Articoli con tag: Amenofi III

Scoperte due sfingi colossali nel Tempio funerario di Amenofi III

Source: Ministry of Tourism and Antiquities

Dalle parti di Kom el-Hettan, il sito a Tebe Ovest dove sorgeva il tempio funerario di Amenofi III (1386-1349 a.C.), più noto per i Colossi di Memnone, le grandi scoperte sono quasi all’ordine del giorno, ma era da un po’ che non si avevano news. Finalmente oggi il Ministero del Turismo e delle Antichità ha annunciato una serie di ritrovamenti, tra cui spiccano due sfingi colossali in calcare.

Il team egiziano-tedesco del “The Colossi of Memnon and Amenhotep III Temple Conservation Project”, diretto da Hourig Sourouzian, ha infatti individuato nei pressi del terzo pilone del “Tempio di Milioni di Anni” due grandi sfingi con la testa del faraone che indossa il copricapo reale nemes, barba posticcia e ampio collare (foto in alto). Con una lunghezza stimata di circa 8 metri, le due sculture sarebbero quindi le più grandi del loro tipo, insieme a quella in alabastro di Menfi e ovviamente dopo la Sfinge di Giza. La Sourouzian ipotizza che fossero posizionate all’inizio di una via processionale usata durante la Bella Festa della Valle, una delle più importanti celebrazioni dell’antica Luxor.

In corrispondenza della parte meridionale della Sala ipostila, invece, sono emersi diversi blocchi e porzioni di colonne che, insieme a nuovi elementi delle fondamenta, attestano che l’ambiente fosse più grande di quanto si pensasse. In quest’area, sono stati scoperti rilievi in arenaria con scene di offerta e del giubileo di Amenofi III e 3 busti dell’immancabile Sekhmet, di cui sono state trovate già decine di esemplari nel sito negli ultimi 20 anni di scavo.

Di un’epoca successiva, probabilmente post-amarniana, risalirebbe una piccola statua in granodiorite di un dignitario, scoperta nella zona della corte a peristilio (foto in basso a destra).

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Presentata alla stampa la città dell’Aton abbagliante

Source: Cairo Scene

Questa mattina alle 9.00 circa, è stata presentata ufficialmente la scoperta effettuata dal team di Zahi Hawass a nord del tempio di Medinet Habu. In realtà, la notizia era stata già anticipata due giorni fa insieme alla gran parte delle informazioni, quindi vi rimando all’articolo precedente.

Tuttavia, durante la conferenza stampa sono stati comunque mostrati numerosi oggetti ritrovati in quella che è stata definita dagli archeologi egiziani la città di Tjehen-Aten (THn-Itn), “Aton abbagliante”. Questo era uno degli epiteti di Amenofi III (1388-1350 a.C.), faraone sotto il quale si sviluppò l’insediamento e il cui palazzo nel vicino sito di Malqata era chiamato proprio “Casa dell’Aton abbagliante”.

Oltre a una gran quantità di vasi, tra cui spicca la bella ceramica con decorazioni dipinte in blu tipiche della XVIII dinastia, nelle teche sono stati esposti reperti provenienti sia nella zona residenziale sia nelle tombe della necropoli più a nord: amuleti in faience e i relativi stampi in terracotta, anelli con il cartiglio di Amenofi III (Neb-Maat-Ra) e della sua regina Tiye, tavole d’offerta in calcare, oggetti di vita quotidiana, ushabti e un gigantesco persico del Nilo mummificato.


Source: Cairo Scene


Source: Cairo Scene

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Source: @MeretsegerWaset

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Source: youm7.com

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Zahi Hawass scopre* a Tebe Ovest un centro amministrativo e produttivo dell’epoca di Amenofi III

Source: see.news

Cercare un tempio e trovare un’intera “città”.

Nei mesi scorsi Zahi Hawass ha fomentato l’hype tra gli amanti dell’antico Egitto parlando di un’importantissima scoperta a Luxor. Ma se la concomitanza con un recente documentario di discovery+ avrebbe potuto far pensare a un’illustre tomba, il ritrovamento si è rivelato molto più grande, almeno dal punto di vista metrico.

