Articoli con tag: Alessandria

Scoperto nei pressi di Alessandria un laboratorio di epoca romana per la produzione della ceramica

Source: Ministry of Tourism and Antiquities

A Tabba Matouh, sito a ovest di Alessandria, è stato scoperto un laboratorio per la fabbricazione di ceramica risalente al periodo romano. La struttura comprendeva una serie di fornaci, tra cui due scavate nella roccia (foto in basso), e altri ambienti utilizzati anche in epoca bizantina per la produzione della calce.

Poco più a sud del laboratorio, la missione egiziana del Consiglio Supremo delle Antichità ha individuato un altro edificio che serviva come ripostiglio per utensili di uso quotidiano, come stoviglie e vasi da cucina, pestelli, macine, fusi da telaio ecc. Un ultimo locale era forse adibito alla cottura e alla vendita di cibo come dimostra la presenza di fornelli, anfore con resti di lische di pesce e diverse monete, di epoca tolemaica, sparse sul pavimento. In una stanza adiacente, su una pedana rialzata sono stati ritrovati frammenti di statuette votive in terracotta raffiguranti un faraone, Bes, Arpocrate e divinità femminili (foto in alto).

Tuttavia, l’area doveva essere frequentata anche in epoche più antiche come dimostra una necropoli di un centinaio di tombe scavate nella roccia che è stata intaccata dalla costruzione del laboratorio per la ceramica.

Source: Ministry of Tourism and Antiquities
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Scoperto ad Alessandria un quartiere residenziale e artigianale di epoca greco-romana

Source: Ministry of Tourism and Antiquities

Ad Alessandria d’Egitto, nel quartiere costiero di Shatby (dove si trova la celebre Bibliotheca Alexandrina), durante lavori pubblici sono stati casualmente scoperti i resti di un vasto insediamento residenziale e produttivo di epoca greco-romana (II sec. a.C. – IV sec. d.C.).

L’area si trovava appena fuori dalle mura della città e fungeva come stazione di sosta per le persone in attesa del permesso d’ingresso e come punto di controllo della merce in entrata da tassare. Il quartiere si sviluppava lungo una strada principale su cui confluiscono vie laterali secondarie ed era servito da un capillare sistema fognario e di approviggionamento idrico, tra pozzi scavati nella roccia, tunnel e una quarantina di cisterne per la raccolta dell’acqua piovana (foto in alto).

La zona doveva servire anche come luogo di commercio dei prodotti della pesca e di attività artigianali come la tessitura. Inoltre, è stata savata anche una cappella dedicata ad Atena e Demetra, di cui sono stati ritrovati diversi frammenti di statuette. Tra i laboratori, in alcuni si producevano proprio figurine in terracotta da vendere ai pellegrini come ex-voto e che rappresentavano divinità, ma anche eroi mitologici e imperatori. Oltre a ciò, sono stati scoperti amuleti, lucerne, anfore e altri contenitori ceramici, circa 700 monete e un busto di Alessandro Magno in alabastro (al centro della prima fila in basso).

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Scoperte ceste piene di frutti di 2400 anni nel fondale di Eracleion

ph. Christoph Gerigk/Franck Goddio/Hilti Foundation

Arrivano ulteriori news sull’ultima scoperta nella baia di Abu Qir (13 km a nord-ovest da Alessandria), di cui avevo parlato nell’articolo precedente. Franck Goddio ha infatti presentato alla stampa altri interessanti ritrovamenti effettuati dalla missione archeosubacquea a Eracleion/Thonis.

Se nel comunicato stampa ufficale del Ministero del Turismo e delle Antichità ci si era soffermati più sul relitto di una nave del II sec. a.C., questa volta trapelano maggiori informazioni sulla vicina area sepolcrale poco approfondita prima.

