Articoli con tag: papiro

Museo Egizio del Cairo: esposto il papiro di 16 metri scoperto lo scorso anno a Saqqara

Source: Ministry of Tourism and Antiquities

Ieri, in occasione della cerimonia ufficiale di completamento della prima fase di sviluppo del Museo Egizio del Cairo (progetto che ha visto la collaborazione di Museo Egizio di Torino, capofila del gruppo, British Museum, Louvre, Ägyptisches Museum und Papyrussammlung di Berlino e Rijksmuseum van Oudheden di Leida nel riallestimento di 15 sale del museo di Piazza Tahrir) è stato esposto per la prima volta al pubblico il cosiddetto Papiro Waziry 1, rotolo di ben 16 metri scoperto lo scorso maggio a Saqqara.

In effetti, questa volta è necessario ammettere che l’importanza del ritrovamento dipende anche dalle dimensioni perché era da oltre un secolo che non si vedeva un reperto simile in Egitto. Lungi da me, però, ridurre il tutto alla lunghezza del papiro che, basta vedere le foto, è straordinario anche per lo stato di conservazione. Il documento, infatti, era stato ritrovato ancora arrotolato nei pressi del Bubasteion di Saqqara, nel sarcofago di un certo Ahmose, vissuto all’inizio dell’epoca tolemaica intorno al 300 a.C. Il nome del papiro è un omaggio a Mostafa Waziri (foto in basso al centro), segretario generale del Supremo Consiglio delle Antichità e direttore della missione che lo ha scoperto. Il numero, aggiunto in un secondo momento rispetto allo scorso anno, deriva dal fatto che presto sarà presentato un Papiro Waziry 2, ancora in fase di restauro, il cui ritrovamento a Saqqara era stato anticipato a gennaio.

Il papiro è iscritto con 113 capitoli del Libro dei Morti, vergati in ieratico con inchiostro nero, salvo qualche parola in rosso, e disposti su 150 colonne di diverse dimensione. Dopo uno spazio vuoto di 40 cm, il documento inizia con la scena più grande che ritrae il defunto inginocchiato, il cui nome compare 260 volte, mentre porge offerte a Osiride seduto in trono (foto in basso). Altre vignette più piccole accompagnano poi i singoli capitoli. La qualità dei segni sottolinea l’ottima fattura del papiro e, di conseguenza, l’alta classe sociale di Ahmose.

Dopo essere stato aperto, restaurato, letto e decifrato, oggi il papiro è esposto in una speciale teca al primo piano del vecchio Museo Egizio del Cairo.

Source: youm7.com

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Dopo il restauro, il nuovo allestimento del Papiro erotico-satirico di Torino

Source: Museo Egizio, Torino

Il celebre Papiro Erotico-Satirico di Torino è la prima cosa che cito per controbattere chi afferma che gli antichi Egizi erano un popolo cupo e religioso, dal pensiero perennemente focalizzato su morte e aldilà. Sul papiro, infatti, sono ritratte esplicite scene di sesso e vignette con animali intenti in attività umane, come asini e scimmie che suonano strumenti musicali o gatti che allevano oche. Se l’intento chiaramente ironico delle seconde scene, confermato dai tanti ostraka (frammenti di calcare) dipinti con iconografie simili, era volto a rappresentare un assurdo mondo al contrario, spesso la parte erotica è equivocata. Lontani dalla nostra concezione di pornografia, infatti, i grotteschi atti sessuali non dovevano eccitare ma, anche in questo caso, divertire. Lo dimostra il rozzo aspetto dei personaggi maschili, stempiati, con barba trascurata e misure oversize, contrapposto alla bellezza ed eleganza delle donne ritratte.

Il papiro, risalente alla XX dinastia (1190-1077 a.C.) e proveniente da Deir el-Medina, è oggi presentato al pubblico attraverso un nuovo allestimento nel Museo Egizio di Torino (Cat. 2031), dopo un delicato e necessario lavoro di restauro. Il documento, infatti, arrivò nella città sabauda nel 1824, quando fu acquistato dal Console generale di Francia in Egitto Bernardino Drovetti, già in pessimo stato di conservazione, altamente frammentario e intaccato dagli insetti. Così nel corso di due secoli sono stati molti gli interventi conservativi che, tuttavia, spesso si sono rivelati perfino dannosi.