La missione del celebre archeologo egiziano, infatti, da Settembre 2020 sta scavando nei pressi di Medinet Habu, il tempio funerario di Ramesse III, per trovare l’omologo santuario di Tutankhamon, ma alla fine ha individuato fortuitamente i resti di un vasto agglomerato tra Medinet Habu e la biglietteria, forse il centro amministrativo più importante di Tebe Ovest.

Il villaggio, che si estenderebbe a ovest verso Deir el-Medina e a nord fino al tempio di Amenofi III a Kom el-Hettan, risale proprio al regno di Nebmaatra (1388-1350 a.C.), come testimoniano ceramica, anelli, scarabei e il cartiglio del faraone impresso sui mattoni crudi. Lo stato di conservazione degli edifici in fango è ottimo, con mura che raggiungono i 3 metri d’altezza e diversi oggetti di vita quotidiana che sembrano essere stati lasciati piuttosto repentinamente con l’abbandono delle case (foto in basso). Infatti, dopo una fase di occupazione che copre anche la co-reggenza e i primi anni di regno di Amenofi IV (un’impronta di sigillo reca il nome del Gempaaton di Karnak), ci sarebbe stato lo spostamento verso Amarna. Tuttavia, si riscontra un ritorno nel sito con Tutankhamon e Ay alla fine della XVIII dinastia.

Questo raro contesto abitativo si divide, almeno per ora, in tre aree con un fulcro centrale che doveva avere una funzione amministrativa oltre che residenziale. Tutta la zona è recintata da un muro sinusoidale (foto in cima all’articolo) che proteggeva unità più ampie accessibili da un solo ingresso, evidentemente per controllare gli ingressi e le uscite dal quartiere.

Nella parte meridionale c’è un settore adibito alla preparazione del cibo per un ingente numero di persone. Qui, infatti, ci sono diversi forni, una panetteria, una zona cottura e un grande deposito per le stoviglie. Eccezionale è poi un ritrovamento che fornisce un preciso riferimento cronologico: un vaso contenente circa 10 kg di carne lavorata, destinata “alla terza festa Sed, nell’anno 37° di regno, dal macello del recinto del bestiame di Kha, preparata dal macellaio Iuwy”. L’iscrizione in ieratico, oltre a menzionare due abitanti della città, parla infatti del terzo Giubileo di Amenofi III, tenutosi intorno al 1351 a.C.

Source: english.ahram.com

La terza area è un centro artigianale multifunzionale. In un settore si producevano mattoni crudi usati per la costruzione di templi e annessi di Amenofi III; in un’altro si creavano amuleti ed elementi decorativi in faience. Ulteriori scorie e arnesi testimoniano attività di filatura, tessitura e lavorazione di metallo e vetro, seppur i relativi edifici non siano stati ancora individuati.

Ulteriore approfondimento necessitano anche due strane sepolture di cui non si conosce ancora la funzione. In una stanza era deposto un bovino, in un’altra un uomo con le braccia distese lungo i fianchi e soprattutto con una corda avvolta alle ginocchia (foto in basso).

Infine, a nord della città si trova un vasto cimitero la cui estensione totale è ancora da determinare poiché sono state indagate solo alcune tombe scavate nella roccia (oggetti di corredo nelle foto in basso).

Come anticipato, l’esistenza di questo centro è sicuramente da collegare ad Amenofi III e ai villaggi degli artigiani impiegati per la costruzione dei suoi templi e palazzi. Per questo potrebbe coincidere con lo sviluppo settentrionale della città-palazzo di Malqata che ebbe l’espansione architettonica definitiva proprio in occasione della terza Festa Sed del faraone. Mi viene in mente poi un’altra ipotesi sulla città di Maiunehes che, seppur citata in uno dei cosiddetti “Papiri dei ladri di tombe” (BM 10068, pubblicato in Peet, Great Tomb-Robberies of the Twentieth Egyptian Dynasty I, 1930, pp. 79-102) che è di epoca ramesside, sarebbe stata un importante centro amministrativo proprio in quella zona.

