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TEMA – la Toscana Egittologica tra Musei e Archivi

Giuseppe Angelelli, La Spedizione franco-toscana in Egitto, 1836 (particolare)

Quando Champollion diceva che “La strada per Menfi e Tebe passa da Torino”, sottolineando l’importanza del Museo Egizio da poco inaugurato, sicuramente aveva in mente la tappa precedente, dove transitarono alcune tra le più importanti collezioni egittologiche d’Europa: la Toscana.

Durante il XIX secolo, infatti, il porto franco di Livorno era la vera porta del continente verso il Mediterraneo orientale, lo scalo obbligato delle navi che, insieme a grano, spezie e prodotti esotici, trasportavano anche merci particolari come reperti archeologici e mummie. Nel porto labronico arrivarono i nuclei di antichità che poi confluirono verso altri centri toscani e i grandi musei di Torino, Parigi, Londra, Berlino, Leida ecc. Lo stesso Champollion si era recato nei magazzini del porto – che bisogna immaginare straripanti di statue, sarcofagi e stele – per selezionare pezzi da portare al Louvre. Il passaggio di questi bastimenti e la notizia dei loro carichi speciali sono ancora presenti nei registri originali conservati presso l’Archivio di Stato di Livorno.

Ma l’importanza della Toscana nella formazione della disciplina egittologica non si limita al mero ruolo di snodo commerciale. A Ippolito Rosellini nel 1826 fu affidata la prima cattedra di Egittologia al mondo presso l’Università di Pisa. Successivamente, l’orientalista pisano riuscì a convincere il Granduca Leopoldo II a finanziare – insieme al re Carlo X di Francia – la prima vera spedizione scientifica in Egitto del 1828-1829 (i “savant” di Napoleone non sapevano ancora leggere il geroglifico) che diresse insieme all’amico Champollion. Da questa missione arrivarono un’eccezionale mole di documenti, manoscritti e splendidi disegni, oggi conservati presso la Biblioteca Universitaria di Pisa, e i circa 2000 reperti che formarono il nucleo principale del Museo Egizio di Firenze. Altri oggetti, invece, rimasero a Pisa e oggi fanno parte del patrimonio delle Collezioni Egittologiche dell’Università di Pisa e dell’Opera della Primaziale Pisana.

Dal 1° settembre ho il piacere di lavorare proprio su questo argomento, nell’ambito di un assegno di ricerca presso il Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa, cofinanziato dalla Regione Toscana (POR FSE 2014-2020). Nello specifico, il progetto TEMA – la Toscana Egittologica tra Musei e Archivi, diretto dalla prof.ssa Marilina Betrò, si propone di creare una rete di connessioni tra quegli operatori culturali della regione che conservano materiale sulla missione di Rosellini e sulla formazione delle collezioni egizie esistenti o comunque passate per la Toscana. In particolare, si vuole studiare, digitalizzare e indicizzare i documenti della Biblioteca Universitaria di Pisa e dell’Archivio di Stato di Livorno relativi alle collezioni giunte dall’Egitto nella prima metà dell’800, e collegarli tra loro e con gli oggetti stessi tramite un web database e un sito web creati appositamente. Inoltre, coniugando il digital storytelling su diversi formati (testi, immagini HD, video, modelli 3D dei reperti dell’Opera della Primaziale Pisana e delle Collezioni Egittologiche dell’Università di Pisa) si racconteranno tutti i passaggi che dalla Valle del Nilo hanno portato alla creazione di altri grandi musei.

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“Tutankhamon, viaggio verso l’eternità” (Firenze, Palazzo Medici Riccardi)

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Da qualche anno il Ministero delle Antichità (oggi anche del Turismo) ha istituito un dipartimento interamente dedicato alla realizzazione di copie a grandezza naturale di famosi reperti egizi da prestare/vendere all’estero. Oltre al mero guadagno diretto, il progetto è stato pensato per invogliare turisti stranieri a visitare l’Egitto per vedere gli originali. In genere, infatti, questi pezzi sono usati per esposizioni pubbliche, ma in realtà anche voi, volendo, potreste acquistare il facsimile di un sarcofago da mettere in salotto. Inutile aggiungere che gli oggetti più gettonati siano quelli del corredo di Tutankhamon.

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Non è un caso che sia stata realizzata una mostra dedicata al giovane faraone che è passata per gli USA, l’America del Sud e alcune capitali d’Europa ed ora rimarrà per due anni in Italia toccando diverse città, a partire da Firenze. “Tutankhamon, viaggio verso l’eternità” è stata da poco inaugurata presso Palazzo Medici Riccardi e io sono andato a visitarla la settimana scorsa. La mostra, a cura di Maria Cristina Guidotti (già curatrice della sezione egizia del Museo Archeologico Nazionale di Firenze) e Pasquale Barile (History Lab), unisce oltre 100 copie ufficiali di reperti per lo più provenienti dalla tomba di Tutankhamon, veri pezzi del MAF e la ricostruzione in realtà virtuale immersiva della KV62.

