Articoli con tag: Hatshepsut

Rinnalzato l’obelisco caduto di Hatshepsut a Karnak

Continuano i lavori di restauro nel complesso templare di Karnak che stanno interessando strutture architettoniche e statue monumentali. Nello specifico, questa mattina il Ministero del Turismo e delle Antichità ha comunicato l’avvenuta anastilosi (ri-erezione) dell’obelisco di Hatshepsut che giaceva vicino il lago sacro.

Più precisamente, è stata rimessa in piedi solo la porzione superiore alta 11 metri e pesante 90 tonnellate, compreso il pyramidion in cui la regina è raffigurata inginocchiata alla presenza del padre divino Amon. Il monolite di granito faceva parte di una coppia fatta erigere da Hatshepsut (1479-1358 a.C.) tra il 4° e il 5° pilone del Tempio di Amon-Ra, di cui però resta integro solo l’obelisco nord alto circa 30 metri. Di quello sud si conserva nella posizione originaria solo il piedistallo e la parte bassa (foto in basso a destra), dopo che cadde in antichità, forse a causa di un disastroso terremoto.

L’attuale posizione della cuspide, nei pressi del grande scarabeo di Amenofi III, si deve all’egittologo francese Georges Legrain che la spostò dalle macerie durante il restauro della Grande Sala Ipostila.

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Deir el-Bahari, scoperto deposito di offerte ad Hathor sotto il tempio di Hatshepsut

ph. Polish Centre of Mediterranean Archaeology/M. Jawornicki

Torniamo a parlare dei “leak” della serie Lost Treasures of Egypt di National Geographic, anche se, in questo caso, la notizia sia stata già ampiamente diffusa su siti e blog online. Nel 5° episodio, dedicato alle regine egizie, tra le altre cose si parla anche di una scoperta effettuata sotto il tempio funerario di Hatshepsut, a Tebe Ovest, in un luogo apparentemente già indagato.

La missione polacca del Centro di Archeologia del Mediterraneo dell’Università di Varsavia, diretta da Patryk Chudzik, stava lavorando al restauro della Cappella di Hathor a Deir el-Bahari, nella porzione più meridionale del tempio, e, temendo per la stabilità di una tomba sottostante, aveva deciso di consolidarne il soffitto. La struttura ipogea, composta da un corridoio di 15 metri e da una camera funeraria con un foro per il sarcofago scavato nel pavimento, era già nota dalla fine del XIX secolo, quando era stata brevemente segnalata da Édouard Naville. Tuttavia, l’interno – a quanto pare, poco promettente – non era mai stato scavato sistematicamente fino alla primavera di quest’anno.

Gli archeologi polacchi si sono infatti accorti che tutta la superficie era ancora coperta da uno strato di detriti alto circa mezzo metro (foto in alto a destra) e pieno di di reperti. I pochi oggetti rimasti del corredo originale, tra cui spicca una statuetta in legno (in basso a destra), hanno permesso di datare la struttura all’inizio del Medio Regno, quindi 500 anni prima della costruzione del santuario di Hatshepsut. Purtroppo, l’assenza di iscrizioni e del sarcofago – probabilmente trafugato in antichità – non permettono di capire a chi appartenesse la tomba; tuttavia, secondo Chudzik, il defunto doveva essere un familiare stretto del faraone Mentuhotep II (2055-2004 a.C.), il cui tempio funerario era immediatamente a sud.

La stragrande maggioranza dei circa 500 oggetti risale però alla XVIII dinastia, facendo pensare a un riutilizzo – oltre che per sepolture ancora più tarde (come si vede da frammenti di sarcofagi di III Periodo Intermedio, come quello in alto a sinistra) – legato alla vita del Djeser-Djeseru di Hatshepsut.

Insieme a comuni vasi in ceramica, alcuni contenitori hanno forme femminili stilizzate in cui si evidenziano i seni (foto in basso); inoltre, sono stati ritrovati amuleti e parti di sculture in pietra di Hathor, figurine in faience di donne nude e statuette in argilla raffiguranti bovini (foto in alto). Tale materiale rimanda con evidenza a una funzione propiziatoria legata alla fertilità e alla dea venerata proprio sopra la tomba che, secondo il direttore della missione, sarebbe quindi servita come deposito delle offerte fatte dai fedeli al santuario.

Source: National Geographic “Lost Treasures of Egypt” 03×05

https://pcma.uw.edu.pl/en/2021/11/25/deir-el-bahari-extraordinary-discovery-under-the-chapel-of-hathor/

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Scoperto deposito di fondazione con il nome di Thutmosi II: vicini all’individuazione della sua tomba?