Il tumulo, lungo 60 metri e largo 8, era il luogo di sepoltura dei mercanti greci che vivevano in città all’inizio del IV sec. a.C. e che, di fatto, gestivano il commercio dall’accesso al ramo canopico del Delta del Nilo ancora prima dell’arrivo di Alessandro Magno. Secondo quanto detto da Goddio, l’area corrispondeva a una sorta di isola circondata da canali in cui è stata ritrovata una gran quantità di oggetti in bronzo, soprattutto specchi e statuette di divinità, testimonianza di offerte nei piccoli sacelli tra le tombe. Cospicua è anche la presenza di ceramica importata, come anfore, vasi in miniatura e ceramica attica a figure rosse

Sembra però che la necropoli sia stata usata per un periodo di tempo piuttosto compresso, senza che la zona abbia restituito testimonianze né precedenti né posteriori. Va ricordato che la città di Eracleion subì una serie di disastri naturali – terremoti, maremoti e un progressivo inabissamento – a partire dal II sec. a.C. fino al VIII sec. d.C., quindi è ancora da stabilire il motivo per cui il tumulo sia stato abbandonato per quasi 200 anni dopo una sorta di “sigillatura” tramite incendi.

Tra i reperti ritrovati spiccano l’amuleto in oro di Bes già mostrato nello scorso articolo, una panca in legno per banchetti perfettamente conservata e diverse ceste ancora piene di frutti di palma dum (foto in alto). La palma dum (Hyphaene thebaica) è una pianta diffusa nel Nord Africa che produce coriacei frutti dalla scorza legnosa. Questa caratteristica li rende molto resistenti, quindi non è raro trovarli in ottimo stato di conservazione in tombe egizie (foto in basso).

Cesta in fibra vegetale con due frutti di palma dum, XVIII din. (©British Museum)

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Scoperto un relitto di 2200 anni al largo della baia di Abu Qir

Source: Ministry of Tourism and Antiquities

Fa troppo caldo per scavare in Egitto in estate? Nessun problema: le scoperte arrivano dal fondo del mare.

L’ormai celebre missione archeosubacquea franco-egiziana, diretta da Franck Goddio (Institut Européen d’Archéologie Sous-Marine), ha individuato al largo delle coste di Alessandria il relitto di una rara nave militare di epoca tolemaica e un cimitero del IV secolo a.C. L’area indagata si trova a 7 km dalla baia di Abu Qir, dove un tempo sorgeva l’antica città di Heracleion (Thonis in lingua egizia), ormai sommersa dalle acque.

L’imbarcazione era ormeggiata su un canale a sud del Tempio di Amon ed era coperta da 5 metri di sabbia e dai blocchi stessi del santuario, crollato nel II sec. a.C. a causa di un terremoto. Secondo Goddio, si tratterebbe della scoperta della prima nave di questo tipo per il periodo ellenistico, dopo la nave punica di Marsala. Lunga 25 metri e larga 6, aveva un fondo piatto adatto a navigare – sia a remi che con la vela tenuta da un grosso albero maestro – lungo il Nilo e nei rami del Delta.

Source: Ministry of Tourism and Antiquities

Poco lontano, una vasta necropoli greca si estende lungo l’imbocco al canale d’ingresso nord-orientale della città di Heracleion e risale all’inizio del IV sec., in un periodo in cui la presenza di commercianti stranieri nel Nord dell’Egitto era ormai ben radicata, ancora prima dell’arrivo di Alessandro Magno. Anche le tombe – i cui corredi funebri dimostrano una chiara fusione tra la tradizione greca e quella egiziana – sono state sigillate dai resti del grande tempio di Amon e da quelli dei piccoli santuari funerari greci costruiti nelle vicinanze.

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Archeologi polacchi scoprono una delle più antiche chiese egiziane

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T. Skrzypiec/pcma.uw.edu.pl

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Un gruppo di archeologi del Centro di Archeologia del Mediterraneo dell’Università di Varsavia potrebbe aver individuato una delle più antiche chiese cristiane mai costuite in Egitto.

Il ritrovamento è stato effettuato nel porto di Marea, l’antica città di Philoxenite che si trovava sulla costa sud del Lago Mariut, 45 km a sud-ovest di Alessandria. Qui il team polacco diretto da Krzysztof Babraj (Museo Archeologico di Cracovia) sta scavando dal 2000 i resti di una grande basilica cristiana del V-VIII secolo (foto in alto). Tuttavia, alla fine della scorsa stagione (novembre 2018), sotto il pavimento dell’edificio sono emerse tracce di una chiesa più antica che, per la tipologia della struttura muraria in calcare e per le ceramiche presenti, può essere datata addirittura alla metà del IV secolo.