Ad accompagnare la visita c’è Howard Carter stesso che, impersonato da un attore, racconta la storia della scoperta e approfondisce gli argomenti trattati in postazioni video disseminate lungo il percorso (foto a sinistra). Una versione più grande del vero di Selkis (l’originale “abbraccia” con altre tre dee tutelari il naos in legno dorato che conteneva la cassa canopica) vi accoglie a braccia aperte prima di passare a una sala dedicata ai predecessori di Tut in cui ci sono copie di oggetti di Yuya e Tuia (forse i bisnonni), del possibile padre Akhenaton e di Nefertiti. Poi si arriva finalmente al momento della celebre apertura della tomba, con la riproduzione della porta da cui sbirciare le “cose meravigliose” contenute nell’Anticamera (foto in basso).

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Molti degli oggetti dell’Anticamera – come uno dei carri, un letto funerario, la cassa con scene di caccia e guerra, il bellissimo trono dorato – sono esposti nelle due sale successive. Le statue dei due guardiani poi custodiscono l’entrata della riproduzione 1:1 della Camera funeraria dove al centro si trova la cassa in diorite che contiene il sarcofago antropomorfe esterno e una voce narrante spiega le diverse scene ritratte sulle pareti che vengono di volta in volta illuminate da un occhio di bue.

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Da qui si passa all’ultima parte della sezione delle copie in cui sono collocati gli oggetti più famosi trovati nella Camera funeraria e nel cosiddetto Tesoro.

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Ci sono ovviamente i due sarcofagi antropomorfi restanti, l’iconica maschera funeraria (a destra), la cassa canopica con il suo già citato naos dorato, lo scrigno di Anubi, statuette di divinità, modellini di barche, gioielli e perfino la mummia di Tutankhamon.

Le ultime tre sale servono a mostrare un generico contesto funerario grazie ai veri reperti prestati dal Museo Archeologico Nazionale di Firenze. Si possono ammirare stele, amuleti, scarabei, ushabti, statuine, vasetti, tessuti, una mummia di epoca romana e il sarcofago di Padihorpakhered, restaurato per l’occasione e mai esposto fino ad ora. Inoltre ci sono manichini di sacerdoti che riproducono il momento della mummificazione – con tanto di defunto immerso nel natron – e una ricostruzione di Tutankhamon con tutti i suoi problemi fisici (ma uno strano viso d’anziano).

L’esposizione si conclude con un’area dotata di diverse postazioni con visori VR e controller che vi permetteranno di esplorare la tomba in 3D ancora zeppa di oggetti. Ma non mi dilungo nella descrizione e vi rimando alla recensione dell’esperienza che avevo già vissuto lo scorso anno in occasione del tourismA 2019.

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In tanti in questi giorni mi hanno chiesto se valga la pena visitare la mostra e la mia risposta è affermativa, seppur con qualche considerazione da fare. Ho avuto la fortuna di vedere i veri reperti del corredo di Tutankhamon  nel Museo Egizio del Cairo e copie ufficiali nel bookshop del museo cairota e all’Accademia d’Egitto a Roma che, seppur realizzate – non sempre – con dovizia di particolari e scrupolosa attenzione, ovviamente non possono reggere il paragone con veri capolavori della produzione artigianale egiziana. Però devo ammettere di aver trovato i facsimile fiorentini meno plasticosi di quelli di Roma; inoltre possono essere considerati un buon palliativo per chi non abbia la possibilità di andare in Egitto. Ho apprezzato alcuni accorgimenti, come l’aver realizzato un secondo foro ad altezza bambino nella porta dell’Anticamera o la disposizione “a matrioska” della cassa canopica che permette di vederne il contenuto. Non mi esprimo invece sulle didascalie provvisorie che, secondo i responsabili, sarebbero state sostituite a breve con versioni corrette e definitive, con testi dedicati ai più piccoli. Avrei però utilizzato più foto – che comunque sono presenti – del fotografo della missione della KV62, Harry Burton, e magari esposto pagine del diario di Carter con la descrizione dei reperti e delle tappe della campagna di scavo.

Infine, consiglio assolutamente di provare la ricostruzione 3D che ha un biglietto a parte, ma che permette di indossare i panni di chi, ormai quasi 100 anni fa, trovò stanze piene zeppe di meraviglie.

TUTANKHAMON | Viaggio verso l’eternità

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“Firenze Archeofilm” (14-18 marzo 2018)

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Nuovo appuntamento con la divulgazione archeologica che vede come protagonista il mezzo cinematografico. Nell’ambito delle manifestazioni organizzate da Archeologia Viva per tourismA,  tra il 14 e il 18 Marzo 2018, si terrà la prima edizione di Firenze Archeofilm – Festival Internazionale del Cinema di Archeologia Arte Ambiente. La rassegna vedrà la proiezione di decine di film a carattere archeologico che potranno essere fruite gratuitamente da tutti presso il cinema La Compagnia (via Cavour 50r, Firenze). Ovviamente non mancherà l’antico Egitto che verrà raccontato attraverso 5 pellicole:

Mercoledì 14

CEAlex, 25 anni
(Sala Piccola, 11:30)
Creato nel 1990 da Jean-Yves Empereur, direttore di ricerca al CNRS, il Centro di Studi Alessandrini (CEAlex) fa capo a diverse missioni, organizzate in collaborazione con il Ministero di Antichità Egiziane, per la salvaguardia e la valorizzazione dell’eccezionale patrimonio di Alessandria. 25 anni dopo la sua fondazione, il CEAlex conta più di 80 persone: ingegneri, tecnici, ricercatori… J-Y Empereur rievoca la creazione del Centro e le tappe più importanti, grazie a immagini di archivio, anche inedite.