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Source: PAP/A. Niwiński

Gli egittologi diretti da Andrzej Niwiński (Istituto di Archeologia dell’Università di Varsavia) potrebbero aver effettuato a Deir el-Bahari una scoperta eccezionale. Infatti, indagando tra i detriti nelle vicinanze del tempio di Hatshepsut – dove i Polacchi scavano ormai da 60 anni –  hanno individuato un deposito di fondazione reale con implicazioni potenzialmente molto importanti.

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Source: PAP/A.Niwiński

In realtà, la scoperta risale al marzo dello scorso anno, ma solo in questi giorni è stata resa pubblica. Tra le rocce si trovava una cassa in pietra calcarea con una base quasi quadrata dai lati di circa 40 cm (foto in alto). All’interno erano conservati tre pacchetti di lino che contenevano lo scheletro di un’oca sacrificata (in basso a sinistra), un uovo dello stesso uccello e una cassettina di legno con un altro uovo avvolto, forse di ibis.

Accanto alla cassa è stato ritrovato un quarto involto di tessuto che celava un contenitore in legno (foto in alto a destra), che a sua volta conteneva un piccolo scrigno in faience verde a forma di cappella (foto in basso). L’oggetto, finemente decorato, presenta un cartiglio con il nome Aakheperenra, uno dei titoli del faraone Thutmosi II (1493–1479 a.C.).

L’importanza del ritrovamento è data dal contesto e proprio da questo nome. I depositi di fondazione, infatti, erano sepolture di oggetti rituali effettuate per consacrare un terreno prima della costruzione di un tempio o di una tomba. Tomba di cui, per il marito di Hatshepsut, non si conosce ancora l’ubicazione. Se infatti abbiamo la mummia di Thutmosi II perché spostata durante la XXI dinastia nella cachette di Deir el-Bahari (DB320) insieme ai corpi di altri faraoni, non sappiamo dove sia stato seppellito in origine. Per questo Niwiński spera che questo deposito possa aver avvicinato il suo team alla scoperta di una delle tombe reali che mancano ancora all’appello.

Video intervista (in polacco, ma con più immagini) al direttore della missione: http://naukawpolsce.pap.pl/aktualnosci/news%2C81016%2Cegipt-polacy-odkryli-depozyt-krolewski-sprzed-35-tys-lat-kolo-swiatyni

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Dahshur, ricostruito il “volto” della principessa Hatshepsut

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Source: Channel 4

Nell’aprile del 2017 gli archeologi egiziani avevano individuato a Dahshur (circa 40 km a sud di Giza) i resti di una piramide risalente alla XIII dinastia. Della struttura, in realtà, rimaneva solo la base a causa della successiva espoliazione dei blocchi in calcare. Anche la camera funeraria stessa appariva già depredata in antichità per l’assenza degli oggetti del corredo e per le ossa del defunto sparse sul pavimento.

Integra era solo la cassa canopica in legno che conservava ancora gli organi all’interno e che ha permesso di capire, grazie alla lettura delle sue iscrizioni, che la tomba apparteneva alla principessa Hatshepsut, figlia del faraone Ameny Qemau (1790 a.C. circa) e solo omonima della ben più nota regina di XVIII dinastia.

In realtà, mescolati alle ossa c’erano anche frammenti del sarcofago che era stato distrutto dai tombaroli. Ieri, in esclusiva per la trasmissione “Egypt’s Lost Pyramids” dell’emittente britannica Channel 4, è stato mostrato per la prima volta il frutto del restauro del sarcofago, pulito e ricomposto dagli archeologi dell’American University of Cairo. Sono riapparsi quindi i tratti di un volto femminile, caratterizzato da una parrucca hathorica, che secondo gli egittologi che lo hanno studiato sarebbe l’idealizzazione di quello della principessa Hatshepsut

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Individuato rilievo di Hatshepsut nei depositi della Swansea University

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Source: The Egypt Centre, Swansea University

In archeologia, si sa, capita spessissimo che le scoperte siano effettuate casualmente. Questo non succede solo nei cantieri edili ma anche nei magazzini dei musei. E l’ennesima conferma di tale regola potrebbe venire dal Galles, più precisamente dall’Egypt Centre della Swansea University. Ken Griffin, docente di Arte e Architettura Egiziana, si è infatti ritrovato tra le mani quello che potrebbe essere un reperto dall’importanza inaspettata: un rilievo di Hatshepsut.

L’egittologo aveva scelto due frammenti di calcare dai depositi del museo, notandoli per la forma inusuale in una vecchia foto in bianco e nero. I pezzi sarebbero serviti per una handling session con i suoi studenti, cioè un’esercitazione pratica su oggetti reali. In effetti, ci si accorge subito che le due parti del rilievo hanno un taglio strano, con la porzione superiore che sembra combaciare con quella inferiore. Sulla faccia anteriore è visibile una testa maschile, un ventaglio e parte di un’iscrizione geroglifica; sul retro della parte alta, invece, si trova il completamento del volto della persona rappresentata (immagine in basso). A come tutto ciò sia possibile ci arriveremo dopo.

