Archivi del mese: dicembre 2021

Un anno (l’8°) di Djed Medu: le notizie egittologiche più importanti del 2021

Ancora una volta sono qui a celebrare l’anniversario di apertura del mio blog che si avvicina sempre di più all’incredibile traguardo dei 10 anni! In tutto questo tempo gli articoli pubblicati sono stati tanti, addirittura più di 1000 (cifra raggiunta due mesi fa), a testimonianza che l’Egitto resta una fonte inesauribile di notizie per studiosi e appassionati. Tuttavia, come l’anno precedente, il 2021 è stato caratterizzato da meno news provenienti da missioni archeologiche, soprattutto straniere, ancora a causa della situazione sanitaria globale. Nonostante ciò, abbiamo assistito a scoperte importanti che spesso hanno avuto grande spazio sul web e sui media tradizionali.

In realtà, il 2021 è stato, più che altro, l’anno delle inaugurazioni ufficiali e delle grandi parate. Se l’apertura del Grand Egyptian Museum è stata ancora una volta rimandata, abbiamo assistito a sfarzosi eventi trasmessi in diretta, come il trasferimento della barca solare di Cheope (articolo più letto dell’anno), la sfilata delle mummie reali al Cairo e quella del Viale delle Sfingi di Luxor.

Ma ecco, come di consueto, la lista delle più importanti notizie egittologiche, mese per mese:

GENNAIO
L’anno si è aperto ancora una volta da Saqqara, ormai sito principale dell’arcehologia egiziana, dove Zahi Hawass ha individuato 22 pozzi funerari con decine di sarcofagi di epoca ramesside e il tempio funerario di una nuova regina di VI dinastia, Neith, sposa e al tempo stesso figlia di Teti.
FEBBRAIO
Più che una scoperta, una riscoperta quella della missione egiziano-americana ad Abido Nord di un birrificio di ben 5000 anni. Già nota all’inizio del Novecento e poi rinsabbiata, la struttura è stata scavata estensivamente solo di recente, portando alla stima di una capacità di produzione di 22.400 litri di birra alla volta.
MARZO
A Kom el-Akhmar/Sharuna, sito nel Medio Egitto, archeologi tedeschi, spagnoli ed egiziani hanno individuato blocchi iscritti, testimonianza dell’esistenza di un tempio risalente al regno di Tolomeo I di cui restano solo le fondamenta.
APRILE
Mese veramente pregno di eventi grazie alla “Pharaohs’ Golden Parade”, il trasferimento in diretta mondiale di 22 mummie reali dal Museo Egizio del Cairo al Museo Nazionale della Civiltà Egiziana, e al ritrovamento (se non il più importante, sicuramente il più pubblicizzato) a Tebe Ovest di Tjehen-Aten, centro amministrativo dell’epoca di Amenofi III ribattezzato la “città d’oro”.
MAGGIO
A Sohag, in pieno deserto, sono state censite 250 tombe scavate nella roccia risalenti all’Antico Regno, ma riutilizzate nei secoli successivi fino all’Epoca Tarda e al Periodo tolemaico.
GIUGNO
Ritrovamento “egizio” italiano. Le virgolette dipendono dai dubbi sull’origine di un balsamario in faience, della tipologia detta “Nilo”, ,che era all’interno di una tomba etrusca del VII sec. a.C. nella Necropoli dell’Osteria, a Vulci. L’oggetto ha sicuramente fattezze egittizzanti, ma potrebbe essere stato realizzato a Rodi.
LUGLIO
Ancora novità dalle acque di Alessandria. Nella baia di Abu Qir, dove un tempo sorgeva l’antica città di Heracleion, il team diretto da Frank Goddio ha individuato il relitto di una rara nave militare di epoca tolemaica e un cimitero del IV secolo a.C.
AGOSTO
Un vero e proprio mega-trasloco quello della barca solare di Cheope, pesante 20 tonnellate, dal suo museo a Giza al Grand Egyptian Museum. Un gigantesco veicolo ha impiegato 10 ore per coprire il percorso di circa 4 km e trasportare la fragile imbarcazione verso la sua nuova sede espositiva.
SETTEMBRE
Scoperta veramente rara a Tell el-Farain (Buto), nel Delta: riposti sotto blocchi di pietra c’erano diversi strumenti di culto effettivamente usati durante i riti religiosi in onore di Hathor durante la XXVI dinastia, come vasi, statuette e incensieri.
OTTOBRE
Ancora una riscoperta quella che a Saqqara ha visto lo scavo, dopo oltre 150 anni, della tomba di Ptahemuia, tesoriere di Ramesse II, già documentata da Auguste Mariette intorno al 1858-59.
NOVEMBRE
Terzo grande evento mediatico dell’anno: dopo quasi vent’anni di lavoro di scavo e sistemazione della strada che collegava Karnak e Tempio di Luxor, il Viale delle Sfingi di Luxor è stata finalmente inaugurato in diretta mondiale.
DICEMBRE
La missione egiziano-tedesca a Sheikh Hamad, nella provincia di Sohag, ha scoperto oltre 13.000 ostraka iscritti (ma da fonti interne, la cifra è salita a 15.000) in geroglifico, ieratico, demotico, copto, greco e arabo. Per il resto, tante notizie anticipate in esclusiva sulla nuova serie di National Geographic “Lost treasures of Egypt”.
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Sbendata virtualmente la mummia del faraone Amenofi I