*Non nello stesso punto, ma a qualche decina di metri di distanza, già negli anni ’30 del XX secolo strutture simili con muri sinusoidali erano state individuate e attribuite da archeologi francesi a un villaggio dei tempi di Amenofi III che, probabilmente, appartiene al medesimo insediamento appena annunciato (Robichon C., Varille A., Le temple du scribe royal Amenhotep, fils de Hapou, FIFAO 11, Le Caire 1936, pl. V, XXV, XXVI) e dall’Oriental Institute di Chicago (Hölscher U., The Excavation of Medinet Habu, Volume 2: The Temples of the Eighteenth Dynasty, Chicago 1939, p. 71).

In ogni caso, la presentazione ufficiale della “scoperta” ci sarà sabato 10 aprile; si aspettano quindi ulteriori dettagli.

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Kom el-Hettan, scoperta statua colossale di Horus

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Source: MoA

Per una volta Sekhmet deve cedere il passo a Horus.

La missione egiziano-tedesca del “The Colossi of Memnon and Amenhotep III Temple Conservation Project”, diretta da Hourig Sourouzian, ha scoperto una grande statua in granodiorite del dio dalla testa di falco a Kom el-Hettan, Tebe Ovest.

Il colosso, alto 1,85 m, è fratturato all’altezza delle gambe, più o meno verso la fine del gonnellino, e non conserva più le braccia. Il ritrovamento è stato effettuato nell’area dove sorgeva la sala ipostila del “Tempio di Milioni di Anni” di Amenofi III (1388-1350)  dove, in oltre 20 anni di lavori, sono state individuate decine di statue della dea leonessa Sekhmet.

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Gebel el-Silsila, scavata sfinge colossale dalla testa di ariete

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Source: luxortimes.com

Se negli ultimi anni ci eravamo abituati soprattutto a ritrovamenti di contesti funerari, con l’ultima scoperta si torna alla funzione più nota di Gebel el-Silsila, cioè quella di sito di cave di arenaria. Infatti, il team diretto da Maria Nilsson e John Ward (Lund University, Svezia) ha individuato un centro di lavorazione della pietra di Nuovo Regno, probabilmente databile al regno di Amenofi III (1386-1349 a.C.).

Numerosi sono gli scarti di produzione e oggetti non finiti che, per un motivo o l’altro, sono stati abbandonati nella cava. Spicca una gigantesca criosfinge (sfinge dalla testa di ariete) di arenaria, lunga circa 5 metri, larga 1,5 e alta 3,5, appena sbozzata e pronta per il trasporto – le operazioni di fino avvenivano nel luogo di destinazione – se non si fosse fratturata prima del completamento. La statua è stata poi ricoperta, salvo per la sommità della testa, per 2000 anni dai detriti d’estrazione di epoca romana. Nelle vicinanze è stato ritrovata anche una porzione di un modello più piccolo della sfinge (foto in basso), simile ad altri esempi già noti da tempo a Silsila. All’esemplare più grande, invece, apparterrebbe anche un ureo considerato parte della corona.

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Source: National Geographic

Inoltre, gli archeologi hanno scavato diversi frammenti iscritti attribuibili a un naos distrutto di Amenofi III, una parte di obelisco con il pyramidion e pezzi di sculture come quella di un falco.

http://gebelelsilsilaepigraphicsurveyproject.blogspot.com/

 

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Tiye: da Regina a Dea

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Testa di statuetta in legno di Tiye (ÄM 21834, Ägyptisches Museum und Papyrussammlung, Berlino)

Tra i lettori del blog, ci sono molti studenti di Egittologia che spesso dimostrano la voglia di scrivere a loro volta qualcosa per Djed Medu. È il caso, ad esempio, di Federica Ruggiero, classe 1991, che si è laureata alla triennale in Storia presso l’Università degli Studi di Milano e che sta per iniziare la magistrale in Archeologia all’Università degli Studi di Bologna. Le lascio spazio proprio per raccontare in breve l’argomento della sua tesi, discussa da poco, perché sono sicuro v’interesserà vista la prominenza della figura storica trattata.