Perché la questione importante è capire di chi sia la testa che, per la presenza dell’ureo, non può che appartenere a un faraone. Griffin è convinto che il rilievo raffiguri la celebre regina Hatshepsut (1478-1458) e che provenga dal suo tempio funerario di Tebe Ovest. La teoria si basa su considerazioni di tipo stilistico che riguardano la tipologia del ventaglio, la capigliatura a piccole ciocche e il diadema intrecciato, tutti elementi attestati a Deir el-Bahari. La decorazione parietale sarebbe così stata staccata nel XIX secolo, prima che il tempio fosse scavato dalla missione dell’Egypt Exploration Fund (oggi Egypt Exploration Society) tra 1902 e 1909, e poi sarebbe stata acquistata dall’antiquario londinese Sir Henry Wellcome (1853-1936), la cui collezione è arrivata a Swansea nel 1971. Se questa ipotesi fosse confermata, si dovrebbe poi cercare la posizione originaria del rilievo; per questo Griffin si è già rivolto alla missione polacca che lavora nel tempio di Hatshepsut da oltre 50 anni.

Invece, il mento barbuto sul retro altro non è che un’aggiunta posteriore, una contraffazione effettuata – tagliando e girando uno dei due pezzi – per rendere la figura completa aumentandone il valore di mercato. L’autore, quindi, potrebbe essere stato il venditore o Wellcome stesso. Poi, una volta arrivato in Galles, evidentemente il rilievo è tornato com’era prima per volere dei curatori dell’Egypt Centre. Altra particolarità: l’handling session si è tenuta l’8 marzo, Giornata Internazionale della Donna.

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Source: bbc.com

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Elefantina, scoperta cappella di Hatshepsut per barca sacra

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Source: MSA

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Source: MSA

A quanto pare, le polemiche portano bene. Continuano, infatti, le scoperte degli archeologi svizzeri e tedeschi che lavorano sull’isola di Elefantina. Questa volta, è la missione diretta da Felix Arnold (Deutsches Archäologisches Institut in Kairo) a fregiarsi di un importante ritrovamento: una serie di circa 30 blocchi di un edificio attribuibile ad Hatshepsut (1479-1457). Questa costruzione fu completamente smantellata in antichità e il materiale risultante fu riutilizzato per le fondazioni del tempio di Khnum di Nectanebo II. Altri blocchi erano stati già individuati dalla missione svizzera negli anni precedenti, ma solo ora è chiara la loro origine, anche grazie agli evidenti segni di damnatio memoriae che recano, come si può vedere dai cartigli della regina cancellati sotto il regno di Thutmosi III (a sinistra e in alto).

Secondo Arnold, si tratterebbe di una cappella che fungeva da stazione intermedia per ospitare la barca sacra durante le processioni dedicate a Khnum. Sui pilastri che circondavano l’unica sala, infatti, è raffigurato il dio locale (foto in alto) insieme ad altre divinità. Ma la particolarità del ritrovamento sta nella rappresentazione di Hatshepsut con fattezze femminili – poi rimpiazzate dal figliastro con quelle del defunto padre Thutmosi II (foto in basso) – caratteristica tipica dei suoi primi anni di regno e nota finora solo a Karnak.

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Source: MSA

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Identificati in Canada due oggetti appartenuti ad Hatshepsut

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urce: cbc.ca

Luther Sousa, ricercatore presso la University of Winnipeg, ha identificato due oggetti risalenti al regno di  Hatshepsut (1479-1457), oggi conservati nel museo antropologico dell’università canadese. In oltre cento anni, nessuno si era accorto che, sui due modellini lignei di zappa e di elevatore oscillante (vedi immagine), si trovava il cartiglio con il praenomen della regina, Maatkara. In particolare, le miniature provengono da uno dei depositi di fondazione del tempio funerario di Deir el-Bahari (anche il nome originale del luogo, “Djeser Djeseru”, è inciso sugli oggetti) scavati nel 1886-88 da Henri Édouard Naville per l’Egypt Exploration Fund (poi diventato Egypt Exploration Society). Furono poi acquistate dal collezionista Albert Edward Hetherington che, a sua volta, le diede all’università tra il 1903 e il 1925 insieme ad altri circa 450 reperti egizi. In realtà, oggetti del genere non sono così rari. I depositi di fondazione sono pozzetti rituali in cui venivano sepolte, tra le altre cose, piccole riproduzioni di attrezzi edili prima della costruzione di un tempio o di una tomba; esemplari provenienti proprio da Deir el-Bahari sono conservati anche nel Museo Egizio di Firenze (foto 1, foto 2), scoperti dalla spedizione franco-toscana di Champollion e Rossellini (1828-29).

