Articoli con tag: Fayyum

Philadelphia, scoperte tombe greco-romane con sarcofagi e ritratti del Fayyum

Source: Ministry of Tourism and Antiquities

Piano piano, a distanza di un anno, iniziano a essere annunciate ufficialmente tutte le scoperte anticipate nella terza stagione della serie di documentari National Geographic “Lost treasures of Egypt”. Questa volta è il turno di un vasto sistema funerario di epoca greco-romana individuato a Philadelphia, città fondata da Tolomeo II (286-246 a.C.) nel nord-est del Fayyum. Nell’episodio di cui avevo già parlato (vedi qui l’articolo) si indugiava in particolare su un sarcofago in legno del II sec. a.C. ancora sigillato con relativa mummia e una bellissima statuetta in terracotta dipinta di Iside-Afrodite (foto in alto).

Source: Ministry of Tourism and Antiquities

Tuttavia, i risultati della missione egiziana diretta da Basem Gehad non si limitano a questo. Le tombe scavate vanno dal III sec. a.C. al III sec. d.C., riflettendo l’evoluzione architettonica funeraria dal periodo tolemaico a quello romano. Le sepolture, tra cui 6 grandi catacombe in blocchi di calcare, si dispongono attorno a un edificio con pavimenti lastricati con mattonelle in malta colorata e una sala a 4 colonne (foto in basso). Diversi sono stati i sarcofagi scoperti, alcuni antropoidi altri a cassa con coperchio a doppio spiovente, ma spicca il primo ritrovamento dopo oltre un secolo dei cosiddetti “ritratti del Fayyum” (foto in alto al centro), raffigurazioni realistiche del defunto realizzate ad encausto o tempera per lo più su tavole di legno che venivano poste sul volto delle mummie in epoca romana.

Source: Ministry of Tourism and Antiquities
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Fayyum, scoperto sarcofago sigillato di epoca tolemaica con mummia e statuetta di Iside-Afrodite

Source: National Geographic “Lost Treasures of Egypt” 03×04

Recentemente ho dato un’occhiata alla terza stagione della serie di documentari National Geographic “Lost treasures of Egypt”, che verrà trasmessa in Italia dal 22 novembre con il nome “I grandi tesori d’Egitto”, ma che è stata già lanciata negli USA e in altri paesi. Le varie puntate presentano interessanti notizie in anteprima da diverse missioni archeologiche in Egitto, mostrando scoperte non ancora annunciate e di cui, solo in alcuni casi, sono uscite anticipazioni giornalistiche. Prenderò quindi spunto dagli 8 episodi per scrivere alcuni articoli, riservandomi la possibilità di integrarli con aggiornamenti quando e se ci saranno comunicazioni ufficiali da parte delle autorità egiziane o dei protagonisti degli scavi.

Inizio parlando della quarta puntata, “Rise of the Mummies”, in cui, tra le altre cose, sono stati illustrati i risultati del team egiziano che, sotto la direzione di Basem Gehad (sulla sinistra nella foto in basso), lavora a Philadelphia, a nord-est del Fayyum. La città fu fondata da Tolomeo II (286-246 a.C.) e venne abbandonata probabilmente alla fine del IV sec. d.C., coprendo quindi buona parte del periodo greco-romano dell’Egitto. Il focus della missione, attiva dal 2016, è l’indagine della necropoli, in un’area desertica scelta grazie alle foto satellitari. In particolare, durante l’ultima stagione sono emerse sei tombe rupestri di epoca tolemaica, tra le quali una ha riservato una grande sorpresa: un sarcofago ancora sigillato.

Source: National Geographic “Lost Treasures of Egypt” 03×04

La peculiarità della scoperta non sta tanto nell’integrità del sarcofago – cosa abbastanza comune in Egitto – ma nella commistione di tradizioni funerarie locali ed ellenistiche riscontrabili nella sepoltura. Infatti, all’interno di una piccola struttura in mattoni crudi con copertura a volta, è stata recuperata una cassa lignea dipinta con coperchio a doppio spiovente. La tipologia non propriamente egiziana del sarcofago si nota anche nelle decorazioni a festoni di foglie e fiori sulle pareti laterali che, secondo Gehad, si daterebbero al II sec. a.C. All’interno, però, la giovane defunta conserva ancora tracce di mummificazione, a testimonianza della fusione delle due credenze.