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Donna determinata, forte, dal carattere dominante, una delle più importati regine nella storia dell’Egitto faraonico…  e non era nemmeno di sangue reale: Tiye. Figlia di Yuya, uomo di umili origini che divenne funzionario della città di Akhmim (capitale del IX nomo dell’Alto Egitto), e di Tuia, nobildonna lontanamente imparentata con la linea dinastica ahmoside, venne elevata al rango di “Grande Sposa Reale” quando, ancora bambina, si congiunse ad Amenhotep III nel suo secondo anno di regno (1390 a.C.). Nonostante non appartenesse alla corte, infatti, inserire gli influenti genitori nel consiglio volto alla reggenza del regno fu una mossa da considerarsi decisamente astuta da parte del faraone.

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Bottone con cartiglio di Tiye (Ägyptisches Museum und Papyrussammlung, Berlino)

Tale matrimonio fornì a Tiye un ruolo di fondamentale importanza per la gestione sociopolitica dell’Egitto dato che, per la prima volta, una regina affiancava il re ponendosi al suo stesso livello. Durante la XVIII dinastia ebbe infatti inizio una pratica inusuale fino a quel periodo, ossia il ritrarre la Grande Sposa Reale accanto al marito in numerose occasioni ufficiali: Tiye è citata sugli scarabei commemorativi, indossa la corona della dea Hathor, il suo nome viene inciso all’interno dei cartigli (immagine a sinistra), viene rappresentata con il corpo di sfinge. L’utilizzo, in tali scene, di dimensioni pari a quelle del consorte conferma quanto fosse prominente il suo status. Fu proprio Tiye ad essere la figura chiave di questo cambiamento, rispetto all’inizio della XVIII dinastia, quando, a partire da Ahmose Nefertari, era più importante il ruolo della Regina Madre. Crebbe inoltre l’enfasi per il culto del sole e della natura divina del faraone. In Nubia, ad esempio, la coppia reale fece erigere due templi strettamente legati che prefigurano il complesso di Abu Simbel di Ramesse II e Nefertari: il santuario di Soleb dedicato al re e quello di Sedeinga consacrato alla consorte.

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Placca in corniola da braccialetto che mostra Tiye in forma di sfinge (26.7.1342, Metropolitan Museum di New York)

Finché la coppia restò in carica, l’Egitto raggiunse l’apogeo del potere, della ricchezza, della raffinatezza artistica e soprattutto del prestigio internazionale. Crebbe esponenzialmente il predominio sulla Siria, anche grazie alla politica matrimoniale. Ad esempio, Amenhotep III prese in sposa Gilukhipa, figlia di Shuttarna II di Mitanni (nord della Mesopotamia), regno con cui ebbe rapporti diplomatici e di amicizia. Dopo l’ascesa al potere di Tushratta a Mitanni, i rapporti si strinsero ulteriormente e la principale testimonianza di ciò sono le note “lettere di Amarna”, preziosa raccolta di documenti che narra le vicissitudini e le evoluzioni nei rapporti di politica estera. D’importanza fondamentale è la lettera EA 26, in cui Tushratta risponde direttamente a Tiye che, evidentemente, desiderava accertarsi del mantenimento dei buoni rapporti fra i loro regni a seguito della morte del faraone.

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Frammento di statuetta in steatite con Tiye accanto ad Amenofi III (E 25493, Louvre)

La Grande Sposa Reale trascorreva gran parte del suo tempo nella città di Tebe, dove disponeva di un’amministrazione chiamata “la Casa della Regina”, parte della “Casa del Faraone”, che si presentava come un complesso di servizi medici, magazzini, botteghe e laboratori di orefici, falegnami, panettieri, birrai e addirittura di un tesoro. Aveva al suo servizio maggiordomi gestiti in maniera quasi imprenditoriale, tra cui spicca il nome di Kheruef, la cui eterna dimora (tomba TT192) ci ha donato due magnifiche rappresentazioni del Giubileo di  Amenhotep III, nelle quali la regina incarna Hathor ma anche la Maat, contemporaneamente armonia indistruttibile del cosmo e base inviolabile sulla quale è costruita la società egizia.

