Articoli con tag: Piramide di Cheope

Scoperto corridoio nascosto nella Piramide di Cheope

Source: Ministry of Tourism and Antiquities

Questa volta non ci sono dubbi: dietro la facciata nord della Piramide di Cheope c’è un corridoio nascosto. La scoperta è l’ultimo dei risultati del progetto ScanPyramids che, con l’ausilio delle tecnologie più avanzate, ha confermato la presenza di un vuoto dietro i blocchi “a chevron” (i quattro blocchi a V rovesciata sopra l’ingresso originario) e ne ha misurato al centimetro le dimensioni. La prova ineluttabile è poi arrivata grazie a una telecamera endoscopica che ha ripreso, dopo oltre 4500 anni, un tunnel lungo 9 metri, largo 2,10 e alto 2,30 (foto in alto).

Il progetto internazionale ScanPyramids è stato lanciato nel 2015 con lo scopo di studiare le piramidi di IV dinastia di Dahshur e Giza e di individuare eventuali camere o corridoi nascosti. La facoltà d’Ingegneria dell’Università del Cairo e il francese HIP.institute (Heritage, Innovation and Preservation) hanno coordinato una squadra di esperti che arrivano anche dal Canada (Université Laval) e dal Giappone (Nagoya University). In particolare avevamo fatto la conoscenza dei muoni, particelle con carica negativa che fanno parte dei raggi cosmici e che sono alla base della radiografia muonica, tecnica che misura la quantità assorbita di muoni dopo aver attraversato strutture solide. Questo metodo è stato elaborato in Giappone per il monitoraggio dei vulcani (recentemente anche per il Vesuvio) ed è stato applicato per verificare, a distanza di sicurezza, la situazione dei reattori di Fukushima dopo l’incidente nucleare del 2011. Quindi, grazie ai muoni, tra 2016 e 2017, erano state individuate due anomalie nella Grande Piramide, ma l’attenzione dei media si era focalizzata soprattutto su un enorme “vuoto” lungo 30 metri sopra la Grande Galleria. La relativa pubblicazione su Nature, priva dell’approvazione del comitato scientifico permanente, aveva scatenato le ire del Ministero egiziano delle Antichità e soprattutto di Zahi Hawass che avevano bollato come inutile la notizia.

Questa volta, sembrano esserci state maggiori collaborazione e comunicazione con le autorità locali e si è arrivati alla conferenza stampa ufficiale di poche ore fa, alla presenza del ministro Ahmed Eissa, di Zahi Hawass, del segretario generale dello SCA Mostafa Waziry e del vicepresidente di HIP Hany Helal, e alla successiva pubblicazione di due articoli scientifici su Nature Communication e NDT & E International. La data scelta probabilmente non è casuale visto che, proprio il 2 marzo 1818, il padovano Giovanni Battista Belzoni riusciva a entrare nella Piramide di Chefren.

In ogni caso, i risultati sono arrivati attraverso due indagini indipendenti di team della Nagoya University e della CEA (Commissariat à l’énergie atomique et aux énergies alternatives/France) che hanno utilizzato diversi telescopi muonici. Chi ha visitato la Piramide di Cheope negli ultimi anni avrà infatto notato in diversi punti piastre con pellicole che avevano proprio il compito di misurare la quantità di muoni. Quindi, il corridoio parte 80 cm dietro i blocchi esterni e presenta una copertura a capanna. Questa caratteristica, comune alla prima camera di scarico sopra la Camera del Re e alla Grande Galleria, spiega forse la funzione, ancora non identificata, della struttura che potrebbe essere stata progettata per diminuire il peso gravante sul sottostante passaggio discendente. Zahi Hawass si spinge molto oltre dicendo che potrebbe invece essere l’accesso alla vera stanza di sepoltura del faraone Cheope (2589-2566 a.C.), perché un’area interna del tunnel sembra non essere coperta da blocchi di pietra ma da semplici detriti.

La diretta della conferenza stampa via Luxor Times: https://www.facebook.com/luxortimesmagazine/videos/140764608901112

L’articolo su Nature communications: https://www.nature.com/articles/s41467-023-36351-0

L’articolo su NDT & E International: https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0963869523000245

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Nuove scansioni muoniche per la Piramide di Cheope

Source: Explore Great Pyramid mission/Bross et al. 2022

Ricorderete il clamore suscitato dai risultati del progetto #ScanPyramids da cui si ipotizzò la presenza di una presunta stanza nascosta all’interno della Piramide di Cheope. Ora, a distanza di 6 anni, si potrebbe tornerare a utilizzare i muoni per indagare la struttura, ma con una tecnologia 100 volte più potente.