Source: newscientist.com

Lo scorso aprile aveva compiuto il suo (forse) ultimo viaggio, dal Museo Egizio del Cairo al Museo Nazionale della Civiltà Egiziana di Fustat, partecipando trionfalmente alla Pharaoh’s Golden Parade. Ma ancor prima di lasciare la sua sede espositiva originaria, la mummia di Amenofi I era stata sottoposta a una TAC rivelando diverse informazioni sullo stato di salute del faraone e soprattutto sulle tecniche di utilizzate per mummificare il suo cadavere.

I risultati degli esami, eseguiti nel 2019 in un laboratorio mobile nel giardino del Museo, sono stati pubblicati proprio oggi sulla rivista “Frontiers in Medicine” in un articolo della professoressa di radiologia della Cairo University, Sahar Saleem, e di Zahi Hawass.

Amenofi I (1525-1504 a.C.) è stato il secondo faraone della XVIII dinastia, in seguito divinizzato insieme alla madre Ahmose-Nefertari. La sua mummia fu scoperta nel 1881 nella famosa cachette di Deir el-Bahari, dove era stata nascosta dai sacerdoti di Amon durante la XXI dinastia. Le tombe dei faraoni avevano infatti subito furti e danneggiamenti alla fine del Nuovo Regno e così il clero cercò di salvare almeno i corpi dei sovrani dalle mani degli antichi tombaroli (e, contestualmente, di approfittare di quanto rimasto del corredo).

Il corpo di Amenofi I reca le tracce sia dell’azione dei ladri che della seconda imbalsamazione, effettuata 300 anni dopo la prima per riparare i loro danni. Tuttavia, trattandosi di uno dei pochissimi casi in cui la mummia non è stata sbendata dopo il ritrovamento, per vederle è stato necessario sottoporla a esami autoptici non distruttivi come i raggi X e, ora, la TAC. Quest’ultimo esame ha corretto i dati acquisiti dalle vecchie radiografie (1932 e 1967), posizionando l’età di morte di Amenofi I intorno ai 35 anni sulla base della chiusura delle epifisi delle ossa lunghe e della morfologia della sinfisi pubica. Il re era alto circa 168,5 cm e, a parte una frattura rimarginata al bacino, non mostra evidenti segni di malattie o traumi; quindi al momento è impossibile stabilirne la causa di morte.

Sotto la maschera funeraria in legno e cartonnage, le ghirlande di fiori e un primo sudario di lino, è emersa una commistione tra vecchio e nuovo bendaggio. A quello originale di XVIII dinastia dovrebbe appartenere la fasciatura individuale degli arti; in particolare, le braccia dovevano essere incrociate sul petto, come indicato dalla posizione trasversale dell’avambraccio destro, seppur la mano sia dislocata. Il braccio sinistro, invece, risulta staccato e quindi avvolto lungo fianco e fissato con un perno durante il III Periodo Intermedio. Anche la testa è stata riattaccata al corpo con una benda imbevuta di resina. Infine, una grande cavità, scavata nell’addome per arrivare a preziosi oggetti protettivi, è stata colmata con del lino e riempita anche con le due dita mancanti della mano sinistra e due amuleti. Tornando alla prima mummificazione, sono state evidenziate un’eviscerazione effettuata attraverso un taglio verticale sul fianco sinistro, la presenza del cuore con un amuleto, l’uso di tessuto sciolto e impacchi per occupare i vuoti creatisi e la mancata asportazione del cervello. Il pene, bendato a parte, era circonciso.