Come detto, Tiye sopravvisse a suo marito e fece da coreggente al figlio Amenhotep IV (meglio noto come Akhenaton), seguendolo persino nella sua “rivoluzione”. È citata per l’ultima volta in una iscrizione datata 21 novembre del 12º anno di regno di Akhenaton (1338 a.C.), proprio quando una grave epidemia sconvolse l’Egitto e, probabilmente, anche la famiglia reale.

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Mummia della “Elder Lady” (Museo Egizio del Cairo)

Il ritrovamento della sua mummia fa parte di una scoperta sensazionale: l’egittologo Victor Loret, infatti, la trovò nel 1898 nella tomba di Amenhotep II (KV35), adagiata al suolo accanto agli altri corpi imbalsamati che erano stati deposti in un secondo momento in questa cachette. In realtà, l’identificazione definitiva di Tiye con la cosiddetta “Elder Lady” (nominata così per distinguerla dalla dibattuta “Younger Lady”) è molto recente. Il primo che effettuò studi sulla sua mummia fu l’anatomista Grafton Elliot Smith nel 1912. Una manciata di anni dopo, nel 1922, nella tomba di Tutankhamon venne ritrovato un piccolo sarcofago che custodiva una ciocca di capelli color rame quasi perfettamente conservati, dopo più di tre millenni! Il collegamento fu presto fatto grazie al nome scritto sull’oggetto: i capelli appartenevano alla regina Tiye. Ma bisognerà aspettare il 2010, quando, grazie a TAC e analisi del DNA effettuate a diverse mummie reali nell’ambito del “Family of King Tutankhamun Project”, un sottile filo rosso ha collegato tra loro una serie di personaggi, riordinando i tasselli di un puzzle di cui si era da molto tempo persa memoria. Quella ciocca di capelli per Tutankhamon doveva essere una vera e propria reliquia, tenendo conto soprattutto del fatto che sua nonna Tiye, insieme a suo marito, era stata divinizzata: il “Faraone Bambino” possedeva quindi la ciocca di capelli di una dea.

Federica Ruggiero

Bibliografia:

  • Davis T. M., Maspero G., Smith G. E., Ayrton E., Daressy G., Jones E. H., 1910, The tomb of Queen Tîyi. The Discovery of the Tomb, London 1910;
  • Hawass Z., Silent images: Women in Pharaonic Egypt, Cairo 1995;
  • Hawass Z., Gad Y. Z., Ismail S. et al., Ancestry and Pathology in King Tutankhamun’s Family, in JAMA 33 n. 7 (2010), pp. 638-646;
  • Hawass Z., Saleem S., Scanning the Pharaohs: CT Imaging of the New Kingdom Royal Mummies, Oxford 2015;
  • Piacentini P., Orsenigo C., La Valle dei Re Riscoperta. I giornali di scavo di Victor Loret (1898-1899) e altri inediti, Milano 2004;
  • Piacentini P., Orsenigo C. (a cura di), Egitto: La Straordinaria Scoperta del Faraone Amenofi II, Milano 2017;
  • Rice M., Who’s Who in Ancient Egypt, London 1999;
  • Smith G. E., Catalogue of the Royal Mummies in the Museum of Cairo, Cairo 1912;
  • Tallet P., 12 reines d’Egypte qui ont changé l’Histoire, Paris 2013.
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Akhmim, scoperta base di statua di Amenofi III in un parcheggio

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Source: MoA

Durante i lavori di ampliamento di un parcheggio ad Akhmim, Alto Egitto, è venuto fuori un frammento di una statua reale di Nuovo Regno. La base in granito nero, una volta rettangolare (56 x 27 x 22 cm), presenta un piede sinistro avanzato rispetto a ciò che resta del destro che lascia spazio all’iscrizione con la titolatura di Amenofi III (1388-1350): il praenomen Neb-Maat-Ra e il nomen Imen-hetep Heka-waset. Gamal Abdel Nasser, direttore delle antichità del governatorato di Sohag, ha riferito che il reperto è stato trasferito nel museo provinciale per essere restaurato.

