Notizie di scavi illegali e vendita di antichità al mercato nero sono purtroppo comuni in Egitto, ma stavolta i tombaroli si sono superati per audacia o, meglio, imprudenza. La polizia del Turismo e delle Antichità ha infatti colto in flagrante tre uomini che, armati di pala, piccone e addirittura un piccolo escavatore, carcavano di tirare fuori dalla sabbia la statua di Ramesse II nelle cave di granito di Assuan. A renderlo noto è stato il Ministero egiziano dell’Interno sui suoi social.
Il colosso, alto 3 metri e largo 1 e pesante ben 10 tonnellate, è forse il reperto più celebre dell’area archeologica dopo l’Obelisco incompiuto. Attribuita a Ramesse II, anche questa statua non fu mai completata e giace da millenni nell’area meridionale delle cave insieme ad altri oggetti appena sbozzati e abbandonati dai cavatori e artigiani. Tra questi, anche vasche di epoca greco-romana erano cadute sotto il mirino dei ladri. Il rischio del colpo, tentato in una zona turistica, e le dimensioni di un pezzo di certo non facile da piazzare fanno pensare a un furto su commissione.
Gli architetti egizi erano in grado di progettare edifici calcolando con precisione la posizione del sole e sfruttandola per giochi prospettici. L’esempio più noto è sicuramente quello di Abu Simbel, ma si registrano allineamenti anche in concomitanza dei solstizi nei templi di Deir el-Bahari, Karnak, e Qasr Qarun.
Questa particolarità è stata riscontrata perfino in tombe private e un recente studio di ricercatori delle università spagnole di Malaga e Jaén ne ha evidenziato il caso più antico. A Qubbet el-Hawa, necropoli situata sulla riva occidentale di Assuan, una sepoltura (QH 33) del 1830 a.C. è risultata perfettamente in asse con il sole di 4000 anni fa durante le albe dei solstizi d’inverno e i tramonti di quelli d’estate. In quelle occasioni, si è visto grazie a un software apposito, i raggi raggiungevano la parte più interna della struttura illuminando il punto in cui era posizionata la statua del defunto, il governatore di Elefantina Heqaib III (fine XII dinastia).
La tomba è stata scavata dal 2008 al 2018 dal team del Proyecto Qubbet el-Hawa, diretto da Alejandro Jiménez Serrano (Universidad de Jaén), ma lo studio architettonico che ha confermato questa particolarità, condotto in particolare da Lola Joyanes (Universidad de Málaga) è stato recentemente pubblicato sulla rivista scientifica “Mediterranean Archaeology and Archaeometry”. La QH 33 sarebbe quindi la tomba con l’allineamento più antico con il solstizio d’inverno (immagine in basso). Il significato ovviamente è simbolico ed è legato al concetto di rinascita. La prima data celebra la vittoria della luce sull’oscurità, mentre il solstizio d’estate coincideva spesso con l’arrivo della piena del Nilo.
Ph. Piacentini (Università degli Studi di Milano); Source: ansa.it
Nuovi ritrovamenti sulla riva ovest di Assuan per la missione italo-egiziana diretta dalla prof.ssa Patrizia Piacentini (Università degli Studi di Milano) e da Abdel Monaem Said Mahmoud (Direttore generale delle Antichità di Assuan e della Nubia). Il team dell’EIMAWA – Egyptian-Italian Mission at West Aswan, attivo dal 2018 nella necropoli che si estende attorno al mausoleo islamico di Aga Khan, ha individuato una tomba di epoca greco-romana, ora identificata con la sigla AGH032.
