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“Valley of the Kings. The Lost Tombs”: il documentario sulle ‘ultime’ scoperte di Zahi Hawass nella Valle delle Scimmie

Ieri è stato lanciato sulla piattaforma discovery+ “Valley of the Kings: the Lost Tombs”, il tanto atteso documentario sugli scavi di Zahi Hawass nella Valle dei Re e in particolare nel ramo occidentale chiamato “Valle delle Scimmie”. Vi dico subito che non è disponibile, almeno per il momento, sul catalogo italiano di Discovery Channel e per vederlo ho dovuto usare una VPN e abbondarmi al servizio americano.

Inizialmente si era parlato di una docuserie prevista per i primi mesi del 2019, tanto che, già nell’agosto del 2018, era stato rilasciato il trailer ufficiale. Il prodotto che invece è stato pubblicato ieri, con un ritado di due anni, è uno speciale di quasi un’ora e mezza in cui si racconta la ricerca da parte di Hawass delle tombe perdute di alcuni familiari di Tutankhamon. Ma se in origine l’attenzione, come si vede nel primo trailer, era rivolta alla moglie Ankhesenamon, questa volta il focus è completamente incentrato sulla matrigna Nefertiti. D’altronde, fino a poco tempo fa il celebre archeologo egiziano asseriva con certezza che la tomba della regina amarniana non fosse da cercare a Luxor; al contrario, fin dalla scoperta di quattro depositi di fondazione nella Valle delle Scimmie era convinto di essere vicino all’ultima dimora di Ankhesenamon.

Ma tutto questo hype si è poi effettivamente concretizzato in scoperte inedite?

Purtroppo no. Il documentario non presenta niente che non si conoscesse già. Si raccontano infatti i risultati della campagna 2017-2018, finanziata fra l’altro da Discovery Channel, già annunciati nell’ottobre del 2019 (link 1, 2): il centro funerario con 30 capanne, ognuna specializzata nella produzione di un oggetto del corredo funerario; due anelli in argento e bronzo; le placchette in oro e pasta vitrea appartenute a un sarcofago di XVIII dinastia; un frammento di mummia umana; attrezzi di costruttori di tombe; due assi in legno con il titolo reale di “Signore delle Due Terre”; un taglio nella roccia di una sepoltura incompiuta.

L’idea di scavare nella Valle delle Scimmie, quasi mai indagata tra le uniche due tombe complete, quelle di Amenofi III e Ay, è sicuramente stimolante; tuttavia la gran parte degli oggetti ritrovati, seppur di origine elitaria, è fuori contesto, frutto dell’attività dei tombaroli, e quindi di scarsa utilità per ricavare dati definitivi. Nonostante non si arrivi a niente di concreto, l’intero documentario è intervallato da continui riferimenti a Nefertiti, fin dal palese utilizzo del suo busto nella locandina. Vengono trovate ceramiche di XVIII dinastia? Potrebbero essere un collegamento a Nefertiti. Emerge il fianco di una donna con una buona mummificazione? Potrebbe essere una regina, quindi Nefertiti. Viene scoperto un anello con un’iscrizione promettente? Potrebbe leggersi Nefer-t-t. Peccato che subito dopo ci si corregga dicendo che, invece, il castone presenta un titolo di Amenofi III (rettifica che è ovviamente omessa nel trailer). L’impressione generale è che, viste le premesse (“Sono sicuro al 100% che Nefertiti sia qui. Ma la domanda è dove”), i risultati siano stati al di sotto delle aspettative e per questo i produttori del documentario abbiano voluto puntare su una figura storica più conosciuta, affascinante e dibattuta, soprattutto dopo il recente polverone scoppiato per le teorie di Nicholas Reeves.

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Reeves torna all’attacco: un nuovo articolo per ribadire che, secondo lui, Nefertiti è sepolta nella tomba di Tutankhamon

Copyright © Nicholas Reeves 2020 | Layout and animation copyright © Peter Gremse ConzeptZone.de 2020

“If the person you are talking to doesn’t appear to be listening, be patient.
It may simply be that he has a small piece of fluff in his ear”

Nicholas Reeves non si arrende e lo fa capire già dalla citazione iniziale del suo nuovo articolo, presa direttamente da Winnie the Pooh. Pochi giorni fa l’egittologo britannico ha pubblicato sulla sua pagina academia.edu la terza parte, forse conclusiva, della serie “The Burial of Nefertiti?”, trilogia che ha sconvolto il mondo dell’egittologia e non solo con l’affaire ribattezzato Tutfertiti.