Se, come detto, gli stessi sacerdoti non si facevano troppi problemi nell’appropriarsi dei preziosi dei faraoni, in questo caso si nota almeno un certo rispetto. Tra le bende sono infatti stati individuati 30 tra amuleti e gioielli, alcuni dei quali probabilmente in oro. Oltre a udjat, scarabei, cuori ib, doppie ali, scettri di papiro uadj in faience, terracotta, pietra e conchiglia, la TAC ha rivelato la presenza di una cintura con 34 perline d’oro tenute da fili metallici sulla parte posteriore della vita. In sostanza, qualcosa per l’aldilà è stato lasciato.

Ph. Sahar Saleem, Zahi Hawass

L’articolo originale: https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fmed.2021.778498/full

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Nel 2021 recupertati dall’Egitto oltre 5300 reperti archeologici trafugati

Source: reuters.com

Fine anno, periodo di bilanci.

Shaaban Abdel-Gawad, coordinatore generale del Dipartimento Rimpatrio delle Antichità, ha riferito in un’intervista al canale satellitare Al-Hayat che dal 2011, dopo lo scoppio della primavera araba, sono stati recuperati circa 30.000 reperti illegalmente esportati dall’Egitto. In particolare, nel 2021 sono state oltre 5300 le antichità restituite da paesi stranieri. Gran parte dei pezzi, 5000 tra papiri, ostraka, maschere funerarie e altri frammenti di sarcofago, provengono dal Museo della Bibbia di Washington. Poi se ne contano 114 dalla Francia, 95 da Israele, 3 da Londra, 2 dall’Italia, 2 dal Belgio, 1 dal Canada e, più recentemente, 36, tra cui la testa di una statua di Sekhemet, dalla Spagna (foto in alto). A questi si aggiungono altri oggetti trafugati e finiti in Olanda, Germania, Cipro, Giordania e Libano. Ben 813 reperti, invece, sono stati sequestrati nel solo mese di novembre nei porti e aeroporti egiziani prima che lasciassero il paese.

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el-Asasif, scoperte due tombe con i resti di oltre 100 corpi

Source: National Geographic “Lost Treasures of Egypt” 03×03

In attesa che sia annunciata ufficialmente la scoperta di una tomba a el-Asasif, a Luxor, anticipata durante la cerimonia d’inaugurazione del Viale delle Sfingi, tre episodi della serie National Geographic Lost Treasures of Egypt ne hanno spoilerate altre due nella stessa necropoli.

A giudicare dalle immagini, entrambe le sepolture sembrano trovarsi sotto la Metropolitan Museum House, oggi base della missione archeologica polacca, piuttosto vicine all’area di parcheggio del Tempio di Deir el-Bahari. Nello specifico, durante la 3a puntata sono stati mostrati i risultati della missione diretta da Fathi Yaseen, direttore generale delle antichità di Tebe Ovest, che seguono il ritrovamento, durante la precedente stagione, di un sarcofago in cartonnage. Da quel punto il team egiziano ha individuato un corridoio fiancheggiato da un muro in mattoni crudi lungo 20 metri che conduce all’ingresso scavato nella roccia. Una stanza non decorata di 7 x 4 metri, ancora piena di detriti, ha rivelato per il momento pochi reperti, tra cui vasi di ceramica e ceste in fibra vegetali (immagine in alto) che, secondo Yaseen, sarebbero da ricondurre a donazioni di cibo effettuate in epoca ramesside.

Source: National Geographic “Lost Treasures of Egypt” 03×01

Più monumentale è la tomba individuata poco lontano da un’altra missione egiziana, questa volta diretta da Ezz el-Noby. La sepoltura risale probabilmente alla XXV-XXVI dinastia (VIII-VI sec. a.C.) e, a giudicare dalla presenza di lucerne, è stata utilizzata almeno fino al periodo romano.

La scoperta viene annunciata nella prima puntata della serie, già trasmessa anche in Italia, in cui un po’ forzosamente è collegata con Tutankhamon, tema dell’episodio. La struttura è composta da una corte aperta quadrata, dall’ingresso ricavato da una grande nicchia con volta a botte scavata nella roccia (immagini in basso) e da un’anticamera con falsa porta da cui si accede ad altre stanze.

