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Gerusalemme, scoperto amuleto egizio con cartiglio di Thutmosi III

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Source: jpost.com

Neshama Spielman a soli 12 anni può già dirsi soddisfatta della sua prima esperienza con l’archeologia. La bambina, infatti, è tra i volontari del Temple Mount Sifting Project che, fin dal 2004, sotto la guida di Gabriel Barkay e Zachi Dvira (Bar-Ilan University), stanno setacciando tonnellate e tonnellate di terra scaricata illegalmente sulle pendici occidentali del Monte Scopus, altura che si trova a nord-est di Gerusalemme. Nonostante sia un terreno ormai fuori contesto, contiene centinaia di migliaia di reperti perché proviene dal Monte del Tempio dove, nel 1999-2000, senza badare all’importanza storica e religiosa del luogo e senza il controllo di alcun archeologo, sono stati effettuati pesanti interventi edili. Nell’ambito del salvataggio di questi dati rimasti, Neshama ha trovato sul suo retino metallico un amuleto egizio frammentario con parte del cartiglio di Thutmosi III (1479-1424). Sul pendaglio, infatti, si legge la parte superiore del prenomen del faraone, Men-Kheper-Ra. Ora l’oggetto sarà studiato da Baruch Brandl, egittologo dell’Israel Antiquities Authoriy. Ricordo che uno scarabeo di Thutmosi III è stato scoperto in Israele nel febbraio scorso.

https://templemount.wordpress.com/2016/04/19/rare-egyptian-amulet-bearing-name-of-ancient-pharaoh-found-in-earth-discarded-from-temple-mount/

 

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Da rifare il processo a Erdmann e Görlitz

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Source: mz-web.de

Ricordate il caso Görlitz-Erdmann? I due ciarlatani beccati a rubare campioni di roccia all’interno della Grande Piramide di Giza per provarne la datazione a 13.000 anni fa? Se non ne avete mai sentito parlare, qui potete trovare tutti i particolari della vicenda. In ogni caso, i due tedeschi, più il loro cameraman, erano stati condannati in contumacia (ovviamente perché scappati dall’Egitto) a 5 anni di carcere, soprattutto per aver raschiato pigmenti di un cartiglio di Cheope. Ma, nonostante la richiesta ufficiale all’Interpol di un mandato di cattura internazionale, in patria se l’erano cavata solo con una multa di 1200 euro. I sei egiziani accusati di averli aiutati, invece, sono stati puniti con 22 mesi di reclusione. Ora, però, il quotidiano regionale della Bassa Sassonia Mitteldeutsche Zeitung fornisce qualche speranza ai due “pseudo-archeologi” segnalando che gli avvocati di uno dei complici, il tour operator Fergany Al Komaty, sono riusciti a far riaprire il caso e a far liberare il loro assistito dopo 18 mesi. Poi, sono stati rilasciati anche gli altri cinque, tre ispettori del Ministero delle Antichità e due guardiani del sito. Sembra, infatti, che alcuni capi d’imputazione siano stati messi in dubbio e che, per questo, sia necessario iniziare un nuovo processo. Erdmann e Görlitz sperano che cada l’accusa più grave che loro hanno sempre rigettato, cioè quella di aver danneggiato il cartiglio reale tracciato in rosso nella “Campbell’s Chamber”.

http://www.mz-web.de/mitteldeutschland/archaeologe-dominique-goerlitz-aegypten-laesst-alle-helfer-von-sachsens-indiana-jones-frei,20641266,32950342.html

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Reeves: la maschera di Tutankhamon era di Nefertiti

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Source: “The Golden Mask of Ankhkheperure Neferneferuaten”

Ormai  è certo che nella tomba di Tutankhamon ci siano due stanze nascoste, ma a Nicholas Reeves questo non basta e continua imperterrito a pubblicare articoli che proverebbero la sua teoria principale secondo la quale, dietro quei muri, ci sarebbe la sepoltura di Nefertiti. Quest’idea era stata espressa già da tempo, soprattutto in riferimento all’oggetto più famoso proveniente dalla KV62: la maschera funeraria d’oro.

Secondo l’egittologo britannico, infatti, la maschera non sarebbe stata realizzata originariamente per Tutankhamon ma per una donna. Solo in un secondo momento, a causa della morte improvvisa del faraone, l’oggetto sarebbe stato riutilizzato cambiandone in parte i connotati. La stessa cosa sarebbe successa anche con il sarcofago aureo più interno. Finora, però, i suoi ragionamenti si erano fermati su osservazioni tutt’altro che probanti come la diversa composizione dell’oro del nemes (22,5 carati) rispetto a quella del volto (18,4 carati); quest’ultima porzione sarebbe stata sostituita al momento del “riciclo”. Un altro indizio si troverebbe nella presenza di buchi ai lobi delle orecchie, caratteristica molto rara nelle rappresentazioni dei sovrani maschi e, quindi, più adatta a un utilizzo femminile.

Con il recente restauro* della barba posticcia, però, si è prospettata la possibilità di analizzare da vicino la maschera e, da una foto scattata al cartiglio reale (vedi in alto), è arrivata quella che potrebbe essere la prova del nove. Tra i geroglifici del praenomen di Tutankhamon, Neb-Kheperu-Ra (“Ra è signore delle manifestazioni”), si intravedono segni leggeri riconducibili a una precedente iscrizione mantenuta solo in minima parte. Reeves, in collaborazione con specialisti del calibro di Ray Johnson (University of Chicago, Oriental Institute) e Marc Gabolde (Université Paul Valéry – Montpellier III), ha provato a ricostruire la titolatura cancellata per arrivare al nome del vero proprietario. Nel disegno in basso realizzato da Gabolde, si vedono le tracce precedenti in rosso, l’attuale cartiglio in verde e quello originario in arancio: anx-xprw-ra mr(.t) nfr-xprw-ra, “Ankhkheperura amata da Neferkheperura (nome d’intronizzazione di Amenofi IV)”. Il predecessore di Tutankhamon, quindi, sarebbe Ankhkheperura Neferneferuaten, co-reggente di Akhenaton e meglio conosciuta come Nefertiti. Poi, con il passaggio della maschera al “faraone bambino”, il cartiglio sarebbe stato accorciato creando spazio per la formula mAa-xrw, “giusto di voce”.

Immagini e articolo originale nel Journal of Ancient Egyptian Interconnections vol. 7 n°4.

*Il restauro è stato completato e la maschera sarà di nuovo esposta al pubblico il 16 dicembre dopo una conferenza stampa del ministro El-Damaty.

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Source: “The Golden Mask of Ankhkheperure Neferneferuaten”

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