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Come una foto di Kim Kardashian ha smascherato il traffico illegale di un sarcofago egizio

ph. LANDON NORDEMAN/NEW YORK TIMES

Probabilmente avrete già visto questa foto. D’altronde, lo scatto è diventato virale per la presenza di una delle influencer più famose del mondo e per l’evidente accostamento cromatico tra il suo abito e il reperto egizio in vetrina. I più attenti frequentatori del blog non si saranno fermati alla sola Kim Kardashian, ma avranno riconosciuto anche il sarcofago di cui avevo già parlato in precedenza.

La foto era stata scattata durante il Met Gala del 7 maggio 2018, esclusiva raccolta di fondi del Metropolitan Museum, durante la quale le celebrity di tutto il globo ogni anno fanno a gare per sfoggiare l’outfit giusto più appariscente. Il museo newyorkese aveva da poco acquistato, per la cifra monstre di 4 milioni di dollari, il sarcofago dorato di Nedjemankh, sommo sacerdote del dio Herishef vissuto a Eracleopoli nel I sec. a.C. Fra l’altro, era proprio in procinto di lanciare una mostra temporanea dedicata al pezzo, dal titolo “Nedjemankh and His Gilded Coffin”, che è stata interrotta in anticipo il 12 febbraio 2019. A quanto pare, soprattutto a causa di questa foto.

Il Met era infatti venuto a conoscenza che il sarcofago era stato rubato in Egitto nel 2011, nonostante la documentazione – risultata falsa – fornita dalla casa d’aste parigina da cui lo aveva comprato. Il presidente e amministratore delegato del Metropolitan Museum, Daniel Weiss, si era subito scusato con il ministro delle Antichità Khaled El-Enany e con tutto il popolo egiziano, promettendo la restituzione del reperto che effettivamente è avvenuta il 1 ottobre 2019.

In un recente episodio di “Art Bust: Scandalous Stories of the Art World”, podcast del giornalista Ben Lewis, sono emersi i retroscena che hanno portato l’assistente procuratore distrettuale di Manhattan Matthew Bogdanos, specializzato nel traffico di opere d’arte, a far partire l’indagine. L’intervista è piena di particolari curiosi che permettono di ricostruire l’intricato viaggio del sarcofago, dal deserto egiziano alla Grande Mela. L’inizio, in particolare, ricollega la vicenda alla foto della dorata Kardashian. Bodganos è stato infatti contattato via mail da un’anonima gola profonda che si sarebbe irritata vedendo lo scatto ovunque sul web e soprattutto leggendo l’enorme cifra spesa per l’acquisto del pezzo.

L’informatore avrebbe ammesso di essere uno dei ladri che, 7 anni prima, avevano trafugato il reperto nell’area di Minya, 250 km a sud del Cairo, senza però ricevere la ricompensa pattuita. A prova di tale affermazione, in allegato c’era, oltre alla foto di Kim, altre 6 immagini in cui si vedeva il sarcofago appena dissotterrato e ancora sporco di fango. Complice lo scarso controllo dopo la rivoluzione del 2011, i tombaroli avrebbero gettato ignobilmente nel Nilo la mummia di Nedjemankh (di cui resta solo un dito rimasto attaccato al fondo della bara) e trasportato al sicuro il “bottino”, prima sul dorso di un asino e poi con un fuoristrada. Nel 2013 sarebbe stato spedito via nave negli Emirati Arabi Uniti ad Hassan Fazeli, un mercante di antichità della città di Sharjah, e poi – incredibilmente tramite FedEx – ad Amburgo in Germania, presso la Dionysos Gallery. Qui Roben Dib, curatore della galleria, avrebbe creato una licenza di esportazione falsa del 1971, data precedente alla promulgazione della legge 117 del 1983. Infine, il sarcofago sarebbe stato acquistato da Christophe Kunicki, esperto d’archeologia del Mediterraneo e membro del comitato della Société Française d’Égyptologie, che lo ha personalmente proposto al Met.

