Archivi del mese: agosto 2021

Un tempio romano sotto il palazzo storico demolito a due passi dal Tempio di Luxor

Source: cairoscene.com

Nei pressi del Tempio di Luxor, esisteva un bell’edificio affacciato sul Nilo di oltre un secolo, residenza di uno dei protagonisti della rivoluzione egiziana del 1919. Uso il passato perché purtroppo il palazzo di Tawfiq Pasha Andraos è stato buttato giù questa settimana, lasciando posto a macerie e… a un tempio.

I lavori di demolizione sono iniziati lunedì scorso perché, secondo quanto affermato dal Ministero del Turismo e delle Antichità, la facciata si era pericolosamente incrinata a causa di scavi illegali nelle fondamenta – ma immagino anche per la vicinanza al cantiere del Viale delle Sfingi – e minacciava di collassare sui passanti. A nulla sono valse le richieste di restauro e valorizzazione (era stato proposto anche l’utilizzo come hotel di lusso) dell’abitazione di Tawfiq Andraos, deputato dal 1923 al 1935 e importante esponente del partito nazionalista Wafd. Il palazzo, costruito nel 1897, era ormai in stato di abbandono dal gennaio del 2013, quando al suo interno le figlie Sophie, 82 anni, e Ludi, 79, erano state ritrovate uccise da un assassino ancora da identificare.

Come detto, vista l’ubicazione promettente (palese dal video in basso), alcuni tombaroli avevano tentato lo scorso anno di cercare antichità da rivendere ed effettivamente in questi giorni sono stati individuati i resti di un tempio, prima definito faraonico da Mostafa Waziry, segretario generale del Supremo Consiglio delle Antichità, ma che ora sembra risalire al periodo romano. Si avranno comunque più informazioni grazie allo scavo darcheologico che inizierà a breve e che si protrarrà per qualche mese, con l’inserimento del tempio nel percorso del Viale delle Sfingi.

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Scoperto ad Alessandria un quartiere residenziale e artigianale di epoca greco-romana

Source: Ministry of Tourism and Antiquities

Ad Alessandria d’Egitto, nel quartiere costiero di Shatby (dove si trova la celebre Bibliotheca Alexandrina), durante lavori pubblici sono stati casualmente scoperti i resti di un vasto insediamento residenziale e produttivo di epoca greco-romana (II sec. a.C. – IV sec. d.C.).

L’area si trovava appena fuori dalle mura della città e fungeva come stazione di sosta per le persone in attesa del permesso d’ingresso e come punto di controllo della merce in entrata da tassare. Il quartiere si sviluppava lungo una strada principale su cui confluiscono vie laterali secondarie ed era servito da un capillare sistema fognario e di approviggionamento idrico, tra pozzi scavati nella roccia, tunnel e una quarantina di cisterne per la raccolta dell’acqua piovana (foto in alto).

La zona doveva servire anche come luogo di commercio dei prodotti della pesca e di attività artigianali come la tessitura. Inoltre, è stata savata anche una cappella dedicata ad Atena e Demetra, di cui sono stati ritrovati diversi frammenti di statuette. Tra i laboratori, in alcuni si producevano proprio figurine in terracotta da vendere ai pellegrini come ex-voto e che rappresentavano divinità, ma anche eroi mitologici e imperatori. Oltre a ciò, sono stati scoperti amuleti, lucerne, anfore e altri contenitori ceramici, circa 700 monete e un busto di Alessandro Magno in alabastro (al centro della prima fila in basso).