Tra i frammenti di vaso ritrovati, alcuni appartenevano ad anfore da vino provenienti da Cipro e dall’Anatolia, altri a lampade ad olio e a recipienti per l’incenso. Delle strutture murarie, invece, resta solo il muro perimetrale di 15 x 24 m (foto in basso a sinistra) perché tutti gli elementi archittetonici, come colonne e architravi, furono riutilizzati per la basilica successiva. In ogni caso le mura erano decorate con intonaci policromi conservatisi solo in pochi frammenti (in basso a destra).

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Le ultime notizie egittologiche del 2018

Con il nuovo anno, faccio una veloce carrellata delle ultime notizie del 2018 che non ho riportato sul blog per mancanza di tempo o per concomitanza di altri articoli da pubblicare.

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Source: MoA

A Tell el-Deir, nella città di Damietta (costa del Mediterraneo), una missione egiziana ha scoperto una serie di sarcofagi di epoca romana. Le bare consistono in contenitori di terracotta con i tratti del viso abbozzati o semplici decorazioni geometriche. Al loro interno gli archeologi hanno ritrovato ancora tracce delle bende e degli involucri di cartonnage. I ritrovamenti comprendono vasi di ceramica, oltre 700 amuleti di diversi tipi e materiali (scarabei, udjat, cuori-ib, pilastri-djed, piume, nodi-tiet, figure di Tauret e Iside, orizzonti-akhet, ecc.), ushabti di Epoca Tarda (nelle precedenti campagne di scavo qui era stata indivuiduata una necropoli databile al regno di Nectanebo II) e 5 tra anelli e pendenti d’oro romani.

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Una ‘non notizia’ che è circolata in questi giorni a causa dell’inaccuratezza dei siti egiziani è quella della scoperta della più antica fabbrica di profumi al mondo nel governatorato di Daqahliyya, nel nord del Delta. Al di là del tono eccessivamente sensazionalistico per un’area di età tolemaica quando ci sono esempi molto più antichi, dei nomi sbagliati e delle foto vecchie o appartenenti ad altri contesti (come il tempio di Antonino Pio a Siwa), non si tratta di una novità ma il resoconto di una conferenza fatta sui risultati della missione archeologica americana nella zona (foto in basso). Infatti, Jay Silverstein – direttore del Tell Timai Project insieme a Robert Littman (University of Hawaii a Manoa) – la scorsa settimana ha illustrato a giornalisti, archeologi e amministratori locali le scoperte effettuate dal 2007 ad oggi. In particolare, il centro di produzione dei profumi è stato individuato nel sito di Timai el-Amdid e consiste in speciali forni e vani con dipinti che mostrano le tecniche di estrazione delle essenze da fiori e piante e d’infusione dell’olio d’oliva. Tuttavia, nonostante questa fiorente attività, l’antica Thmuis sembra essere stata abbandonata intorno al  206–186 a.C. dopo un evento cruento, come testimoniano armi e caveri di soldati abbandonati nelle strade (per approfondire, un articolo più esteso di Archaeology nov/dic 2017).

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Source: Tell Timai Project

La missione italo-olandese a Saqqara è finalmente riuscita a dare un nome al proprietario della Tomba X scoperta nel 2013 (foto in basso). Durante l’ultima missione, infatti, gli archeologi del Rijksmuseum van Oudheden di Leiden e del Museo Egizio di Torino hanno identificato il defunto che si chiamava Ry ed era un ufficiale d’armata sotto Horemheb (1319-1292 a.C.).