Accanto al corpo, era adagiata una magnifica statuetta in terracotta dipinta (foto in alto), perfettamente conservata se se si escludono i piedi fratturati. La figurina rappresenta Iside-Afrodite, forma ibrida delle due dee tipica del periodo greco-romano, raffigurata nuda con le braccia stese lungo il corpo, i tipici boccoli detti “libici”, diversi gioielli, un velo sulle spalle e un elaborato copricapo che comprende ghirlande floreali e un kalathos (un tipo di contenitore che si allarga verso l’alto). La nudità e l’evidenziazione della zona pubica indicano chiaramente come l’oggetto servisse ad augurare fertilità e rinascita.

Per approfondire: https://www.academia.edu/43928414/The_Necropolis_of_Philadelphia_Preliminary_results_Basem_Gehad_Ahmed_Hammad_Adel_Saad_Mohamed_Samah_and_Mohamed_Hussein_With_contributions_of_Sherif_Abd_El_Moniem_Yasser_Mahmoud_Sara_Saber_Nermien_Aba_Yazied_Mahmoud_and_Ahmed_Gabr

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Scoperte 30 monete d’oro di oltre 1000 anni nel Fayyum

Source: Ministry of Tourism and Antiquities

Per una volta, l’utilizzo della parola “tesoro” – o meglio, “tesoretto” – riferita a una scoperta non è improprio. Nel gergo archeologico, infatti, un tesoretto è un gruppo di monete nascosto in antichità, ma mai più recuperato.

In questo caso, il gruzzolo è davvero consistente perché la missione egiziano-russa a Deir el-Banat, sul bordo sud-orientale del Fayyum, ha ritrovato un sacchetto di lino, ancora chiuso con un sigillo in argilla, che contenevale 33 monete risalenti alla dinastia abbasside.

Tra queste ci sono 28 dinar d’oro coniati durante i califfati di Al-Mu’tasim Bi’llah (833-842), Al-Muqtadir Bi’llah (908-932) e Al-Radi Bi’llah (934-940). Si tratta sicuramente di una delle più importanti scoperte effettuate nel sito da quando, nel 2003, è partita la prima campagna di scavo, all’inizio solo russa. Nell’area, negli anni scorsi sono state individuate anche mummie di epoca greco-romana e altre testimonianze di età copta e islamica.

http://www.cesras.ru/deyatelnost/arheologiya/fajjum-dejr-al-banat

Source: Ministry of Tourism and Antiquities
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Aperta al pubblico la piramide di el-Lahun

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Source: fayoumegypt.com

Nuova alternativa per i turisti che visiteranno l’Egitto e in particolare il Fayyum. Stamattina, alla presenza del ministro delle Antichità Khaled el-Enany e del segretario generale dello SCA Mostafa Waziry, è stata aperta per la prima volta al pubblico la piramide di El-Lahun (spesso riportata come Illahun), la sepoltura monumentale del faraone Sesostri II (1895-1878 a.C.). La piramide, l’unica del Medio Regno ad essere accessibile, si trova nell’estremo est del governatorato del Fayyum. La struttura era composta da un nucleo di mattoni crudi, in parte collassato, posizionato su uno sperone di roccia naturale e dal rivestimento in pietra calcarea che è stato asportato già da Ramesse II. Io stesso anni fa avevo potuto visitare solo i dintorni e affacciarmi appena sul pozzo d’ingresso – piuttosto ripido – che diversamente dal solito si trova sul lato sud e non su quello nord. Inoltre, sono stati presentati anche diversi ritrovamenti effettuati durante i lavori di restauro dell’area, come mummie, maschere funerarie, ushabti, amuleti e altri oggetti appartenenti a corredi più tardi (foto e video in basso).