Il primo passo è coinciso con analisi diagnostiche non distruttive (fotografie con filtri infrarossi e ultravioletti, spettrofotometria XRF) effettuate presso il Cento Conservazione e Restaruro “La Venaria Reale”, che hanno permesso di comprendere la natura dei pigmenti originari e i materiali usati per i vecchi restauri. È stato poi portato avanti l’effettivo lavoro di pulitura, restauro e consolidamento grazie a metodi preventivi e reversibili. In tal senso, sono state eliminate le tracce di un pesante rivestimento lucido, colla animale o gelatina, che ha favorito la perdita del colore originario e stressato le fibre del papiro; inoltre, sono state rimosse le strisce di garza, alcune foderate con carta, incollate sul verso per unire i vari frammenti e le macchie di colla con cui questi erano fissati su vetro. Dopo un’attenta pulizia delle superfici, infine, si è proceduto al consolidamento delle fibre e al nuovo fissaggio delle parti con strisce di carta giapponese rimovibili.

Durante il processo, inoltre, grazie allo studio dei restauratori e filologi coinvolti, è stata rivista la ricostruzione del papiro grazie allo spostamento di alcuni frammenti che erano stati posizionati in modo erroneo in passato.

Particolare con scene erotiche (Museo Egizio, Torino)
Particolare con scene degli animali (Museo Egizio, Torino)

Per approfondire: https://collezioni.museoegizio.it/it-IT/material/Cat_2031/

https://collezionepapiri.museoegizio.it/section/Collezione-Papiri/What-s-on/Papiro-del-mese/

Il nuovo allestimento del Papiro Erotico-Satirico (Museo Egizio, Torino)

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Bufale eGGizie*: il Papiro di Artemidoro è un falso

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Source: artribune.com

(*A scanso di equivoci, il nome della rubrica contiene volutamente un errore ortografico per sottolineare il carattere a dir poco ridicolo di alcune notizie riguardanti l’Egitto che circolano nel web e non solo)

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Questa volta, nell’aiutarmi a sfatare l’ennesima fake news del mondo dell’egittologia (o meglio, della papirologia), non ci saranno storici o archeologi ma addirittura un procuratore della Repubblica! L’interesse della magistratura nella vicenda, che ha comunque provocato aspri dibattiti fin dall’inizio, è dovuta a una presunta – a questo punto acclarata – truffa nell’acquisto di un documento antico: il papiro di Artemidoro.

453a09a8-fc60-11e8-8eb7-e46a5f00f631_11301872-kquC-U029673780DTQ5T7UM-1024x576@LaStampa.itIl Papiro di Artemidoro è un papiro frammentario di circa 30 x 250 cm con disegni e testo in greco che, in un primo momento, erano stati datati al I sec. a.C. Il contenuto, infatti, presenterebbe un trattato geografico con la divisione amministrativa della Spagna tratto dai “Geographoùmena” di Artemidoro di Efeso (II-I sec. a.C.). Le raffigurazioni, invece, mostrerebbero una porzione della penisola iberica, parti anatomiche di statue e animali veri e fantastici.

La datazione così tanto dibattuta è arrivata dagli studiosi che si sono occupati dell’edizione critica del testo – Claudio Gallazzi, Bärbel Kramer e Salvatore Settis – su base paleografica e sulla notizia, poi smentita, che il papiro venisse da una maschera funeraria in cartonnage risalente a un periodo inquadrabile tra i regni di Nerone (54-68) e Domiziano (81-96).

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Noto già da qualche decennio, il papiro fu acquistato nel 2004 dalla Compagnia di San Paolo per ben 2 milioni e 750 mila euro dal mercante d’arte d’origine armena, nato in Egitto e residente in Germania, Serop Simonian. L’intenzione della banca – che fa parte della Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino – era di portare all’Egizio quella che sarebbe stata una delle più antiche carte geografiche della storia. Già, “sarebbe stata”, perché dubbi sull’autenticità del pezzo furono subito avanzati da altri studiosi ed Eleni Vassilika, direttrice del Museo Egizio dal 2005, si rifiutò di esporlo avendo avuto a che fare con Simonian e i suoi falsi quando dirigeva il Roemer- und Pelizaeus-Museums di Hildesheim. Per questo nel 2014, dopo una serie di mostre ‘temporeggianti’, il papiro è finito al Museo di Antichità di Torino.

