Archivi del mese: settembre 2020

TEMA – la Toscana Egittologica tra Musei e Archivi

Giuseppe Angelelli, La Spedizione franco-toscana in Egitto, 1836 (particolare)

Quando Champollion diceva che “La strada per Menfi e Tebe passa da Torino”, sottolineando l’importanza del Museo Egizio da poco inaugurato, sicuramente aveva in mente la tappa precedente, dove transitarono alcune tra le più importanti collezioni egittologiche d’Europa: la Toscana.

Durante il XIX secolo, infatti, il porto franco di Livorno era la vera porta del continente verso il Mediterraneo orientale, lo scalo obbligato delle navi che, insieme a grano, spezie e prodotti esotici, trasportavano anche merci particolari come reperti archeologici e mummie. Nel porto labronico arrivarono i nuclei di antichità che poi confluirono verso altri centri toscani e i grandi musei di Torino, Parigi, Londra, Berlino, Leida ecc. Lo stesso Champollion si era recato nei magazzini del porto – che bisogna immaginare straripanti di statue, sarcofagi e stele – per selezionare pezzi da portare al Louvre. Il passaggio di questi bastimenti e la notizia dei loro carichi speciali sono ancora presenti nei registri originali conservati presso l’Archivio di Stato di Livorno.

Ma l’importanza della Toscana nella formazione della disciplina egittologica non si limita al mero ruolo di snodo commerciale. A Ippolito Rosellini nel 1826 fu affidata la prima cattedra di Egittologia al mondo presso l’Università di Pisa. Successivamente, l’orientalista pisano riuscì a convincere il Granduca Leopoldo II a finanziare – insieme al re Carlo X di Francia – la prima vera spedizione scientifica in Egitto del 1828-1829 (i “savant” di Napoleone non sapevano ancora leggere il geroglifico) che diresse insieme all’amico Champollion. Da questa missione arrivarono un’eccezionale mole di documenti, manoscritti e splendidi disegni, oggi conservati presso la Biblioteca Universitaria di Pisa, e i circa 2000 reperti che formarono il nucleo principale del Museo Egizio di Firenze. Altri oggetti, invece, rimasero a Pisa e oggi fanno parte del patrimonio delle Collezioni Egittologiche dell’Università di Pisa e dell’Opera della Primaziale Pisana.

Dal 1° settembre ho il piacere di lavorare proprio su questo argomento, nell’ambito di un assegno di ricerca presso il Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa, cofinanziato dalla Regione Toscana (POR FSE 2014-2020). Nello specifico, il progetto TEMA – la Toscana Egittologica tra Musei e Archivi, diretto dalla prof.ssa Marilina Betrò, si propone di creare una rete di connessioni tra quegli operatori culturali della regione che conservano materiale sulla missione di Rosellini e sulla formazione delle collezioni egizie esistenti o comunque passate per la Toscana. In particolare, si vuole studiare, digitalizzare e indicizzare i documenti della Biblioteca Universitaria di Pisa e dell’Archivio di Stato di Livorno relativi alle collezioni giunte dall’Egitto nella prima metà dell’800, e collegarli tra loro e con gli oggetti stessi tramite un web database e un sito web creati appositamente. Inoltre, coniugando il digital storytelling su diversi formati (testi, immagini HD, video, modelli 3D dei reperti dell’Opera della Primaziale Pisana e delle Collezioni Egittologiche dell’Università di Pisa) si racconteranno tutti i passaggi che dalla Valle del Nilo hanno portato alla creazione di altri grandi musei.

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Tuna el-Gebel, scoperto sarcofago di sacerdote con decine di ushabti

Source: Ministry of Tourism and Antiquities

Se da un lato Saqqara continua a sfornare scoperte, l’altro grande fronte dell’archeologia egiziana è attualmente Tuna el-Gebel, nel governatorato di el-Minya.

La missione nella necropoli dei sacerdoti di Thot, arrivata alla quarta campagna di scavo sotto la direzione di Mostafa Waziry, ha individuato un pozzo funerario, profondo 5 metri, con un ulteriore sarcofago in pietra che si aggiunge alle decine trovate negli scorsi anni.

La massiccia bara antropoide in calcare bianco era collocata in una fossa scavata nel pavimento ed era circondata da numerosi ushabti in brillante faïence azzurra. Sul coperchio si trova una colonna di geroglifici inquadrata da 6 figure dipinte in verde che rappresentano i quattro Figli di Horus (Imseti, Hapi, Duamutef e Qebehsenuef, rispettivamente protettori di fegato, polmoni, stomaco e intestini) e, in basso, le dee tutelari Iside e Nefti.

Il testo presenta nome, titoli e identità dei genitori del defunto: il sacerdote di XXVI dinastia (672-525 a.C.) Djehuty-em-hotep, figlio di Harsiesi la cui tomba era stata già trovata nel 2018. Le foto non sono eccezionali, ma mi pare di leggere anche il nome della madre, Amenirdis.

Aggiornamento 12/10/2020

A distanza di tre settimane, Mostafa Waziry ha mostrato il contenuto del sarcofago ormai aperto: una mummia in cattivo stato di conservazione accompagnata da uno scarabeo del cuore e da altri sei amuleti funerari in faience che erano fissati direttamente sulle bende, cioè una testa di Hathor, uno scarabeo alato e i quattro figli di Horus.

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Altri sarcofagi sigillati da Saqqara

Source: Ministry of Tourism and Antiquities

Come anticipato nell’ultimo articolo, la recente scoperta di un pozzo funerario a Saqqara prometteva ulteriori novità. Così, a distanza di pochi giorni, il Ministero del Turismo e delle Antichità ha “centellinato” nuove foto rimandando la comunicazione definitiva a una conferenza stampa ufficiale che dovrebbe tenersi i primi giorni di ottobre.

In ogni caso, ai 13 sarcofagi trovati in precedenza, se ne sono aggiungiunti altri 14 – anch’essi sigillati – sempre risalenti, secondo la nota del Ministero, all’Epoca Tarda. Sembra che le bare provengano da nicchie scavate ai lati del pozzo dove, come si vede dalle foto con il segretario generale del Supremo Consiglio delle Antichità, Mostafa Waziry (in basso), erano accataste con statuette di Ptah-Sokar-Osiride, cassette canopiche e altri oggetti del corredo funebre.

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Saqqara, scoperto pozzo funerario con decine di sarcofagi di Epoca Tarda ancora sigillati

Source: Ministry of Tourism and Antiquities

L’area di Saqqara indagata dalla missione archeologica egiziana si rivela ancora una volta molto fruttuosa. Dopo le scoperte degli scorsi anni (fino all’ultima annunciata ad aprile), il Ministero del Turismo e delle Antichità ha anticipato la notizia del ritrovamento di una cachette di oltre 2500 anni piena di sarcofagi ancora sigillati.

Al momento si sa poco, anche perché lo scavo non è stato ancora completato; a tal proposito, è prevista una conferenza stampa nelle prossime settimane che presentarà ufficialmente i risultati definitivi.

In ogni caso, si tratta di una camera scavata nella roccia in fondo a un pozzo funerario lungo 11 metri. Al suo interno erano accatastati almeno 13 sarcofagi lignei decorati. Il numero di bare, però, è sicuramente molto più grande, dal momento che sono state individuate nicchie ricavate ai lati del pozzo, tra cui una sola è stata aperta rivelando la presenza di sarcofagi e diversi oggetti di corredo (tra le foto divulgate, si nota solo una statuetta di Ptah-Sokar-Osiride; immagine in basso al centro).

Non ci resta quindi che aspettare per avere maggiori informazioni.

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