 

 

 

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Fayyum, scoperto pozzo funerario di Medio Regno

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Source: MoA

Nella necropoli di Khelua, sul bordo sud-occidentale della pseudo-oasi del Fayyum, la missione egiziana diretta da Aiman Ashmawy ha individuato un pozzo funerario risalente al Medio Regno. Più precisamente, l’area era stata scelta per le sepolture durante il regno di Amenemhat III (1846-1801) e poi rioccupata dai Cristiani in età bizantina.

Il pozzo si trova a est della tomba del principe e governatore Uage, scoperta nel 1981 dalla missione dell’Università di Pisa, diretta dalla prof.ssa Edda Bresciani. Il profondo passaggio conduce a tre camere funerarie che, tuttavia, sono state già depredate in antichità. Ciò che resta del corredo funerario, infatti, si limita solo a un torso in arenaria (40 cm; foro in alto a sinistra), al frammento centrale di un’altra statua ma di basalto (20 cm; in basso a sinistra), qualche contenitore ceramico e tre coperchi di canopi in calcare (in alto). Secondo Ashmawy, sarebbero stati ritrovati anche i corpi dei canopi, seppur fratturati, con ancora i resti degli organi del defunto.

 

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Lisht, documentate 802 tombe di Medio Regno

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Source: MoA

Non una, non due, non tre, non dieci, non cento, bensì 802 tombe (!) documentate a Lisht, 60 km a sud del Cairo. È questa la mole del lavoro concluso con la stagione 2018 dal team americano-egiziano diretto da Sarah Parcak (University of Alabama, Birmingham), “archeologa spaziale” nota soprattutto per le sue attività di documentazione e monitoraggio degli scavi illegali e di ricerca di siti nascosti attraverso immagini satellitari (grazie alle quali nel 2015 ha vinto il TED Prize e un finanziamento da 1 milione di dollari). La missione, infatti, sta portando avanti ricognizione, mappatura e rilievo 3D dell’area meridionale della necropoli di Medio Regno dove, già nel 2016, aveva individuato la tomba di Antef, “Portatore del sigillo reale” sotto Sesostri I (1964-1919).

Le sepolture in questione, tutte indagate in precedenza, sono per lo più semplici ipogei scavati nella roccia, al massimo con sovrastrutture in mattoni crudi o calcare. Lisht è la necropoli di Itj-tawy, la capitale del Medio Regno fondata nei pressi del Fayyum da Amenemhat I (1994-1964 a.C.). Se della città non è ancora stata individuata l’esatta ubicazione, l’area sepolcrale presenta diverse tombe monumentali come le piramidi dello stesso fondatore e quella di Sesostri I, oltre ad altre strutture minori e mastabe di faraoni e funzionari della XII dinastia.

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Deir el-Banat, scoperta mummia greco-romana

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Source: MoA

La missione del Centro per gli Studi Egittologici dell’Accademia Russa delle Scienze (CESRAS) ha scoperto un sarcofago con una mummia di età greco-romana. Il ritrovamento è stato effettuato a Deir el-Banat, necropoli situata in pieno deserto oltre il bordo sud-orientale del Fayyum. Nonostante la bara di legno sia piuttosto danneggiata (foto in basso), la mummia, avvolta in un sudario di lino, è fortunatamente in ottimo stato di conservazione e presenta ancora maschera con lamina d’oro per il volto e copertura in cartonnage dai colori vividi (foto in alto, con tanto di dito sull’obiettivo). Mancano iscrizioni, ma sul torso, sotto la parrucca, si vedono il collare usekh, la dea alata del cielo Nut e i 4 figli di Horus (Duamutef, Hapi, Qebehsenuef, Imsety). Le tombe di questo cimitero vanno dal periodo tolemaico a quello copto e sono state quasi tutte depredate, ma gli archeologi del CESRAS, diretti da Galina Belova, hanno individuato diverse sepolture intatte.

http://www.cesras.ru/deyatelnost/arheologiya/fajjum-dejr-al-banat

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Source: MoA

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Scoperto il primo ginnasio ellenistico in Egitto

