Archivi del mese: novembre 2021

Saqqara, novità dalla tomba del generale di Ramesse II

Source: National Geographic “Lost Treasures of Egypt” 03×03

La nuova serie di documentari National Geographic “Lost treaures of Egypt” (trasmessa in queste settimane come “I grandi tesori d’Egitto” in Italia) non sta anticipando solo scoperte, ma anche aggiornamenti da scavi in corso già da anni.

Nella terza puntata, ad esempio, si parla della missione di Ola El-Aguizy (Università del Cairo) nella tomba di Iurkhy, scoperta a Saqqara nel 2018 (qui il mio articolo). Iurkhy era un importante generale, forse di origine siriana, vissuto sotto Seti I (1290-1279 a.C.) e Ramesse II (1279-1212). La sua sepoltura-santuario aveva subito colpito per i rilievi e per la grandezza della struttura – consistente in una corte esterna, un peristilio, la stanza della statua, ripostigli con volta stuccata e cappelle a ovest (foto in alto) -, ma ha riservato altre sorprese.

Proprio al centro della sala con pilastri è stato scavato un pozzo funerario profondo 8 metri che conduce a una prima stanza ipogea vuota da cui a sua volta si accede, attraverso un altro pozzo di 12 metri, alla camera sepolcrale vera e propria. Anche quest’ultima non presenta reperti a causa di antichi tombaroli; tuttavia, un passaggio murato nella sala superiore si è rivelato l’ingresso a un dedalo di gallerie e sale secondarie, ancora da indagare perché ingombre di detriti. Appare evidente che anche questi ambienti, forse riutilizzati per sepolture più tarde, siano stati violati da ladri, ma restano comunque ossa umane e oggetti del corredo, come frammenti ceramici, ushabti, una testa di vaso canopo in alabastro e blocchi di calcare con scene funerarie (foto in basso).

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Lo spettacolo “faraonico” dell’apertura del Viale delle Sfingi

Come ampiamente pubblicizzato, ieri alle 18.30 (ore italiane) si è tenuta la cerimonia di apertura del Viale delle Sfingi di Luxor. L’evento è stato coperto da giornalisti di tutto il mondo e trasmesso in diretta sul canale YouTube dell’ufficio del turismo in Egitto (il video è ancora disponibile in basso).

Ci si aspettava un grande spettacolo – qualcuno aveva parlato di qualcosa di addirittura più sfarzoso della Parata delle mummie reali – ed effettivamente si sono notati un impegno e una preparazione tecnica maggiore rispetto alle manifestazioni analoghe del passato. Tutto questo perché l’inaugurazione è stata soprattutto, ancora una volta, una grande vetrina promozionale per cercare di attrarre di nuovo visitatori in Egitto.

Non a caso, dopo l’arrivo del presidente Al-Sisi, accompagnato dal ministro del Turismo e delle Antichità Khaled el-Enany, è partito un lungo spot in cui sono state mostrate tutte le attrazioni, culturali e non, della città di Luxor. Fra l’altro, in uno spezzone del video è stata brevemente spoilerata la scoperta di una tomba nella necropoli di el-Asasif con il segretario generale del Consiglio Supremo delle Antichità, Mostafa Waziry.

Autorità locali e ambasciatori stranieri erano seduti nella corte di Amenofi III del Tempio di Luxor, dove è stato allestito un palco con maxischermo e, nella prima parte della serata, si sono tenuti spettacoli di musica e balli tradizionali e con canzoni in inglese e arabo. Altri interventi stile musical erano già registrati in templi della riva occidentale, come il Ramesseo e Deir el-Bahari, e su una grande chiatta galleggiante nel Nilo.

In realtà, la processione vera e propria è durata solo mezz’ora. Come nella Festa di Opet – celebrazione religiosa durante la quale le barche con le effigi dei tre dèi della triade tebana, Amon, Mut e Khonsu, erano trasportate da Karnak al Tempio di Luxor – il lungo corteo ha percorso i 2700 metri della “Kebash Road” tra le sfingi e fasci di luci. Partendo da “Bab el-Amara”, l’ingresso monumentale del Tempio di Khonsu, centinaia di ballerini e figuranti vestiti con abiti faraonici hanno accompagnato le imbarcazioni fino alla seconda corte del Tempio di Luxor.

