Articoli con tag: Nubia

Sudan, sito meroitico completamente distrutto dai cercatori d’oro

Source: Ebrahim Hamid /AFP

La Nubia è sempre stata per gli Egizi la principale fonte di approviggionamento dell’oro, tanto che il suo nome deriva da “nwb“, termine che designava in antico egiziano il prezioso metallo. Ancora oggi il Sudan è il terzo paese produttore d’oro in Africa, con un fatturato stimato per il 2019 di 1,22 miliardi di dollari.

Purtroppo, accanto alla normale estrazione aurifera, spesso si verificano azioni illegali di cercatori non autorizzati che, come in questo caso, non guardano in faccia nemmeno alle vestigia archeologiche. È di ieri, infatti, la notizia di un sito di età meroitica (IV sec. a.C. – IV sec. d.C.) completamente distrutto da escavatori meccanici. Di Jabal Maragha – un piccolo insediamento o checkpoint carovaniero nel deserto di Bayuda, 270 km a nord della capitale Khartum – rimane solo una voragine profonda 17 metri e lunga 20.

I fatti, però, risalgono allo scorso luglio quando Habab Idriss Ahmed, archeologo che scavò il sito nel 1999, e alcuni suoi colleghi si erano recati sul luogo per una visita di controllo scortati dalla polizia. Al loro arrivo avevano trovato cinque uomini che sono stati fermati ma rilasciati subito dopo. Alcuni antichi blocchi erano stati addirittura accatastati per creare un punto d’ombra.

Ma all’enorme danno si è aggiunta un’ulteriore beffa. Come affermato da Hatem al-Nour, Direttore delle antichità e dei musei del Sudan, i cercatori sarebbero stati ingannati dalla pirite presente tra l’arenaria del terreno e avrebbero scavato, seguendo i segnali del metal detector, in un punto dove di oro non c’è traccia.

https://www.msn.com/en-us/news/world/gold-hunting-diggers-destroy-sudans-priceless-past/ar-BB18hYiy

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Giornate di Studi Nubiani: “Alla (ri)scoperta della Nubia antica” (Pisa, 23-24 ottobre)

Locandina rif 1997Dopo la spedizione scientifica del 1828-29 del celebre egittologo pisano Ippolito Rosellini e gli scavi degli anni ’60 del secolo scorso di Michela Schiff Giorgini, l’Università di Pisa torna in Nubia, seppur rimanendo in città nell’elegante scenario dell’Aula Magna Storica di Palazzo della Sapienza (via Curtatone e Montanara, 15). Il 23 e 24 ottobre, infatti, si terranno due giornate di studio interamente dedicate all’antica Nubia e a tutti quei popoli che nel corso dei millenni hanno vissuto tra l’estremo sud dell’odierno Egitto e il Sudan.

L’evento, organizzato dal prof. Miniaci, è pensato come giornate di studio aperte a tutti, studenti universitari e appassionati, che illustreranno la storia, l’archeologia e la lingua dell’affasciante civiltà nubiana, dalla preistoria ai primi secoli dell’era cristiana. Le lezioni saranno tenute dal prof. Andrea Manzo (Università degli studi Napoli L’Orientale), uno dei massimi specialisti in Nubia antica a livello internazionale, e da giovani ricercatori provenienti da diversi atenei italiani. Le giornate di studio, infatti, rientrano nell’ambito di “PERET”, progetto nato per iniziativa del prof. Miniaci che riunisce dottorandi e post-doc italiani in Egittologia e Nubiologia, e sono organizzate grazie all’associazione studentesca “VOLO – Viaggiando Oltre L’Orizzonte” che ha utilizzato i contributi dell’Università di Pisa per le attività autogestite.