L’inchiesta di Bodganos ha avuto strascichi anche in Francia dove proprio Kunicki è stato arrestato insieme al marito e socio Richard Sampaire e ad altri altisonanti nomi del settore, come un ex curatore del dipartimento del Vicino Oriente del Louvre, il presidente della celebre casa d’aste Pierre Bergé & Associés e un altro banditore parigino. Tutti quanti sono risultati coinvolti nel traffico di reperti provenienti da paesi in guerra o sconvolti dalla primavera araba, come Egitto, Libia, Siria e Yemen, venduti illegalmente a privati e a inconsapevoli musei, tra cui spiccano il Louvre di Abu Dhabi e, per l’appunto, il Metropolitan di New York.


Il podcast con l’intervista a Bogdanos: https://podcasts.apple.com/ca/podcast/the-golden-coffin/id1576264945?i=1000529556353


Aggiornamento (28/03/2022):

Roben Dib, curatore di una gallerie dove il sarcofago è passato, è stato arrestato ad Amburgo ed estradato in Francia dove sarà processato per traffico illegale di antichità. I reati imputati dal giudice parigino Jean-Michel Gentil sono quelli di associazione a delinquere, frode e riciclaggio di denaro. Gli investigatori francesi e statunitensi coinvolti nell’inchiesta sospettano che l’uomo abbia piazzato anche altri reperti, come i 5 venduti al Louvre Abu Dhabi per 50 milioni di dollari

https://www.theartnewspaper.com/2022/03/25/dealer-suspected-of-selling-looted-antiquities-to-the-metropolitan-museum-of-art-and-louvre-abu-dhabi-detained-in-paris

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Il Metropolitan restituisce all’Egitto il sarcofago di Nedjemankh

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Source: Daily Mail

Lo scorso febbraio, con un vero e proprio colpo di scena, il Metropolitan Museum of Art di New York chiudeva in anticipo la fortunata mostra temporanea “Nedjemankh and His Gilded Coffin” che si avviava a superare il mezzo milione di visitatori in soli sei mesi. Infatti, il pezzo principale dell’esposizione, il sarcofago dorato di Nedjemankh per l’appunto, risultava essere uscito illegalmente dall’Egitto e arrivato negli USA attraverso il mercato nero. Così, una volta appurata la falsità dei documenti ottenuti con l’acquisto, il presidente del MET, Daniel Weiss, aveva subito chiesto scusa al popolo egiziano e si era impegnato a restituire al più presto il prezioso reperto.

Ieri si è finalmente concretizzata questa promessa con una conferenza stampa e la consegna ufficiale dell’oggetto alle autorità egiziane, alla presenza del ministro degli Esteri, Sameh Hassan Shoukry, del procuratore distrettuale di Manhattan, Cyrus Vance, e dell’agente incaricato della Homeland Security Investigations, Peter C. Fitzhugh.

La novità dell’operazione sta proprio nei protagonisti che, per una volta, non si sono mossi dopo una richiesta di restituzione dall’Egitto ma attraverso una serie di indagini interne dell’Antiquities Trafficking Unit che ha scandagliato a lungo i percorsi sommersi che portano opere d’arte a gallerie, case d’asta e musei della Grande Mela.

Nedjemankh era sommo sacerdote del dio dalla testa di ariete Herishef, vissuto nel I secolo a.C. a Herakleopolis, città a sud del Fayyum. Il grande valore del suo sarcofago non è dato solo dal materiale con cui è realizzato, ma soprattutto dalla rarità del modello. L’intera superficie della bara, infatti, è coperta da testi e scene religiose incise su uno strato dorato di cartonnage che, a sua volta, decora la struttura in legno. Nella parte interna si trova, a protezione del volto del defunto, addirittura una foglia d’argento, metallo che in Egitto era ancora più prezioso dell’oro.

