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Nuove scansioni muoniche per la Piramide di Cheope

Source: Explore Great Pyramid mission/Bross et al. 2022

Ricorderete il clamore suscitato dai risultati del progetto #ScanPyramids da cui si ipotizzò la presenza di una presunta stanza nascosta all’interno della Piramide di Cheope. Ora, a distanza di 6 anni, si potrebbe tornerare a utilizzare i muoni per indagare la struttura, ma con una tecnologia 100 volte più potente.

Per chi invece si fosse perso la notizia, nel 2016 un team internazionale (HIP.institute, Università del Cairo, Université Laval, Nagoya University) sottopose la Grande Piramide a una tomografia muonica, tecnica che misura la quantità assorbita dei muoni (particelle con carica negativa che fanno parte dei raggi cosmici) dopo aver attraversato la roccia. I tecnici coinvolti nella ricerca parlarono di una promettente anomalia sopra la Grande Galleria che interpretarono come un vuoto lungo 30 metri. In realtà, le autorità egiziane criticarono aspramente queste conclusioni, pubblicate su Nature senza il consenso del Ministero e bollate come precipitose.

Un nuovo progetto, chiamato “Exploring the Great Pyramid” e portato avanti da fisici del Fermi National Accelerator Laboratory, University of Chicago, University of Virginia, Cairo University Oxford e Yale, ha elaborato un modello che promette nuovi risultati. Rispetto allo #ScanPyramids, si useranno due telescopi a muoni molto più grandi e quindi non più collocabili all’interno della piramide. I sensori saranno infatti montati all’interno di container a temperatura controllata – di cui ogni unità sarà lunga 12 metri, larga 2,4 e alta 2,9 – che saranno spostati lungo la base, anche per ottenere più angolazioni (immagine in alto).

Per il momento, dopo le simulazioni virtuali, si sta costruendo un prototipo di telescopio, ma i membri del gruppo assicurano i primi dati dopo 2 anni di osservazione, seppur non sia stata ancora indicata una data di partenza. Grazie a questa nuova tecnologia sarebbe possibile avere una tomografia completa della piramide che indicherà le differenze di densità della materia e quindi non solo i passaggi da vuoto a pietra. Di conseguenza ci sarebbe una maggior precisione e velocità nell’individuare e tracciare eventuali vuoti strutturali o ambienti ancora sconosciuti.

L’articolo originale: https://arxiv.org/pdf/2202.08184.pdf

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Google lancia il primo traduttore automatico di geroglifici

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Se ne parla ormai da qualche anno, ma finalmente è stato lanciato il primo traduttore automatico di geroglifici!

Già prima dell’uscita nel 2017 di Origins, penultimo capitolo della saga videoludica di Assassin’s Creed, l’azienda sviluppatrice Ubisoft aveva anticipato un ambizioso progetto che prevedeva la creazione di un sistema in grado di tradurre l’antica scrittura egizia, proprio come fa Google Translate con le lingue attuali. E a quanto pare, quel progetto si è concretizzato grazie alla collaborazione con gli egittologi della Macquarie University.

Pochi giorni fa, infatti, sulla piattaforma di Google Arts & Culture è stato pubblicato Fabricius, un tool che riconosce segni geroglifici da immagini e che identifica intere parole e frasi, migliorando esponenzialmente grazie all’apprendimento automatico dell’intelligenza artificiale. Il machine learning si basa sull’interazione con gli utenti, quindi più lo strumento sarà usato più il risultato sarà preciso e affidabile. Il nome deriva da Johann Albert Fabricius, bibliotecario tedesco vissuto a cavallo tra XVII e XVIII secolo e fondatore della storiografia nell’ambito della letteratura greca e latina.

L’applicazione su mobile presenta anche sezioni per imparare giocando i rudimenti del geroglifico, ma quello che più m’interessa è il traduttore, disponibile solo su desktop in inglese e arabo. Sarà veramente, come da proclami, un utile strumento per velocizzare il lavoro degli studiosi? Vediamolo insieme.