Il programma completo:

23 Ottobre ore 15.00 – 18.00, Aula Magna Storica di Palazzo della Sapienza (via Curtatone e Montanara, 15)

Prof. Andrea Manzo (UniOr): “Paradigmi negli studi nubiani”
Dr. Gianmarco Melito (UniPisa): “Gruppo A”
Dr. Elena D’Itria (UniOr): “Kerma e Gruppo C tra Egitto e Africa”
Dr. Gilda Ferrandino (UniOr): “Il vicereame egiziano in Nubia”

24 Ottobre ore 09.00 – 12.00, Aula Magna Storica di Palazzo della Sapienza (via Curtatone e Montanara, 15)

Dr. Enrico Giancristofaro (UniOr): “Le necropoli viceregali”
Dr. Francesca Iannarilli (Ca’ Foscari): “Il regno di Kush: Napata e Meroe”
Dr. Gilda Ferrandino (UniOr): “Epigrafia e lingua meroitica; la fine di Meroe”
Prof. Andrea Manzo (UniOr): “Conclusioni”
Al termine della mattinata: visita alle Collezioni Egittologiche dell’Università di Pisa

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PERET: il nuovo sito dei giovani egittologi e nubiologi italiani

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Il 14 e il 15 dicembre 2017, oltre 20 giovani egittologi e nubiologi italiani si sono incontrati a Pisa per illustrare le loro ricerche e per creare una rete di contatti con lo scopo di portare avanti possibili progetti condivisi. Da questo evento, organizzato e finanziato dall’associazione culturale VOLO – Viaggiando Oltre L’Orizzonte, è nata l’idea di realizzare un sito internet dove raccogliere l’esperienza, una sorta di vetrina virtuale in cui dottorandi e post-doc potessero presentarsi e mostrare i loro ambiti di ricerca. Il nome scelto, PERET, rievoca volutamente la stagione dell’anno che segnava l’emergere delle terre coltivabili al ritirarsi delle acque del Nilo, nella speranza di far ‘sbocciare’ nuovi contatti, aprire stimolanti confronti e generare scambi di idee e opinioni.

https://peretresearchers.wordpress.com/

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Incontro dei Giovani Egittologi Italiani (Pisa, 14-15 dicembre 2017)

0001-709x1024Metti una trentina di egittologi (e nubiologi) in una stanza; che succede? Tranquilli, nessun ferito, anzi… Nonostante tutto quello che si dice del mondo accademico – arrivismo, gelosie, autoreferenzialità (e lungi da me affermare che queste cose non esistano) -, dall’Incontro dei Giovani Egittologi Italiani sono emersi solo interessanti interventi, utili spunti e presupposti per collaborazioni future.

L’evento è stato organizzato dall’associazione universitaria VOLO a Pisa, il 14 e il 15 dicembre, proprio con lo scopo di creare una rete tra dottorandi, assegnisti e giovani ricercatori negli ambiti di studio dell’Egitto e del Sudan. Dopo l’introduzione iniziale della prof.ssa Marilina Betrò, ordinario di Egittologia all’Università di Pisa, ognuno di noi ha presentato il proprio progetto toccando gli argomenti più disparati: dal Predinastico al Periodo copto, dalla filologia all’archeologia, dall’antropologia alla museologia. Tuttavia, in tutta questa eterogeneità abbiamo trovato interessi comuni, l’intenzione di rendere più visibili i nostri lavori e, soprattutto, la voglia di fare squadra. Si è ovviamente ancora a una fase embrionale dell’idea, ma già ritrovare insieme studiosi da Napoli, Roma, Pisa, Pavia, Torino, Venezia (ma c’era perfino qualcuno dall’estero) fa ben sperare. E con l’augurio di veder crescere sempre di più questo gruppo, presto arriveranno novità.

La scaletta degli interventi: http://www.associazionevolo.it/wp-content/uploads/2017/12/scaletta-aggiornata.pdf

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Elefantina, scoperta statua di Heqaib

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Source: MSA

Ancora notizie da Elefantina, questa volta prettamente archeologiche. I membri della missione diretta da Cornelius von Pilgrim – che, pochi giorni fa, si era dovuto difendere da accuse infondate a causa della vicenda delle stelle di David – hanno scoperto una statua frammentaria (vedi in alto) che rappresenta Heqaib, nomarca di Elefantina sotto Pepi II (2276-2200 circa) alla fine della VI dinastia. Il governatore di Assuan è noto soprattutto per le sue spedizioni in Nubia descritte nei testi autobiografici della sua tomba a Qubbet el-Hawa. Dopo la morte, Heqaib fu divinizzato e venerato, tra l’XI e la XIII dinastia, in una cappella proprio sull’isola di Elefantina. A questo culto locale, quindi, sarebbe da ricondurre la presenza della statua nelle vicinanze del tempio di Khnum.

