egittomania

Houdini e l’antico Egitto

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Source: wildabouthoudini.com

Da sempre l’Egitto affascina tutti con la sua magica aurea pregna di esotismo e mistero. Una civiltà millenaria così peculiare, incastonata in un ambiente desertico che a lungo l’ha apparentemente isolata dal resto del mondo, non poteva che far nascere leggende e storie fiabesche tra chi non la conosceva e non la conosce tuttora. Per questo, non è così strano l’accostamento dell’antico Egitto con l’illusionista di origini ungheresi Ehrich Weisz, meglio noto come Harry Houdini.

119 - Polidoro_140_210_B1Tuttavia, a differenza di quello che si potrebbe pensare del più celebre tra i mistificatori della realtà, Houdini aveva una mentalità fortemente razionale e, grazie alla sua sconfinata conoscenza di trucchi e inganni di ogni tipo, spesso si scagliava contro medium, veggenti e chiunque altro millantasse poteri sovrannaturali. In poche parole, potremmo definirlo un debunker ante-litteram. E non è un caso che io abbia avuto l’ispirazione per scrivere questo articolo proprio leggendo un libro di una persona che si batte da una vita contro fake news e teorie “alternative”: Massimo Polidoro.

Polidoro è il segretario nazionale del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze) e il protagonista di una serie su YouTube chiamata “Strane Storie”, in cui getta luce su fatti inspiegabili solo all’apparenza (in una puntata parla anche delle bufale eGGizie nate attorno alle piramidi di Giza). Nel suo “Houdini. Mago dell’impossibile” , Massimo racconta la vita dell’escapologo senza cadere nella noiosa sequenza di fatti e date che spesso si trova nelle biografie. Infatti, nonostante dietro ci sia un lavoro decennale di ricerca e studio d’archivio, il libro scorre piacevolmente senza nemmeno che il contenuto sia romanzato. D’altronde, che bisogno c’è d’inventare quando si parla di Houdini?

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Houdini e Conan Doyle (Source: wildabouthoudini.com)

In particolare, mi ha colpito lo strano rapporto di “amore-odio” tra il mago e Sir Arthur Conan Doyle, presenza fissa nelle storie paranormali tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. Convinto spiritista, infatti, Doyle mise lo zampino nella diffusione di diverse bufale come, per restare nell’ambito egittologico, quella dell’Unlucky Mummy del British Museum e quella ancora più famosa della Maledizione di Tutankhamon. L’amicizia tra i due si ruppe proprio a causa di queste credenze, quando il padre di Sherlock Holmes accusò Houdini di mentire e di nascondere i suoi poteri sovrannaturali: simili esibizioni non potevano essere spiegate con semplici trucchi.

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Weird Tales, maggio 1924 (Source: wildabouthoudini.com)

La vita di Houdini incrociò anche quella di un altro celebre scrittore che finì per diventare il suo ghostwriter: Howard Phillips Lovecraft. Il maestro dell’horror, infatti, accettò di scrivere per l’illusionista un racconto, poi pubblicato nel 1924 sulla rivista Weird Tales, cercando di farlo passare come una storia vera. Lovecraft stesso parla di questo ingaggio in una lettera dove leggiamo che era stato pagato 100$ per prendere un episodio riferito da Houdini e “colorirlo delle più macacre sfumature, di alcuni degli orrori più arcani, infidi e innominabili”. Come si evince chiaramente dalla copertina del numero, il racconto è ambientato in Egitto; tale scelta fu tutt’altro che casuale in un periodo in cui impazzava la tutmania. Poco più di un anno prima, infatti, Howard Carter aveva scoperto la tomba di Tutankhamon, l’evento archeologico più importante del XX secolo, tanto da influenzare letteratura, cinema, architettura e abbigliamento dell’epoca.