Nel documentario si vede come tutto l’ipogeo fosse pieno di resti ossei sparsi appartenenti a oltre un centinaio di morti (immagine in alto). Questo indica sia, come detto, il riutilizzo della tomba sia la visita di ladri che già in antichità hanno pesantemente disturbato il contesto. Al momento, in mancanza d’iscrizioni, non è stato possibile risalire al nome del proprietario originario a cui, secondo el-Noby, potrebbe appartenere l’unica mummia mostrata, trovata in cattivo stato di conservazione in un angolo dell’anticamera.

Nella sesta puntata si continua a parlare della stessa tomba, ma di nuovo per bocca di Fathi Yaseen. L’indagine si estende agli ambienti accessori e alla camera funeraria scavata in un livello più basso e raggiungibile attraverso un pozzo. Anche in questo caso i tombaroli hanno chiaramente lasciato il segno svuotando la stanza e, probabilmente, portando una mummia in ottimo stato di conservazione nell’anticamera (immagine in basso). È possibile, infatti, che il corpo – forse del proprietario della tomba – sia stato spostato nei pressi dell’ingresso per essere depredato di tutti gli amuleti. Non a caso, in corrispondenza del cuore, il punto più promettente per chi era in cerca di preziosi, c’è un foro.

Source: National Geographic “Lost Treasures of Egypt” 03×06
Source: National Geographic “Lost Treasures of Egypt” 03×06
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Scoperti 13.000* ostraka iscritti ad Athribis

Source: Ministry of Tourism and Antiquities

La missione egiziano-tedesca a Sheikh Hamad, nella provincia di Sohag, ha scoperto un’enorme mole di ostraka iscritti. Gli oltre 13.000 frammenti di ceramica erano semplici supporti su cui scrivere testi amministrativi, transizioni economiche, come acquisti di pane o grano, e liste di nomi di persone e familiari in geroglifico, ieratico, demotico, greco, copto e arabo. I documenti coprono quindi tutte le fasi dell’antica città di Athribis, cioè quelle tolemaica, romana, copta e islamica (dal II sec. a.C. al IX d.C.). Secondo Christian Leitz, direttore della parte tedesca della missione, alcuni degli ostraka recherebbero esercizi di una scuola per l’insegnamento di geroglifico, ieratico, demotico e greco.

*Aggiornamento (1/02/2022):

Da quanto riportato dall’Università di Tübingen, il numero degli ostraka sarebbe salito a oltre 18.000! I documenti comprendono liste di cibi e di oggetti di uso quotidiano, ed esercizi scolastici, alcuni dei quali scritti da alunni in punizione (mi viene da pensare alle volte in cui ho dovuto riempire pagine di quadernone con la stessa parola che avevo sbagliato a scrivere in precedenza!). L’approfondimento pubblicato su phys.org fornisce anche la composizione degli ostraka, che per l’80% sono in demotico, la scrittura amministrativa comunemente usata durante il periodo greco-romano. Il secondo gruppo più numeroso è quello dei frammenti iscritti in greco, ma sono stati ritrovati esemplari anche in ieratico, geroglifico e, più rari, copto e arabo. Leitz ha affermato che ci sono anche pezzi con disegni: “Questi frammenti mostrano varie rappresentazioni figurative, inclusi animali come scorpioni e rondini, umani, divinità del vicino tempio, persino figure geometriche”.

Per video con esempi: https://phys.org/news/2022-01-pot-sherds-document-life-ancient.amp

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Una tecnica inaspettata per una mummia di Antico Regno?

Source: National Geographic “Lost Treasures of Egypt” 03×04

Era stata una delle più importanti scoperte archeologiche del 2019 in Egitto, ma, a quanto pare, la tomba di Khuy continua a riservare sorprese. La mastaba, situata a Saqqara Sud, aveva stupito per lo straordinario stato di conservazione delle pitture dell’anticamera, la cui ricchezza ben si confà allo status di un alto funzionario vissuto alla fine della V dinastia, tra i regni di Djedkara e Unas (2400 a.C. circa).

Nella camera funeraria erano stati ritrovati quattro vasi canopi in calcare (foto in basso) e pochi resti del sarcofago sopra frammenti di una mummia. Ma le prime analisi sul corpo del defunto, affidate a Salima Ikram (American University in Cairo), hanno rivelato una tecnica d’imbalsamazione finora mai vista per un periodo così antico. Ancora una volta è stato un episodio Lost Treasures of Egypt, il quarto per la precisione, a diffondere la notizia.

