NonSoloEgitto

Il Nobel per la Medicina a un mancato egittologo che per primo studiò il DNA delle mummie

Source: New York Times

Questa mattina (3 ottobre 2022) a Stoccolma è stato conferito il Premio Nobel per la fiosologia o medicina a Svante Pääbo, biologo svedese considerato il padre della paleogenomica, “per le sue scoperte riguardanti i genomi degli ominidi estinti e l’evoluzione umana. Rivelando le differenze genetiche che distinguono tutti gli esseri umani viventi dagli ominidi estinti, le sue scoperte forniscono la base per esplorare ciò che ci rende unicamente umani”. Il nome di Pääbo si lega soprattutto al sequenziamento del DNA mitocondriale dell’uomo di Neanderthal e alla scoperta, grazie al genoma, dell’ancora sconosciuta specie dell’Homo di Denisova.

Tuttavia Pääbo sarebbe potuto essere un Egittologo se l’avessero fatto scavare di più. Dopo una vacanza in Egitto, infatti, era rimasto affascinato dalla civiltà nilotica e si era iscritto alla facoltà di Egittologia presso l’Università di Uppsala, in Svezia; poi però, deluso dagli studi filologici, decise di passare a Medicina, per poi perfezionarsi nello stesso ateneo con un dottorato incentrato sull’immunologia molecolare. Successivamente ottenne due postdoc a Zurigo e Berkeley e infine fondò nel 1999 il Max Planck Institute per l’Antropologia evolutiva a Lipsia, centro in cui tuttora dirige il dipartimento di Genetica evolutiva. 

Evidentemente, però, la passione per l’Egitto non si spense e il giovane ricercatore fu il primo a provare a studiare il DNA di mummie in un periodo in cui, gli anni ’80, la clonazione biologica molecolare compiva i primi passi. Grazie all’aiuto del suo vecchio professore di Egittologia, Rostislav Holthoer, e di nascosto dal suo effettivo relatore di tesi, riuscì a raccogliere campioni da 23 mummie, risalenti dal 2600 a.C. al IV sec. d.C., conservate presso il Viktoria Museum di Uppsala e a Berlino, lavorando la sera o nei weekend a un progetto che portò alle seguenti pubblicazioni:

In realtà, il lavoro di Pääbo è stato oggetto di pesanti critiche da parte di altri scienziati quando fu chiaro che i suoi campioni potevano essere contaminati dal DNA moderno. Tuttavia, la sua intuizione aprì la strada a una serie di studi che, soprattutto oggi, grazie alle attuali tecnologie, permettono di ricavare importanti informazioni sulla vita di singoli individui e sulla storia genetica generale del popolo egizio.

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#NonSoloEgitto: il Castello di Zumelle e la Valbelluna

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Castello di Zumelle 

Sempre più spesso mi capita di partecipare ad eventi turistico-culturali, invitato non tanto perché egittologo ma in qualità, più genericamente, di archeoblogger, cioè di persona che si occupa di divulgazione archeologica sul web. E meno male! Staccare ogni tanto dall’Egitto non può che farmi bene! Soprattutto poi se passo uno splendido weekend, diviso tra storia e natura, come mi è successo qualche giorno fa al Castello di Zumelle. Parlandone, colgo l’occasione per inaugurare #NonSoloEgitto, nuova rubrica che ogni tanto troverà spazio sul blog proprio per descrivere queste mie esperienze “extra-nilotiche”.

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Dolomiti Meridionali

Raggiungendo il Veneto e risalendo il corso del Piave, si arriva alla Valbelluna, ampia vallata compresa tra le Prealpi Bellunesi e le Dolomiti Meridionali (foto in alto). Per le favorevoli condizioni climatiche e geografiche, l’area è stata abitata fin dalla Preistoria e sono numerose le testimonianze archeologiche (di cui parlerò dopo) che attestano questa frequentazione ininterrotta. I numerosi fiumi e i passi montani hanno reso la valle un crocevia di genti e di merci importantissimo dal punto di vista economico e strategico (non a caso, queste terre sono state scenario di entrambe le guerre mondiali). Per questo, soprattutto durante il Medioevo, ogni altura era controllata da fortificazioni di cui oggi si conserva solo il Castello di Zumelle, principale attrazione turistica della zona.