Nel 2015 Reeves aveva esposto la clamorosa ipotesi secondo la quale Nefertiti, sposa di Akhenaton, sarebbe ancora nascosta in camere sconosciute della tomba di Tutankhamon. Nello specifico – partendo dallo studio della struttura architettonica della sepoltura e del suo contenuto e dall’analisi delle foto ad alta risoluzione delle pitture parietali messe a disposizione dalla Factum Arte – aveva affermato che la KV62 in origine fosse destinata alla regina, ma che poi, vista la morte improvvisa del giovane faraone, sarebbe stata riciclata con parte del suo corredo per Tut. In un primo momento quest’ipotesi sembrò suffragata da esami preliminari e dalle prospezioni con georadar realizzate da tecnici giapponesi che rilevarono la presenza di vuoti dietro le pareti nord e ovest della camera funeraria.

L’anno successivo, però, una seconda serie di scansioni ad opera di esperti americani della National Geographic Society portò a risultati meno netti, che cominciarono a far serpeggiare qualche dubbio in merito e, di conseguenza, fu necessario richiedere l’intervento di un terzo team per derimere definitivamente la questione. Il compito fu affidato a una squadra italiana diretta da Franco Porcelli (Politecnico di Torino), che nel 2018 escluse categoricamente la presenza di vuoti dietro le pareti della camera funeraria, bocciando quindi la teoria di Reeves.

Faccenda chiusa allora? Neanche per sogno. Reeves ha continuato a rimanere della sua posizione pubblicando un secondo articolo nel 2019, in cui ha aggiunto una particolareggiata valutazione delle decorazioni pittoriche della camera – in cui la figura di Tutankhamon sarebbe stata aggiunta in un secondo momento per coprire quella di Nefertiti – e ha presentato unaa reinterpretazione dei dati della seconda seduta di scansioni. Secondo il geofisico George Ballard, perito esterno scelto proprio per quella serie di esami, le pareti nord e ovest mostrerebbero segni della presenza di muri artificiali diversi dalla roccia pura.

Dopo questa necessaria premessa (trovate tutti gli articoli di approfondimento nei link presenti nel testo), veniamo finalmente al terzo articolo, che comunque non fornisce grosse novità. In generale, vengono riassunte e contestualizzate tutte le informazioni presenti nelle precedenti pubblicazioni. Si ribadisce che Nefertiti avrebbe cambiato nome in Neferneferuaton nella seconda metà del regno di Akhenaton in quanto coreggente del marito e in Smenkhara quando salì al trono da sola. Ad ognuna di queste fasi corrisponderebbe una modifica della planimetria e dell’apparato decorativo della tomba di Nefertiti che avrebbe poi ospitato le spoglie del successore Tutankhamon.

Le prove di questa conclusione sono quelle già illustrate nel 2015 e nel 2019: la pianta anomala della KV62, troppo piccola per essere una tomba della Valle dei Re; linee regolari riconducibili a due aperture nelle pareti nord e ovest; tracce di modifiche nei cartigli e nelle figure ritratte sui muri; un diverso trattamento delle superfici imputato al passaggio dalla roccia a una struttura muraria artificiale.

L’unica vera novità è la proposta di un’ulteriore camera nascosta posta, per esclusione, dietro la parete sud della camera funeraria. Ma questa volta a suffragare l’ipotesi è il solo fatto che mancherebbe un ambiente a Tesoro, Annesso e l’eventuale camera dietro la parete ovest per rispettare le tradizionali quattro stanze-magazzino delle tombe di XVIII dinastia. Oggettivamente un po’ poco, pur tenendo conto che sulla parete meridionale la nicchia che conteneva il mattone magico è più alta delle altre per, secondo Reeves, lasciar spazio alla porta sigillata sottostante. Anche le sovrapposizioni dei volti ritratti nelle pitture con i profili di statue o busti ritraenti Nefertiti e Tutankhamon sembrano forzate.

A corredo di ogni paragrafo ci sono link a 5 video su YouTube (1, 2, 3, 4, 5), in cui i dati vengono illustrati tramite ricostruzioni virtuali del graphic designer Peter Greemse. Ma ciò che mi ha colpito di più dell’articolo è la parte finale in cui Reeves risponde a Porcelli, quasi prendendola sul personale, con una veemenza che giustifica il titolo clickbait di questo post. Del professore, e per estenzione di tutto il suo team, vengono criticati l’approccio macchiato da aspettative preconcette, l’eccessiva sicurezza iniziale e la fiducia incondizionata negli strumenti utilizzati. L’effettiva mancanza di vuoti rilevata dalla terza serie di scansioni al georadar sarebbe spiegata, anche da Ballard, semplicemente con riempimenti di macerie compattate. Così i risultati degli italiani, secondo Reeves, sarebbero tutt’altro che definitivi ma, al contrario, “terribilmente sopravvalutati”.