konvolut_200x327Tra chi avevano gridato al falso spicca il nome del filologo classico Luciano Canfora che, considerando il testo opera del falsario greco ottocentesco Costantino Simonidis, nel 2013 ha presentato un esposto alla Procura di Torino. Le indagini sono partite nel 2015 ad opera del procuratore Armando Spataro che proprio oggi ha ufficializzato i risultati. In realtà, già da tempo è stato assodato che il reperto non risalga al I sec. a.C., soprattutto da quando la polemica Settis-Canfora, scoppiata con un botta e risposta sulle pagine dei giornali, si è allargata a tutta la comunità scientifica. C’erano da registrare incongruenze nel linguaggio e in alcune conoscienze geografiche presenti nel testo e addirittura, nel 2009, la polizia scientifica di Marche e Abruzzo aveva indicato come palesemente ritoccata la foto (immagine a destra) che avrebbe mostrato il cosiddetto Konvolut (conglomerato) appena estrapolato dalla maschera funeraria.

In ogni caso, come detto, oggi è arrivata la conferma definitiva dalla magistratura. Tra i vari documenti acquisiti durante le indagini, figurano una lettera del 2004 con cui la delegata del governo federale per l’Istruzione e la Comunicazione di Bonn, Rosa Schmitt-Neubauer, permetteva l’esportazione del papiro perché non considerato bene artistico di valore per la Germania e il documento con cui è uscito dall’Egitto nel 1971 in cui è descritto come “sacco di carta in parte con immagini in oro” dal valore di 20 lire egiziane. Infine, sono stati presi in considerzione gli esami scientifici: il C14 che ha indicato una datazione del I secolo avanti – I secolo dopo Cristo è relativo al solo supporto papiraceo (spesso i falsari usano veri papiri); l’inchiostro non è conforme a quello adottato all’epoca; sono stati rilevati il contatto con una rete zincata e l’azione di acidi per contraffare la composizione chimica dell’oggetto.

Addenda

La sentenza e la relativa diffusione mediatica ha riacceso il dibattito tra gli studiosi su una questione tutt’altro che conclusa. A tal proposito, segnalo la conferenza tenuta a Torino il 15/01/2019 dalla dott.ssa Roberta Mazza (papirologa dell’Università di Manchester), convinta dell’autenticità del Papiro di Artemidoro:

 

Aggiornamento (17/06/2019):

Il programma RAI di inchiesta giornalistica Report ieri ha dedicato un servizio alla vicenda del Papiro di Artemidoro anticipando alcuni dei risultati dei recenti esami eseguiti presso l’Istituto di Patologia del Libro del MiBAC. Il dato più importante viene dalle analisi spettroscopiche degli inchiostri che per un unico reperto sono ben 7 e senza impurità. “Improbabile che siano di manifattura antica” afferma la restauratrice intervistata, Cecilia Hausmann. Negli inchiostri è presente il diamante esagonale, elemento che si trova raramente in natura, nelle rocce meteoriche, in Sri Lanka o Canada, o più semplicemente come prodotto industriale realizzato a partire dal XIX secolo.

Il servizio completo: http://www.rai.it/programmi/report/inchieste/Il-papiro-94d1b4df-07c8-4da8-8c9d-8f495ce7d73b.html

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Fayyum, scoperto eremo cristiano di 1300 anni

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Source: scienceinpoland.pap.pl

A Deir el-Naqlun, nel Fayyum, gli archeologi polacchi diretti da Włodzimierz Godlewski (Università di Varsavia) hanno scoperto un eremo cristiano risalente a 1300 anni fa. L’insediamento fa parte del gruppo di eremi della collina vicina al convento dell’Arcangelo Gabriele, fondato alla metà del V sec. e rimasto attivo fino alla fine del XX secolo, quando è stato abbandonato dagli ultimi due monaci. Dallo scavo sono emerse tre stanze ricavate dalla roccia che comprendono un’area giorno intonacata e con diverse nicchie (vedi foto in alto), una camera da letto e una piccola cucina con un profondo pozzo arieggiato per la conservazione del grano. L’eremo è stato abitato da un solo monaco, tra il VI e l’inizio del VII secolo, che forse si chiamava Neilos. Questo nome compare su una lettera scritta in greco su papiro (vedi immagine in basso) perfettamente conservata che, secondo il papirologo Tomasz Derda, sarebbe un invito da parte di un alto esponente della Chiesa locale, forse il vescovo di Arsinoe (l’odierna Medinet el-Fayyum). Insieme allla lettera, sono stati scoperti altri oggetti di vita quotidiana come un paio di sandali in cuoio, frammenti di tessuto e vetro, un set di contenitori ceramici da mensa e anfore da vino.

http://www.archeo.uw.edu.pl/szablon.php?id=858

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Source: scienceinpoland.pap.pl

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In un papiro ramesside la prima osservazione dell’eclisse di Algol

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Source: journals.plos.org

(Premetto subito che mi sto avventurando in un campo molto tecnico che esula dalle mie competenze quindi mi scuso per eventuali inesattezze).