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Il cuore mummificato di un visir di 4000 anni

Source: elindependiente.com (ph. Patricia Mora)

Nella primavera del 2017, la missione del Middle Kingdom Theban Project, diretta da Antonio Morales (Universidad de Alcalá), aveva effettuato un curioso ritrovamento nell’area tra el-Asasif e Deir el-Bahari, a Tebe Ovest (link al vecchio articolo). Ripulendo l’angolo nord-orientale del cortile della tomba di Ipi (TT 315) – visir sotto il faraone Amenemhat I (1994-1964 a.C.) –, gli archeologi spagnoli avevano individuato un corridoio lungo 8 metri e largo 3, ancora stipato di contenitori di ceramica. All’interno di questo cubicolo si trovavano 56 giare, già scavate nel 1921-22 dall’egittologo americano Herbert Winlock (Porter-Moss I-1, p. 390) che probabilmente aveva valutato poco interessanti questi reperti portandone in patria solo 4. In realtà, grazie a un’indagine più approfondita, è emerso che i vasi sigillati servissero a conservare resti di bende di lino, sudari, oli, resine e circa 200 sacchetti di natron (40/50 kg in tutto). In sostanza, si trattava di un ambiente accessorio atto a immagazzinare tutto il materiale di scarto del processo di mummificazione che, in quanto impuro, non poteva restare nella tomba vera e propria.

Tra i particolari più interessanti c’era un involucro il cui contenuto era stato già allora identificato come un possibile cuore umano; a distanza di oltre 4 anni, in un’intervista al giornale El Indipendiente, Morales ha confermato l’ipotesi e ha sottolineato la rarità del ritrovamento. La notizia è stata presentata da un pezzo (qui per ulteriori dati e foto), ma vale la pena approfondirla anche sul blog. In una delle giare, infatti, tra i vari sacchetti di natron che servivano a far disidratare il cadavere, c’era un pacchetto in lino che racchiudeva il muscolo cardiaco coperto da uno strato di resina. Il trattamento dell’aorta era particolarmente accurato con un bendaggio attento e la chiusura con un rotolo di lino.

L’imbalsamazione a parte del cuore non è di certo una novità, anzi, si hanno diversi esempi soprattutto per il Terzo Periodo Intermedio; tuttavia, l’organo era sempre riposto nella cavità toracica alla fine del rituale. Diverso è questo caso. Il direttore della missione ha affermato che, se si esclude una mummia nubiana in Sudan, quello della TT 135 sarebbe il primo ritrovamento di un cuore all’esterno del corpo.

Ma allora a cosa è dovuta questa particolarità?

Da scartare subito è l’ipotesi damnatio memoriae. Sembra improbabile che la presenza del cuore tra il materiale impuro sia da imputare a un tentativo di punire il defunto privandolo dell’organo più importante e, di conseguenza, impedendo la sua esistenza nell’aldilà. Mancano infatti nella tomba altre tracce di deturpazione e il nome di Ipi sul sarcofago non presenta alcuna cancellazione, come invece ci si sarebbe aspettato in un caso simile. La spiegazione, invece, potrebbe essere molto più prosaica. Secondo Morales, infatti, i sacerdoti preposti alla mummificazione si sarebbero semplicemente sbagliati, confondendo l’involucro del cuore con uno dei tanti sacchetti di natron e riponendolo in una giara.

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Trasferita nella notte la barca solare di Cheope al Grand Egyptian Museum

Source: Ministry of Tourism and Antiquities

Nell’anno delle sfarzose parate dell’archeologia egiziana, la barca solare di Cheope ha fatto il suo ultimo (forse) viaggio. Dopo il trasferimento delle mummie reali e prima di quello della maschera di Tutankhamon e dell’inaugurazione del Viale delle Sfingi a Luxor, nella notte una gigantesca ‘arca’ nero-dorata ha trasportato lentamente l’imbarcazione di 4600 anni per i 4 km che la separavano dal vecchio museo all’ombra della Grande Piramide, in cui si trovava dal 1982, alla nuova sede espositiva del Grand Egyptian Museum.

Questa volta, però, l’evento non ha avuto la copertura mediatica che si è vista per le mummie dei faraoni; d’altronde, si è trattato di un ‘mega trasloco’ durato quasi 48 ore, tra le delicate operazioni di preparazione e la marcia vera e propria, partita ieri alle 18.00 e conclusasi alle prime luci dell’alba di oggi. Per scongiurare danni all’imbarcazione, infatti, il gigantesco veicolo importato dal Belgio ha coperto il percorso in circa 10 ore, a una velocità massima di 600 metri orari.