L’attacco è sicuramente duro, diretto, volto a mettere in dubbio l’infallibilità dello studio effettuato e dei mezzi scientifici adottati; atteggiamento che, però, non ho notato quando i risultati giapponesi confermavano l’ipotesi di Reeves. Restano comunque molte suggestioni e la faccenda ancora da chiarire delle altre due anomalie rilevate nei pressi della KV62; quindi sono sicuro che l’affaire Tutfertiti non finisca qui.

https://www.academia.edu/44309046/The_Tomb_of_Tutankhamun_KV_62_Supplementary_Notes_The_Burial_of_Nefertiti_III_2020_

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Reeves non si arrende: “Nella tomba di Tutankhamon era sepolta Nefertiti”

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Source: highres.factum-arte.org/Tutankhamun/

Nonostante sia stato fatto fuori dal progetto di ricerca da lui iniziato, ostracizzato dall’attuale direzione del Ministero delle Antichità e smentito dall’ultima serie di scansioni con il georadar nella KV62, Nicholas Reeves non si arrende, anzi rilancia: la tomba di Tutankhamon era stata pensata per seppellire Nefertiti e nasconde ambienti ancora sconosciuti.

Nella sua ultima pubblicazione, scritta il 13 luglio 2019, “The decorated north wall in the tomb of Tutankhamun (KV62) – The burial of Nefertiti? II”, l’egittologo britannico rivisita l’articolo originario del 2015 che scatenò la querelle “Tutferiti” e aggiunge nuovi dati a favore della sua tesi, concentrandosi sull’analisi della decorazione della parete settentrionale della camera funeraria. Inoltre, si avvale anche delle valutazioni del geofisico che era stato scelto come consulente esterno durante la seconda seduta di scansioni.

Secondo quanto riporato nel testo, il corpo di Tutankhamon sarebbe stato collocato in una stanza secondaria dell’ultima dimora di Nefertiti, prima diventata co-reggente e poi, alla morte del marito Akhenaton, faraone vero e proprio con il nome di Ankhkheperura Smenkhkara-Djeser-Kheperu. La decorazione della camera, quindi, sarebbe stata modificata per accogliere le spoglie del nuovo re.

Reeves, già nel 2015, osservando le scansioni ad alta risoluzione della Factum Arte, aveva notato delle differenze tra le pitture della parete nord (quella che nasconderebbe l’accesso al resto della tomba) e quelle degli altri muri, rilevando due fasi realizzative: una prima tardo-amarniana con figure disegnate con canone a griglia di 20 quadrati su fondo bianco; una seconda post-amarniana con griglie a 18 quadrati e fondo giallo. Quindi, in origine, la stanza avrebbe avuto una sola parete dipinta, quella nord, che poi sarebbe stata aggiornata per il nuovo proprietario aggiungendo un fondo giallo, cambiando figure, cartigli e parte dei testi e procedendo con la decorazione delle pareti sud, ovest ed est.

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Source: highres.factum-arte.org/Tutankhamun/ (modificato da @djedmedu)

Per avvalorare la sua ipotesi, Reeves entra nel particolare e analizza le tre scene della parete nord. Nella prima, quella a destra, il nuovo faraone Ay compie il rito dell’apertura della bocca sulla mummia di Tutankhamon, suo predecessore. Il volto di Ay, che doveva avere già un’età avanzata, sembra invece più giovane di quello di Tut, morto intorno ai 18 anni. Ay non è raffigurato maturo come nella sua tomba ad Amarna (TA25), ma presenta la tipica pinguedine (1 nella figura in alto) del sottomento che caratterizza le altre immagini di Tutankhamon. Quest’ultimo qui ha viso snello, mento appuntito, piega all’angolo della bocca (2), corpo allungato e gambe corte, tutte peculiarità femminili delle rappresentazioni tardo-amarniane di Nefertiti. Anche il cartiglio di Ay sarebbe stato alterato: s’intravedrebbero infatti tracce del segno “i” di Imn (3), l’ultima parte del nome del ‘faraone bambino’ che, per motivi di rispetto per il dio Amon, andava scritta per prima.