Ho cercato una foto in cui i segni fossero chiari e facilmente leggibili. La scelta è ricaduta su una stele funeraria e in particolare sulla sua parte iniziale. L’incipit “ḥtp-di-nswt” è una diffusissima formula traducibile con “l’offerta che il re fa” per conto del defunto, identificato con Osiride. Ho usato di proposito un testo semplice conscio che, allo stato attuale, il sistema potrebbe ancora non funzionare al meglio.

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Una volta caricato il file, si seleziona l’area da tradurre e con un filtro si evidenziano i segni scegliendo il livello di sensibilità.

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Il risultato sarà, per forza di cose, poco nitido e sporcato da fratture e altre imperfezioni. Per questo bisogna limarlo, con gomma e pennello, per definire quanto più possibile i singoli segni, sperando che lo scriba avesse una calligrafia compatibile con la lista del Gardiner, testo di riferimento del tool. Ho trovato questa operazione, al netto della mia scarsa pratica con lo strumento, un po’ troppo lunga e macchinosa. E se l’obiettivo era velocizzarci il lavoro… ancora non ci siamo. Qualche intoppo c’è stato anche per aver utilizzato un file piuttosto pesante che, ogni tanto, ha bloccato il programma.

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Il terzo step è dividere le varie parole con strumenti di selezione rettangolare o poligonale. Da ciò si capisce come Fabricius non sia rivolto a tutti ma solo a chi abbia almeno delle basi di antico egizio sufficienti a riconoscere i singoli termini.

Poi si spera di essere stati abbastanza precisi e si fa partire la ricerca di corrispondenza. Il sistema propone un suggerimento più due alternative, altrimenti, qualora l’identificazione del segno non fosse giusta, bisogna procedere con la selezione manuale nella lista dei geroglifici. Non ho trovato nei setting un modo per indicare il senso di lettura che resta da sinistra verso destra, ma si può comunque cambiare l’ordine dei segni o delle parole.  Su 7 geroglifici, ne sono stati correttamente identificati solo 3, quasi 4, ma è comprensibile visto lo stato iniziale del progetto.

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La traduzione automatica, invece, è andata a buon fine producendo un risultato accettabile, ma mi riservo di provare di nuovo con frasi più complesse. Tutto sommato, il sistema funziona, ma, almeno allo stato attuale, più che uno strumento lavorativo applicabile all’epigrafia, sembra un divertente passatempo per nerd dell’egittologia.

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La lista completa di tutti i tour virtuali dei siti e musei egiziani

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A causa del coronavirus, anche l’Egitto, nella generale situazione di lockdown globale, è stato costretto a chiudere musei e siti archeologici. Ma per sopperire a questo disagio, il Ministero del Turismo e delle Antichità ha lanciato una campagna di diffusione sui suoi social di modelli 3D di alcuni tra i principali monumenti e musei del paese. Così, grazie alla tecnica della fotogrammetria che utilizza “collage” di scatti ad altissima risoluzione, è possibile godersi comodamente da casa tour virtuali di chiese, sinagoghe e moschee, entrare in piramidi, scendere in catacombe, passeggiare tra le colonne di templi.

Qui di seguito la lista completa in quotidiano aggiornamento:

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Ricercatori italiani mappano in 3D la Valle dei Re

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Porcelli et al., “Integrated Geophysics and Geomatics Surveys in the Valley of the Kings”, in Sensors 20/6 (2020)

Un’area archeologica di circa 30.000 m² è stata scansionata da ricercatori italiani e in futuro sarà disponibile in 3D grazie a un’applicazione. E dal titolo avrete capito che non si tratta di un sito qualunque.

Il progetto “The Complete Geophysical Survey of the Valley of the Kings“, diretto dal prof. Franco Porcelli (Politecnico di Torino) in collaborazione con esperti di Università di Torino, 3DGeoimaging e Geostudi Astier, prevedeva infatti la mappatura completa della Valle dei Re a corredo di indagini nella tomba di Tutankhamon. I risultati della campagna di ricognizione geofisica e geomatica dell’intero ramo orientale della valle e di parte di quello occidentale sono stati recentemente pubblicati sulla rivista “Sensors”.