La struttura, come annunciato dal Ministero del Turismo e delle Antichità, si compone di una parte esterna, costruita con blocchi di arenaria e mattoni di fango, che copriva la tomba vera e propria, composta da un corte scavata nella roccia e quattro camere funerarie ipogee. Sulla parete est dell’edificio esterno era ammassata una gran quantità di ossa animali, cocci e tavole iscritte, facendo presupporre che qui si deponessero offerte votive. All’interno della sepoltura (foto in alto), invece, si trovavano circa 20 mummie in buono stato di conservazione, appartenenti a più di una famiglia. Nonostante l’evidente passaggio di ladri, sono comunque stati ritrovati oggetti di corredo, come un sarcofago in terracotta per un bambino, tavole d’offerta, coperture in cartonnage per mummie, statuette in legno raffiguranti, tra l’altro, l’uccello ba e vasi in ceramica. Di un defunto, il cui corpo era stato spostato fuori da antichi tombaroli, è stato possibile risalire al nome, inciso in greco su una placchetta in rame (foto in basso) che indossava al collo: Nikostratos.
Ph. Piacentini (Università degli Studi di Milano); Source: ansa.it
Un tempio tolemaico, una fortezza di epoca romana e una chiesa copta, tutti in uno. Scusate il titolo da filastrocca, ma stiamo parlando di una stratificazione storica secolare, indagata dalla missione egiziana che scava nei pressi di Assuan, per la precisione vicino il villaggio di Gebel Shisha. Il forte romano infatti ingloba elementi architettonici di un tempio più antico e blocchi di arenaria iscritti con i cartigli di diversi Tolomei; a sua volta, però, l’edificio fu riutilizzato per la costruzione di una chiesa con annesso monastero.
In realtà il sito era stato già individuato negli anni ’20 del secolo scorso dall’egittologo tedesco Hermann Junker, ma riprendendo lo scavo a distanza di 100 anni, gli archeologi egiziani hanno trovato 5 ulteriori stanze della chiesa e forni per la cottura della ceramica.
A Wadi el-Malik, nei pressi di Assuan, è stata scoperta un’iscrizione di 5000 anni che, nonostante la sua estrema brevità, avrebbe un’importanza straordinaria. Solo quattro segni in proto-geroglifico che attesterebbero il dominio di Re Scorpione (II) fino ai remoti confini meridionali dell’Egitto.
Il ritrovamento dell’iscrizione, insieme a ceramica coeva, risale a oltre due anni fa, ma ora i risultati dello studio sono stati pubblicati da Ludwig Morenz (Università di Bonn) per il primo numero della nuova rivista “KATARAKT. Aswan Archaeological Working Papers“.
Il testo inciso su una roccia, traducibile con “Dominio dell’Horus Re Scorpione“, è accompagnato da un segno circolare, determinativo che identifica nomi di luoghi, e quindi corrisponderebbe al più antico toponimo conosciuto a esclusione di quelli che si trovano su etichette e sigilli per merci (come quelli della tomba U-j di Umm el-Qa’ab, dove fu sepolto l’omonimo sovrano predinastico, Scorpione I) . Il regno di Scorpione II, infatti, è attestato intorno al 3070 a.C., in una primordiale fase di formazione dello Stato egiziano e per questo, secondo Morenz, l’iscrizione sarebbe la prima fonte scritta attestante un effettivo controllo politico di una zona così periferica.
Tuttavia, tutti i condizionali usati sono d’obbligo perché l’argomento è molto dibattuto. Al di là della lettura dubbia dell’iscrizione, come segnala Paolo Medici (dottore di ricerca in Egittologia presso la Freie Universität Berlin ed esperto di Predinastico), molti studiosi non sono nemmeno d’accordo con il considerare Scorpione II un faraone a sé, identificandolo con Narmer o addirittura negando che sia veramente esistito.
Ultimamente la missione spagnola a Qubbet el-Hawa, Necropoli dei Nobili ad Assuan Ovest, sta facendo parlare di sé con scoperte curiose e inusuali. Dopo il deposito con 11 mummie di coccodrillo, è il turno di quello che potrebbe essere un vero e proprio primato della medicina: il più antico caso di trattamento ginecologico individuato in un contesto archeologico.