Per chi invece si fosse perso la notizia, nel 2016 un team internazionale (HIP.institute, Università del Cairo, Université Laval, Nagoya University) sottopose la Grande Piramide a una tomografia muonica, tecnica che misura la quantità assorbita dei muoni (particelle con carica negativa che fanno parte dei raggi cosmici) dopo aver attraversato la roccia. I tecnici coinvolti nella ricerca parlarono di una promettente anomalia sopra la Grande Galleria che interpretarono come un vuoto lungo 30 metri. In realtà, le autorità egiziane criticarono aspramente queste conclusioni, pubblicate su Nature senza il consenso del Ministero e bollate come precipitose.

Un nuovo progetto, chiamato “Exploring the Great Pyramid” e portato avanti da fisici del Fermi National Accelerator Laboratory, University of Chicago, University of Virginia, Cairo University Oxford e Yale, ha elaborato un modello che promette nuovi risultati. Rispetto allo #ScanPyramids, si useranno due telescopi a muoni molto più grandi e quindi non più collocabili all’interno della piramide. I sensori saranno infatti montati all’interno di container a temperatura controllata – di cui ogni unità sarà lunga 12 metri, larga 2,4 e alta 2,9 – che saranno spostati lungo la base, anche per ottenere più angolazioni (immagine in alto).

Per il momento, dopo le simulazioni virtuali, si sta costruendo un prototipo di telescopio, ma i membri del gruppo assicurano i primi dati dopo 2 anni di osservazione, seppur non sia stata ancora indicata una data di partenza. Grazie a questa nuova tecnologia sarebbe possibile avere una tomografia completa della piramide che indicherà le differenze di densità della materia e quindi non solo i passaggi da vuoto a pietra. Di conseguenza ci sarebbe una maggior precisione e velocità nell’individuare e tracciare eventuali vuoti strutturali o ambienti ancora sconosciuti.

L’articolo originale: https://arxiv.org/pdf/2202.08184.pdf

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Finalmente libero il lato Sud della Piramide di Cheope

Source: Ministry of Tourism and Antiquities

Finalmente, dopo 40 anni il lato sud della Grande Piramide è libero. Era infatti dal 1982 che il versante meridionale dell’ultima delle Sette meraviglie del mondo antico non risultava sgombro da una vista quanto meno impattante.

In questi giorni, infatti, è stata completata la demolizione del Museo della barca solare di Cheope, dopo che, nello scorso agosto, si era proceduto allo spettacolare trasporto dell’imbarcazione verso la nuova sede espositiva del Grand Egyptian Museum. In realtà, seppur l’inaugurazione dell’edificio risalga al 6 marzo 1982, l’intrusione visiva dell’area è da spostare almeno al 1961, quando iniziarono i travagliati lavori di costruzione su progetto dell’architetto italiano Franco Minissi.

Nei mesi scorsi, invece, era stato smantellato il laboratorio temporaneo in cui, dal 2013, il team egiziano-giapponese diretto da Sakuji Yoshimura (Waseda University) si è occupato del restauro preliminare e del prelievo dei 1700 frammenti della seconda barca di Cheope. Il trasferimento, ancora una volta verso il GEM, di tutti i fragili pezzi lignei era stato portato a termine nel giugno 2021.

La vista del lato sud della Grande Piramide nel 2019, con il laboratorio della seconda barca in primo piano e, dietro, il Museo della Barca Solare (ph. M.Mancini)
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Da una scatola per sigari in un museo scozzese rispunta uno dei pochi oggetti trovati nella Grande Piramide

Source: University of Aberdeen

I depositi dei musei sono luoghi straordinari che riservano sempre nuove sorprese se ci si mette a “scavare” in profondità tra casse e scatoline.

Proprio in una piccola confezione di sigari nascosta in una collezione universitaria scozzese è stato ritrovato uno dei tre oggetti individuati nella Grande Piramide di Giza. A discapito delle dimensioni colossali dell’ultima dimora di Cheope, infatti, dal suo interno provengono solo (oltre al sarcofago in granito, e gli inaccessibili oggetti ripresi nel 1993 dal robot Upuaut-2) una sfera in dolerite dal diametro di circa 7 cm e pesante 540 g, un attrezzo in rame a forma di coda di rondine e un bastoncino in legno di cedro lungo 12 cm. A trovarli fu l’ingegnere britannico Waynman Dixon nel 1872, quando, esplorando la Camera della Regina, individuò due condotti di areazione che all’epoca erano ancora nascosti dalle lastre che foderano le pareti. Alla base di quello settentrionale c’erano i tre manufatti, arnesi dimenticati dai costruttori o forse modellini rituali lasciati intenzionalmente per permettere al faraone di aprire il passaggio e raggiungere il cielo.