Giovedì 15

Le statue di Alessandria si muovono
(Sala Grande, 11:30)
Ad Alessandria le statue si muovono. E anche gli obelischi… I Tolemei, che hanno governato l’Egitto in età ellenistica, le hanno fatte scolpire per decorare la loro nuova capitale. In seguito, queste pietre millenarie hanno viaggiato fino a Roma, Londra e New York, dove si trovano attualmente. In età moderna sono state commissionate statue in marmo e in bronzo a Parigi e ad Atene per decorare le piazze di Alessandria. Anche queste statue sono comparse, scomparse e riapparse nel corso della storia della città.

Fotografare l’invisibile
(Sala Grande, 22.45)
La ricerca dell’invisibile interessa anche gli archeologi. Fotografie di oggetti, tombe, sarcofagi, mummie, lasciano intendere che sono andati persi alcuni elementi pittorici. D’altra parte, alcune tecniche di ripresa e di trattamento delle immagini permettono di rendere visibili tracce scomparse da secoli. André Pelle, ingegnere del CNRS, illustra questa avventura e ci porta ai confini dell’invisibile, tra l’archeologia, la fisica, e l’arte.

Venerdì 16

Alla scoperta del tempio di Amenophis III
(Sala Piccola, 10:00)
A Luxor, i colossi di Memnone, segnano l’ingresso del maestoso tempio di Amenophis III. A partire dall’inizio degli anni 2000, una équipe internazionale ha ridato vita a questo tempio, di cui, a parte i due colossi, ben poco era rimasto visibile. Seguiamo, insieme a tutta la squadra di archeologi, le grandi tappe di questa impresa, filmata a partire dal 2004, e prendiamo dunque consapevolezza del carattere grandioso di questo tempio, costruito da un faraone durante il suo regno pacifico e prospero.

Sabato 17

L’harem del Faraone del Sole
(Sala Grande, 17:45)
Nel gennaio del 2011, mentre la regione del Cairo subiva gli attacchi della rivoluzione egiziana, l’Università di Basilea realizzava due importanti scoperte nella Valle dei Re: una cripta contenente decine di corpi e una tomba fino a quel momento sconosciuta. Mentre gli archeologi e gli studiosi riflettono sull’identità dei resti contenuti in queste tombe, giungono a una conclusione stupefacente…

Per il programma completo: http://www.firenzearcheofilm.it/programma-completo/

 

Inoltre, tra i vari premi che verranno assegnati nella giornata conclusiva, ho il piacere di presentare la menzione speciale “WebAward” che verrà data «al film che più ha saputo coniugare l’intento didattico con quello divulgativo e ha presentato la scoperta o lo studio archeologico come facente parte del tessuto storico e sociale di una comunità». La giuria sarà composta dal sottoscritto e da altri archeoblogger:

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tourismA 2018: Egitto e non solo

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Dal 16 al 18 febbraio, presso Palazzo dei Congressi di Firenze, si terrà la quarta edizione di tourismA – Salone Archeologia e Turismo Culturale, la manifestazione che ormai è diventata un appuntamento imperdibile per chi si occupa di turismo, valorizzazione e divulgazione nell’ambito dei beni culturali. L’Egitto non sarà protagonista del Salone come lo scorso anno, quando ne è stato Paese ospite, ma riserverà comunque qualche spunto interessante. In particolare, ci saranno gli interventi di due tra i curatori del Museo Egizio di Torino:

  • Enrico FerrarisVenerdì 16, 17:20, Sala Verde (nell’ambito di IT’S BROKEN & UGLY: Archeologia e cultura materiale: Documentazione Analisi Interpretazione);
  • Paolo Del Vesco«Tutela del patrimonio culturale e inclusione sociale in Egitto: dal Museo allo Scavo», Sabato 17, 16:35, Sala 9 (nell’ambito di ARCHEOLOGIA IN ORIENTEIl contributo degli archeologi italiani: dalla tutela del patrimonio culturale al turismo consapevole).

Inoltre, Domenica 18, alle 12:25 nell’Auditorium, il documentarista Brando Quilici parlerà della ricerca di Zahi Hawass sulla cospirazione dell’harem e l’omicidio di Ramesse III (il mio articolo sull’argomento).