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Source: highres.factum-arte.org/Tutankhamun/ (modificato da @djedmedu)

Nella seconda scena, quella al centro, Tutankhamon, accolto nell’aldilà dalla dea Nut, sembrerebbe essere stato rappresentato con due metri di proporzione: un canone amarniano per le gambe e uno post-amarniano per busto e testa che, per questo, è troppo grande rispetto alle altre. Secondo Reeves, quindi, la parte superiore della figura sarebbe stata ridipinta. Inoltre, le strane frange del suo gonnellino (4) sono compatibili con la tipologia di veste femminile di regine e altre donne della corte di Akhenaton che, in questo caso, sarebbe stata coperta con il fondo giallo (5).

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Source: highres.factum-arte.org/Tutankhamun/ (modif. da @djedmedu)

Nell’ultima scena, quella a sinistra, Tutankhamon e il suo ka si mostrano a Osiride che, secondo Reeves, sarebbe stato ristretto in un secondo momento (8) per far posto alla figura del faraone. Il numero di pieghe del gonnellino bianco di Tut coincide con quello di personaggi presenti sulle altre pareti, quindi dipinti nella seconda fase. In quella originaria, invece, ci sarebbe stata solo una figura femminile, Nefertiti, al cospetto di Osiride, perché la parrucca tripartita (6) del Ka è utilizzata spesso per le donne d’alto rango in epoca amarniana. Solo dopo sarebbe stata nascosta la veste e aggiunto l’attributo del ka sulla testa (7).

In aggiunta alle osservazioni stilistiche iconografie, ci sarebbero incongruenze anche nella disposizione del testo che, oltre ad avere tracce di cartigli modificati, non è sempre sulla stessa linea. Quindi, Reeves è sempre più convinto che il progetto iniziale della KV62, pensato per Nefertiti, prevedesse una struttura più canonica con un corridoio ad L (figura in basso) in cui Anticamera e Camera funeraria erano unite. Solo dopo la morte improvvisa di Tutankhamon, si sarebbe deciso di chiudere una parte della tomba e modificare il resto rimasto accessibile scavando nuovi spazi per allargare le due stanze e aggiungere Anesso e Tesoro.

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Reeves N., The burial of Nefertiti? II, p. 58, Fig. 33

L’articolo è corredato da una revisione dei risultati delle tre tornate di analisi al georadar (1, 2, 3) di George Ballard, geofisico del GB Geotechnics Group che era stato interpellato nel 2016 dalla National Geographic per dare una valutazione indipendente ai dati acquisiti durante la seconda serie di scansioni. Premetto, come sempre, che non essendo un esperto della materia mi limito solo a riportare quanto letto senza dare giudizi.

La relazione di Ballard indicava prove consistenti che il muro settentrionale della camera funeraria, nella parte est, non fosse composto di solido calcare naturale, come nella porzione occidentale, ma di elementi separati di varia grandezza. Lo stesso ragionamento sarebbe valso anche per la parte terminale nord del muro occidentale. Quindi, secondo il geofisico, ci sarebbero dati sufficienti a provare l’esistenza di due pareti artificiali, costruite con pietre di calcare di diversi formati, che avrebbero obbliterato due possibili porte. In particolare, nell’ipotizzato corridoio chiuso dalla parete nord, il non rilevamento di un vuoto sarebbe spiegabile con la presenza di macerie che ostruirebbero il passaggio. Questi frammenti di calcare sarebbero il prodotto dello scavo della nuova stanza funeraria, poi spinti indietro e arginati con una sorta di muretto di sostruzione poi foderato e coperto con quello nuovo dipinto. La natura stessa di questi scarti in calcare fornirebbe quindi alcune risposte agli impulsi degli strumenti simili a quelle del banco di roccia naturale.

Ballard parla anche delle due anomalie individuate nelle vicinanze della KV62 dal team italiano, utilizzandole come ulteriori dati per avvalorare la sua ipotesi. Nonostante la squadra diretta dal prof. Porcelli abbia affermato che non ci sono prove dirette che i vuoti siano collegati alla tomba di Tutankhamon, Ballard è convinto invece che appartengano alla stessa struttura e critica soprattutto l’interpretazione come frattura naturale di un’anomalia individuata dietro la parete nord.

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Questa pubblicazione crea ancora più attesa alla luce della nuova serie di scansioni nell’area della tomba di Tutankhamon portata avanti alla fine di giugno dall’ex ministro delle Antichità Mamdouh el-Damaty, grande sostenitore dell’ipotesi di Reeves prima che fosse destituito dalla sua carica. Voci ufficiose hanno parlato della presentazione dei risultati dopo due mesi, quindi non ci resta che aspettare la fine di agosto. Inshallah.

https://www.academia.edu/39903971/The_Decorated_North_Wall_in_the_Tomb_of_Tutankhamun_KV_62_The_Burial_of_Nefertiti_II_2019_?