Che gli antichi Egizi fossero ottimi osservatori degli eventi celesti era cosa assodata, ma un recente studio sposta l’asticella un po’ più in là. In realtà, Lauri Jetsu e Sebastian Porceddu (Dip. di Fisica della University of Helsinki) avevano già espresso questa teoria nel 2013, ma una loro nuova pubblicazione sembrerebbe confermarla: in un papiro ramesside scoperto a Deir el-Medina (Cairo 86637, vedi immagine), ci sarebbe la prima documentazione relativa a una stella binaria a eclisse. Il testo in ieratico è tra i Calendari egizi meglio conservati e suddivide i giorni dell’anno (classica ripartizione in tre stagioni, 12 mesi di tre settimane di 10 giorni, più 5 “epagomeni”) in “buoni” e “cattivi”. Praticamente, tenendo in considerazione la concezione ciclica del tempo, un modo per capire in anticipo se fosse o no il caso di uscire di casa! Queste previsioni, fatte tre volte per ogni giorno (quindi, nel corso delle 24 ore, si potevano incontrare momenti positivi o negativi), erano influenzate da credenze religiose ed eventi astronomici. Lo scopo della ricerca finlandese è proprio verificare se le azioni delle varie divinità potessero coincidere con fenomeni realmente esistenti.

Grazie a calcoli statistici, si è visto che periodi particolarmente fausti si ripetono spesso ogni 29,6 e 2,85 giorni, rispettivamente in connessione con Seth e Horus. Se il primo intervallo di tempo è facilmente identificabile con il mese lunare, il secondo ha richiesto maggiori approfondimenti fino all’identificazione con la variabilità di Algol, detta anche β Persei. Il sistema appartiene alla costellazione di Perseo ed è composto da due stelle tra cui quella principale, Algol A, viene eclissata ogni 2,867 giorni da quella secondaria, Algol B (in realtà, attorno al comune centro di massa, ruota anche una terza stella, Algol C). Il conseguente calo di luminosità dura circa 10 ore ed è visibile a occhio nudo. Il papiro, quindi, descriverebbe il fenomeno quasi 3000 anni prima della sua scoperta ufficiale attribuita a Geminiano Montanari (1667) e del calcolo del periodo di John Goodricke (1783). La discordanza di misurazione di 0,017 giorni è stata spiegata con un trasferimento di massa negli ultimi millenni tra i due componenti del sistema stellare.

Una conoscenza più antica della variabilità, però, potrebbe essere suggerita dall’etimologia del nome stesso di Algol che deriva dall’arabo “al-Ghul”, un demone della tradizione islamica, e che ne indicherebbe la natura “irrequieta”.

http://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0144140

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“Proposta” sodomitica in un papiro di Ossirinco

Source: bricecjones.com

Source: bricecjones.com

I papiri di Ossirinco non finiscono mai di riservare sorprese (basti pensare alla ricetta con i rimedi per i postumi da sbornia o il frammento usato come carta igienica) e Brice C. Jones, nel suo blog, presenta sempre i casi più curiosi. Questa volta, il papirologo parla di un documento V.M. 18! Si tratta di una lettera scritta in greco nel I secolo d.C. da due uomini, Apione ed Epimaco, allo sfortunato Epafrodito. Infatti, i mittenti lo invitano a farsi sodomizzare per non essere più pestato. Ora, al di là delle preferenze sessuali del destinatario, non sembra che la “gentile” richiesta comprendesse molte scelte. Secondo alcuni studiosi, però, più che al soddisfacimento dei loro appetiti, Apione ed Epimaco potrebbero aver preteso un segno di sottomissione da parte di uno schiavo. E per rendere più chiaro il messaggio, aggiunsero anche un disegnino esplicativo (a destra dell’immagine), in cui si vede un pene che penetra il retto con tanto di didascalie “duro/erezione”, “e ano”.

Per il testo completo e la sua traduzione: http://www.bricecjones.com/blog/porn-on-an-ancient-papyrus

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Pubblicato papiro con rimedio per i postumi da sbornia

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Source: livescience.com

Avete alzato un po’ troppo il gomito ieri sera? Il cervello vi scoppia? Nessun problema! Prendete alcune foglie di Ruscus racemosus, mettetele al collo e aspettate che passi il mal di testa!