Il Castello di Zumelle

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Il castello visto dal fossato

Il castello si trova nel comune di Mel (BL) e si raggiunge dopo la frazione di Tiago percorrendo una tortuosa – ma asfaltata – strada di montagna. Il tragitto è un piacevole sali-scendi tra i boschi che si apre improvvisamente alla vista in lontananza del forte (prima foto in alto), altrimenti nascosto dal profilo montuoso. L’alta torre grigia che si staglia sul panorama è il frutto di secoli di modifiche, distruzioni e riedificazioni che partono almeno dal X secolo, periodo a cui risale la prima menzione di Zumelle. La leggenda, invece, sposta la fondazione addirittura al 540 d.C. circa, quando il guerriero goto Genserico si sarebbe stabilito qui e avrebbe avuto due figli gemelli (da cui il toponimo). Ovviamente, questa ipotesi non ha alcuna base storica, nemmeno considerando la scoperta di un sarcofago in calcare che la tradizione popolare vuole appartenesse ai due fratelli; peccato che all’interno siano stati ritrovati tre teschi: uno di troppo.

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Superando il profondo fossato sul ponte seicentesco, si arriva al nucleo centrale del castello – unica parte conservatasi – che risale agli interventi dei Veneziani divenuti padroni del contado nel 1404. Gli interni sono stati completamente riallestiti per far rivivere al turista l’atmosfera altomedievale. La visita si snoda quindi attraverso diversi ambienti, ognuno pensato per rievocare un determinato aspetto della vita dell’epoca, anche grazie alla diffusione continua di musica provenzale: il cortile con il pozzo veneziano, la Chiesa di San Lorenzo costruita sulle macerie della più antica cappella di XI secolo, il Salone della Caccia, il Salone delle Arti e dei Mestieri (della serie, quando l’Egitto non si decide a lasciarti in pace: tra le tinte utilizzate dagli amanuensi dello scriptorium, c’era anche il blu egiziano, il primo colore sintetico della storia) e l’immancabile stanza delle torture. Il tour termina con la torre, trasformata a scopo didattico in abitazione con, disposte per ogni piano, bottega dello speziale, camera da letto, sala dei banchetti e cucina. Ma la vera meraviglia arriva salendo per oltre 30 metri tutti gli scalini in legno. Sulla sommità dell’edificio, infatti, si capisce il vero motivo dell’esistenza del castello: una visuale a 360° su tutta la valle, comprese le spettacolari Dolomiti che, alla mattina, sembrano galleggiare sulle nuvole.

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Sala dell’Amor Cortese

Non aspettatevi pezzi originali però: dipinti, abiti, armi, mobili sono ovviamente solo riproduzioni ispirate alle fonti iconografiche medievali; il castello, infatti, fino agli anni ’60, non era altro che un rudere abbandonato, uno spoglio scheletro restaurato a più tappe fino al 2014, quando la gestione della struttura è passata all’associazione Sestiere Castellare che ha una ventennale esperienza nelle rievocazioni storiche. Non è un caso che, oltre alla normale visita del parco tematico, a Zumelle si possa partecipare ad attività didattiche e ricreative per adulti e bambini o a eventi in costume (l’ultimo fine, ad esempio, è stato dedicato ad Harry Potter). Ad esser precisi, in realtà, veri reperti archeologici ci sono e provengono dai saggi della Soprintendenza effettuati nelle fondamenta dell’edificio, dove è stata trovata una necropoli con 19 tombe del XI-XII sec. Con il già citato sarcofago, questi oggetti sono esposti nel museo del castello insieme a un modellino del podere e a riproduzioni di ceramiche e di abiti medievali.

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Biancomangiare allo zafferano

Volendo, si può anche dormire in una delle tre stanze che si trovano al piano superiore: la Camera delle Stagioni, la Camera dei Pianeti e la Camera dell’Amor Cortese (foto in alto). Io ho passato due rilassanti notti proprio in quest’ultima, in completo silenzio e tranquillità (nonostante il nome evocativo…) che solo la montagna possono dare. Non sono stato disturbato nemmeno dal fantasma di Murcimiro che pare infesti il castello: o ho il sonno pesante io o lui ha dimenticato le catene da qualche parte.

Per riempirsi lo stomaco c’è la taverna esterna, che, arredata come un ritrovo per viandanti, propone sia un menù moderno che uno medievale riadattato ai gusti contemporanei. Io ho avuto l’ardita idea di provare un piatto per ogni portata prevista: biancomangiare allo zafferano (in foto: riso, latte di mandorle, pollo, lardo, spezie, zafferano; il mio preferito n.d.r.), gnudi alla lavanda (gnocchi alla ricotta, spinaci, uova, fecola, spezie, burro, limone, formaggio vaccino e caprino), carbonata alla birra (manzo infarinato e brasato in birra, cipolla, sale, pepe, alloro), cipolla al forno e degustazione di 4 bevande medievali (rosolio, chiaretto, ippocrasso e ambrosia). Dopo questa maratona, non ce l’ho fatta a prendere il dolce, quindi, qualora decidiate di assaggiare tutto, assicuratevi di avere molta fame!