Inoltre, gli archeologi svizzeri hanno individuato un’altra statua – anch’essa di Antico Regno e mancante della parte superiore – e una stele d’offerta in arenaria (40 x 60 cm) risalente alla XVIII dinastia (foto in basso).

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Source: MSA

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Source: MSA

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Riaperta dopo un secolo la tomba di una regina di Meroe

Die unterirdischen Grabkammern der Pyramide von Königin Khennuwa in Meroe

Source: dainst.org

Dopo quasi 100 anni, 94 per la precisione, la camera sepolcrale di una piramide torna a mostrare le sue splendide pitture. Questo, però, succede in Sudan che, non tutti sanno, conserva più piramidi dell’Egitto. Dall’VIII secolo a.C., infatti, i sovrani kushiti della XXV dinastia cominciarono a farsi seppellire nelle necropoli di el-Kurru e Nuri, a Napata, in tombe monumentali, anche se molto più piccole delle “cugine” egiziane, probabilmente per sottolineare il loro nuovo titolo faraonico. In seguito, fino al III secolo d.C., quest’usanza fu adottata anche a Meroe, nelle necropoli nord e sud (patrimonio UNESCO dal 2011).

Proprio nel cimitero reale settentrionale, si trova quel che resta della piramide in questione, costruita agli inizi del IV sec. a.C., ma utilizzata verso la metà del III dalla regina Khennuwa, Grande Sposa Reale del re di Kush Amanislao. La sovrastruttura è stata distrutta dai cercatori di tesori dell’Ottocento che non immaginavano come, in realtà, fungesse da segnacolo pieno per le due camere funerarie scavate 6 metri in profondità (un po’ come la piramide di Djoser). La struttura ipogea fu scoperta solo nel 1922 da George A. Reisner (Boston Museum of Fine Arts) che, però, fu piuttosto approssimativo nella documentazione fornendo pochissimi dati e lasciando una grande lacuna sulla conoscenza di Khennuwa che è attestata solo per la sua tomba. Anche per questo, a distanza di un secolo, si è deciso di riaprire la sepoltura così da completarne la documentazione e consolidare le decorazioni parietali per una futura fruizione turistica. Il progetto fa parte degli obiettivi della “Qatari Mission for the Pyramids of Sudan”, diretta da Sheikh Hassan bin Mohammed bin Ali Al Thani, in collaborazione con la Sudanese National Cooperation of Antiquities e il Deutsches Archäologisches Institut di Berlino.

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Sudan, missione italo-russa scopre cartigli di sovrani meroitici

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Source: nationalgeographic.com.es

Con un po’ di ritardo, segnalo un’interessante notizia che viene, questa volta, dal Sudan. Circa 10 giorni fa, in attesa della pubblicazione ufficiale, sono stati resi noti alcuni risultati dell’VIII campagna di scavo italo-russa ad Abu Erteila, circa 200 km a nord dalla capitale Khartum. La missione, patrocinata dall’Istituto italiano per il Medio ed Estremo Oriente (IsMEO) e dall’Institute of Oriental Studies of the Russian Academy of Sciences e diretta dal prof. Eugenio Fantusati (“Sapienza” – Università di Roma) e dalla dott.ssa Eleonora Kormysheva, lavora dal 2008 nel sito nubiano sviluppatosi in piena età Meroitica classica (III-I sec. a.C.) nella cosiddetta “isola di Meroe”, all’incrocio tra Nilo, Nilo Azzurro e Atbara. In particolare, le scoperte più rilevanti, effettuate tra novembre e dicembre dello scorso anno, si concentrano in corrispondenza del naos di un tempio del I sec. a.C.-I sec. d.C. la cui divinità non è stata ancora individuata. Qui, infatti, sono stati ritrovati un altare rituale in basalto e un basamento (vedi foto), forse per barca sacra, con figure divine e i cartigli con i nomi, scritti in geroglifico egiziano, del re Natakamani e della regina Amanitore che gli successe (12 a.C.-20 d.C.).

P.S. Ringrazio il dott. Marco Baldi, vice-direttore della missione, per avermi gentilmente fornito queste informazioni (Che strano riprendere in mano il testo del mio primo esame universitario! Fantusati E., Antica Nubia. Storia dell’alta valle del Nilo, Roma 1999).