Poi non posso non segnalare altri eventi da segnare sull’agenda, a partire da ARCHEOSOCIAL, il consueto incontro di tourismA che, grazie all’organizzazione di Antonia Falcone e Domenica Pate (Professione Archeologo) e di Astrid D’Eredità (ArchePop)  e la partecipazione di Stefania Berruti (Memorie dal Mediterraneo), Marina Lo Blundo (Generazione di Archeologi), Giovanna Baldasarre (ArcheoKids), Giovina Caldarola (Aquinum), Antonio Plescia (Apostrofare Catilina in Senato), è completamente dedicato alla divulgazione archeologica via web. Quest’anno il tema principale sarà l’utilizzo delle immagini, tra meme e visual storytelling (Venerdì 16, 9:00-18:00, Sala 4).
Infine, conferenza succosissima quella curata dal CICAP – Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle PseudoscienzeANTICHI ASTRONAUTI… SULLA ROTTA SBAGLIATA: Riflessioni ai confini della fantarcheologia. Si parlerà ovviamente di bufale archeologiche, questa volta non solo eGGizie*. (Sabato 17, 12:00-14:00, Sala Verde).

Il programma completo: http://www.tourisma.it/wp-content/uploads/2018/02/programma_completo_2018.pdf

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“L’Egitto di Provincia”: Museo Stibbert, Firenze

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A Firenze, l’Egitto non si trova solo nel Museo Archeologico Nazionale che possiede una delle più importanti collezioni egizie d’Italia e non solo. Fuori dai consueti percorsi turistici, esiste un vero e proprio gioiellino che meriterebbe di essere visitato per respirare quell’atmosfera ottocentesca che ha originato molte delle raccolte che ho descritto in questa rubrica: il Museo Stibbert. Il museo prende il nome da Frederick Stibbert (1838-1906), eclettico collezionista di origini inglesi – ma nato e morto nella città toscana – che spese una buona parte del patrimonio familiare per raccogliere compulsivamente circa 50.000 oggetti. In particolare, la sua attenzione si rivolse verso armi e armature europee, arabe, indiane e giapponesi dal XV al XIX secolo che costituiscono uno dei più importanti insiemi del genere al mondo. La grandissima mole di materiale acquistato – disposta con un preciso ordine museologico che prevede anche manichini realizzati ad hoc per esporre costumi e corazze – ha costretto Stibbert perfino a far costruire un annesso all’allora piccola villa sul colle Montughi (centro-nord di Firenze; ancora oggi sede del museo da quando fu ceduta, secondo testamento, alla città per essere aperta al pubblico) e, come vedremo, ha letteralmente relegato la collezione egizia in un angolino.

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Un personaggio del genere non poteva di certo restare immune all’ondata di egittomania che stava investendo l’Europa dopo la spedizione napoleonica in Egitto (1798-1801) e quella franco-toscana di Champollion e Rosellini (1828-29), co-finanziata dal granduca Leopoldo II. D’altronde, in tutta Firenze cominciavano a vedersi architetture e decorazioni dal gusto neo-egizio; così, tra il 1862 e il 1864, Stibbert – spinto anche da simbologie esoteriche derivanti dalla sua affiliazione alla massoneria – si fece costruire dall’architetto Giuseppe Poggi un tempietto di ispirazione nilotica nel parco della villa (immagine in alto). La piccola cappella si sviluppa su una penisola in un laghetto artificiale che rappresenta il Nilo ed è decorata da pseudogeroglifici, figure di faraoni, statue in terracotta di sfingi e leoni, colonne papiriformi e perfino un obelisco.

Nella seconda sala del museo, invece, si trova la piccola collezione egizia di una ventina di reperti che, come anticipato, sono posti in un sottoscala! Lo spazio poco illuminato è in gran parte occupato sulla destra dai sarcofagi di Iretiru (“Signora della casa” e figlia di un Profeta di Amon, XXV-inizi XXVI din.) e di Nespasefy (“Profeta di Montu”, XXV-XXVi din.; da notare la rarità nell’uso del verde per il volto) e sulla sinistra dal coperchio di sarcofago di Pakharu (per maggiori informazioni, si legga il commento a questo articolo di malaspina82). Il resto degli oggetti si trova su una base nell’angolo più buio: due vasi canopi in calcare di Epoca Tarda (Qebehsenuef, testa di falco per contenere l’intestino, e Imsety, testa umana per il fegato); 7 scarabei di diversi materiali databili tra II Periodo Intermedio e Nuovo Regno; una gamba di sbagello in legno a forma di zampa di leone; un bronzetto tardo di Osiride; due occhi da intarsi in rame, calcite e ossidiana; 6 ushabti in faience di Epoca Tarda e tolemaica, alcuni dei quali con riferimenti in altri musei (ad esempio, il nome di Psametico figlio di Merneith, “Sovrintendente al computo della tavola reale” durante la XXVII dinastia, è presente in altre statuette conservate al Museo Archeologico Nazionale di Firenze, Leida, Cairo e Boston; per un accurato studio di questi ushabti: Rosati G., The shabtis of Psamtek, son of Mer(et)-Neith: additional material for their study, in GM 212, Göttingen 2007, pp. 93-100). Tutti gli oggetti sono pubblicati in: Del Francia P.R., Guidotti M.C., Stibbert e l’Egitto, in “Museo Stibbert Firenze 3: Frederick Stibbert. Gentiluomo, collezionista e sognatore”, Firenze 2000.