Houdini, perfetto imprenditore di se stesso, non poteva farsi scappare la moda del momento e cominciò a pensare a un numero ispirato alla civiltà faraonica. Nel frattempo, probabilmente per creare un contesto di cui inserirlo, chiese a Jacob Henneberger, direttore di Weird Tales, di pubblicare una storia sull’argomento. In “Sotto le Piramidi” (titolo poi cambiato in “Prigioniero dei Faraoni”), il mago – o, meglio, Lovecraft – racconta di un suo precedente viaggio verso l’Australia con tappa intermedia a Port Said. Da qui, approfittando della sosta, Houdini si sarebbe recato al Cairo e alle piramidi di Giza, divenute improvvisamente la sua potenziale tomba. Una guida locale, infatti, avrebbe visto con sospetto lo stregone straniero e, per saggiarne i poteri escapologici, insieme a un gruppo di beduini lo avrebbe preso, legato, bendato e calato con una corda in un profondo pozzo nel Tempio a valle di Chefren. Nell’oscurità delle rovine, lo scrittore americano inserisce le sue classiche creature da incubo, tuttavia declinate al tema egittologico grazie a diverse ricerche effettuate presso il Metropolitan Museum di New York. Appaiono quindi perversi sacerdoti di culti dimenticati, mummie formate da pezzi di cadaveri e mostri compositi dalla testa animale che s’ispirono alle divinità egizie. La stessa Sfinge altro non sarebbe che l’effige del tentacolare Dio dei Morti. Ovviamente, il protagonista della storia riesce a liberarsi e a scappare da quell’inferno in terra, lasciando però nel lettore il dubbio che potesse essere solo un sogno.

La locandina di uno degli spettacoli di Houdini (Source: wildabouthoudini.com)

Come detto, Houdini aveva in mente un numero da condire con un’atmosfera faraonica che, tuttavia, non era una novità. Si era già fatto seppellire vivo nella terra o fatto chiudere in una cassa sotto l’acqua, ma con il nuovo “Buried Alive” voleva spostare l’asticella più in là. L’occasione si presentò con l’arrivo nella Grande Mela nel 1926 di Rahman Bey. Il fachiro egiziano si esibiva infilandosi spilloni nella carne, distendendosi su un letto di chiodi e facendosi spaccare massi sul petto, ma il suo pezzo forte consisteva nel farsi chiudere in una bara e ricoprire dalla sabbia per un’ora.

Houdini volle subito battere questo record e ci riuscì il 5 agosto 1926, passando ben 91 minuti in una cassa calata nella piscina dell’hotel Shelton di New York. L’impresa ebbe un risalto mondiale e da questo successo il mago ripartì per la nuova stagione di spettacoli. Come dimostrano alcune locandine precedenti, è possibile che Harry abbia ripreso una vecchia idea adattandola alla sfida vinta con Rahman Bay. Nel poster in alto, infatti, si fa riferimento al fachiro egiziano battuto e probabilmente al pozzo del racconto di Lovecraft. Non è chiaro, però, se Houdini sia riuscito a portare sul palco il nuovo numero perché il 31 ottobre ci fu la sua tanto famosa quanto assurda fine: peritonite in seguito alla rottura dell’appendice provocata dal pugno di uno studente di boxe che voleva mettere alla prova i suoi celebri addominali. In sintesi, colui che era sfuggito ai demoni dell’Amduat era morto per un semplice cazzotto.

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Il “piccolo Anubi” di 34 milioni di anni fa

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Source: Plose One

Dopo mesi pieni di importanti scoperte archeologiche, è arrivato un periodo relativamente tranquillo che mi lascia lo spazio per una piccola divagazione paleontologica con sconfinamento nell’egittomania.

A una nuova specie di mammiferi carnivori estinti appena identificata è stato dato un nome ispirato alla religione egizia: Masrasector nananubis. Tale nomenclatura – che letteralmente è traducibile con “Affettatore egiziano (Masr è il nome arabo dell’Egitto), piccolo Anubi” – fa riferimento alle caratteristiche morfologiche dell’animale e al luogo di ritrovamento. Infatti, questo piccolo predatore (dalle dimensioni di una volpe) del gruppo degli ienodonti viveva nell’area del Fayyum 34 milioni di anni fa e si cibava soprattutto di roditori sezionandone la carne con i suoi denti affilati. Pare che, osservando su ossa fossili segni compatibili con queste zanne, ci abbiano rimesso anche i nostri scimmieschi ‘progenitori’. Anubi, invece, è stato tirato in ballo per una somiglianza con lo sciacallo, così come è già successo con il babbuino verde il cui nome scientifico è Papio anubis.