Non so quanto possa funzionare (e nemmeno dove trovare quella pianta), ma questo è il rimedio per curare i postumi da sbornia che si trova su un papiro di 1900 anni scoperto a Ossirinco. Il testo, scritto in greco, raccomanda di intrecciare le foglie dell’arbusto (detto anche chamaedaphne alessandrina) e di indossarle a mo’ di collana.

La traduzione di David Leith (University of Exeter) si trova nell’ultimo volume di Oxyrhyncus papyri”, lavoro di pubblicazione che dura ormai da oltre cento anni. Sono compresi altri 23 documenti a carattere medico, datati dal I al VI sec. d.C., con ricette per curare ulcere, mal di denti, emorroidi, reumatismi e perfino con frammenti della descrizione di un’operazione alla palpebra estroflessa. Sono comprese anche copie di opere di Galeno e Ippocrate.

I papiri appartengono all’Egypt Exploration Society e sono conservati presso la Sakler Library dell’Università di Oxford.

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Un papiro con Omero usato come carta igienica

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Source: bricecjones.com

La vita è quasi sempre ingiusta. Il destino che ci si aspetterebbe per un libro di Fabio Volo lo ritroviamo, invece, per una copia dell’Iliade di Omero.

Il papiro P.Oxy. 67.4633 non è stato pubblicato recentemente (Spooner J., Nine Homeric Papyri from Oxyrhynchos, 2002), ma una sua particolare caratteristica, riportata dal papirologo Brice Jones nel suo blog, vi colpirà sicuramente. Si tratta di un frammento risalente al III sec. d.C., scoperto, come tanti altri, in un’antica discarica di Ossirinco. Il testo, come detto, presenta una versione in greco dell’Iliade o, più precisamente, scholia, cioè annotazioni, glosse che spiegano il poema. In realtà, la peculiarità del documento consiste nella sua destinazione d’uso secondaria, quando venne sfruttato per uno scopo non proprio “nobile”. In Egitto, si assiste molto spesso al riciclo del papiro che poteva semplicemente essere iscritto sulla faccia ancora libera o ricoperto da intonaco per la realizzazione di cartonnage.

In questo caso, però, il materiale è stato usato come carta igienica e presenta ancora evidenti tracce di feci che ricoprono gran parte della superficie. C’è stato addirittura uno studio paleobotanico del materiale organico in questione che ha riscontrato la presenza di fibre di grano. Ora pensate al momento in cui, per studiare il papiro trovato accartocciato, lo si è dovuto inumidire per ammorbidirlo e distenderlo…

 

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Maschere funerarie, il più antico vangelo e bagnoschiuma: continua la polemica

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L’archeologia biblica e lo studio di antichi testi religiosi hanno sempre fatto presa sulla gente per i risvolti misteriosi e controversi che vengono amplificati ad arte dai media (non a caso, tra tutti gli articoli che ho scritto su questo blog nel 2014, il più letto è risultato quello sul papiro dell’Ultima Cena). Così, soprattutto nel web, circolano decine di scoop, o sedicenti tali, su vangeli apocrifi, matrimoni di Gesù, Opus Dei e via dicendo. Da un po’ di tempo, leggo una di queste notizie che, se non fosse per le conseguenze disastrose che sta provocando, mi avrebbe strappato più di una risata. Avevo deciso di ignorarla, ma visto che in questo periodo sembra sia balzata di nuovo agli onori della cronaca, è arrivato il momento di chiarire alcuni punti. Qui riportarò le mie riflessioni, sicuramente insufficienti, ma potete leggere le osservazioni molto più autorevoli di studiosi (come Paul BarfordRoberta Mazza e Brice Jones) che, ormai dal 2012, stanno criticando aspramente i risultati di una strana ricerca.

Un gruppo di studiosi guidati da Scott Carroll, ex direttore della “Green Collection” (una raccolta di oltre 40.000 manoscritti biblici e altri reperti correlati conservati presso il “Museum of the Bible” di Washington D.C.), ha ideato un metodo “innovativo” per estrapolare antichi documenti dalle maschere funerarie delle mummie egizie. Infatti, il cartonnage con cui erano realizzate è fatto di strati di lino o papiro ricoperti di stucco dipinto. Il papiro era un materiale molto costoso, quindi si tendeva a riciclare fogli già usati che, a volte, presentano ancora i testi intatti. Il geniale metodo, che permette di sciogliere il collante e conservare l’inchiostro, consiste, come si può vedere dalla foto, nel mettere in ammollo le maschere in acqua e Palmolive (non ho scelto una marca a caso ma quella indicata da Carroll. Sponsorizzazione? Particolari proprietà del sapone? Unico prodotto che era in casa in quel momento?).