Il sarcofago è stato probabilmente trafugato durante il caos scaturito dopo la rivoluzione del 2011 nell’area di Minya. In quel periodo perfino il museo della città era stato assaltato da una folla senza controllo e non tutti i suoi reperti sono stati ancora recuperati. In ogni caso, il sarcofago sarebbe finito prima negli Emirati Arabi, poi in Germania e infine a Parigi, in particolare nella casa d’aste Christophe Kunicki dove è stato acquistato dal Metropolitan nel 2017, per 4 milioni di dollari.

Ad accompagnare il pezzo c’era una serie di documenti rivelatisi falsi, come una licenza di esportazione del 1971, data precedente alla promulgazione della legge 117 del 1983 sulla tutela delle antichità egiziane.

Secondo quanto detto dal ministro Shoukry, il sarcofago sarà rimpatriato nei prossimi giorni in Egitto, dove sarà esposto nel 2020

Aggiornamento (01/10/2019):

Arrivato in Egitto, stamattina il sarcofago di Nedjemankh è stato ufficialmente presentato a stampa e ambasciatori stranieri presso il National Museum of Egyptian Civilization di Fustat, museo dove sarà esposto al pubblico già nei prossimi mesi.

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Source: MoA

Aggiornamento (30/06/2020):

Le indagini sono andate avanti in Francia e hanno coinvolto nomi altisonanti, non tutti fatti trapelare: sono stati arrestati il noto esperto d’archeologia del Mediterraneo e membro del comitato della Société Française d’Égyptologie Christophe Kunicki e il marito e socio Richard Sampaire, un ex curatore del dipartimento del Vicino Oriente del Louvre, il presidente della Pierre Bergé & Associés, una delle case d’asta più amose al mondo e un altro banditore parigino.
 
Oltre al sarcofago di Nedjemankh, sarebbero molti altri i reperti provenienti da paesi in guerra o sconvolti dalla primavera araba, come Egitto, Libia, Siria e Yemen, venduti illegalmente a inconsapevoli musei, Louvre di Abu Dhabi o il già citato Metropolitan tra tutti, e privati.
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Il Metropolitan di New York restituirà all’Egitto un sarcofago rubato

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Source: metmuseum.org

Si chiude in anticipo la mostra del Metropolitan Museum “Nedjemankh and His Gilded Coffin” perché – colpo di scena – il museo newyorkese si è accorto che il pezzo principale dell’esibizione era stato rubato dall’Egitto nel 2011. Due giorni fa, infatti, il MET ha comunicato la decisione di restituire al governo egiziano il sarcofago dorato di Nedjemankh, sommo sacerdote del dio dalla testa di ariete Herishef vissuto a Eracleopoli nel I sec. a.C., dopo essere venuto a conoscenza dell’origine illecita dell’oggetto.

Il sarcofago era stato acquistato nel luglio 2017 per 3,5 milioni di euro da una casa d’aste parigina che, a quanto pare, aveva fornito una documentazione falsa comprendente anche una licenza di esportazione del 1971, data precedente alla promulgazione della legge 117 del 1983 sulla tutela delle antichità egiziane. Invece, dalle indagini del Procuratore distrettuale di Manhattan è emerso che il sarcofago sarebbe stato rubato dopo la rivoluzione del 2011; da qui le scuse ufficiali del presidente del MET, Daniel Weiss, al ministro delle Antichità El-Enany e a tutto il popolo egiziano e la non così ovvia – soprattutto in riferimento a istituzioni statunitensi – restituzione.

https://www.metmuseum.org/press/news/2019/metropolitan-museum-of-art-returns-coffin-to-egypt

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Metropolitan di New York: inaugurata la nuova sezione dell’Egitto tolemaico