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Source: Friends Of Saqqara

Hisham Samir Ibrahim, assistente del ministro delle Antichità per le questioni ingegneristiche, ha annunciato che il Museo Greco-Romano di Alessandria riaprirà alla fine del 2019. Fondato nel 1892 da Giuseppe Botti, il museo è stato chiuso nel 2005 per restauro che, dopo la recente ripresa dei lavori, è al 40%. Staremo a vedere…

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Le decorazioni d’oro dal sarcofago di Alessandria

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Source: MoA

Esattamente un mese fa, le testate giornalistiche di tutto il mondo avevano mostrato ai lettori le immagini forti di tre scheletri che emergevano da uno scuro liquido maleodorante all’apertura di un grande sarcofago scoperto casualmente ad Alessandria d’Egitto.  Ma l’attenzione del pubblico era già stata catalizzata sulla vicenda nelle settimane precedenti, speculando sul possibile proprietario – o, meglio, proprietari – della bara in granito nero.

Oggi sappiamo qualcosa in più dei defunti ritrovati. Gli antropologi del Ministero egiziano delle Antichità, diretti da Zeinab Hashish, hanno infatti terminato gli esami preliminari sui resti ossei dopo averli ripuliti e lasciati asciugare. Grazie alla valutazione morfometrica di crani, bacini e femori, si è risaliti al genere e all’età dei tre individui: una donna di 20-25 anni, alta 1,60-1,64 metri, e due uomini, rispettivamente di 35-39 e 40-44 anni e 1,60-1,66 e 1,79-1,85 metri di altezza.

Inoltre, a un esame più attento, Hashish ha affermato che la lesione sul lato destro del cranio del più anziano non è, come dichiarato in un primo momento, il foro di una freccia ma la probabile traccia di una trapanazione. Tale pratica chirurgica, praticata fin dal Neolitico ma rara in Egitto, prevedeva l’incisione della calotta cranica per scoprire la dura madre, la parte più esterna delle meningi, al fine di curare malattie vere o presunte tali. I bordi del taglio in questione, dal diametro di 1,7 cm, sono arrotondati ed è visibile la formazione di nuovo tessuto osseo, fattori che indicano che l’uomo sopravvisse a lungo all’operazione.

Tuttavia, per il momento non è ancora possibile dare una datazione più precisa alla tomba, comunque collocabile nel periodo greco-romano (332 a.C. – 391 d.C.), anche perché i tre morti potrebbero appartenere ad epoche diverse. Infatti, secondo Mostafa Waziry, segretario generale del Supreme Council of Antiquities, gli scheletri si trovavano uno sull’altro ad indicare almeno due fasi distinte di utilizzo del sarcofago. Maggiori informazioni arriveranno solo dopo la TAC, l’analisi del DNA e, soprattutto, la datazione al carbonio-14.

Verrà esaminato anche il liquido rossastro che copriva gli scheletri, un mix di liquami sversati da una moderna fogna e del rivestimento decomposto delle mummie. Liquido che nascondeva anche ciò che resta del corredo funebre: sottili placche in foglia d’oro di 3×5 cm, decorate con motivi che, secondo Waziry, indicherebbero il rango militare di uno dei defunti. Tuttavia, le incisioni sembrerebbero rappresentare figure legate alla sfera della medicina e della protezione in generale, come una capsula di papavero da oppio all’interno di un tempietto, una spiga di grano o un cespo di lattuga e un agathos daimon (“Spirito buono”), divinità in forma di serpente venerata nel mondo greco e romano perché tutelare di luoghi come campi di cereali, vigneti e la città stessa di Alessandria.

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Source: MoA

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Analizzati gli scheletri del sarcofago nero di Alessandria: non solo acqua di fogna ma anche oro

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Source: MoA

Ricorderete sicuramente il clamore (immotivato) provocato dalla scoperta e dalla relativa apertura di un sarcofago in granito nero ad Alessandria. Chi si aspettava il corpo di Alessandro Magno o un’improbabile maledizione si era dovuto ‘accontentare’ di tre scheletri immersi in moderni liquami.

