il numero di pieghe del gonnellino bianco di Tut coincide con quello di personaggi presenti sulle altre pareti, quindi dipinti nella seconda fase. In quella originaria, invece, ci sarebbe stata solo una figura femminile, Nefertiti, al cospetto di Osiride, perché la parrucca tripartita (6) del Ka è utilizzata spesso per le donne d’alto rango in epoca amarniana. Solo dopo sarebbe stata nascosta la veste e aggiunto l’attributo del ka sulla testa (7).

In aggiunta alle osservazioni stilistiche iconografie, ci sarebbero incongruenze anche nella disposizione del testo che, oltre ad avere tracce di cartigli modificati, non è sempre sulla stessa linea. Quindi, Reeves è sempre più convinto che il progetto iniziale della KV62, pensato per Nefertiti, prevedesse una struttura più canonica con un corridoio ad L (figura in basso) in cui Anticamera e Camera funeraria erano unite. Solo dopo la morte improvvisa di Tutankhamon, si sarebbe deciso di chiudere una parte della tomba e modificare il resto rimasto accessibile scavando nuovi spazi per allargare le due stanze e aggiungere Anesso e Tesoro.

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Reeves N., The burial of Nefertiti? II, p. 58, Fig. 33

L’articolo è corredato da una revisione dei risultati delle tre tornate di analisi al georadar (1, 2, 3) di George Ballard, geofisico del GB Geotechnics Group che era stato interpellato nel 2016 dalla National Geographic per dare una valutazione indipendente ai dati acquisiti durante la seconda serie di scansioni. Premetto, come sempre, che non essendo un esperto della materia mi limito solo a riportare quanto letto senza dare giudizi.

La relazione di Ballard indicava prove consistenti che il muro settentrionale della camera funeraria, nella parte est, non fosse composto di solido calcare naturale, come nella porzione occidentale, ma di elementi separati di varia grandezza. Lo stesso ragionamento sarebbe valso anche per la parte terminale nord del muro occidentale. Quindi, secondo il geofisico, ci sarebbero dati sufficienti a provare l’esistenza di due pareti artificiali, costruite con pietre di calcare di diversi formati, che avrebbero obbliterato due possibili porte. In particolare, nell’ipotizzato corridoio chiuso dalla parete nord, il non rilevamento di un vuoto sarebbe spiegabile con la presenza di macerie che ostruirebbero il passaggio. Questi frammenti di calcare sarebbero il prodotto dello scavo della nuova stanza funeraria, poi spinti indietro e arginati con una sorta di muretto di sostruzione poi foderato e coperto con quello nuovo dipinto. La natura stessa di questi scarti in calcare fornirebbe quindi alcune risposte agli impulsi degli strumenti simili a quelle del banco di roccia naturale.

Ballard parla anche delle due anomalie individuate nelle vicinanze della KV62 dal team italiano, utilizzandole come ulteriori dati per avvalorare la sua ipotesi. Nonostante la squadra diretta dal prof. Porcelli abbia affermato che non ci sono prove dirette che i vuoti siano collegati alla tomba di Tutankhamon, Ballard è convinto invece che appartengano alla stessa struttura e critica soprattutto l’interpretazione come frattura naturale di un’anomalia individuata dietro la parete nord.

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Questa pubblicazione crea ancora più attesa alla luce della nuova serie di scansioni nell’area della tomba di Tutankhamon portata avanti alla fine di giugno dall’ex ministro delle Antichità Mamdouh el-Damaty, grande sostenitore dell’ipotesi di Reeves prima che fosse destituito dalla sua carica. Voci ufficiose hanno parlato della presentazione dei risultati dopo due mesi, quindi non ci resta che aspettare la fine di agosto. Inshallah.

https://www.academia.edu/39903971/The_Decorated_North_Wall_in_the_Tomb_of_Tutankhamun_KV_62_The_Burial_of_Nefertiti_II_2019_?

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Iniziato il restauro del sarcofago esterno di Tutankhamon

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Source: MoA

Dopo oltre 95 anni dalla sua scoperta, uno degli ultimi oggetti del corredo funerario di Tutankhamon rimasti ancora in situ ha lasciato la Valle dei Re per essere trasportato nei laboratori del Grand Egyptian Museum. Era infatti il 12 febbraio 1924, quando gli operai di Howard Carter sollevarono il pesante coperchio della grande bara in quarzite che occupa buona parte della camera funeraria e misero in luce il sarcofago esterno in legno dorato (Carter n. 253) portato al Cairo nei giorni scorsi. Il sarcofago, a sua volta aperto il 13 ottobre 1925, era solo il primo di tre casse antropoidi che rappresentano il faraone defunto in forma osiriaca e che contenevano la mummia di Tutankhamon, per ora lasciata nella KV 62.

Il trasporto è stato effettuato il 12 luglio, sotto la scorta della Polizia Turistica e delle Antichità e utilizzando uno speciale sistema anti-vibrazioni e con controllo di temperatura e umidità. Già a un primo esame preliminare, è emerso un cattivo stato di conservazione dell’oggetto con diverse fratture e parti staccate della superficie dorata dell’intonaco esterno, tamponate momentaneamente già nella tomba dai restauratori del Ministero delle Antichità. Infatti, secondo Eissa Zidan, responsabile del dipartimento di Primo intervento di restauro e Trasporto dei reperti, il 30% del sarcofago sarebbe danneggiato. Una volta al GEM, è stata portata avanti una settimana di quarantena e dal 22 luglio il reperto è sotto una tenda isolante (foto in basso) per le procedure di fumigazione atte a sterilizzare e a eliminare l’eventuale presenza di insetti, funghi e muffe.