Il team, ricorderete, aveva confutato la tesi di Reeves e le prime analisi con georadar che sembravano aver rilevato la presenza di camere nascoste oltre i muri nord e ovest della camera funeraria. Ma, al tempo stesso, aveva poi individuato due promettenti anomalie nei pressi della KV62 (ve ne avevo già parlato lo scorso anno). Un’altra anomalia che sembra di origine antropica è stata invece localizzata nel piazzale di fronte all’ingresso della tomba di Ramesse IV (KV2). Come mi ha gentilmente riferito Gianluca Catanzariti, geofisico a capo della 3DGeoimaging e membro della missione, ci sarebbe un livellamento sabbioso che potrebbe celare qualcosa, forse le due capanne in pietra e mattoni crudi di epoca romana e copta segnalate da Theodore Davis ed Edward Ayrton che scavarono lì all’inizio del secolo scorso (David T. M., Ayrton E. R., “The Excavations during the Winter 1905-1906”, in Davis T. M. et al., The Tomb of Siphtah: The Monkey Tomb and the Gold Tomb. The Discovery of the Tombs, London 1908, pag. 7).

Per la mappatura sono stati usati laser scanner e fotogrammetria, più particolari software di gestione ed elaborazione dei dati. Per la parte geofisica dello studio, invece, gli strumenti adottati per “guardare” sotto la superficie del terreno sono stati georadar, magnetometri e la tomografia elettrica di resistività.

Porcelli ha riferito la volontà di continuare il lavoro anche all’interno delle tombe, così da dare la possibilità a tutti di visitarle. Al di là dell’attenzione verso i portatori di handicap e per chi si trovi, per qualsiasi motivo, nell’impossibilità di viaggiare, queste iniziative risultano ancora più importanti alla luce della situazione in cui ci troviamo. Non è un caso che il Ministero egiziano del Turismo e delle Antichità stia lanciando in questi giorni diversi tour virtuali di tombe e altri monumenti  (tomba di Menna a Tebe Ovest, tomba di Meresankh III a Giza, Monastero Rosso di Sohag, Moschea-madrasa del sultano Barquq, Sinagoga di Ben Ezra, tomba di Kheti a Beni Hassan).

 

L’articolo completo: https://www.mdpi.com/1424-8220/20/6/1552

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Porcelli et al., “Integrated Geophysics and Geomatics Surveys in the Valley of the Kings”, in Sensors 20/6 (2020)

 

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Nuovo database online delle tombe della Necropoli Tebana

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OLGIS-TN – Online Geographical Information System for the Theban Necropolis

É online un’altra utile risorsa per l’Egittologia, in realtà una versione rivista, aggiornata e implementata di un sito esistente già dal 2006 ma non più disponibile per la relativa chiusura dei server.

Peter A. Piccione e Norman S. Levine (Università di Charleston) hanno (ri)lanciato l’Online Geographical Information System for the Theban Necropolis (OLGIS-TN), database online con informazioni storico-archeologiche sulle tombe non reali di Tebe Ovest, inserito su una mappa georeferenziata dell’intera area. In linea di massima, si ha un’immagine satellitare interattiva di Google Earth su cui sono state posizionate con GPS 734 tombe delle oltre 1700 note nella Necropoli Tebana. Cliccando sul cerchietto relativo, si ottengono i dati più importanti della sepoltura: numero, altitudine, nome del proprietario, datazione, titoli principali, nomi di familiari, bibliografia ecc. In realtà, soprattutto utilizzando il software ArcGIS, si può anche accedere a diversi livelli sovrapposti con mappe storiche georeferenziate utilizzabili anche in loco se dispone di uno strumento con GPS.

Il progetto prevede l’implementazione del database con il censimento di nuove tombe e l’aggiunta di foto degli ipogei.

Link: http://bit.ly/2HX9Els

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I papiri del Museo Egizio di Torino digitalizzati in un database online

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Source: museoegizio.it

Visitando il Museo Egizio di Torino si ha la possibilità di ammirare moltissimi papiri che, tuttavia, sono solo una minima parte dell’enorme patrimonio papiraceo totale che ammonta a quasi 700 manoscritti interi o riassemblati e oltre 17.000 frammenti.

Numeri così alti palesano le grandi difficoltà nella conservazione e nello studio di documenti antichi di millenni e, di conseguenza, molto fragili. In tal senso, è fondamentale il nuovo progetto dell’Egizio che vede la graduale digitalizzazione dei papiri e la loro pubblicazione in un database online aperto a tutti gli studiosi del mondo.