Harper’s Weekly, 1873

Se i primi due sono stati donati nel 1976 dai discendenti di Dixon al British Museum, dell’asta di legno si erano perse le tracce da quasi 80 anni. Nel 1946, infatti, la figlia dell’ormai defunto James Grant – fisico, medico e collezionista scozzese che esplorò la Piramide insieme all’amico Dixon – lasciò l’oggetto all’Università di Aberdeen dove il padre si era formato e a cui aveva già ceduto gran parte della sua collezione di reperti archeologici.

Il collegamento era stato ricostruito nel 2001 grazie a un documento, ma solo recentemente è stato confermato da Abeer Eladany, assistente curatrice delle raccolte universitarie che era rimasta incuriosita dalla vecchia bandiera del suo paese su una scatolina che si trovava tra gli oggetti della collezione asiatica. Il confronto incrociato tra i numeri di inventario ha definitivamente accertato che i frammenti di legno al suo interno corrispondono a ciò che resta di una delle cosiddette “reliquie di Dixon” (il n. 3 dell’illustrazione in alto). Il carbonio 14 ha poi portato a una datazione del 3341-3094 a.C., circa 500 anni prima di Cheope (2589-2566 a.C.). Il legno utilizzato o l’oggetto stesso erano quindi molto più antichi della Grande Piramide.

https://www.abdn.ac.uk/news/14573/

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Camere segrete, troni di ferro e proto-geroglifici: i misteri della Piramide di Cheope secondo Freedom (bufale eGGizie*)

Souce: facebook.com/freedomrete4/

(*A scanso di equivoci, il nome della rubrica contiene volutamente un errore ortografico per sottolineare il carattere a dir poco ridicolo di alcune notizie riguardanti l’Egitto che circolano nel web e non solo)

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Devo ammetterlo: mi ero illuso, credevo che qualcosa fosse cambiato e invece…

La prima puntata della nuova avventura televisiva di Roberto Giacobbo, “Freedom – Oltre il confine”, non mi era dispiaciuta, anzi avevo apprezzato le belle immagini della tomba di Mehu – aperta al pubblico solo lo scorso settembre dopo quasi 80 anni dalla scoperta – e lo stile narrativo, volutamente amichevole e autoironico (ormai celebri sono i “permessi speciali” e le raccomandazioni fatte ai cameraman), che in alcuni casi preferisco a quello più ‘epico’ di Alberto Angela. Precisazione: il mio giudizio si limita al servizio sull’antico Egitto, l’unico che ho visto.

Tuttavia, giovedì scorso si è tornati nel classico solco del mistero che, con la scusa di voler sentire tutte le campane (cosa in genere buona e giusta), mette sullo stesso piano la cosiddetta ‘archeologia ufficiale’ e la fantarcheologia. Lungi da me pensare che ci siano verità dogmaticamente intoccabili, ma, se si vuole proporre teorie alternative, bisognerebbe avere alle spalle una solida preparazione, un metodo scientifico e argomentazioni che non si limitino a coincidenze numeriche, vaghe somiglianze o interpretazioni personali. Citando un altro Angela, il padre Piero, “Bisogna avere sempre una mente aperta, ma non così aperta che il cervello caschi per terra”.

Tornando alla seconda puntata di Freedom, l’argomento trattato si prestava particolarmente a speculazioni pseudostoriche di cui ho già parlato in questa rubrica: la piramide di Cheope. Perché nonostante il villaggio e i cimiteri degli operai, i graffiti nelle camere di scarico e la recente scoperta
dei papiri dello Wadi el-Jarf (erroneamente attribuita – questa volta per colpa del social media manager della trasmissione – a Zahi Hawass; immagine a sinistra), viene sempre riproposta la panzana dell’origine più antica della Grande Piramide. Opera di una civiltà di oltre 10.000 anni fa, il monumento sarebbe stato al massimo modificato da Khufu. A tal proposito, Giacobbo si domanda come sia stato possibile passare repentinamente attraverso i sistemi costruttivi così diversi della ‘Piramide a gradoni’ di Djoser, di quelle per l’appunto di Giza e degli esempi meno monumentali della V dinastia. Peccato che non si faccia riferimento alle fasi intermedie di Snefru (‘Piramide romboidale’, ‘Piramide rossa’ di Dashur) e all’evoluzione, durata comunque secoli, sia del pensiero religioso che del tessuto socio-economico dell’Egitto, non più in grado di supportare, alla fine dell’Antico Regno, opere come quelle della IV dinastia. In sostanza, non c’è stata nessuna perdita improvvisa di conoscenza tecnologica.