http://www.museostibbert.it/

Non potendo scattare foto decenti, ho preso le immagini di alcuni reperti del museo dal sito del Progetto OSIRIS (osiris.beniculturali.it):

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Egitto protagonista al tourismA di Firenze (17 febbraio 2017)

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ph. Nadia Pasqual*

Dal 17 al 19 febbraio, presso il Salone dei Congressi di Firenze, si terrà la terza edizione di tourismA – Salone Internazionale dell’Archeologia. Quest’anno, la manifestazione – ormai appuntamento imperdibile per chi si occupa di turismo, valorizzazione e divulgazione nell’ambito dei beni culturali – avrà come Paese ospite l’Egitto al cui patrimonio storico-archeologico sarà dedicata l’intera mattinata del 17 con il convegno: “Omaggio a Tutankhamon”. L’iniziativa è stata presentata ufficialmente lo scorso lunedì (6 febbraio) nello splendido scenario di Villa Savoia a Roma, sede dell’Ambasciata della Repubblica Araba d’Egitto, alla presenza di Emad Fathy Abdalla, direttore dell’Ente del Turismo Egiziano che ha organizzato la conferenza stampa, l’egittologo Francesco Tiradritti, direttore della Missione Archeologica Italiana a Luxor, e Piero Pruneti, direttore di tourismA e di Archeologia Viva (in foto).

Com’è chiaro dal titolo scelto, il giovane faraone – vera icona dell’antico Egitto nell’immaginario comune – sarà protagonista della prima parte della mattinata con gli interventi dell’egittologa Donatella Avanzo che illustrerà la copia in scala 1:1 della camera funeraria della KV62, visitabile gratuitamente durante tutta la durata del Salone, dell’antropologo Marxiano Melotti e, soprattutto, di Zahi Hawass che dovrebbe portare a Firenze le ultime novità sul controverso caso delle camere nascoste, recentemente ritornato alla ribalta grazie al coinvolgimento di tecnici del Politecnico di Torino per la terza scansione con georadar da effettuare nell’ipogeo. Poi si parlerà dell’influenza egizia nel mondo classico con Paolo Giulierini, direttore del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, e di alcune missioni archeologiche italiane in Egitto come quelle dell’Università del Salento a Soknopaiou Nesos (Mario Capasso, Paola Davoli) e dell’Università di Pisa a Dra Abu el-Naga, Tebe Ovest (Marilina Betrò).

 

Il programma completo:

  • 8:20
    Proiezione film “Viaggio al Silica Glass: il Vetro delle Stelle” di Alfredo e Angelo Castiglioni
  • 9:00
    Donatella Avanzo
    egittologa e storica dell’arte
    «La mirabile ricostruzione della camera funeraria di Tutankhamon a “tourismA 2017″»
    Presentazione di Tutankhamon e il suo tempo, una storia dinamica di Stefania Mimmo
  • 9:30
    Marxiano Melotti
    antropologo del Mondo antico docente all’Università Niccolò Cusano di Roma
    «Tutankhamon: un’icona mediatica tra archeologia mito e turismo»
  • 10:00
    Zahi Hawass
    egittologo
    «Ultime notizie dalla tomba del faraone bambino»

10:45 Pausa

  • 11:30
    Paolo Giulierini
    direttore Museo Archeologico Nazionale di Napoli
    «C’è Egitto ed Egitto! La civiltà dei faraoni nel mondo greco e romano»
  • 12:00
    Mario Capasso
    direttore Centro Studi Papirologici – Università del Salento
    Paola Davoli
    docente di Egittologia all’Università del Salento
    «Scavando l’isola del dio coccodrillo nel Fayyum»
  • 12:30
    Marilina Betrò
    docente di Egittologia all’Università di Pisa
    «Storie dal sottosuolo: ultime scoperte a Dra Abu el-Naga nella necropoli dell’antica Tebe»

http://www.tourisma.it/omaggio-a-tutankhamon/

 

*Colgo l’occasione per ringraziare la gentile Nadia Pasqual, marketing & PR per tourismA 2017, per avermi invitato alla conferenza stampa e fornito il materiale per questo articolo.

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Individuate le più antiche tracce di morte per insufficienza cardiaca

Tra le decine di lecture presentate durante l’XI International Congress of Egyptologists di Firenze, quella esposta mercoledì 26 dalla Dott.ssa Raffaella Bianucci (sezione di Medicina legale presso l’Università di Torino) è risultata particolarmente interessante. In “Unravelling the cause of death of a 18th dynasty élite individual (QV30)”, ha illustrato i risultati dello studio paleopatologico di una equipe internazionale sui resti mummificati di Nebiri, “Capo delle scuderie” sotto Thutmosi III (1479-1424). La tomba del funzionario, purtroppo depredata già in antico, fu scoperta nel 1904 nella Valle delle Regine da Ernesto Schiaparelli che portò al Museo Egizio di Torino ciò che rimaneva del corpo: la testa (cat: S.5109) e gli organi ancora contenuti nei quattro vasi canopi (S.5110, S.5111/02, S.5112, S.5113).