La colonna sonora, composta da Nader Abbassi – che ha anche diretto l’Orchestra Filarmonica Unita e 160 percussionisti – e Ahmed el-Mougy, è stata interpretata in particolare da quattro solisti: Shahd Ezz per l’intro, Haidy Moussa nel “Canto di Hatshepsut”, il tenore Ezz el-Ostul – fra l’altro, padre della prima cantante – nel “Canto di Amon-Ra” e, infine, Wael el-Fashny in “Luxor baladna” (“Luxor è il nostro paese”). Se si esclude l’ultimo brano che è tratto dallo storico film egiziano “Gharam fi al-Karnak” (“Amore a Karnak”), tutti gli altri pezzi hanno il testo in antico-egiziano estrapolato da inni templari.

Per rivedere l’intera cerimonia:

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Inaugurazione del Viale delle Sfingi di Luxor: dove vedere la diretta

Source: Friends of Egypt support tourism to Egypt

I preparativi fervono ormai da mesi, ma finalmente domani alle 19:30 egiziane (18:30 da noi) si terrà l’inaugurazione ufficiale del Viale delle Sfingi di Luxor, il più vasto museo all’aperto del mondo. Inizialmente programmato per il 4, anniversario della scoperta della tomba di Tutankhamon, l’evento è stato poi spostato al 25 novembre, altra ricorrenza simbolica perché coincidente con l’apertura della KV62 nel 1922.

La cerimonia coronerà anni di scavo e sistemazione della “Kebash Road” attraverso uno spettacolo che è stato definito ancora più sfarzoso della parata delle mummie reali dello scorso aprile. I 2700 metri che collegano il complesso di Karnak al Tempio di Luxor saranno percorsi da centinaia di comparse in abiti faraonici e da riproduzioni delle barche sacre che, durante la Festa di Opet, trasportavano le statue degli dei della triade tebana, Amon, Mut e Khonsu. Parallelamente, le acque del Nilo saranno solcate da feluche e altre spettacolari imbarcazioni realizzate per l’occasione. Il tutto sarà poi accompagnato da giochi di luci e laser e dal sottofondo musicale di un’orchestra posta nella corte di Amenofi III del Tempio di Luxor.

La parata sarà trasmessa in diretta sui seguenti canali:

https://www.youtube.com/c/ExperienceEgypt

https://www.youtube.com/c/LuxorTimes

https://www.facebook.com/luxortimesmagazine

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Fayyum, scoperto sarcofago sigillato di epoca tolemaica con mummia e statuetta di Iside-Afrodite

Source: National Geographic “Lost Treasures of Egypt” 03×04

Recentemente ho dato un’occhiata alla terza stagione della serie di documentari National Geographic “Lost treasures of Egypt”, che verrà trasmessa in Italia dal 22 novembre con il nome “I grandi tesori d’Egitto”, ma che è stata già lanciata negli USA e in altri paesi. Le varie puntate presentano interessanti notizie in anteprima da diverse missioni archeologiche in Egitto, mostrando scoperte non ancora annunciate e di cui, solo in alcuni casi, sono uscite anticipazioni giornalistiche. Prenderò quindi spunto dagli 8 episodi per scrivere alcuni articoli, riservandomi la possibilità di integrarli con aggiornamenti quando e se ci saranno comunicazioni ufficiali da parte delle autorità egiziane o dei protagonisti degli scavi.

Inizio parlando della quarta puntata, “Rise of the Mummies”, in cui, tra le altre cose, sono stati illustrati i risultati del team egiziano che, sotto la direzione di Basem Gehad (sulla sinistra nella foto in basso), lavora a Philadelphia, a nord-est del Fayyum. La città fu fondata da Tolomeo II (286-246 a.C.) e venne abbandonata probabilmente alla fine del IV sec. d.C., coprendo quindi buona parte del periodo greco-romano dell’Egitto. Il focus della missione, attiva dal 2016, è l’indagine della necropoli, in un’area desertica scelta grazie alle foto satellitari. In particolare, durante l’ultima stagione sono emerse sei tombe rupestri di epoca tolemaica, tra le quali una ha riservato una grande sorpresa: un sarcofago ancora sigillato.