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Scoperta una nuova sepoltura nella Valle dei Re? E che fine hanno fatto le camere segrete della Tomba di Tutankhamon?

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Source: panorama.it

Sono stato a lungo combattuto sullo scrivere o meno questo articolo perché, come ormai sta succedendo dall’agosto del 2015, si va avanti con annunci sensazionalistici seguiti da clamorose smentite. Il tutto senza lo straccio di un dato scientifico condiviso. Sto parlando naturalmente della gestione, a dir poco confusionaria, dell’affaire “Tutfertiti”, ribattezzato così dopo che Nicholas Reeves aveva affermato che la tomba di Tutankhamon potesse nascondere quella di Nefertiti. Tuttavia, date le vostre numerose e legittime richieste d’informazioni in merito, vi riporterò le ultime news anche se non certe al 100%.

Sulle prime, la clamorosa ipotesi, o almeno quella della presenza di due camere nascoste, sembrava essere confermata da indagini al georadar; poi il repentino cambio di atteggiamento da parte delle autorità del Ministero delle Antichità, con addirittura l’estromissione di Reeves dalle ricerche, aveva fatto pensare il contrario. La fantomatica terza prospezione, quella risolutiva, è stata rimandata per mesi senza che ci fosse alcun annuncio dal MoA, se si escludono alcune indiscrezioni rilasciate da Zahi Hawass. Sappiamo benissimo come il celebre archeologo egiziano non si sia mai attenuto al protocollo ufficiale lasciandosi andare a dichiarazioni mediatiche, spesso non seguite da riscontri oggettivi. Così è successo anche quando, intervistato da una trasmissione inglese, ruppe il silenzio di mesi dicendo che la terza scansione al georadar nella KV62 sarebbe stata affidata per il novembre 2016 a una squadra russa. E invece si è arrivati al coinvolgimento di un team italiano diretto da Franco Porcelli, docente di Fisica presso il Politecnico di Torino. Infatti, i tecnici del “Progetto VdR Luxor” (Università di Torino, Geostudi Aster di Livorno e Fondazione Novara Sviluppo), utilizzando tre sistemi di radar con frequenze dai 200 Mhz ai 2 Ghz, dovrebbero aver analizzato la camera funeraria di Tutankhamon intorno alla fine di febbraio/inizi di marzo. Ma, anche in questo caso, non si è saputo più niente.

Fino al 7 luglio quando, per la presentazione del suo libro su Nefertiti scritto insieme ad Hawass, il documentarista  Brando Quilici – su La Repubblica e, con maggiori dettagli su National Geographic Italia (articolo misteriosamente sparito mentre sto pubblicando questo post) – si è forse lasciato sfuggire prima del Ministero delle Antichità quello che tutti aspettavamo da tempo. Secondo Quilici, la squadra del Prof. Porcelli (Politecnico di Torino) e dell’Ing. Gianfranco Morelli (Geostudi Astier), supervisionata dal direttore del Mallawi Museum Ahmed El-Laithy, avrebbe effettuato tra febbraio e maggio una prospezione dall’esterno della tomba con la tomografia di resistività elettrica (ERT: Electrical Resistivity Tomography), tecnica ritenuta più adatta del Ground Penetrating Radar per un terreno irregolare come quello della Valle. Nonostante l’iniziale scetticismo di Porcelli, sembra che sia stata rilevata, cito testualmente, «una forte anomalia conduttiva (zone di vuoto nella roccia) a circa quattro metri dalla parete Nord della tomba di Tut. Un “qualcosa” grande almeno sei metri». A quanto pare, quindi, riprende quota l’ipotesi di una continuazione della tomba dopo la camera sepolcrale; ma ho imparato a non pronunciarmi più su questa vicenda. Le ricerche dovrebbero riprendere a settembre con nuovi esami agli infrarossi e, finalmente, con la terza scansione al georadar.