La testa della mummia, quasi completamente sbendata ma ben conservata, è stata sottoposta alla ormai consueta TAC che ha rilevato malattie tipiche dell’epoca come una forte paradontite, diversi ascessi e un’aterosclerosi mite alla carotide interna destra. La causa della morte, però, sopraggiunta tra i 45 e i 60 anni, è stata individuata grazie all’esame del polmone conservato nel canopo di Hapi (testa umana) che è parzialmente rotto e che, quindi, ha permesso il campionamento dell’organo. L’istologia è stata affidata al Prof. Andreas Nerlich (dipartimento di Patologia alla LudwigMaximilians-Universität di Monaco di Baviera) che ha riscontrato nel “paziente” un edema polmonare, cioè un aumento dei liquidi nello spazio extravascolare (interstizio e alveoli). Escluse, grazie alle colorazioni istochimiche, malattie come tubercolosi, granulomi o altre infezioni batteriche, si è capito che Nebiri morì per uno scompenso cardiaco acuto dovuto a un’insufficienza cronica al lato sinistro del cuore. Detto in parole povere, quando il cuore non è più in grado di pompare in modo efficiente, il sangue si accumula nei polmoni con conseguente emorragia interna a causa dell’aumento della pressione che spinge i globuli rossi contro le pareti dei capillari.

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“XI International Congress of Egyptologists”, Firenze 23-30 agosto

Source: ice11florence.org

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Finalmente ci siamo! Tra pochi giorni, a Firenze, si terrà l’XI International Congress of Egyptologists, convegno che porterà nel capoluogo toscano oltre 150 egittologi da tutto il mondo. Inizialmente previsto per il settembre del 2013 presso la Biblioteca di Alessandria, a causa dell’instabilità politica dell’Egitto, l’ICE è stato prima posticipato di un anno e poi definitivamente cancellato, fino alla scelta di una nuova location tra cinque città pretendenti (le altre erano Torino, Trieste, Melbourne e Varsavia). Dal 23 al 30 agosto, presso la sede dell’Università (via Capponi 9), si potrà assistere a decine di conferenze riguardanti le seguenti categorie: società, religione, archeologia, lingua e testi, storia, arte e architettura, musei, cultura materiale, Egitto fuori dall’Egitto, patrimonio, mummie, storia dell’egittologia, periodo greco-romano, studi copti, restauro, archeometria, papirologia, Libro dei Morti e preistoria. Inoltre, ci sarà anche il workshop dell’International Association of Egyptologists. Domenica 23, alla presenza del Ministro delle Antichità Mamdouh El-Damaty, si terrà la cerimonia di inaugurazione, mentre, da lunedì, gli interventi, sei alla volta in sei diverse sale, saranno divisi in tre o quattro sessioni giornaliere.

Anch’io avrò il piacere di essere presente al Congresso, anche se  solo lunedì e martedì. Quindi, per tutti quelli che non potranno partecipare di persona, racconterò in diretta lo svolgimento della manifestazione attraverso la pagina facebook di Djed Medu e, soprattutto, il mio profilo Twitter (@DjedMedu). Con l’occasione, poi, visiterò il nuovo allestimento del Museo Egizio di Firenze.

Per il programma completo e altre informazioni: http://www.ice11florence.org/program

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“L’Egitto di Provincia”*: i bronzi ellenistici di Palazzo Strozzi e del Museo Archeologico Nazionale di Firenze

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Paperofi I con la mascotte di Archeostorie alla mostra “Potere e Pathos”

* Questa volta, sfrutterò impropriamente, ma neanche tanto, la rubrica sulle collezioni egizie minori in Italia per parlare di una bella esperienza che ho vissuto lo scorso 30 aprile a Firenze. Invitato nel capoluogo toscano, ho potuto partecipare alla visita speciale, dedicata agli archeoblogger, di due mostre sulla scultura ellenistica in bronzo: “Potere e pathos” a Palazzo Strozzi e “Piccoli grandi bronzi” presso il Museo Archeologico Nazionale (entrambe aperte fino al 21 giugno). Così, non solo ho potuto ammirare alcuni capolavori provenienti da tutto il mondo, ma ho anche avuto il piacere di incontrare di persona autori di blog che seguivo già da tempo e conoscerne altri che, con passione e competenza, raccontano ogni aspetto dell’archeologia: Stefania Berutti (Memorie dal Mediterraneo), Elisabetta Giorgi e Francesco Ripanti (Archeokids), Marina Lo Blundo (Archeotoscana), Domenica Pate e Paola Romi (Professione Archeologo), Valentino Nizzo (Direzione Generale Musei MiBACT), Lidia Vignola (Liberarcheologia), più le gentilissime Giulia Sabattini e Benedetta Scarpelli di Palazzo Strozzi.