I primi resti del Masrasector sono stati scoperti una trentina di anni fa in una cava denominata Locality-41, ma l’individuazione della specie è recentissima grazie allo studio di Matthew R. Borths (Ohio State University):

http://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0173527

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Ramesse II arriva in Ecuador

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Source: noticiasquito.gob.ec

Come sistemare una delle tante rotonde della città? Semplice: con una colosso egizio di 6 metri! Almeno questa è stata la soluzione scelta dalla municipalità di Quito, capitale dell’Ecuador, in accordo con le autorità egiziane. D’altronde, un’idea simile era venuta già a re Luigi Filippo quando fece erigere uno degli obelischi di Luxor al centro di Place de la Concorde!

Scherzi a parte, lo scorso novembre, il governo egiziano aveva donato a quello ecuadoregno una replica (immagine a sinistra) in granito, poliestere e lana di vetro della statua di Ramesse II che fu ritrovata nel 1820 nel Tempio di Ptah a Mit-Rahina (Menfi). Attualmente, la scultura originale, alta 11 metri, si trova all’aperto, di fronte la stazione ferroviaria principale del Cairo, ma presto sarà trasferita nel Grand Egypian Museum. La copia è arrivata nel paese sudamericano il 19 gennaio, mentre i lavori di collocazione, ad opera dell’Empresa Pública Metropolitana de Movilidad y Obras Públicas, sono iniziati 4 giorni più tardi. La stessa EPMMOP è stata incaricata della sistemazione del redondel de El Condado, ora rinominato Plaza Egipto, con scenografie decisamente egittizzanti (nella foto in basso, si vedono già tre piramidi).

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Source: prensa.quito.gob.ec

 

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Smantellata la copia cinese della Sfinge

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Source: People’s Daily, China

Dopo solo due anni, la copia ‘made in China’ della Sfinge di Giza è stata smantellata. La replica, realizzata nel 2014 quasi a grandezza naturale per un parco divertimenti a Shijiazhuang (capitale della provincia di Hebei), aveva subito provocato le ire degli Egiziani che prima hanno intimato alla Cina di distruggerla e poi si sono rivolti addirittura all’UNESCO. Proprio per queste pressioni, ma con tutta calma, il colosso è stato demolito ieri con l’impiego di tre gru. Peccato che, nel frattempo, un’altra copia sia stata costruita nel sud del Paese, nel parco tematico Chuzhou Great Wall International Creative Park of Animation, Cartoon and Tourism.

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Una seconda piramide a Roma?

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Source: ilmessaggero.it

Con la conquista dell’Egitto da parte di Ottaviano (30 a.C.), a Roma si diffuse una vera e propria egittomania con l’importazione di culti, oggetti e temi decorativi dalla terra del Nilo. Nell’Urbe, proprio a partire dal I sec. a.C., cominciarono a vedersi anche diversi monumenti funerari a forma di piramide di cui, però, ci rimangono solo le attestazioni nelle fonti latine e in qualche rappresentazione artistica più tarda. Nel corso dei secoli, infatti, queste particolari costruzioni furono tutte distrutte e sfruttate per i materiali edili da reimpiego. Tutte tranne una: la Piramide di Caio Cestio. La tomba del magistrato membro del collegio sacerdotale degli epuloni, costruita tra il 18 e il 12 a.C., è stata risparmiata perché inglobata nel III secolo dalle Mura Aureliane e, quindi, diventata parte integrante delle fortificazioni della città.

Sembrerebbe, però, che sia sopravvissuta anche un’altra piramide situata nel V miglio dell’Appia Antica, tra S.Maria Nova e la Villa dei Quintili. Questa interpretazione non è nuova, ma recentemente una squadra di archeologi e architetti coordinati dalla dott.ssa Rita Paris (direttrice della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma) sta lavorando per verificarla, anche e soprattutto grazie al progetto di ricerca olandese del “Mapping the Via Appia”. Del mausoleo rimane solo il nucleo interno alto 20 metri  in opera cementizia, malta pozzolanica e scaglioni di pietra lavica, di un dado dal lato di 15 metri e di un alzato che sembra avere una forma piramidale. La certezza manca insieme al rivestimento marmoreo espoliato; ma alcuni blocchi obliqui, frammenti di statue colossali e lastre con sfingi ritrovate tutt’attorno farebbero pensare che sia proprio così. Il sepolcro risalirebbe al II secolo d.C. e potrebbe essere appartenuto a uno degli esponenti della famiglia dei Quintili nella cui proprietà sorge il monumento.