Source: National Geographic “Lost Treasures of Egypt” 03×04

La peculiarità della scoperta non sta tanto nell’integrità del sarcofago – cosa abbastanza comune in Egitto – ma nella commistione di tradizioni funerarie locali ed ellenistiche riscontrabili nella sepoltura. Infatti, all’interno di una piccola struttura in mattoni crudi con copertura a volta, è stata recuperata una cassa lignea dipinta con coperchio a doppio spiovente. La tipologia non propriamente egiziana del sarcofago si nota anche nelle decorazioni a festoni di foglie e fiori sulle pareti laterali che, secondo Gehad, si daterebbero al II sec. a.C. All’interno, però, la giovane defunta conserva ancora tracce di mummificazione, a testimonianza della fusione delle due credenze.

Accanto al corpo, era adagiata una magnifica statuetta in terracotta dipinta (foto in alto), perfettamente conservata se se si escludono i piedi fratturati. La figurina rappresenta Iside-Afrodite, forma ibrida delle due dee tipica del periodo greco-romano, raffigurata nuda con le braccia stese lungo il corpo, i tipici boccoli detti “libici”, diversi gioielli, un velo sulle spalle e un elaborato copricapo che comprende ghirlande floreali e un kalathos (un tipo di contenitore che si allarga verso l’alto). La nudità e l’evidenziazione della zona pubica indicano chiaramente come l’oggetto servisse ad augurare fertilità e rinascita.

Per approfondire: https://www.academia.edu/43928414/The_Necropolis_of_Philadelphia_Preliminary_results_Basem_Gehad_Ahmed_Hammad_Adel_Saad_Mohamed_Samah_and_Mohamed_Hussein_With_contributions_of_Sherif_Abd_El_Moniem_Yasser_Mahmoud_Sara_Saber_Nermien_Aba_Yazied_Mahmoud_and_Ahmed_Gabr

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“Egitto di Provincia”: il Museo Orientale del Santuario della Madonna dell’Oriente, Tagliacozzo (AQ)

Source: commons.wikimedia.org

Torno dopo anni a parlare di una delle tante piccole collezioni egizie disseminate nel nostro territorio; e lo faccio giocando in casa, spostandomi di nemmeno 15 km dalla città in cui sono nato.

Incastonato tra le montagne marsicane, nel cuore dell’Abruzzo, il santuario della Madonna dell’Oriente (Tagliacozzo, AQ) deve il suo nome a un’icona del XIII secolo, forse copia di un originale più antico, che secondo la tradizione sarebbe stata portata da Costantinopoli da due soldati locali, salvata dalla furia iconoclasta dell’imperatore Leone III (717-741). La pala raffigura Maria col Bambino in uno stile effettivamente bizantino, ma l’impianto attuale della chiesa è seicentesco, seppur sia stata ricostruito completamente dopo il catastrofico terremoto della Marsica del 1915.

Però, in questo caso vorrei concentrarmi sul piccolo museo che si trova nei locali annessi al convento: il Museo Orientale. Nato nel 1965 sotto la direzione di padre Tommaso Casale, il museo ospita diversi ex-voto, che vanno dal XVII al XX secolo, e reperti archeologici provenienti soprattutto da Egitto e Vicino Oriente. L’idea fondante della raccolta era proprio quella di esporre oggetti originari da paesi in cui sarebbe vissuta la Madonna. Il primo impulso arrivò grazie alle donazioni di un personaggio di cui avevo già scritto sul blog, occupandomi della collezione del convento di San Giuliano all’Aquila. Lo stesso padre Gabriele Giamberardini che aveva lasciato tante antichità nel seminario aquilano in cui aveva studiato, era infatti fortemente legato anche alla Madonna dell’Oriente, dove invece era solito effettuare ritiri spirituali; decise quindi di donare al santuario di Tagliacozzo tre dozzine di reperti acquistati durante il suo soggiorno in Egitto. Il suo esempio fu poi seguito nel1980 da padre Claudio Bottini, professore dello Studio Biblico Francescano di Gerusalemme, che inviò ceramiche dalla Palestina.

Il francescano Giamberadini visse in Egitto dal 1950 e il 1969, ricoprendo diversi incarichi, tra cui quelli di insegnante nel seminario S. Cirillo di Giza, prefetto degli studi della Missione in Alto Egitto, direttore del Centro di Studi Orientali Cristiani del Cairo, direttore del periodico “La Voce del Nilo”, ecc. In quel periodo, precedente alla Legge 117/1983 sulla protezione delle antichità egiziane, era ancora possibile esportare dal Paese reperti archeologici; per questo, oggi 36 pezzi della sua raccolta pesonale sono esposti in due delle vetrine del museo.