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Source: MoA

Oggi sono stati finalmente annunciati i risultati dell’esame preliminare sui resti ossei, effettuato dal team di Zeinab Hashish, direttore del dipartimento di Antropologia Fisica del Ministero delle Antichità. Analizzando crani, bacini e ossa lunghe, si è arrivati al genere e all’età dei tre individui deposti, probabilmente in due fasi distinte, nel sarcofago: la prima (foto a sinistra) era una donna morta intorno ai 20-25 anni e alta 1,60-1,64 m; il secondo (foto al centro) un uomo di 35-39 anni, alto 1,60-1,66 m; il terzo (foto a destra) un uomo di 40-44 anni, alto 1,79-1,85 m. In particolare, il più anziano dei tre presenta sulla parte destra del cranio un foro dai bordi arrotondati che indicano che l’uomo è sopravvissuto a lungo alla lesione in gran parte rimarginata. Non il buco di una freccia, come un po’ frettolosamente gli archeologi egiziani avevano dichiarato al sollevamento del pesante coperchio, ma forse le tracce di una trapanazione, pratica chirurgica nota fin dalla preistoria ma piuttosto rara in Egitto.

Inoltre, ripulendo l’interno della bara dal misto di acqua di fogna e resti organici putrefatti, sono spuntate alcune decorazioni in foglia d’oro di circa 5×3 cm (foto in basso).  Per il resto, nei prossimi giorni si procederà a ulteriori test sul liquido rossastro raccolto e a TAC, datazione al Carbonio 14 e analisi del DNA sulle ossa.

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Source: MoA

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Aperto il sarcofago in granito nero di Alessandria

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Source: MoA

Il “mistero” dell’ormai celebre sarcofago di Alessandria si avvia alla risoluzione. Questa mattina, una squadra di uomini del Ministero egiziano delle Antichità, diretta da Mostafa Waziry, segretario generale del Supreme Council of Antiquities, e Ayman Ashmawi, capo del settore delle Antichità Egizie del Ministero, ha messo fine alla serie di voci infondate nate attorno alla scoperta effettuata 20 giorni fa.

Nella grande bara in granito nero, aperta rimuovendo direttamente nel pozzo di scavo il coperchio,  si celavano ‘solo’ tre scheletri immersi in scuri liquami.

Il pesante coperchio e la sigillatura in malta, infatti, non hanno impedito il passaggio di acqua di fogna, entrata in una fessura sul lato sinistro, che ha irrimediabilmente fatto decomporre i tessuti molli delle mummie. Secondo un’analisi preliminare, le ossa apparterrebbero a tre adulti di sesso maschile la cui identità è ancora ignota.

In particolare, almeno uno di loro dovrebbe essere un soldato, forse un ufficiale dell’esercito, perché – afferma Waziry – il suo cranio presenta diverse lesioni imputabili a armi da taglio. Shaban Abd Monem, antropologo del Ministero, aggiunge che l’uomo potrebbe essere morto perché colpito in testa da una freccia.

Non sono stati segnalati altri ritrovamenti. Ora i resti sono stati trasferiti nel Museo Archeologico Nazionale di Alessandria per ulteriori esami, mentre il sarcofago, pesante oltre 30 tonnellate, subirà un primo restauro in loco e poi sarà spostato, grazie all’aiuto dell’esercito, nei depositi della necropoli ellenistica di Mustafa Kamel.

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Museo Greco-Romano di Alessandria, riscoperti vasi sotterrati in giardino contro i bombardamenti

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Source: MoA

Quando si dice che è possibile scavare anche nei musei, s’intende la ricerca negli archivi o nei depositi delle grandi e piccole collezioni. Questa volta, però, il termine va preso proprio alla lettera. Durante i lavori di restauro del Museo Greco-Romano di Alessandria, infatti, è stata scoperta una cachette risalente al 1939-1945 d.C. Nessun errore: il nascondiglio, scavato al centro del giardino interno dell’edificio, conservava centinaia di contenitori ceramici greco-romani, copti e islamici posizionati lì da nemmeno 80 anni. Secondo Ayman Ashmawi, capo del settore delle Antichità Egizie del Ministero delle Antichità, sarebbe stato l’archeologo britannico Alan Rowe (1891-1968), insieme agli inservienti del museo, a sotterrare i reperti per salvarli dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Poi, evidentemente, si sarà persa la memoria di questo intervento e, con essa, tutti i vasi e piatti che continuano ad uscire dagli scavi del Patio.

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Source: MoA

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