Turin Papyrus Online Platform (TPOP) è quindi uno strumento fondamentale che, al momento, mette a disposizione dei professionisti che si registreranno al portale 230 papiri, oltre a 50 documenti consultabili liberamente da chiunque. In ogni caso, il progetto prevede il continuo incremento degli open data pubblicati.

Il catalogo virtuale comprende: numero d’inventario; foto ad alta difinizione di entrambe le facce dei papiri; misure; trascrizione, traslitterazione in geroglifico e traduzione (al momento solo in inglese) dei testi contenuti; riferimenti bibliografici; informazioni sulla storia e sul contesto di ritrovamento dell’oggetto; approfondimenti sul restauro e sulle analisi tecnologiche effettuate.

Come detto, l’apertura all’intera comunità scientifica internazionale permetterà che l’implementazione del database usufruisca non solo del lavoro dei curatori torinesi, in particolar modo della responsabile della collezione dei papiri, Susanne Töpfer (qui il suo articolo introduttivo del progetto), ma di chiunque lavori nel campo.

https://collezionepapiri.museoegizio.it/

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Visitando la tomba di Tutankhamon in realtà virtuale: la Macchina del Tempo

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Source: lamacchinadeltempo.eu

Quando lo scorso ottobre, trovandomi a Luxor per una missione archeologica, sono passato per la Valle dei Re, ho puntato diretto sulla splendida tomba di Seti I. Non c’era tempo per le altre sepolture, men che meno per la tanto celebrata KV62 che invece, spogliata dei suoi tesori, è forse una delle meno spettacolari della necropoli tebana.

sdrPoco male; l’avevo già vista anni fa e me la sono comunque ritrovata a Firenze (se Maometto non va alla montagna, la montagna va da Maometto), anche se in versione virtuale. Durante tourismA – Salone Archeologia e Turismo Culturale, infatti, tra i tanti stand che affollavano il Palazzo dei Congressi c’era quello del Museo Realtà Virtuale di Bologna che, tramite La Macchina del Tempo, permette ai visitatori di passeggiare tra le strade della città felsinea del XIII secolo o di volare tra le torri medievali che non esistono più. Dallo scorso dicembre, inoltre, il Museo ha sviluppato una nuova ‘attrazione’ che ci riguarda da più vicino: la scoperta della Tomba di Tutankhamon.

Ho avuto modo di provare l’esperienza (eccomi a sinistra) e di parlare con i responsabili che mi hanno gentilmente illustrato il progetto: Massimo Sinigaglia (cofounder “La Macchina del Tempo”), Mario di Bernardo (programmatore e responsabile IT) e Pasquale Barile (egittologo, cofounder HistroyLab, consulente scientifico). Con l’ausilio di un visore e due controller, si prende il posto di Howard Carter e si entra nella tomba così come era nel 1922, cioè ancora piena di oggetti del corredo.

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La posizione dei reperti si basa sulle foto originali di Harry Burton, mentre le dimensioni sono reali perché – e qui si vede la presenza di un esperto – concidono con quelle riportate sui giornali di scavo ancora conservati presso l’archivio del Griffith Institute. Oltre a muoversi nella struttura, si può interagire con l’ambiente picconando le porte sigillate (devo ammettere di aver provato a buttar giù la parete nord della camera funeraria, ma niente…), prendendo in mano gli oggetti, ascoltando spiegazioni e leggendo traduzione e traslitterazione di alcuni testi geroglifici.

Nonostante ci sia ancora qualche bug – soprattutto nella maneggevolezza dei pezzi – e un paio di licenze che comunque migliorano il percorso, l’esperienza è sicuramente realistica: le proporzioni delle stanze sono aderenti all’originale (o almeno posso assicurarlo per l’anticamera perché oltre non si accede nella vera tomba) e la modellazione degli oggetti è stata effettuata con cura. Poi c’è anche qualche chicca, come la possibilità di ascoltare la registrazione  del suono delle due trombe, in argento e bronzo, scoperte nella KV62 che la BBC trasmise in diretta radio nel 1939.