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Source: livescience.com

Non è tutto. I tecnici italiani sono stati scelti anche per fare una mappatura tridimensionale dell’intera Valle dei Re e, nell’ambito di questa procedura, avrebbero effettuato una grande scoperta sempre annunciata da Quilici, ma stavolta confermata da Hawass in persona intervistato da Live Science: una nuova tomba. Nel ramo occidentale della necropoli reale, detto anche “Valle delle Scimmie”, più precisamente accanto alla tomba di Ay (KV23; 1323-1319), l’ERT avrebbe rilevato anomalie conduttive della roccia riconducibili a una nuova sepoltura. Hawass si è detto sicuro della presenza di una nuova tomba reale – per poi in parte ritrattare ammettendo che, per la certezza assoluta, ci sarà bisogno di uno scavo archeologico – perché proprio in quella zona, tra il 2007 e il 2009, aveva scoperto quattro depositi di fondazione, fosse votive di 1 m² ciascuna che contenevano oggetti ceramici e in faience, attrezzi in selce con manico di legno e un cranio di mucca (vedi foto). Questi depositi servivano a delimitare l’area di costruzione di un tempio o, per l’appunto, di scavo di un ipogeo che non era stato individuato per l’interruzione della missione allo scoppio della rivoluzione del 2011. In ogni caso, seguendo l’onda lunga dei proclami ad effetto, l’ex Segretario generale dello SCA ha presentato la possibilità che la tomba possa appartenere ad Ankhesenamon, sposa di Tutankhamon che, alla morte del ‘faraone bambino’, si sarebbe unita al successore Ay e, per questo, sarebbe stata poi inumata accanto alla KV23.

Una storia che ha sempre più condizionali. Troppi.

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Tomba di Nefertiti-Tutankhamon: saranno ricercatori italiani a chiudere il caso?

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Nell’affaire “Tutferiti”, ormai non ci si capisce più niente con comunicati e smentite che si rincorrono da oltre un anno. Così, penso sia necessario un ‘riassunto delle puntate precedenti’ (in ogni caso, potete approfondire ogni passaggio cercando l’articolo relativo sul blog):

  • luglio 2015: l’egittologo Nicholas Reeves sconvolge il mondo dell’archeologia con una pubblicazione in cui afferma che, dietro le pareti nord e ovest della camera funeraria di Tutankhamon, si nasconderebbero stanze sconosciute appartenenti alla tomba di Nefertiti;
  • agosto 2015: Reeves si reca in Egitto e convince il ministro delle Antichità, Mamdouh el-Damaty, a iniziare nuove studi nella KV62;
  • settembre 2015: una prima indagine preliminare visiva sembra confermare l’ipotesi, quindi si procede con mezzi archeometrici;
  • 4 novembre 2015: tecnici dell’Università del Cairo e dell’HIP.institute, utilizzando una termocamera, individuano anomalie nelle aree interessate;
  • 28 novembre 2015: El-Damaty annuncia che, dopo tre giorni di scansioni con georadar effettuate dal giapponese Hirokatsu Watanabe, tutto farebbe pensare alla presenza di vuoti dietro i due muri;
  • 17 marzo 2016: vengono ufficializzati i dati elaborati delle prospezioni di Watanabe che si dice sicuro al 90% dell’esistenza delle stanze e addirittura di una serie di oggetti metallici e organici; di conseguenza, il ministro del Turismo si avventura in audaci dichiarazioni parlando già di “tesori nascosti”;
  • 1 aprile 2016: dopo una seconda prospezione con georadar, questa volta ad opera di tecnici americani della National Geographic Society, il nuovo ministro delle Antichità, Khaled el-Enany, a differenza del suo predecessore, non fornisce alcuna informazione rimandando il tutto a una terza scansione prevista per maggio;
  • 8 maggio 2016: durante la Second International Tutankhamun Conference al GEM, el-Damaty, senza entrare nel merito, ammette che i risultati della seconda scansione sono stati inconcludenti e contraddittori, mentre el-Enany rinvia a data da destinarsi il terzo esame;
  • ottobre 2016: i mesi di silenzio sull’argomento vengono rotti da Zahi Hawass, da sempre scettico in merito, che prima annuncia per novembre una nuova prospezione con un georadar russo e poi, invitato alla BMTA di Paestum, sposta la data a dicembre/gennaio.

Ed eccoci finalmente all’attualità. Quando aspettavo novità da Hawass (il 17 febbraio sarà al tourismA di Firenze), esce un articolo de La Stampa con l’intervista a Franco Porcelli, docente di Fisica presso il Politecnico di Torino e già protagonista della ricerca che ha confermato l’origine meteoritica del ferro di uno dei pugnali di Tutankhamon. A quanto pare, a dicembre, il Ministero delle Antichità avrebbe affidato a un team italiano la terza serie di scansioni con georadar che dovrebbe dare il verdetto definitivo. Il “Progetto VdR Luxor”, così, vede il coinvolgimento dell’Università di Torino, di alcune aziende private, come la Geostudi Astier di Livorno, e dalla Fondazione Novara Sviluppo. Oltre alle analisi della KV62, l’obiettivo della missione comprenderebbe anche la nuova mappatura geofisica dell’intera Valle dei Re con strumenti che possono sondare il terreno fino a 10 metri di profondità e, probabilmente, con la collaborazione dell’Agenzia Spaziale Italiana per le immagini da satellite. In attesa di partire per l’Egitto, Porcelli ha affermato che ci vorrà una settimana per acquisire i dati e due per interpretarli al meglio e non fantasiosamente – sospetto della squadra – come nei casi precedenti.