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Kom el-Hettan, scoperte altre 27 statue di Sekhmet

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Source: MoA

Non finiscono mai! Altre statue di Sekhmet, 27 frammentarie per la precisione, sono state scoperte nel  “Tempio di Milioni di Anni” di Amenofi III (1388-1350) a Kom el-Hettan, Tebe Ovest. Il ritrovamento è stato effettuato dalla missione egiziano-tedesca del “The Colossi of Memnon and Amenhotep III Temple Conservation Project”, diretta da Hourig Sourouzian. La dea leonessa è rappresentata in granito nero, per un’altezza che supera i 2 metri, sia seduta in trono sia stante con scettro di papiro nella mano sinistra e ankh nella destra, con disco solare e ureo sulla testa. Alcune sculture sono quasi integre, ma il loro stato di conservazione varia a seconda della profondità di sepoltura nella terra; i frammenti che si trovavano più in basso, infatti, sono stati danneggiati maggiormente a causa dalle acque freatiche.

Siamo così a circa 287 statue di Sekhmet individuate nel sito, con la certezza che ci saranno molti altri ritrovamenti simili in futuro perché il gruppo originario ne comprendeva 730, poi trasferite in parte dal Primo Profeta di Amon Pinedjem (1055-1031) nel Recinto di Mut a Karnak. Non è un caso che tutte le principali collezioni egittologiche nel mondo ne comprendano almeno un esemplare. Ancora una volta, quindi, viene dimostrato come si stia procedendo verso la graduale rinascita del tempio di Amenofi III, fino a qualche anno fa ridotto ai soli Colossi di Memnone che – grazie all’anastilosi di ulteriori grandi figure del faraone, stele e altre strutture – sono sempre meno solitari (ricostruzione grafica nelle slide in basso).

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Kom el-Hettan: scoperta statua di Tiye ai piedi di un colosso di Amenofi III

17342941_10155222210440406_7452456390883322075_nChe mese questo marzo! Durante la visita ufficiale del ministro delle Antichità Khaled el-Enany (foto a sinsitra), è stata presentata l’ennesima scoperta effettuata nel sito di Kom el-Hettan, Tebe Ovest, dal team del “The Colossi of Memnon and Amenhotep III Temple Conservation Project” diretto da Hourig Sourouzian. Sollevando la parte inferiore di uno dei colossi di Amenofi III che si trovava davanti al terzo pilone, è apparsa quella che, con ogni probabilità, è l’elegante figura della regina Tiye, scolpita accanto alla gamba del marito. Non è la prima volta che una rappresentazione della Grande Sposa Reale viene ritrovata nel Tempio funerario (come, ad esempio, ai piedi dei Colossi di Memnone) perché Tiye partecipò alla deificazione in vita del faraone; tuttavia, la novità sta nel materiale della statua, realizzata in alabastro e non in quarzite come nei precedenti casi. Inoltre, il buon stato di conservazione ha permesso l’individuazione di tracce dei colori originari.

 

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Scoperte altre statue di Sekhmet nel tempio funerario di Amenofi III

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Source: MoA

A Kom el-Hettan, Tebe Ovest, dall’inizio dell’anno, la missione egiziano-tedesca del “The Colossi of Memnon and Amenhotep III Temple Conservation Project” – diretta da Hourig Sourouzian – ha individuato frammenti relativi a 66 statue in diorite di Sekhmet. La scoperta è stata effettuata nell’area tra la corte a peristilio e la sala ipostila del tempio funerario di Amenofi III (1387-1350) durante lo scavo del muro che separa i due ambienti. La dea è rappresentata sia seduta in trono sia stante con scettro di papiro nella mano sinistra e ankh nella destra. Inoltre, nella grande corte, è stata trovata anche una statua perfettamente integra dello faraone stesso seduto in trono (immagine in basso a destra), alta 2,48 metri e realizzata in granito nero.

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