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Taverna

 

Cosa fare nei dintorni

Oltre alle più famose Belluno e Feltre (avrei dovuto passare una serata in quest’ultima se non fosse stato per un improvviso temporale estivo), anche il piccolo centro storico di Mel vale la pena di essere visitato. In particolare, l’assetto urbanistico di Piazza Papa Luciani deve la sua struttura alla fase di appartenenza alla Serenissima Repubblica. I nuovi signori veneziani, infatti, abbatterono le precedenti fortificazioni medievali e costruirono palazzi secondo il gusto della loro città d’origine. Tra questi, Palazzo Zorzi (1510) – attuale sede del municipio – presenta un ciclo d’affreschi cinquecentesco incentrato sulle storie dell’Orlando Furioso (foto in alto a sinistra) e un raro orologio del XVI secolo ancora funzionante. Il vicino Palazzo delle Contesse (XVII sec.), invece, ospita il Museo Civico Archeologico, una piccola esposizione dei reperti ritrovati nella necropoli paleoveneta di Mel, nel coevo abitato protostorico e in un pozzo-cisterna romano del I sec. d.C.

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Necropoli paleoveneta di Mel

A proposito della Necropoli paleoveneta (VIII-V sec.), il sito archeologico si trova in Via Tempietto, nella periferia di Mel. Qui, tra il 1958 e il 1964, sono state scavate circa 80 tombe, 7 delle quali caratterizzate da un circolo funerario. Queste strutture, composte da lastre di arenaria infisse nel terreno, servivano a sostenere il tumulo di terra nel quale erano poste una o più casse litiche per il vaso ossuario in ceramica o bronzo. L’ingresso è rivolto sempre a sud e si apre con due lastre verticali e una orizzontale a mo’ di soglia. Quattro circoli sono ancora visibili, coperti da una tettoia che protegge l’area. Nota dolente: io ho avuto la fortuna di accedere a questo sito molto interessante che, però, di solito non è aperto. Non ho nemmeno capito bene chi abbia le chiavi quindi, qualora voleste visitare la necropoli, vi consiglio di contattare per tempo il comune.

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Grotta Azzurra

Tornando nelle vicinanze del castello, c’è un luogo che da solo sarebbe valso la pena del viaggio. Una meraviglia nascosta a soli 20 minuti di cammino da Zumelle: la Grotta Azzurra. Molto meno conosciuta dell’omonimo antro caprese ma altrettanto affascinante, la Grotta Azzurra si raggiunge risalendo il torrente Terche la cui acqua è talmente limpida da sembrare invisibile. Il percorso è piuttosto facile e quasi completamente pianeggiante; bisogna solo saltellare ogni tanto sui sassi per attraversare il basso corso in alcuni punti, quindi evitate le infradito. Camminando lungo la verde gola, s’incontrano piccole cascate e laghetti fino a quando, improvvisamente, l’acqua da trasparente diventa blu scuro. Evito di rovinare l’atmosfera spiegandone il principio fisico; in ogni caso, il Terche si allarga ed entra (o, meglio, esce visto che siamo controcorrente) in un’apertura nella roccia dove la luce filtra dall’alto. Qui, lo specchio d’acqua turchese è alimentato da una cascata ed è più profondo. Devo confessare che non ho resistito e mi sono tuffato: crioterapia pura! Fidatevi, le foto non rendono neanche lontanamente l’idea della bellezza del posto. Infine, per i più sportivi c’è anche la possibilità di fare canyoning nella vicina Val Maor di Mel, cioè l’avventurosa discesa del torrente in tutta sicurezza grazie  ad adeguate attrezzature (muta, casco, imbracatura e torcia).

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I miei ringraziamenti d’obbligo vanno a: Simone Deola , assessore del comune di Mel (ma di formazione archeologo) per avermi aperto le porte di un municipio in ferie e parlato della storia del paese; Eugenio Padovan, ex funzionario della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto, per avermi fatto da guida tra i siti della zona con l’esperienza di solo chi ha condotto quegli scavi può avere e per avermi fornito le sue utili pubblicazioni sull’argomento; Pierfrancesco Pieri, presidente dell’associazione “Sestiere Castellare” e gestore del castello (per info: www.castellodizumelle.it), per avermi gentilmente ospitato; tutti gli altri cavalieri e dame che lavorano a Zumelle, in modo particolare alla cara amica Tania Stefan che ha organizzato il tutto e mi ha fatto compagnia per tutto il fine settimana.

 

 

 

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