I responsabili mi hanno assicurato che stanno lavorando per correggere i bug e per aggiungere nuovi oggetti, nuovi testi geroglifici e l’Annesso che, come potete vedere nell’immagine in alto, non è raggiungibile. Inoltre, è prevista un’ulteriore ricostruzione virtuale che permetterà di mostrare tutti i reperti non visibili con questa esperienza: il “Museo Carter”, un’esposizione del tesoro di Tutankhamon – soprattutto maschera e sarcofagi – all’interno della vicina tomba di Seti II (KV15), effettivamente usata dai membri della missione dell’egittologo britannico come magazzino e laboratorio fotografico.

www.lamacchinadeltempo.eu

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PERET: il nuovo sito dei giovani egittologi e nubiologi italiani

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Il 14 e il 15 dicembre 2017, oltre 20 giovani egittologi e nubiologi italiani si sono incontrati a Pisa per illustrare le loro ricerche e per creare una rete di contatti con lo scopo di portare avanti possibili progetti condivisi. Da questo evento, organizzato e finanziato dall’associazione culturale VOLO – Viaggiando Oltre L’Orizzonte, è nata l’idea di realizzare un sito internet dove raccogliere l’esperienza, una sorta di vetrina virtuale in cui dottorandi e post-doc potessero presentarsi e mostrare i loro ambiti di ricerca. Il nome scelto, PERET, rievoca volutamente la stagione dell’anno che segnava l’emergere delle terre coltivabili al ritirarsi delle acque del Nilo, nella speranza di far ‘sbocciare’ nuovi contatti, aprire stimolanti confronti e generare scambi di idee e opinioni.

https://peretresearchers.wordpress.com/

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Djed Medu su Sarahah

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Probabilmente conoscerete già Sarahah, l’applicazione che sta spopolando nelle ultime settimane. Creata da un programmatore saudita per permettere ai lavoratori di esprimere giudizi sinceri (“sarahah” in arabo vuol dire proprio “onestà”) verso i propri capi senza pericolo di ripercussioni, l’app è in pratica uno strumento per inviare messaggi in forma anonima.

Ho pensato di utilizzare in modo costruttivo Sarahah per migliorare il mio blog grazie alle vostre impressioni. Al link seguente, senza dover registrarvi o scaricare alcun contenuto, potrete scrivermi un messaggio senza che compaia il vostro nome. Approfittatene quindi per inviarmi segnalazioni, apprezzamenti, richieste, consigli e, perché no, critiche; insomma, qualsiasi cosa vi sia passata per la testa e che non avete mai avuto modo di dirmi sul blog. Risponderò nei commenti a questo articolo e sotto il post di riferimento della pagina Facebook.

Che Thot me la mandi buona…

https://djedmedu.sarahah.com/

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“Father and son”: il videogame del MANN

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Pochi giorni fa, è stato rilasciato su Apple Store e Google Play il primo videogame interamente prodotto da e per un museo archeologico: “Father and Son”. Realizzato dall’associazione TuoMuseo, il gioco ci porta virtualmente prima per le strade di Napoli e poi all’interno del Museo Archeologico Nazionale. Come si può intuire dal titolo, la storia riguarda un figlio (Michael) e suo padre che, scomparso da poco, era un archeologo del MANN. Il protagonista, cercando tracce del genitore, finisce nelle diverse sale del museo interagendo con altri personaggi e con le principali opere esposte di cui vengono fornite informazioni. Tra le collezioni visitabili c’è anche quella egizia, riaperta al pubblico dopo anni lo scorso ottobre, dove si approfondisce la conoscenza del cosiddetto “Naoforo Farnese”: la statua, risalente alla XXVI dinastia ma ritrovata a Roma, è probabilmente il primo reperto egizio acquisito dal museo e rappresenta un personaggio maschile inginocchiato che sorregge una piccola cappella con l’effige di Osiride. In questo caso, l’avventura, in 2D a scorrimento laterale con una bella grafica dipinta a mano, può trasferirsi anche nel passato permettendo di mettersi nei panni dello scultore che realizzò l’opera (immagine in alto). Per il momento, però, non ho potuto provare tutte le potenzialità del gioco perché alcune opzioni, tramite geolocalizzazione, vengono sbloccate solo nel raggio di 20 metri dal MANN.

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http://www.fatherandsongame.com/

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