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I termini egittologici della missione spaziale “Rosetta”

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Source: esa.int

12 novembre 2014: una data storica per la ricerca scientifica e per l’umanità tutta. Per la prima volta, una missione spaziale è arrivata sul suolo di una cometa. Dopo un viaggio durato 10 anni, la sonda Rosetta ha raggiunto la 67P/Churyumov-Gerasimenko, lontana dalla Terra oltre 510 milioni di chilometri, e ha sganciato il lander Philae che, citando Tito Stagno, «ha toccato» alle 17:03 italiane. Per chi segue il mio blog, già questi primi termini dovrebbero essere familiari, non a caso; infatti, l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) scelse simbolicamente il nome “Rosetta” per l’intero progetto perché sperava che le ricerche effettuate sul corpo celeste ci svelassero l’origine del sistema solare, proprio come la famosa stele trilingue fu fondamentale per la decifrazione della lingua egizia. Più precisamente, come si legge sul sito dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), «il principale obiettivo scientifico della missione è la comprensione dell’origine delle comete e delle relazioni tra la loro composizione e la materia interstellare quali elementi fondamentali per potere risalire alle origini del Sistema Solare». Da quel momento in poi, si sono usate denominazioni egittizzanti per vari elementi appartenenti alla strumentazione e per tutto ciò che verrà scoperto sulla cometa. Ma, soprattutto negli ultimi giorni, nello spiegare questa particolarità, giornalisti e alcuni protagonisti stessi dell’impresa hanno compiuto degli errori o imprecisioni. Così presenterò qui di seguito l’origine di questi termini egittologici, forse già nota ai più, ma, così facendo, spero di chiarire le idee a tutti gli altri, aggiornando la lista ad ogni novità.

Rosetta_StoneRosetta: il fulcro di tutta la missione. Si riferisce alla “Stele di Rosetta”, una lastra in granodiorite (114,4 x 72,3 x 27,9 cm) su cui è inciso, in geroglifico, demotico e greco, un decreto tolemaico emesso nel 196 a.C. Il testo, frammentario soprattutto nella grafia geroglifica, presenta l’istituzione a Menfi del culto del nuovo faraone, Tolomeo V Epifane (204-181), per la sua decisione di abrogare alcune tasse. La pietra fu scoperta il 15 luglio 1799 nel Delta nord-occidentale a Rosetta, l’odierna Rashid, dai soldati napoleonici comandati dal generale Bouchard che stavano scavando le fondamenta di una fortificazione. Il blocco, infatti, era stato reimpiegato in un muro mamelucco e venne subito inviato ad Alessandria dal generale che ne intuì l’importanza. Ma, dopo la sconfitta di Abukir per mano dell’ammiraglio Nelson, la stele passò come bottino di guerra agli Inglesi e, dal 1802, è esposta al British Museum.

Geograph-1789450-by-Eugene-BirchallPhilae: il nome del lander che effettuerà foto e analisi sul suolo della cometa ed è stato scelto grazie a un concorso che l’ESA lanciò nel 2004 tra le scuole dei quattro paesi membri del consorzio che realizzò il modulo (Italia, Germania, Francia, Ungheria). A spuntarla fu l’allora 15enne Serena Vismara, che, fra l’altro, si sta laureando proprio in ingegneria aerospaziale, con la sua intuizione geniale. File, infatti, era l’isola (o meglio, le due isole) che fungeva da confine meridionale del regno d’Egitto, nei pressi della I Cataratta del Nilo ad Assuan. Quest’area, dal fondamentale valore strategico e commerciale, aveva una grande importanza anche religiosa, soprattutto per il culto di Iside. Qui, nel 1815, fu scoperto un obelisco, successivamente acquistato da William John Bankes che lo fece portare da Belzoni, nel 1820, nella sua tenuta di Kingston Lacy, in Inghilterra. Sul granito era inciso un testo bilingue, in greco e geroglifico, redatto intorno al 118/117 a.C. sotto Tolomeo VIII, che celebra un’agevolazione fiscale nei confronti dei sacerdoti di File. La presenza del cartiglio del faraone e di quello delle regine Cleopatra II e III  fu decisivo nella corsa alla decifrazione della lingua egiziana che, nonostante la scoperta della Stele di Rosetta, era in stallo. Così, ufficialmente il 14 settembre 1822, Jean-François Champollion riuscì a battere l’inglese Thomas Young e il danese Johan David Åkerblad che pur avevano avuto giuste intuizioni.