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Varsavia, inaugurata la nuova Galleria di Faras

Lo scorso 18 ottobre, in Polonia, presso il Museo Nazionale di Varsavia, è stato inaugurato il nuovo allestimento della “Galleria di Faras”, unica esposizione  europea con pitture medievali nubiane. I 67 frammenti di intonaco dipinto appartenevano alla cattedrale di Faras (VIII-XIV sec.), l’antica Pachoras, già sede vescovile nel VII secolo e florida città del regno cristiano di Nobazia (nord della II Cataratta).

La chiesa venne scoperta dalla missione polacca diretta da Kazimierz Michałowski, a cui è intitolata la galleria, durante gli scavi di emergenza lanciati dall’UNESCO per salvare i siti minacciati dalle acque del Lago Nasser. Proprio perché l’area sarebbe stata sommersa, le pitture sono state staccate e, in parte, nel 1972, regalate dal governo sudanese alla Polonia per l’impegno profuso. L’altra metà dei frammenti è conservata presso il Museo Nazionale del Sudan a Khartoum.

L’allestimento prevede una ricostruzione in scala della cattedrale con la navata centrale, le cappelle laterali e il nartece. I dipinti sono posizionati in base alla loro effettiva collocazione originale e sono accompagnati da ricostruzioni 3D anche di quelli che si trovano a Khartoum. I visitatori potranno apprezzare anche gli oggetti del corredo delle tombe dei vescovi e una corposa collezione di ceramiche nubiane e egiziane copte ritrovate negli scavi di Faras, Dongola e dell’area della IV Cataratta.

http://www.mnw.art.pl/en/collections/permanent-galleries/faras-gallery/

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Luxor, Archeologi spagnoli individuano tomba perduta

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Gli archeologi diretti da Miguel Ángel Molinero (Universidad de La Laguna) hanno riscoperto una tomba la cui ubicazione si era persa dopo che era stata visitata da egittologi e viaggiatori nella prima metà del ‘900. Scoperta nel 1904 da Robert Mond nella necropoli di el Asasif a Tebe Ovest, la TT 209 era indicata nel Porter-Moss (vol. I.1, pag. 306) come appartenente a Seremhatrekhyt, principe saita. Poi, dagli anni ’80, l’entrata era stata occultata dalla sabbia; situazione aggravata successivamente dai detriti della demolizione del villaggio di Qurna nel 2007.

La missione delle Canarie ha riscavato la struttura, consolidato la facciata e ha scoperto che, in realtà, il defunto si chiamava Ash-em-ra e appartenenva alla XXV dinastia (780-656 a.C.), quella dei cosiddetti “faraoni neri” di origine nubiana che governarono gran parte dell’Egitto durante il III Periodo Intermedio.

http://lagunamensual.es/index.php?M=Noticia&id=18675

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Rinvenuto il più grande sistema di latrine della Nubia medievale

Ad Al-Ghazali, sito sudanese nello Wadi Abu Dom, gli archeologi polacchi diretti da Artur Obłuski hanno effettuato una scoperta particolare in un complesso monastico paragonabile, per dimensioni, al Monastero di S.Caterina nel Sinai. In questa struttura della prima metà del VII secolo doveva vivere un folto gruppo di frati e pellegrini che avevano “bisogno” di un adeguato sistema sanitario. Nel lato sud del monastero, infatti, gli archeologi hanno individuato una fila di 15 latrine, il gruppo più grande di tutta la Nubia medievale, composte da fori nel terreno e contenitori ceramici (vedi foto). La stanza era nascosta da mura perimetrali che fornivano un minimo di privacy.

Il complesso era completato da due chiese: una più grande costruita con blocchi di arenaria a nord (la maggiore del Sudan in età bizantina) e una più piccola in semplici mattoni di fango a sud. Qui, dopo la rimozione di uno strato di terra sulle pareti, è riapparso il fondo bianco in gesso con pitture che rappresentano i quattro arcangeli (Gabriele, Michele, Raffaele e Uriele). Inoltre, sui muri ci sono numerosi graffiti con preghiere e richieste di grazia e aiuto in ogni attività quotidiana.

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