A questo punto, sono ancora più curioso di sentire cosa dirà Hawass a Firenze…

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Bufale eGGizie*: Egizi su Marte

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Foto originale: mars.jpl.nasa.gov

(*A scanso di equivoci, il nome della rubrica contiene volutamente un errore ortografico per sottolineare il carattere a dir poco ridicolo di alcune notizie riguardanti l’Egitto che circolano nel web e non solo)

L’Egitto arriva su Marte, ma non con l’ultima spedizione spaziale dell’ESA. A differenza della missione Rosetta, infatti, la ExoMars non ha tratto ispirazione da nessun termine egittologico: lo Schiaparelli che dà il nome alla sonda “atterrata” due giorni fa sul pianeta rosso è Giovanni (1835-1910), astronomo piemontese da non confondere con Ernesto (1856-1928), illustre egittologo e direttore del Museo Egizio di Torino.

Tuttavia, c’è chi non si è fermato a un semplice collegamento terminologico. I cosiddetti pyramidiots hanno da sempre sfruttato i progetti della NASA per confermare le loro bislacche teorie vedendo, sulle foto scattate dalle varie sonde che hanno orbitato attorno a Marte, piramidi, sfingi e statue di tutti i tipi. Un esempio piuttosto divertente è quello di chi, osservando una panoramica del rover Curiosity (2012), ha interpretato una conformazione rocciosa come il busto di Nefertiti (nel video, fra l’altro, l’autore della ‘scoperta’ si confonde con Hatshepsut…). Si tratta dell’ennesimo caso di pareidolia, cioè il processo psicologico che, di fronte a una forma casuale, ci fa pensare a oggetti o facce; proprio come il celebre Viso di Cydonia che irruppe nel mondo dell’ufologia quando, nel 1976, la Viking 1 immortalò sul suolo marziano la sua inquietante espressione (in basso a sinistra). Le sembianze antropomorfe dell’altopiano sparirono con una foto, a più alta risoluzione e con illuminazione diversa, del Mars Global Surveyor (1998). Curiosamente, anche Giovanni Schiaparelli ebbe a che fare con piramidioti dell’epoca che specularono sull’esistenza di vita intelligente su Marte per via dei suoi studi sui presunti “canali”.

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Dal GEM, le ultime notizie sulla tomba di Tutankhamon

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Source: news.discovery.com

Si è da poco conclusa, presso il Grand Egyptian Museum di Giza, la seconda conferenza internazionale dedicata a Tutankhamon (6-8 maggio). Particolarmente attesa era la terza e ultima giornata che aveva come oggetto le recenti indagini nella tomba alla ricerca di eventuali camere nascoste. Grazie alla cronaca live di studiosi e giornalisti accorsi all’evento (@AUCPressDir, @Pastpreservers, @terrygarcia ecc.), ho potuto seguire la discussione che ha dato spunti interessanti. Ad esempio, si è chiarito finalmente il motivo della clamorosa mancanza di dichiarazioni nella conferenza stampa del primo aprile. Infatti, l’ex ministro delle Antichità, Mamdouh Eldamaty, ha ammesso che la seconda serie di scansioni con il georadar, definita inconcludente, non può confermare i risultati delle prima a causa di troppi rumori di fondo. Si necessitano, quindi, altre analisi con georadar e infrarossi che andranno calibrate sfruttando la già nota KV5, la tomba dei figli di Ramesse II. Eldamaty ha aggiunto che solo al raggiungimento del 100% delle certezze, si procederà con l’inserimento di una sonda endoscopica in un piccolo foro nella parete. In quel caso, l’eventuale sepoltura obliterata potrebbe appartenere più a Kiya o a Tiye che a Nefertiti. Dal canto suo, Hirokatsu Watanabi, l’esperto giapponese che ha effettuato il primo esame lo scorso novembre, è ancora sicuro che dietro le pareti nord e ovest della camera funeraria ci siano dei vuoti. L’ultimo a prendere la parola è stato Zahi Hawass, da sempre scettico e più volte molto diretto nel criticare Reeves e la sua teoria. L’ex segretario generale dello SCA – presentatosi rassicurando di non voler attaccare nessuno, ma smentendosi subito prendendosela soprattutto con Eldamaty – ha ricordato che Reeves aveva già fallito nel 2000 quando, nell’ambito dell’Amarna Royal Tombs Project, aveva erroneamente interpretato come una nuova tomba (la KV64, nomenclatura poi passata nel 2012 a una sepoltura di XVIII din. riutilizzata per la cantante di Amon Nehmes Bastet della XXII din.) un’anomalia rilevata con il GPR. Infine, ha chiesto a Watanabe di pubblicare i suoi dati e ha proposto la formazione di un comitato internazionale, composto da egittologi e da tecnici, per la terza serie di scansioni.