paisajes_a_vista_de_pajaro_tres_417215093_650xAgilkia: il punto di accometaggio del lander che, a causa di qualche problema tecnico, sembra sia leggermente variato. Il termine viene da Agilkia, un’altra isola nilotica che, negli anni ’70, venne scelta per trasferirvi i templi di File. La costruzione della Grande Diga di Assuan, infatti, avrebbe provocato l’innalzamento del livello del fiume e la creazione del Lago Nasser; così, l’UNESCO lanciò una campagna internazionale per il salvataggio dei monumenti minacciati. Tra questi, anche quelli che sorgevano su File, ora sommersa, che vennero letteralmente smontati e ricostruiti tra il 1977 e il 1980 nella vicina e più alta isola di Agilkia.

Boulder_CheopsCheops: il “Masso Cheope” è una grande conformazione rocciosa larga 45 metri individuata dalla sonda già lo scorso agosto. Il nome dipende dalla forma dell’ombra che proietta l’oggetto e che ricorda quella di una piramide. Così, gli scienziati hanno scelto di usare il nome del faraone Cheope (2605-2580) che fece costruire la più grande delle piramidi di Giza. Quindi, si tratta solo di pareidolia dovuta alle ombre, come nel caso del cosiddetto “Volto di Marte”.

 

Ptolemy: strumento del lander che misura la quantità di isotopi stabili presenti nei componenti volatili del nucleo della cometa. Deriva dal nome dei sovrani della dinastia tolemaica che regnò sull’Egitto dal 305 al 30 a.C. e sotto cui vennero redatti la Stele di Rosetta e il testo dell’Obelisco di File.

OSIRIS: l’Optical, Spectroscopic and Infrared Remote Imaging System è il principale strumento ottico della missione per la raccolta delle immagini. Si tratta, quindi, di un acronimo che ricorda il dio dell’oltretomba probabilmente per ricollegarsi al contesto egittologico.

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L’Egitto si appella all’UNESCO contro la replica cinese della Sfinge

Qualche giorno fa, era rimbalzata sui quotidiani mondiali la notizia di una copia esatta della Sfinge di Giza (vedi foto) fatta costruire a Luquan, Cina, come attrazione principale di un parco a tema in fase di realizzazione. La Sfinge cinese è quasi identica all’originale, sia nelle dimensioni (alta circa 20 m e lunga 60) che, se si escludono gli occhi un po’ troppo strabuzzati e il sorrisetto alla Gioconda, nell’aspetto. Ovviamente non è fatta in blocchi di calcare ma in cemento armato e ci sono voluti solo 2 mesi per completare i lavori.

Tale news sarebbe passata solo come particolarità giornalistica e fonte delle solite battute sui Cinesi che copiano tutto se le autorità egiziane non avessero intrapreso provvedimenti ufficiali contro la gemella orientale della Sfinge. Il ministro Ibrahim, scordandosi i veri problemi che affliggono i musei e i siti archeologici del suo Paese, ha addirittura annunciato che si appellerà all’UNESCO attraverso il delegato egiziano Mohamed Sameh Amr perché la replica infrangerebbe la Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale e ambientale del 1972, aggiungendo che il fatto è ancora più grave dal momento che il colosso di Giza è iscritto nella lista del Patrimonio Mondiale. Inoltre, è stata già allertata l’ambasciata cinese al Cairo.

Saranno denunciati anche Gardaland e il Luxor Hotel di Las Vegas?

 

Aggiornamento (26/05/2014): sembrerebbe che un anonimo funzionario del parco divertimenti cinese abbia riferito che la copia sarebbe solo momentanea come set cinematografico per girare scene di alcuni film e fiction. Scusandosi per il malinteso, afferma anche che i Cinesi sono molto rispettosi del patrimonio culturale mondiale e che la statua verrà demolita alla fine delle riprese. Sarà vero?