La pratica di mummificare i morti era già conosciuta nell’Antico Regno (ci sono tracce d’imbalsamazione intenzionale che risalgono addirittura al predinastico), ma si limitava più che altro all’essiccazione dei corpi e raramente all’asportazione degli organi interni. Il caso della tomba di Khuy, invece, presenta un bendaggio di lino di altissima qualità e costose resine importate da terre straniere. Queste peculiarità hanno portato la Ikram ad accostare in un primo momento la mummia a quelle della XXI dinastia, ben 1400 anni dopo, e quindi a un possibile riutilizzo della tomba che effettivamente è attestato all’esterno della struttura. Tuttavia, l’interno non pare mostrare un’appropriazione tarda della sepoltura e la datazione delle ceramiche e del resto degli oggetti del corredo porta senza dubbio alla V dinastia. Quindi, se il corpo fosse veramente quello di Khuy, si sarebbe di fronte a raffinate tecniche di mummificazione mai attestate per casi risalenti all’Antico Regno.

Per avere le prime conferme, sono state effettuate scansioni ai raggi X sui pochi resti rimasti della mummia – di cui manca la testa -, portando all’identificazione di un uomo, piuttosto alto e grasso, senza evidenti segni di lavoro usurante sulle ossa. Questo primo identikit ben si adatterebbe a un alto ufficiale come Khuy, ma, al netto dei titoli sensazionalistici visti in queste settimane, occorrono ancora molti esami per arrivare a dati definitivi. A partire dalle analisi delle resine, per verificare che quelle trovate nei canopi, sicuramente di V dinastia, coincidano come sembra con quelle cosparse sul corpo; infine, si attendono i risultati della datazione al C14, previsti non prima del maggio del 2022.

https://www.aucegypt.edu/news/aucs-salima-ikram-involved-major-mummy-finding-may-alter-history

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Deir el-Bahari, scoperto deposito di offerte ad Hathor sotto il tempio di Hatshepsut

ph. Polish Centre of Mediterranean Archaeology/M. Jawornicki

Torniamo a parlare dei “leak” della serie Lost Treasures of Egypt di National Geographic, anche se, in questo caso, la notizia sia stata già ampiamente diffusa su siti e blog online. Nel 5° episodio, dedicato alle regine egizie, tra le altre cose si parla anche di una scoperta effettuata sotto il tempio funerario di Hatshepsut, a Tebe Ovest, in un luogo apparentemente già indagato.

La missione polacca del Centro di Archeologia del Mediterraneo dell’Università di Varsavia, diretta da Patryk Chudzik, stava lavorando al restauro della Cappella di Hathor a Deir el-Bahari, nella porzione più meridionale del tempio, e, temendo per la stabilità di una tomba sottostante, aveva deciso di consolidarne il soffitto. La struttura ipogea, composta da un corridoio di 15 metri e da una camera funeraria con un foro per il sarcofago scavato nel pavimento, era già nota dalla fine del XIX secolo, quando era stata brevemente segnalata da Édouard Naville. Tuttavia, l’interno – a quanto pare, poco promettente – non era mai stato scavato sistematicamente fino alla primavera di quest’anno.

Gli archeologi polacchi si sono infatti accorti che tutta la superficie era ancora coperta da uno strato di detriti alto circa mezzo metro (foto in alto a destra) e pieno di di reperti. I pochi oggetti rimasti del corredo originale, tra cui spicca una statuetta in legno (in basso a destra), hanno permesso di datare la struttura all’inizio del Medio Regno, quindi 500 anni prima della costruzione del santuario di Hatshepsut. Purtroppo, l’assenza di iscrizioni e del sarcofago – probabilmente trafugato in antichità – non permettono di capire a chi appartenesse la tomba; tuttavia, secondo Chudzik, il defunto doveva essere un familiare stretto del faraone Mentuhotep II (2055-2004 a.C.), il cui tempio funerario era immediatamente a sud.

La stragrande maggioranza dei circa 500 oggetti risale però alla XVIII dinastia, facendo pensare a un riutilizzo – oltre che per sepolture ancora più tarde (come si vede da frammenti di sarcofagi di III Periodo Intermedio, come quello in alto a sinistra) – legato alla vita del Djeser-Djeseru di Hatshepsut.

Insieme a comuni vasi in ceramica, alcuni contenitori hanno forme femminili stilizzate in cui si evidenziano i seni (foto in basso); inoltre, sono stati ritrovati amuleti e parti di sculture in pietra di Hathor, figurine in faience di donne nude e statuette in argilla raffiguranti bovini (foto in alto). Tale materiale rimanda con evidenza a una funzione propiziatoria legata alla fertilità e alla dea venerata proprio sopra la tomba che, secondo il direttore della missione, sarebbe quindi servita come deposito delle offerte fatte dai fedeli al santuario.