Le dimensioni della barca (43 metri di lunghezza e 6 di larghezza) e il peso di 20 tonnellate, insieme alla scontata fragilità di un reperto in legno millenario, hanno richiesto una lunga fase preliminare, a partire dalla chiusura del vecchio museo nell’agosto 2020. Da quel momento, l’imbarcazione è stata restaurata, consolidata, sterilizzata e imballata. Attorno all’edificio poi – fra l’altro opera dell’architetto italiano Franco Minissi – sono state montate impalcature per permettere lo spostamento della barca nel veicolo manovrato da remoto. Dispositivi di monitoraggio hanno controllato temperatura, umidità e vibrazioni all’interno; inoltre, tutte le strade del percorso sono state adattate per evitare pericolose pendenze.

Questa barca fu scoperta nel 1954 dall’archeologo egiziano Kamal el-Mallakh in una fossa sul lato sud della Piramide di Cheope e doveva servire a trasportare nell’aldilà il corpo del faraone e forse anche fisicamente nel corteo funebre; i resti di una seconda imbarcazione, individuata con precisione solo nel 1987, sono stati da poco prelevati e sono in attesa di essere restaurati e riassemblati nel Grand Egyptian Museum.

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Scoperte ceste piene di frutti di 2400 anni nel fondale di Eracleion

ph. Christoph Gerigk/Franck Goddio/Hilti Foundation

Arrivano ulteriori news sull’ultima scoperta nella baia di Abu Qir (13 km a nord-ovest da Alessandria), di cui avevo parlato nell’articolo precedente. Franck Goddio ha infatti presentato alla stampa altri interessanti ritrovamenti effettuati dalla missione archeosubacquea a Eracleion/Thonis.

Se nel comunicato stampa ufficale del Ministero del Turismo e delle Antichità ci si era soffermati più sul relitto di una nave del II sec. a.C., questa volta trapelano maggiori informazioni sulla vicina area sepolcrale poco approfondita prima.

Il tumulo, lungo 60 metri e largo 8, era il luogo di sepoltura dei mercanti greci che vivevano in città all’inizio del IV sec. a.C. e che, di fatto, gestivano il commercio dall’accesso al ramo canopico del Delta del Nilo ancora prima dell’arrivo di Alessandro Magno. Secondo quanto detto da Goddio, l’area corrispondeva a una sorta di isola circondata da canali in cui è stata ritrovata una gran quantità di oggetti in bronzo, soprattutto specchi e statuette di divinità, testimonianza di offerte nei piccoli sacelli tra le tombe. Cospicua è anche la presenza di ceramica importata, come anfore, vasi in miniatura e ceramica attica a figure rosse

Sembra però che la necropoli sia stata usata per un periodo di tempo piuttosto compresso, senza che la zona abbia restituito testimonianze né precedenti né posteriori. Va ricordato che la città di Eracleion subì una serie di disastri naturali – terremoti, maremoti e un progressivo inabissamento – a partire dal II sec. a.C. fino al VIII sec. d.C., quindi è ancora da stabilire il motivo per cui il tumulo sia stato abbandonato per quasi 200 anni dopo una sorta di “sigillatura” tramite incendi.

Tra i reperti ritrovati spiccano l’amuleto in oro di Bes già mostrato nello scorso articolo, una panca in legno per banchetti perfettamente conservata e diverse ceste ancora piene di frutti di palma dum (foto in alto). La palma dum (Hyphaene thebaica) è una pianta diffusa nel Nord Africa che produce coriacei frutti dalla scorza legnosa. Questa caratteristica li rende molto resistenti, quindi non è raro trovarli in ottimo stato di conservazione in tombe egizie (foto in basso).

Cesta in fibra vegetale con due frutti di palma dum, XVIII din. (©British Museum)

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