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Source: MoA

La presenza di gymnasia in Egitto era già attestata da fonti scritte su papiri tolemaici, ma non se n’era mai trovata traccia in scavi archeologici; almeno finora. La missione tedesca del Fayum Survey Project, diretta da Cornelia Römer (Deutsches Archäologisches Institut)ha infatti individuato i primi resti nel Paese di questo particolare tipo di edificio. La scoperta è stata effettuata a Medinet Watfa, villaggio situato 5 km a est di Qasr Qarun e non è un caso perché il Fayyum, insieme al Delta del Nilo, fu l’area egiziana più interessata dal ‘colonialismo’ greco dopo la conquista di Alessandro Magno. Watfa corrisponde all’antica Philoteris, città fondata da Tolomeo II (282-246 a.C.) in memoria della sorella Filotera. Il centro, al suo massimo apice, comprendeva 1200 abitanti di cui 1/3 era macedone; per questo non mancavano strutture architettoniche tipicamente ellenistiche.

Il ginnasio era il luogo preposto alla formazione fisica e intellettuale dei giovani Greci che iniziavano imparando a leggere e scrivere e poi passavano a studi più avanzati di retorica, grammatica, filosofia, musica, senza mai dimenticare l’allenamento del corpo. Della struttura di Watfa sono state ritrovate entrambe le parti caratterizzanti: la palestra, una grande corte a peristilio – probabilmente adorna di statue – usata anche come luogo di ritrovo, e il drômos, la pista adibita alle corse podistiche. In particolare, la lunghezza di circa 200 metri di quest’ultimo fa ipotizzare che sia stato progettato per le gare di stadion, uno sprint rettilineo di 192,28 m.

 

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Il “piccolo Anubi” di 34 milioni di anni fa

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Source: Plose One

Dopo mesi pieni di importanti scoperte archeologiche, è arrivato un periodo relativamente tranquillo che mi lascia lo spazio per una piccola divagazione paleontologica con sconfinamento nell’egittomania.

A una nuova specie di mammiferi carnivori estinti appena identificata è stato dato un nome ispirato alla religione egizia: Masrasector nananubis. Tale nomenclatura – che letteralmente è traducibile con “Affettatore egiziano (Masr è il nome arabo dell’Egitto), piccolo Anubi” – fa riferimento alle caratteristiche morfologiche dell’animale e al luogo di ritrovamento. Infatti, questo piccolo predatore (dalle dimensioni di una volpe) del gruppo degli ienodonti viveva nell’area del Fayyum 34 milioni di anni fa e si cibava soprattutto di roditori sezionandone la carne con i suoi denti affilati. Pare che, osservando su ossa fossili segni compatibili con queste zanne, ci abbiano rimesso anche i nostri scimmieschi ‘progenitori’. Anubi, invece, è stato tirato in ballo per una somiglianza con lo sciacallo, così come è già successo con il babbuino verde il cui nome scientifico è Papio anubis.

I primi resti del Masrasector sono stati scoperti una trentina di anni fa in una cava denominata Locality-41, ma l’individuazione della specie è recentissima grazie allo studio di Matthew R. Borths (Ohio State University):

http://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0173527

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Riaperto il Kom Aushim Museum nel Fayyum

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Source: panoramio.com/photo/37439300

Stamattina, alla presenza di autorità locali e archeologi, il ministro El-Enany ha inaugurato il Kom Aushim Museum, piccolo museo alle porte del sito tolemaico di Karanis, nel Fayyum (80 km a sud del Cairo). L’edificio era chiuso dal 2006 e ci sono volute 650.000 LE (quasi 43.000 €) per il rinnovo del sistema di sicurezza, d’illuminazione e delle teche espositive. La raccolta, nata nel 1974, comprende 320 reperti che descrivono la storia della pseudo-oasi (in realtà, il frutto di un ramo sotterraneo del Nilo) dal periodo predinastico a quello romano. In particolare, degni di nota sono due “ritratti del Fayyum”. Con l’attuale riapertura, inoltre, al nucleo originale sono stati aggiunti altri oggetti provenienti dal Museo Egizio del Cairo e da nuovi scavi.

Per una raccolta di foto dei pezzi esposti: http://www.egiptomania.com/antiguoegipto/museos/karanis.htm

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