Come tante collezioni simili, il gruppo è composto da qualche falso e da oggetti di piccole dimensioni, più semplici da trasportare ed economici da acquistare, provenienti soprattutto da contesti funerari e cultuali di Epoca Tarda. Non mancano però reperti più antichi come un vasetto in alabastro di Antico Regno, una statuetta in legno di Medio Regno e diversi scarabei in steatite – il gruppo più numeroso – databili tra II Periodo Intermedio e Nuovo Regno. Alcuni di questi recano il cartiglio di faraoni della XVIII dinastia, come Hatshepsut, Thutmosi III e Thutmosi IV. Vanno poi aggiunti pezzi risalenti al periodo greco-romano e ovviamente, contestualmente alla vocazione e all’interesse di Giamberardini per la storia del cristianesimo, ostraka iscritti in copto e un’ampolla di San Mena.

Per chi si trovasse in zona e volesse visitare la collezione, il museo è aperto su prenotazione chiamando il numero del santuario: 0863610257. Colgo l’occasione per ringraziare l’attuale rettore del santuario, padre Vasile Retegan, per la disponibilità e la gentilezza.

Il nucleo di antichità egizie è pubblicato in : CIAMPINI E. M., DI PAOLO S. 1998, “La collezione egizia Giamberardini in un museo dell’Aquilano”, in Liber annuus 48 (1998), pp. 495-512.

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Eliopoli, scoperti blocchi in basalto del tempio di Nectanebo I

Source: Ministry of Tourism and Antiquities

Come ogni anno, sono qui a riportare le ultime scoperte effettuate dalla missione egiziano-tedesca a Matariya – sobborgo del Cairo in cui sorgeva l’antica Eliopoli – che è sempre fonte di interessanti risultati. Durante l’ultima missione, il team diretto da Aiman Ashmawy (Supremo Consiglio delle Antichità) e Dietrich Raue (Università di Lipsia) – di cui ho avuto il piacere di far parte nel 2019 – si è concentrato sull’Area 221 (foto in alto), dove era stato già individuato un tempio di Nectanebo I (380-362 a.C.). In particolare sono stati ritrovati nuovi blocchi di basalto appartenenenti alle facciate occidentale e settentrionale, oltre a un’estensione sul lato nord, probabilmente atta a raccordare l’edificio all’asse del Grande tempio del Sole. Su alcuni di questi blocchi sono scolpiti rilievi con le personificazioni delle provincie del Basso Egitto (foto in basso; in particolare, sulla destra è riportato proprio il 13° nomo, di cui Eliopoli era la capitale). Le iscrizioni, invece, forniscono una precisa datazione della costruzione, o comunque di quella determinata decorazione, cioè il 13° e il 14° anno di regno di Nectanebo I (368-367 a.C.). Altri invece sono completamente lisci, forse perché l’intervento si concluse dopo la morte del faraone.

Source: Ministry of Tourism and Antiquities

Altri elementi architettonici e frammenti di statue presentano i nomi di Ramesse II (1279-1213) – al cui regno risale anche uno splendido intarsio in diaspro (foto in basso) -, Merenptah (1213-1201), Seti II (1204-1198) e Apries (589-570), a testimonianza della presenza di un tempio più antico e di una continuità dell’attività edilizia reale nel corso dei secoli.

Source: Ministry of Tourism and Antiquities

Un secondo fronte di scavo è stato aperto a ovest del tempio, dove sono state ritrovate tracce di frequentazione relative a diverse epoche, come edifici di Medio Regno, una tavola d’offerta per Thutmosi III (479-1425; immagine in bassi a sinistra), frammenti di statua di Ramesse II (in alto a destra), porzioni di un obelisco in quarzite di Osorkon I (925-890), un santuario dedicato a Shu e Tefnut dell’era di Psammetico II (595-589), botteghe di scultura di scultura e di produzione di ushabti (due stampi per la faience sono visibili in basso al centro) e altri oggetti risalenti al periodo tolemaico e romano (foto in basso a destra).

Source: Ministry of Tourism and Antiquities

Il sito della missione: http://www.heliopolisproject.org/

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