In questo modo, si sarebbero recuperati appunti amministrativi, lettere personali, testi filosofici e, addirittura, copie di Omero. Pazienza se, così facendo, le maschere vengono distrutte; ma tanto, come ha affermato Josh McDowell, si tratta di oggetti di scarsa qualità. Una tale distinzione tra “figli e figliastri” nei confronti dei reperti sarebbe come minimo strana in archeologia e, infatti, McDowell non è un addetto ai lavori ma un apologista evangelico e il teorico del gruppo (vi prego, leggetevi i curricula!). Un’altra sua uscita poco felice è stata quella sul rischio di danneggiare supporti così delicati: “Dal momento che i manoscritti sono i nostri, è tutto OK!”. Alcuni pezzi, infatti, appartengono alla sua collezione privata, mentre le altre maschere proverrebbero da musei, università o collezionisti privati che, dopo il procedimento, dovrebbero tornare in possesso dei papiri risultanti. Una porcheria del genere in Italia non sarebbe concepibile, ma, evidentemente, l’apparato legislativo americano permette ai proprietari di fare qualsiasi cosa con le loro antichità.

Tutti i testi studiati saranno pubblicati prima della fine del 2015, anche se i precedenti annunci prevedevano il 2013 e poi il 2014. Ogni persona che partecipa al progetto ha sottoscritto un accordo di riservatezza con il divieto di divulgare qualsiasi dato. Ma, già nel 2012, Dan Wallace, docente presso il Dallas Theological Seminary, aveva fatto trapelare la scoperta più importante (come se non fosse stato tutto previsto…): il più antico vangelo conosciuto. Ad oggi, le prime attestazioni canoniche del Nuovo Testamento risalgono al II secolo (in particolare, il “Papiro 52”, con il Vangelo di Giovanni, al 125 circa), mentre un piccolo frammento del Vangelo di Marco ricavato da una maschera sarebbe stato datato a prima del 90. Tale conclusione sarebbe il frutto di un mix di analisi paleografica e C14, ma, in mancanza del sarcofago e dei nomi degli esperti che hanno effettuato la datazione, sembra solo una congettura. E pur prendendo per buono il radiocarbonio, il papiro, come è successo per le maschere, potrebbe essere stato riutilizzato in seguito.

In attesa della fatidica pubblicazione, è difficile approfondire ulteriormente la faccenda, ma destano non poche perplessità le metodiche dello studio e la presenza ingombrante di McDowell che sta sfruttando queste notizie per confermare le sue tesi estremiste sulla storicità assoluta di ogni nozione scritta sulla Bibbia, compresi Diluvio Universale e creazionismo. E voi vi fidereste di uno studio sulla salubrità degli hamburger finanziato da McDonald’s?

 

 

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Istruzione e lavoro tra gli adolescenti dell’Egitto romano

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Source: pasthorizonspr.com

Analizzando oltre 7500 documenti da Ossirinco, per lo più papiracei, Ville Vuolanto (University of Oslo) e April Pudsey (University of New Castle) hanno fatto scoperte interessanti sull’infanzia e l’adolescenza nell’Egitto romano. Sembra infatti che i ragazzi delle famiglie facoltose (circa il 10-25% della popolazione totale) frequentassero un istituto di formazione, chiamato gymnasium, dove i 14enni imparavano a diventare dei buoni cittadini. L’iscrizione a tale struttura era riservata ad appartenenti a classi sociali piuttosto agiate (la retta era di 12 dracme) e ai soli maschi.

Altri giovani, invece, cominciavano a lavorare presto con contratti di apprendistato che duravano dai due ai quattro anni. Anche i figli degli schiavi potevano sottoscrivere accordi lavorativi senza alcuna differenza con quelli dei loro coetanei liberi. Tra i venti documenti di questo tipo ritrovati, uno riguarda anche una ragazza, ma si tratta veramente di un unicum. Le donne, infatti, lavoravano in casa e l’adolescente in questione fu costretta a fare questa scelta perché rimasta orfana con i debiti del padre sulle spalle.

http://www.sciencedaily.com/releases/2014/11/141105084711.htm

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