Ma, tornando all’asterisco iniziale, l’uso di questa rubrica non è poi così fuori luogo perché l’ellenismo ebbe in Alessandria uno dei principali centri propulsori della cultura, della scienza e della filosofia dell’epoca. Non a caso, il periodo viene fatto terminare convenzionalmente il 31 a.C., con la battaglia di Azio, la morte di Cleopatra VII e la caduta dell’ultimo regno ellenistico indipendente, quello d’Egitto. Dalla nuova capitale tolemaica, provengono alcuni dei capolavori presenti nelle due mostre e che fondono la tradizione di Skopas, Prassitele e Lisippo con la produzione artigianale locale. Non mancano, quindi, anche in Egitto, repertori tipici della scultura ellenistica come i ritratti e altre rappresentazioni realistiche.

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Testa-ritratto di Arsinoe III

“Potere e pathos. Bronzi del mondo ellenistico” è un vero e proprio evento internazionale che porterà 50 grandi opere, dopo la prima tappa di Palazzo Strozzi, al J. Paul Getty Museum di Los Angeles e alla National Gallery of Art di New York. Le sculture non provengono solo da Firenze (Museo Archeologico Nazionale e Uffizi), ma anche da Napoli, Roma, Madrid, Londra, Atene, Parigi, Vienna e New York. Il titolo della mostra sintetizza due delle caratteristiche principali dell’arte ellenistica: l’eccezionale drammaticità delle pose e l’utilizzo della ritrattistica nella propaganda politica.

Proprio a quest’ultimo caso appartiene l’unico esemplare tolemaico dell’esposizione: la testa di Arsinoe III. In prestito dalla collezione egizia “Giuseppe Acerbi” del Museo Civico di Palazzo Te (Mantova), raffigura il volto della regina (220-204), moglie di Tolomeo IV. In questo caso, all’accuratezza nella realizzazione dei tratti somatici, si aggiunge anche quella della resa dell’acconciatura che caratterizza Arsinoe in ogni sua rappresentazione.

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“Incognita negra”

In concomitanza con “Potere e Pathos”, si sta tenendo presso il Salone del Nicchio del Museo Archeologico Nazionale (la cui collezione egizia è la seconda in Italia) l’altra mostra che ho visitato: “Piccoli Grandi Bronzi. Capolavori greci, etruschi e romani delle collezioni mediceo-lorenesi”. Se nel primo caso le protagoniste erano grandi statue bronzee, qui sono esposti oltre 170 reperti che vanno dai 10 ai 60 cm raccolti dai Medici e dai Lorena (XV-XVIII sec.).

Appartenendo a collezioni antiche, i bronzetti sono suddivisi per tipologie. Per la ritrattistica ufficiale, ritroviamo Arsinoe III, posta accanto a un piccolo busto del padre Tolomeo III (246-222), mentre più numerose sono le statuette di divinità dell’Egitto greco-romano come Serapide, Giove-Ammone e Arpocrate. Infine, il vario repertorio è completato da soggetti esotici e/o grotteschi come nani e pigmei (qui è chiara l’influenza dell’arte faraonica che ha sempre contemplato questo tipo di iconografia) o come la bellissima “Incognita negra” (usata come immagine rappresentativa della mostra; vedi in alto), “collage” cinquecentesco che combina una brocca miniaturistica a testa di nubiana di età ellenistica con integrazioni rinascimentali.

Sarebbe vietato fare foto, ma noi archeo-raccomandati abbiamo avuto un permesso speciale:

Tolomeo III e Arsinoe III

Tolomeo III e Arsinoe III

Nani e pigmei

Nani e pigmei

Arpocrate

Arpocrate

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Giove-Ammone e Serapide

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“L’Egitto di Provincia”: Museo Missionario Etnografico Francescano di Fiesole (FI)

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Quest’articolo parlerà di un museo che non ho mai visitato. Poco male, internet è pieno di gente che scrive di cose che non conosce. Naturalmente scherzo. Pur volendo, non posso recarmi in ogni collezione egittologica d’Italia perché, come abbiamo visto, le si può trovare ovunque. Così, mi piacerebbe che anche chi segue il mio blog possa contribuire alla rubrica inviandomi la propria esperienza e la recensione delle piccole esposizioni di zona (se non si fosse capito, è un invito che vi faccio!). Questa volta, lascerò spazio a una persona di cui mi fido ciecamente. L’autrice del pezzo e delle foto che lo accompagnano è Julie Santoro, studentessa di egittologia nonché mia amica. Buona lettura.

 

Fiesole, che dai suoi 300 metri s.l.m. domina con una vista mozzafiato la città di Firenze, non è soltanto la Faesulae romana protagonista degli antagonismi che dal 91 a.C. caratterizzarono la guerra sociale. Questa cittadina fu, infatti, già un importante centro etrusco durante il IV sec a.C. e la sua storia, che si intreccerà in seguito con quella delle invasioni barbariche, si legherà anche alle vicende longobarde, in un periodo, quello altomedioevale, durante il quale i vescovi di Fiesole andarono acquisendo prestigio e potere. Un percorso storico-culturale durato secoli le cui testimonianze si conservano oggi nel Museo Archeologico di Fiesole ubicato all’interno dei 35.000 mq del sua suggestiva Area Archeologica.