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Source: metmuseum.org

Il Metropolitan Museum of Art di New York conserva una delle più importanti e corpose collezioni egizie del mondo, compreso un intero tempio, quello di Dendur, donato dall’Egitto agli Stati Uniti per l’impegno nel salvare il patrimonio archeologico messo in pericolo dalla diga di Assuan. Tra le 40 gallerie dedicate ai reperti nilotici, la 133 e la 134 sono state adibite alla nuova istallazione sul periodo tolemaico (332-30 a.C.). L’inaugurazione è avvenuta il 30 giugno, dopo anni di studio e progettazione e uno di trasferimento dei pezzi. Il rinnovato allestimento si basa su due temi principali: i grandi templi dei centri cittadini e la “ritrattistica” di sovrani, funzionari e sacerdoti. Ovviamente, grande attenzione è riservata alla commistione tra le due anime dell’Egitto dell’epoca, quella faraonica e quella greca portata dai nuovi dominatori con Alessandro Magno. Ad esempio, i faraoni potevano essere rappresentati attraverso il canone tradizionale, ellenistico o ibrido mescolando, a seconda della situazione, simboli religiosi e/o politici delle due culture.

http://www.metmuseum.org/blogs/now-at-the-met/2016/egyptian-ptolemaic-art-installation

 

P.S. Questo è il 500° articolo del blog… Troppe candeline su cui soffiare!

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Sotheby’s-Christie’s: all’asta antichità egizie per milioni di dollari

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Sources: sothebys.com/christies.com

Le due statue che vedete qui in alto sono i lotti con la base d’asta più alta tra le antichità egizie che verranno messe in vendita da Sotheby’s e Christie’s l’8 e il 9 dicembre a New York. Aste per cui il ministro El-Damaty si è già attivato per bloccarne l’effettuazione inviando le foto di tutti i pezzi ai magazzini dei musei e dei siti archeologici del Paese al fine di verificare eventuali furti ed esportazioni illegali.

Il primo appuntamento è quello di Sotheby’s che, per la prima volta nella sua storia, dedica una data esclusivamente a sculture e altre opere d’arte egiziane. In tutto 46 reperti tra rilievi, bronzetti, amuleti, collane, maschere funerarie in cartonnage, frammenti di papiro e statue con un prezzo stimato che va da poche migliaia alle centinaia di migliaia di dollari che gli acquirenti dovranno sborsare per comprare la testa frammentaria in granito rosso di Amenofi III (150-250.000 $), il piccolo busto in basalto di Thutmosi III (200-300.000 $), il volto di un sarcofago antropoide in calcare di XXX din. (200-300.000 $), la maschera funeraria in legno di XXV/XXVI din. (300-500.000 $) o la statuetta in steatite della “Cantante di Sobek” Iset (600-900.000 $). Ma il lotto più costoso, e colpisce veramente tanto vederlo in un’asta, è un colosso in granodiorite che rappresenta Sekhmet seduta in trono (immagine di sinistra), il cui prezzo stimato è di 3-5 milioni di dollari (2,7-4,5 milioni di euro). La statua fa parte del gruppo di centinaia di effigi della dea, sedute o stanti, fatte erigere da Amenofi III nel Tempio di Mut a Karnak e che continuano a essere scoperte anche nel del tempio funerario del faraone a Kom el-Hettan, Tebe Ovest. Pezzi simili sono disseminati nei musei egizi di tutto il mondo come quelli di Copenhagen, Glasgow, Londra, Parigi, Torino, Vaticano, Brooklyn, New York, Toronto, Tokyo, Il Cairo e, naturalmente, Luxor. Facendo un paragone tanto recente quanto controverso, lo scorso anno, la statua di Sekhemka è stata venduta da Christie’s per 14 milioni di sterline (circa 17.6 milioni di euro) partendo da una valutazione di 4-6 milioni (5.7-8.55 M €).

L’asta di Christie’s del 9 dicembre, invece, presenterà 42 antichità egizie tra le 195 del catalogo del giorno. In questo caso, modellini lignei, rilievi, statue, vasi, ushabti, scarabei, amuleti, bronzetti, maschere funerarie e stele in media sono più “economici” non superando mai i 100.000 dollari, a eccezione di una statuetta greco-romana in bronzo raffigurante Bes (80-120.000 $), una statuetta in argento dorato di Amun-Ra risalente al III Periodo Intermedio (180-220.000 $) e un dorso frammentario in granodiorite di età tolemaica (immagine a destra) che ha il prezzo stimato più alto dell’intera asta (800.000-1.200.000 $).