Ieri il ministro Khaled el-Enany ha presentato alla stampa la successiva fase di restauro che, in 8 mesi, porterà il sarcofago ad essere pronto per l’esposizione nel nuovo museo che dovrebbe aprire parzialmente nella primavera del 2020 e definitivamente nel 2022, in occasione del centenario dalla scoperta della tomba di Tutankhamon. Prima di tutto, si effettueranno esami non invasivi per definire lo stato dei materiali e scegliere le strategie più adatte. Poi si procederà con la pulizia delle superfici e la ricollocazione dei frammenti staccati.

Il sarcofago sarà esposto presso il GEM insieme ai due che erano nel Museo Egizio del Cairo di Piazza Tahrir e ai 5398 oggetti del corredo funerario di Tutankhamon, di cui 4500 sono già stati trasferiti nella nuova sede.

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Source: MoA

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Le pitture della tomba di Tutu saranno esposte in un museo della nuova capitale

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Source: see.news

Ricorderete la tomba di Tutu, presentata alla stampa lo scorso aprile dopo che era stata scoperta a Sohag nel 2018 da tombaroli e scavata dagli archeologi del Ministero delle Antichità. Nella sepoltura, risalente all’epoca tolemaica, erano state ritrovate mummie umane e oltre 50 animali imbalsamati, tra falchi, gatti, cani e roditori.

Ma a colpire era soprattutto la conservazione delle pitture parietali, i cui colori erano ancora accesissimi (foto in basso). Beh, quelle pitture sono appena state staccate dai muri (in gergo tecnico “strappate”) dai restauratori del Ministero e saranno esposte nel museo che, fra qualche mese, sarà inaugurato nella nuova capitale amministrativa d’Egitto, ancora senza nome e in costruzione a 45 km est dal Cairo.

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Nuovi “tesori sommersi” al largo di Alessandria

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Source: Christoph Gerigk © Franck Goddio/Hilti Foundation

Utilizzando il titolo spesso usato per le sue mostre, Franck Goddio continua a recuperare “tesori sommersi” dalle acque al largo di Alessandria. La missione di archeologia subacquea dell’Institut Européen d’Archéologie Sous-Marine diretta dal francese ha da qualche mese terminato l’ultima stagione dell’anno nella baia di Abukir, ma il Ministero delle Antichità ne ha ufficializzato i risultati solo 10 giorni fa.

Grazie a un sonar di ultima generazione con cui sono stati scandagliati i fondali a nord-est di Alessandria, si è capito che l’antica città di Canopo, ormai completamente sommersa, si esteva almeno per 1 km verso sud in più di quello che si pensava. I sub, in quest’area, hanno individuato i resti di alcuni edifici e del porto che, per la tipologia di ceramica ritrovata, collocano l’occupazione del sito tra il IV secolo a.C. e l’età islamica. Gli archeologi hanno scoperto anche gioielli (foto in alto a destra) e diverse monete in bronzo e oro, coniate dall’età tolemaica al periodo bizantino (in alto a sinistra).

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Source: Christoph Gerigk © Franck Goddio/Hilti Foundation

Nella vicina Heracleion, invece, sotto metri di deposito limoso, si nascondevano le rovine di un grande tempio consacrato ad Amon, probabilmente il più importante della città, e di un santuario più piccolo. Delle strutture rimangono solo frammenti di colonne e blocchi in pietra sparsi. Anche qui sono state trovate monete di bronzo del III-II secolo a.C., tra cui alcune databili al regno di Tolomeo II (282-246 a.C.).

Sono continuate anche le indagini degli oltre 70 relitti scoperti nel 2001 e, in particolare, è stato completato il rilevamento della nave 61 che è risultata essere un’imbarcazione mercantile lunga 13 metri, inabissata alla fine del II secolo a.C. a causa di un terremoto che probabilmente distrusse anche il tempio di Amon.

https://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/1095-9270.12321

 

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Pelusio, individuata la sede del Senato cittadino

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Source: MoA

A Tell el-Farama, sito del Sinai nord-occidentale dove sorgeva l’antica città di Pelusio, una missione egizia ha individuato un grande edificio monumentale di epoca romana.  La costruzione, realizzata in mattoni cotti e blocchi di calcare, si estende per circa 2500 m² con un perimetro rettangolare. All’interno, una struttura circolare presenta 3 livelli di tribune, larghe 60 cm, in mattoni foderati in marmo.

Questa particolarità ha fatto pensare  si trattasse della sede del Senato cittadino, cioè il luogo di riunione dei rappresentanti di Pelusio. Non a caso, l’ingresso principale del palazzo si affaccia a est sulla strada più importante del centro (foto in basso a sinistra). Gli archeologi hanno trovato anche resti di mosaici e pochi frammenti di colonne rimasti dallo smantellamento dell’area nel V-VI secolo, quando la città, ormai abbandonata per l’insabbiamento del ramo pelusiaco del Delta su cui si trovava, fu utilizzata come cava di materiale edile da riuso.

La scoperta è stata effettuata durante lo scorso anno durante scavi di emergenza in un’area in cui sorgerà una nuova città, ma è stata annunciata solo ieri; in realtà, l’esistenza dell’edificio era già stata appurata nel 2005 grazie a saggi e prospezioni geomagnetiche del Centro di Archeologia del Mediterraneo dell’Università di Varsavia.

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