Questa città può, però, offrire qualche ulteriore piacevole sorpresa. In una posizione panoramica, laddove un tempo sorgeva l’antica rocca etrusca, si trova, infatti, il complesso conventuale di San Francesco, il cui primo nucleo risale al 1125 e presso il quale, intorno al 1390, si stabilirono i frati Francescani Osservanti. Il complesso, visitabile nella sua interezza, attualmente comprende, oltre la chiesa, i tre chiostri e le celle dei frati (che nel 1418 ospitarono San Bernardino da Siena) e un piccolo Museo Etnografico.

Il primo nucleo di questa collezione nacque quando, agli inizi del XX sec., alcuni lavori di ripristino riportarono alla luce un certo numero di reperti archeologici di vario genere che Padre Cristoforo Giani ebbe la sensibilità di raccogliere insieme ad altri rinvenuti nel pozzo dell’orto del convento.

In realtà, un vero e proprio museo vide la luce solo qualche tempo dopo, quando, nel 1920, Padre Ambrogio Ridolfi venne destinato a questo convento e portò con sé alcune antichità cinesi inviate, sul finire dell’Ottocento, al Convento di Santa Margherita a Cortona (AR). Nel tempo, a questi cimeli se ne aggiunsero altri, sempre provenienti dalla Cina, inviati da altri confratelli impegnati come missionari in quelle terre lontane.

fParallelamente a questa raccolta proveniente dall’estremo oriente, grazie alla cooperazione fra Padre Sebastiano Bastiani (1891-1974) e Ernesto Schiapparelli (1856-1928), direttore dal 1881 al 1893 della sezione egizia del Museo Archeologico di Firenze e dal 1893 fino alla sua morte del Museo Egizio di Torino, se ne costituiva un’altra di antichità provenienti dall’Egitto.

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Fra i vari oggetti di questa piccola collezione, che conta diversi amuleti, alcuni ushabti, una maschera in cartonnage di epoca romana (vedi in alto) e alcune statuette di epoca tarda, un reperto spicca fra gli altri. Infatti, come ogni collezione egiziana che si rispetti, anche quella del Museo Missionario di Fiesole ha la sua mummia.

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In un sarcofago di ignota provenienza, il cui studio tipologico ha però permesso di ipotizzarne l’attribuzione alla XXV dinastia (747-664), è collocato un corpo avvolto in bende. Uno studio antropologico non invasivo della mummia effettuato nel 2007 all’interno dei locali dello stesso Museo dal Prof. Matteo Borrini (antropologo forense), dal Dott. Pier Paolo Mariani (archeologo e antropologo) e dal Dott. Massimo Rossini (medico radiologo), ha permesso di stabilire, attraverso l’analisi morfometrica del distretto pelvico e del cranio, il sesso del defunto che, nonostante il tipico appellativo femminile di nb.t pr (=“Signora della casa”) presente sul sarcofago, era in realtà un uomo morto fra i 25 e i 40 anni. È dunque possibile che questa mummia sia stata associata ad un sarcofago che non le apparteneva per fini legati a esigenze prima commerciali e poi museali (il periodo in cui la collezione si è formata non è lontano da quell’epoca durante la quale fare archeologia era, nella migliore delle ipotesi, rispondere unicamente a delle necessità di tipo collezionistico-antiquario, senza alcuna riflessione sulla metodologia scientifica), ma è anche possibile che si sia in presenza di una pratica lungamente attestata in Egitto come quella del “riutilizzo” e che questa strana coppia mummia-sarcofago sia stata il frutto di un’azione compiuta in antico. In ogni caso, l’individuo presenta una massiccia, precoce perdita dentaria, un’evidente degenerazione artrotica coxo-femorale sul lato sinistro ed evidenti esiti di periartrite della scapola destra. L’esame radiologico ha permesso di stabilire che il soggetto venne bendato con le braccia distese lungo i fianchi e che subì ablazione del cervello tramite sfondamento dello sfenoide. Inoltre, nella parte posteriore del bendaggio, era presente un foro, chiaro indizio del tentativo di accedere agli amuleti collocati all’interno della cavità toracica da parte dei ladri.

BIBLIOGRAFIA:

BORRINI M., MARIANI P.P., ROSATI G., ”Autopsia virtuale di due mummie egizie delle collezioni fiorentine: un’analisi antropologica preliminare”, in AAVV, 1961-2011: Cinquant’anni di congressi, passato, presente e futuro dell’Antropologia, vol. 2, Torino 2011, pp. 106-107.

BORRINI M., MARIANI P.P., ROSATI G., “Skeletal trauma by modern profanations on Egyptian mummies from Florentine colletion”, in 1st Mummy congress “Mummies and life sciences” abstract book, Bolzano 2009.

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