La scoperta della “paziente”, in realtà, risale al 2016 (ne ho parlato qui), quando il team di Alejandro Jiménez Serrano (Universidad de Jaén) trovò il sarcofago di Sat-tjeni, prominente nobildonna vissuta nella seconda metà della XII dinastia e già nota da fonti epigrafiche. Sat-tjeni V, infatti, era la sposa del governatore di Elefantina Heqaib II e madre di altri due nomarchi sotto il regno di Amenemhat III (1853-1809 a.C.), Heqaib III e Ameny-Seneb, nelle cui tombe è presente il nome della donna.
All’interno della bella cassa parallelepipeda dipinta in legno di cedro del Libano, il corpo della donna, morta intorno ai 30 anni, era in stato scheletrico con qualche traccia di bende e della maschera funeraria in cartonnage. I suoi resti sono stati studiati da antropologi dell’Università di Granada che hanno pubblicato i risultati delle loro ricerche sull’ultimo numero di Zeitschrift für Ägyptische Sprache und Altertumskunde.
Tra i dati più interessanti c’è una lesione traumatica al bacino che provocava forti dolori a Sattjeni, oltre ad averne pregiudicato la possibilità di avere figli. Più che come rimedio definitivo alla frattura, sarebbe un palliativo la ciotola trovata tra le sue gambe (foto a sinistra). Il contenitore di ceramica, infatti, presenta evidenti segni di bruciature compatibili con le fumigature che avrebbero mitigato la sofferenza della donna anche nell’aldilà.
Secondo i ricercatori spagnoli, sarebbe quindi la prima traccia archeologica di una pratica già conosciuta su papiri medici in cui si consiglia l’uso del fumo per favorire la fertilità e risolvere problemi ginecologici. Nel coevo Papiro di Kahun, ad esempio, si prescrive di esporre la “parte in questione” al fumo della carne arrostita o di un mix di incenso, grasso, birra dolce e datteri (pubblicato in Griffith F. Ll., The Petrie Papyri: hieratic papyri from Kahun and Gurob ; principally of the Middle Kingdom I: Text, London 1897, pp. 6 e 9). Il papiro, scoperto a Kahun da Petrie nel 1889, contiene una serie di rimedi risalenti al 1800 a.C. circa per problemi femminili e riguardanti fertilità, maternità e contraccezione.
Nuovi rari ritrovamenti in una tomba sulla riva ovest di Assuan per la missione italo-egiziana (EIMAWA – Egyptian-Italian Mission at West Aswan) diretta dalla prof.ssa Patrizia Piacentini (Università Statale di Milano) e da Abdel Monaem Said (Ministero del Turismo e delle Antichità). La sepoltura, nominata AGH026, era stata scoperta con circa35 mummie durante la prima campagna di scavo nel 2018 e fa parte della vasta necropoli che si estende attorno al mausoleo islamico di Aga Khan.
Continuando la ricerca, lo scorso anno è emerso un frammento di decorazione di un sarcofago ligneo risalente al II sec. a.C. Infatti, sebbene la tomba sia stata realizzata in Epoca Tarda (VI sec. a.C.) per il “capo carovaniere” Tjt, presenta palesi tracce di riutilizzo fino al periodo greco-romano. ll fragile pezzo di stucco, dai colori ancora vividi, ritrae il muso di un leopardo che si trovava in corrispondenza della testa del defunto, probabilmente come simbolo di forza e rigenerazione.
In un’altra stanza dell’ipogeo è stata ritrovata una ciotola contenente una ricca offerta per l’aldilà: pinoli (foto in basso). Questo prodotto era un bene di lusso perché d’importazione e quindi indica una certa agiatezza della famiglia del morto.
Nello Wadi Abu Subeira, vallata nel deserto orientale a 10 km nord da Assuan, un team di archeologi egiziani ha individuato una serie di graffiti che vanno dall’inizio alla fine del Predinastico (IV millennio a.C.). Il sito è già noto da circa un decennio per incisioni rupestri anche più antiche (fino a 15-20.000 anni fa), ma questa volta, almeno secondo il segretario generale dello SCA Mostafa Waziry, saremmo di fronte alle prime iscrizioni reali della zona.