Source: National Geographic “Lost Treasures of Egypt” 03×05

https://pcma.uw.edu.pl/en/2021/11/25/deir-el-bahari-extraordinary-discovery-under-the-chapel-of-hathor/

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Ossirinco, scoperte due tombe di Epoca Tarda con mummie dalla lingua d’oro

La missione dell’Università di Barcellona, diretta da Maite Mascort i Roca ed Esther Pons Mellado (curatrice della sezione egizia del Museo Arqueológico Nacional di Madrid), ha scoperto due tombe di XXVI dinastia a El-Behnasa, nella provincia di el-Minya, luogo in cui sorgeva l’antica Ossirinco.

Seppur la città sia più nota per la sua fase tolemaica e romana, in particolare per l’enorme quantità di papiri ritrovati, Per-Medjed era già capitale del XIX nomo dell’Alto Egitto nel Periodo Tardo e forse anche dalla fine del Nuovo Regno. Proprio all’età saitica (VII-VI sec. a.C.) risale un’estesa area sepolcrale, utilizzata fino all’epoca bizantina, dove la missione spagnola lavora dal 1982.

In questa che è chiamata “Necropoli superiore”, il team spagnolo ha individuato, come detto, due tombe che seguono la classica tipologia architettonica dell’area: camere con volta a botte in blocchi di pietra e grandi sarcofagi antropoidi in calcare. Da segnalare che le due mummie avevano una lingua d’oro posizionata nella bocca (foto in alto).

Nella prima tomba, accanto al sarcofago dal volto di donna, era stato deposto in antichità il corpo di un’altra persona. La seconda tomba, invece, era ancora sigillato e presentava un corredo composto da 402 ushabti in faience, vasi canopi e diversi scarabei e altri amuleti.

http://www.ub.edu/visitavirtual/visita-virtual-oxirrinc/index.php?idi=EN

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Gioiello egizio in oro scoperto in una tomba a Cipro

ph. Peter Fischer, Teresa Bürge

I rapporti tra Egitto e Cipro, fondati soprattutto sul commercio del rame cipriota, sono ben documentati sia dalle fonti scritte – in cui l’isola, come nelle “Lettere di Amarna, era chiamata Alashiya – sia dalla presenza di oggetti rispettivamente importati in entrambi i paesi. La missione svedese della Söderberg Expedition, diretta da Peter M. Fischer (Università di Gothenburg), a Hala Sultan Tekke ha da poco fornito un ulteriore traccia di questi contatti.

Il sito di Hala Sultan Tekke, città portuale fiorita tra 1650 e 1150 a.C. lungo la costa sud-orientale di Cipro, nei pressi dell’odierna Larnaca, con i suoi 25-50 ettari di estensione era probabilmente uno dei centri più grandi del Mediterraneo durante l’Età del Bronzo. Tale importanza era dovuta ai traffici che l’emporio intratteneva non solo con la Valle del Nilo ma anche con Creta, la Grecia continentale, il Levante, l’Anatolia e la Sardegna, a cui inviava rame e tessuti tinti di porpora.

A est del nucleo abitato si trova la ricca necropoli, dalle cui tombe e pozzi d’offerta sono emersi reperti che testimoniano l’opulenza delle classi elitarie della città e i contatti con paesi stranieri. In particolare, nel 2018 il team di Fischer ha scoperto due sepolture familiari a camere ipogee, risalenti a 3400 anni fa, che contenevano ben 155 corpi e oltre 500 oggetti del corredo funebre. Tuttavia, la fragilità delle ossa ha imposto una lenta fase d’indagine che si è conclusa solo recentemente, rivelando vasi micenei e nuragici, sigilli a cilindro dalla Mesopotamia, corniola dall’India, lapislazzuli dall’Afghanistan, ambra dal Baltico e altri oggetti di lusso in oro, argento, bronzo, avorio e gemme preziose.

Tra questi, molti provenivano dall’Egitto, come resti di pesci nilotici (offerte di cibo?), scarabei, amuleti in faience e soprattutto un ciondolo in oro e intarsi di pietre dure in forma di bocciolo di loto (foto in alto), che gli archeologi svedesi hanno datato intorno al 1350 a.C. La tomba in questione è stata scavata nel 2020.

https://www.gu.se/en/news/gold-jewellery-from-the-time-of-nefertiti-found-in-bronze-age-tombs-in-cyprus

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