Aggiornamento (08/12/2015):

L’asta di Sotheby’s si è conclusa senza grandi sorprese se si escludono i prezzi della testa di Amenofi III e della la maschera funeraria lignea che sono schizzati rispettivamente a 1.330.000 e 1.450.000 $. Per il resto dei lotti più costosi, la valutazione è stata rispettata, come per la statua di Sekhmet che è venduta a 4,17 milioni di dollari. La testa di sarcofago in calcare, invece, non ha ricevuto offerte sufficienti.

Aggiornamento (09/12/2015):

L’asta di antichità di Christie’s, invece, ha avuto meno successo di quella di Sotheby’s. Molti pezzi egizi non sono stati venduti, compreso il busto tolemaico che aveva il prezzo stimato più alto tra tutti i lotti. Il reperto egizio più costoso è stato un rilievo in calcare di V-VI din., battuto per 118.750$.

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Australia, Inghilterra e USA restituiscono all’Egitto reperti rubati

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Source: abc.net.au

In una cerimonia ufficiale a Canberra, il ministro australiano delle Arti, George Brandis, ha consegnato all’ambasciatore egiziano Hassan El-Laithy una serie di reperti illegalmente esportati dall’Egitto. Gli oggetti, che vanno dal Nuovo Regno al periodo copto, erano stati sequestrati da case d’asta e abitazione private di Sidney grazie all’intervento, dopo segnalazione dell’Interpol, degli agenti del Federal Arts Department che poi hanno affidato l’autenticazione al Prof. Naguib Kanawati della Macquarie University. Torneranno in patria, così, alcuni pezzi di rilievo su calcare, una mano lignea appartenente a un sarcofago antropomorfe, una lucerna, una statuetta maschile, un ushabti, un frammento tessile copto e amuleti vari.

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Source: MSA

Intanto, a 17.000 km di distanza, l’ambasciatore egiziano a Londra ha preso in consegna un altro reperto rubato. Si tratta, in questo caso, di un frammento di un rilievo in cui è rappresentato Amon-Ra, appartenente al tempio di Thutmosi IV nel complesso di Karnak. Il proprietario ha spontaneamente deciso la restituzione dopo aver affermato che non era a conoscenza né dell’autenticità né della provenienza illegale del pezzo.

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Source: Luxor Times Magazine

Infine, segnalo anche la restituzione di 123 reperti sequestrati dalla dogana di New York, tra cui spiccano un sarcofago femminile di XXVI dinastia, quattro statuette lignee dell’uccello Ba, una collezione di statue del III Periodo Intermedio, alcuni modellini di barca funeraria di Medio Regno (vedi foto in alto), stele di Nuovo Regno e monete del periodo romano.

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New York, messe all’asta decine di reperti egizi da Christie’s e Sotheby’s

ImmagineA New York, in soli due giorni, le due case d’asta più famose del mondo hanno venduto decine di reperti egizi per un valore totale di milioni di dollari. Il numero maggiore di antichità è stato piazzato l’11 dicembre da Christie’s. Quest’asta era balzata agli onori della cronaca nostrana per la vicenda della Dea Madre nuragica prima messa in vendita per 1,2 milioni di dollari e poi ritirata dopo che il Nucleo Tutela Patrimonio Culturale dei Carabinieri ne aveva accertato l’esportazione illegale dalla Sardegna. Sei lotti costituivano la collezione di un antiquario svizzero, Charles Gillet, e sono tra i pezzi più costosi, come la statua in calcare di VI dinastia (foto a sinistra) battuta per 389.000 $ (circa 316.000 €). Gli altri 31, di diversa origine, hanno raggiunto prezzi che vanno dai 3000 ai 317.000 $ di una statuetta bronzea di Epoca Tarda – Periodo tolemaico che rappresenta un falco.