 

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Pesci d’Aprile “egizi”

EA551931600Questa è l’immagine che è spuntata fuori a chi, ieri 1 aprile, cercava il video della fantastica scoperta della tomba di Smenkhara da parte di Mohamed el-Samak (in arabo: pesce). Ovviamente era tutto uno scherzo e prometto che da oggi tutte le notizie torneranno ad essere vere e verificate!

Tra le varie teorie più o meno fantasiose sull’origine del “Pesce d’Aprile”, c’è anche quella che lo farebbe risalire al 40 a.C. circa, in occasione di una gara di pesca tra Cleopatra VII e Marco Antonio. Per impressionare la regina, il triumviro avrebbe ordinato a uno schiavo di immergersi nel Nilo e di mettere al suo amo un bel pesce; ma Cleopatra, accortasi dell’inganno, lo avrebbe fatto sostituire con uno finto. Non sono stato il solo ad aver giocato; in rete sono circolati vari scoop sull’antico Egitto molto meno verosimili del mio: tra ossa di velociraptor scoperte in una stanza segreta sotto la Piramide di Cheope, un orsetto di peluche mummificato nella tomba di Tutankhamon e antichi geroglifici egizi in Australia, posso dire di essermi contenuto.

 

P.S.

Dopo aver pubblicato questo articolo, ho visto che il Ministero delle Antichità ha diramato un comunicato ufficiale per negare la notizia sullo scheletro di dinosauro… No, non è uno scherzo…

 

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Fatti mummificare per soli 40.000 $!

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Source: summum.org

Hai uno spirito new age? Vuoi che il tuo corpo resista al passare dei secoli? E, soprattutto, hai un gruzzoletto di soldi da parte? La Summum Mummification Services è ciò che fa per te! Non sto scherzando; esiste veramente un’azienda che fornisce servizi per la mummificazione fisica e “spirituale” dei cadaveri e non poteva che trovarsi negli USA. La Summum fu fondata nel 1975 a Salt Lake City da Claude Nowell, eccentrico amante dell’Egitto esoterico, per garantire la conservazione dei corpi umani e animali anche per millenni (almeno secondo loro). 

A partire da 40.000 dollari (anche se il “pacchetto completo” non viene meno di 67.000 $) il defunto viene preparato per 90 giorni attraverso i seguenti passaggi:

  • lavaggio e purificazione;
  • incisione di un fianco e rimozione degli organi interni;
  • immersione del corpo e degli organi in una fonte battesimale riempita con una formula chimica segreta;
  • ricollocazione degli organi e chiusura della ferita;
  • seconda purificazione e unzione;
  • copertura con strati di lino (o, volendo, di seta) ricamati con i simboli della religione professata dal morto;
  • copertura con membrane polimeriche e vetro resina;
  • rito di “trasferimento” nella piramide aziendale;
  • posizionamento in una bara mummiforme in bronzo e acciaio inox riempita poi con ambra mescolata a granuli di quarzo;
  • chiusura ermetica del sarcofago.

Praticamente si fa la fine di quegli insetti sotto resina che si vendono nei negozi di souvenir. Gli extra sono numerosi, a partire dalla scelta del materiale della bara che può avere anche intarsi d’oro e diamanti (nella foto si possono vedere alcuni dei modelli per niente kitsch a disposizione). E’ possibile mummificare anche il proprio animale domestico con costi che vanno, a seconda della stazza, dai 4.000 ai 28.000 $.

 

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Un Saint Patrick’s Day…faraonico!

BiouHSoCEAAT565xDall’Isola di smeraldo alla Terra Nera: il giorno di San Patrizio, patrono dell’Irlanda, sarà celebrato anche in Egitto. Oggi, 17 marzo, tutti i più famosi monumenti del mondo saranno illuminati di verde grazie all’iniziativa del’Ente per il Turismo Irlandese e non potevano mancare la Sfinge e le Piramidi di Giza che, dal 13 marzo, ogni notte vengono contagiate dal Global Greening.

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E che questo gemellaggio sia festeggiato con la birra (Hnq.t)!

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