Infatti, oltre ai consueti animali che vivevano nell’area all’epoca – antilopi, giraffe, elefanti, coccodrilli -, ci sarebbero anche una rappresentazione di un centro ‘urbano’ con scene di allevamento di bestiame e alberi piantati, decorazioni floreali e simboli da ricondurre alla regalità, come il falco Horus e il serekh, o “facciata di palazzo” (foto in alto), che era la cornice in cui era inserito il nome del sovrano. Inoltre, aggiunge Abdel Moneim Said (direttore generale delle Antichità di Assuan e della Nubia), alcuni petroglifi apparterrebbero ai primi faraoni come Scorpione e Narmer. Se fosse confermata questa interpretazione, bisognerebbe registrare un precoce controllo stabile dell’estremo sud dell’Egitto.
العثور على اوائل النقوش الملكيه فى الصحراء الشرقيه شمال شرق أسوان
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Sulla riva ovest di Assuan, la missione italo-egiziana diretta dalla prof.ssa Patrizia Piacentini (Università degli Studi di Milano) e da Abdel Monaem Said (Ministero delle Antichità) ha scoperto una tomba con circa 35 mummie.
Il team dell’ateneo meneghino era stato chiamato in Egitto nel luglio 2018 per mappare le circa 300 sepolture rupestri nell’area del mausoleo islamico dell’Aga Khan, ma già al primo giorno di missione lo scorso gennaio è stata individua la scalinata d’ingresso di una nuova tomba, seppur depredata in antichità.
La struttura era stata realizzata in origine per Tjt, “Capo carovaniere” di Epoca Tarda (VI secolo a.C.), ma probabilmente riutilizzata fino al periodo greco-romano.
La prima grande camera funeraria conteneva circa 30 mummie in buono stato di conservazione, tra cui alcune di bambini disposte in una nicchia laterale. Con loro sono stati ritrovati vasi contenenti bitume per l’imbalsamazione, anfore, frammenti di cartonnage dipinto o ancora bianco, una lucerna, una statuetta lignea dell’uccello-ba e porzioni del sarcofago le cui iscrizioni hanno fornito nome e titoli del proprietario della tomba e dei suoi familiari. Appoggiata a una parete c’era ancora una barella in legno di palma e strisce di lino usata per portare i corpi dei defunti.
In una seconda sala laterale si trovavano altre quattro mummie di cui due sovrapposte e adagiate in una fossa scavata direttamente nella roccia: si tratta di una donna alta 1,50 m e di un bambino – probabilmente suo figlio – ancora coperte da cartonnage dipinto e da una maschera funeraria di papiro. Maggiori informazioni sull’identità degli individui arriverà con gli esami antropologici la prossima missione. Qui il corredo comprendeva vasi contenenti il cibo per l’aldilà.
Due anni fa, a chiusura della prima stagione del Qubbet el-Hawa Research Project (University of Birmingham in collaborazione con l’Egypt Exploration Society), era stato individuato un muro in pietra (foto in basso) che faceva presagire la presenza di tombe. E in effetti era così.
Oggi Mostafa Waziry, segretario generale del Supremo Consiglio delle Antichità, ha annunciato la scoperta di 6 tombe rupestri risalenti all’Antico Regno nella necropoli di Qubbet el-Hawa, sulla riva occidentale di Assuan. Ad effettuare il ritrovamento il team di Martin Bommas (da poco alla Macquarie University a Sydney) che, tuttavia, si è accorto da subito che le sepolture erano state depredate già in antichità. I muri in mattoni crudi che sigillavano le entrate, infatti, erano stati in parte abbattuti dai tombaroli e all’interno, oltre a diversi vasi, sono stati ritrovati solo un frammento di maschera funeraria e un amuleto in bronzo del dio Khnum. Lo studio della ceramica ha permesso di capire che le tombe sono state riutilizzate fino all’Epoca Tarda.