http://news-centre.uwinnipeg.ca/all-posts/uwinnipeg-uncovers-ancient-egyptian-treasure/

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Gebelein, attribuito tempio ad Hatshepsut grazie allo studio delle iscrizioni

Source: http://scienceinpoland.pap.pl/en/news/news,407046,polish-archaeologists-discovered-an-unknown-temple-of-hatshepsut.html

Source: scienceinpoland.pap.pl/en/news/news,407046,polish-archaeologists-discovered-an-unknown-temple-of-hatshepsut.html

Egittologi del Centro Polacco di Archeologia del Mediterraneo (Università di Varsavia), grazie allo studio dei testi incisi sulle pareti, sono risaliti alla datazione di un tempio rupestre a Gebelein, 30 km a SE di Luxor. Il santuario scavato nella collina era già noto da molto tempo, ma non era mai stato indagato scientificamente a causa del pessimo stato di conservazione delle decorazioni e delle iscrizioni. Ora, però, la squadra diretta da Wojciech Ejsmond è riuscita a ottenere dati finora sconosciuti utilizzando moderne tecniche di image processing e fotogrammetria che hanno permesso di leggere segni invisibili a occhio nudo. Daniel Takács si è occupato della traduzione dei testi e ha capito che il tempio era dedicato ad Hathor “Signora di Gebelein” (d’altronde, l’antico nome della città era proprio Per-Hathor) e a un secondo dio che potrebbe essere Amon-Ra; in quest’ultimo caso, però, la decifrazione è molto più difficile perché nome e immagini della divinità sono stati scalpellati, probabilmente in età amarniana. Lo studioso polacco è arrivato anche ad attribuire la costruzione della struttura e la prima fase della decorazione ad Hatshepsut (1479-1457) per via di alcuni frammenti di geroglifici che presentano la desinenza femminile “-t”. Non è leggibile il nome della regina perché i suoi cartigli sono stati cancellati a causa della damnatio memoriae, verosimilmente a opera del figliastro Thutmosi III.

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Riaperto al pubblico il complesso solare del Tempio di Hatshepsut

Sun Cult complex in Temple of Hatshepsut at Deir El-Bahari by Luxor Times 1

Source: Luxor Times Magazine

Domenica scorsa, si è tenuta la cerimonia di apertura ufficiale del complesso solare del tempio di Hatshepsut a Deir el-Bahari. Il centro cultuale si trova nell’area nord della terza terrazza del tempio ed è di nuovo visitabile dopo un lungo periodo di restauro da parte della missione polacca diretta da Zbigniew Szafrański. Gli elementi principali consistono nella Cappella del Sole Notturno e in una corte con l’altare in calcare (vedi immagine). La prima, posta ad est per simboleggiare la resurrezione dell’astro all’alba, presenta una decorazione con il viaggio notturno della barca solare. L’altare, invece, serviva per i riti all’aperto legati al percorso diurno del sole e alla legittimazione il potere della stessa Hatshepsut che si insigniva del titolo di figlia di Amon-Ra. Restaurata anche la vicina Cappella di Anubi.

http://www.osirisnet.net/monument/deb/t3/e_deb_t3.htm

 

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Deir el Bahari, studiosi polacchi analizzano mummie e ricostruiscono il tempio di Thutmosi III

Periodo decisamente fruttuoso per gli egittologi polacchi! Dopo le scoperte a Gebelein e a el-Asasif, procedono le missioni dell’Università di Varsavia, in modo particolare nel sito che, fin dal 1961, più di tutti è legato in Egitto all’attività degli studiosi di questo paese est europeo: Deir el-Bahari.

Ad esempio, gli scienziati della Polish-Egyptian Archaeological and Preservation Mission stanno analizzando con TAC e raggi X le mummie dei sacerdoti di Montu (nella foto, la scansione sui resti di Nespekashuti). La maggior parte di questi officianti, infatti, durante la XXV dinastia (780-656), fu sepolta attorno al tempio di Hatshepsut in tombe che vennero scavate intorno al 1930. Per ora, sono stati studiati i corpi conservati presso il Luxor Museum e successivamente si passerà a quelli che si trovano nel Museo Egizio del Cairo e nel National Museum of Egyptian Civilization. Il progetto, iniziato a maggio, è affidato al Dott. Zbigniew E. Szafranski.

La Dott.ssa Monika Dolinska (Museo di Varsavia), invece, dirige il lavoro di ricostruzione virtuale del tempio funerario di Thutmosi III, costruito tra quelli di Mentuhotep II e di Hatschepsut e scoperto nel 1962 da Kazimierz Michałowski. Il modello tridimensionale, attualmente all’80%, prevede anche la riproduzione dell’impianto decorativo delle pareti ricollegando le migliaia di frammenti di rilievi scoperte durante oltre 50 anni di scavi.

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