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Tomba di Tutankhamon: nuove scansioni previste a fine mese

ICULT SARCOFAGO DE TUTANKAMON EN EL VALLE DE LOS REYES  EGIPTO

Source: elperiodico.com

Si è da poco conclusa la tanto attesa conferenza stampa tenutasi di fronte alla scalinata della tomba di Tutankhamon. Khaled el-Enany, però, non ha fornito i dati che tutti aspettavano. Mostrandosi molto più prudente del suo predecessore, il nuovo ministro delle Antichità ha affermato che non saranno più fornite ipotesi fino al raggiungimento del 100% delle certezze; tuttavia, ha aggiunto che i risultati ottenuti non contraddicono i precedenti. Proprio per questo motivo, è prevista un’altra scansione per fine mese con un radar di diverso tipo per confermare la presenza delle due camere nascoste e una conferenza stampa fissata per l’8 maggio. Questa volta, sarà eseguita una misurazione verticale dall’esterno che può raggiungere i 40 metri di profondità.

Le nuove scansioni, 40 in 10 ore, sono state effettuate ieri pomeriggio da una squadra di esperti egiziani – tra cui anche l’ex ministro El-Damaty che ha dato il via al progetto – e di tecnici americani della National Geographic Society che hanno fornito la strumentazione. Il georadar, modello SIR 4000 con antenne da 400 e 900 Mhz, è ancora più sofisticato del precedente che era stato utilizzato dal giapponese Hirokatsu Watanabe.

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Inaugurato il visitor center di Amarna

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Source: Amarna Project

Domenica scorsa (20 marzo), il ministro El-Damaty ha inaugurato il primo visitor center del sito di Tell el-Amarna, l’antica capitale di Akhenaton in Medio Egitto, nei pressi della città di Minya. La struttura di 10.000 m² (area espositiva, edificio di servizio, punto ristoro, libreria e parcheggio), situata sulle rive del Nilo in località El-Till, fungerà finalmente da centro di riferimento per i turisti in una zona finora piuttosto desolata. La realizzazione, costata quasi 4,5 milioni di euro, è stata affidata alla Mallinson Architects and Engineers dal cui sito si legge che il progetto risale addirittura al 1999 e che i lavori sono iniziati nel 2005. Nell’area museale, oltre a veri reperti come diverse statue reali e un colosso del faraone alto 3 metri, sono esposti anche plastici della città di Akhetaton e ricostruzioni a grandezza naturale di alcuni edifici ritrovati dagli archeologi, come la casa di Ranefer (vedi foto in basso).

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Source: mallinsonae.com

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Confermato! Ci sono due camere nascoste nella tomba di Tutankhamon!

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Source: National Geographic

Pochi minuti fa, durante una conferenza stampa al Cairo, il ministro delle Antichità Mamdouh El-Damaty ha reso noti i primi risultati preliminari delle scansioni effettuate lo scorso novembre dal prof. Hirokatsu Watanabe nella tomba di Tutankhamon. L’esperto giapponese (nella foto durante gli esami con il ministro e Reeves), dopo aver elaborato i dati in questi mesi, è arrivato a conclusioni che, come previsto, non sono definitive, ma che ormai non lasciano dubbi: dietro le pareti ovest e nord della camera funeraria, ci sono altre due stanze!

El-Damaty, molto più cautamente del ministro del Turismo che aveva già annunciato tesori nascosti, ha parlato di “grandi spazi vuoti” le cui dimensioni andranno misurate con precisione con la prossima tornata di scansioni prevista per la fine di marzo. La cosa più interessante, però, è che il georadar ha evidenziato che entrambe le lacune sono occupate da alcune anomalie, forse riconducibili a oggetti in materiale metallico (W e X nell’immagine in basso) e organico (Y e Z). C’è quindi da aspettarsi ancora qualche novità dalla Valle dei Re…

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Source: Ministry of Antiquities

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Source: Ministry of Antiquities

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