http://www.christies.com/lotfinder/salebrowse.aspx?intSaleid=24491&viewType=list&action=paging&pg=1

Il 12 dicembre, invece, si è tenuta l’asta di Sotheby’s in cui sono stati venduti altri 13 reperti egizi che, in generale, hanno conseguito risultati più bassi. Il lotto più costoso è stato il frammento di statua stelofora in granito nero di XVIII dinastia (137.000$, foto a destra), mentre non è stata raggiunta la soglia minima di offerta per la statua in diorite di sacerdote di Mut (XXV-XXVI din.) la cui valutazione si aggirava intorno ai 400-600.000 dollari.

http://www.sothebys.com/en/auctions/2014/antiquities-n09236.html?cmp=email_n09236_1114_2_CATexample1_event_button1#&page=1&sort=lotNum-asc&viewMode=list

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Una mostra sull’obelisco di Place de la Concorde e la pulizia di quello di Central Park

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La valenza simbolica degli obelischi durò anche più della stessa civiltà egizia e fu sfruttata da imperatori romani, papi e grandi statisti europei fino al XIX secolo ed oltre (basta pensare all’Obelisco di Axum fatto portare in Italia da Mussolini nel 1937). La maggior parte degli obelischi eretti, infatti, si trova fuori dalla Valle del Nilo e Roma, con addirittura 9 esemplari, è la città più fornita. Uno di questi è l’Obelisco di Luxor che si trova al centro di Place de la Concorde a Parigi. Fatto erigere da Ramesse II (1279-1212) di fronte alla facciata del Tempio di Luxor (lato occidentale), fu donato alla Francia nel 1829 da Muhammad ʿAli, viceré d’Egitto. Si può immaginare come il trasporto di un blocco di granito rosso alto 23 metri e pesante 227 tonnellate possa essere stato particolarmente difficoltoso; la messa in posa, infatti, fu inaugurata solo il 25 ottobre 1836 alla presenza di re Luigi Filippo (come si vede nell’acquerello in alto). Una mostra, “Le Voyage de l’Obélisque: Louxor/Paris (1829-1836)”, è dedicata proprio a quest’impresa nautica e ingegneristica. A Palais de Chaillot, fino al 6 luglio, saranno esposti documenti, disegni, dipinti, modelli e reperti archeologici che testimoniano il viaggio dell’obelisco lungo il Nilo, il Mediterraneo e la Senna.

http://www.musee-marine.fr/le-voyage-de-lobelisque-louxor-paris-1829-1836

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Source: dailymail.co.uk

Un altro obelisco “emigrato” è il cosiddetto Ago di Cleopatra, oggi a Central Park, New York. Nonostante il nome, il monumento non è opera della regina egiziana, ma fa parte di una coppia di monoliti (21 m, 220 T) fatti erigere da Thutmosi III (1479-1425) a Eliopoli e poi trasportati per ordine di Augusto ad Alessandria, dove, nel 12 a.C., furono posti da Cleopatra VII all’ingresso del Caesareum. Anche in questo caso, Muhammad Alì li regalò, uno agli Stati Uniti e l’altro alla Gran Bretagna (a Londra, tra il Tamigi e Victoria Park). Quello americano arrivò a New York nel 1881 e fu trasportato a Manhattan tramite una ferrovia realizzata appositamente.

Oltre 130 anni di esposizione allo smog di una delle metropoli più grandi del mondo hanno lasciato evidenti segni (come si vede qui a sinistra). Così, l’amministrazione cittadina ha finalmente deciso di intervenire per pulire e restaurare l’obelisco. Le operazioni, che prevedono l’uso del laser, sono iniziate questo mese, ma richiederanno molto tempo vista la superficie di quasi 200 m² da trattare. Saranno anche fissate quelle porzioni di granito che tendono a staccarsi.

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