Altro indizio per una presunta retrodatazione della piramide sarebbe la presenza di proto-geroglifici – mille anni più antichi di Cheope – in fondo a un condotto esplorato da un robot. Così come la Camera del Re (dove si trova il sarcofago in granito), anche la sottostante Camera della Regina ha due lunghi tunnel dalla sezione quadrata di circa 20 x 20 cm che salgono con pendenza variabile verso l’esterno. Dopo essere stati individuati nel 1872 dagli scozzesi Waynman Dixon e James Grant (in origine, infatti, le aperture erano nascoste dal rivestimento della stanza), si è cercato di indagarli a più riprese, anche con mezzi altamente tecnologici. In particolare, per il condotto meridionale sono stati adottati ben 4 robot cingolati: nel 1992 Upuaut aveva prodotto scarsi risultati; nel 1993 Upuaut 2 era riuscito a salire per circa 63 metri fino a incontrare una lastra di calcare con due maniglie di bronzo; nel 2002 la National Geographic Society aveva inviato, con diretta TV, un Pyramid Rover in grado di forare la ‘porta’ e vedere con una microcamera che oltre l’ostacolo si trovava un piccolo segmento e una chiusura analoga; infine, nel 2009, il progetto Djedi, ideato dall’ingegnere Rob Richardson della University of Leeds, adottò una snake-camera snodabile così da documentare anche le pareti laterali del vano scoperto in precedenza.

Source: newscientist.com

Ed effettivamente una sorpresa in quest’ultimo caso ci fu quando si notarono segni dipinti in rosso sulla pietra (immagine a sinistra). Segni che, senza aspettare la prima pubblicazione scientifica del team (Hawass Z. et alii, First report: video survey of the southern shaft of the Queen’s Chamber in the Great Pyramid, in ASAE vol. 84, 2010), erano stati definiti proto-geroglifici.

Le più antiche testimonianze conosciute di scrittura egizia vengono dalla tomba U-j di Umm el-Qa’ab (3320-3150 a.C.), nei pressi di Abido. In questa sepoltura, forse appartenuta al re Scorpione I, sono stati scoperti vasi con segni d’inchiostro, impronte di sigillo e soprattutto etichette d’osso e avorio che recano toponimi interpretati come un’embrionale suddivisione amministrativa del territorio alla fine del Predinastico. Non sarà stato il 3500 a.C. come detto in trasmissione, ma comunque una simile datazione dei segni nel condotto, se fosse stata confermata, avrebbe sconvolto tutte le nostre credenze sul monumento e sull’intera storia dell’antico Egitto.

Source: Djedi Project
Source: Luxor Times

In realtà, anche se le immagini girate dalla microcamera (vedi in alto) non sono chiarissime, bastano comunque per confermare la datazione ‘ufficiale’. Nella piramide, infatti, ci sono molti segni simili, fra l’altro vergati analogalmente in inchiostro rosso, come l’iscrizione con il cartiglio stesso di Cheope nella cosiddetta Camera di Campbell (foto a destra). Si tratta di semplici appunti lasciati dagli operai con numeri, date e nomi delle diverse squadre di lavoratori (qui un articolo di approfondimento). D’altronde, chiunque sia stato in un cantiere sa benissimo che le pareti di tutti gli edifici, sotto la vernice o la carta da parati, sono piene di scritte e numeri lasciati da muratori ed elettricisti per facilitarsi il lavoro.

E quindi, come interpretare i segni in ocra rossa del condotto meridionale se non proto-geroglifici? Hawass e i co-autori del report scrivono che si tratta di cifre in ieratico, la forma di scrittura corsiva dell’egiziano antico. Luca Miatello, ricercatore indipendente, rincara la dose leggendo “121”, tesi condivisa da James Allen, celebre egittologo americano ed esperto in lingua che tutti gli studenti conosceranno per aver imparato i geroglifici sul suo libro “Middle Egyptian: An Introduction to the Language and Culture of Hieroglyphs”. Mi chiedo solo perché, nella sbandierata volontà di dar voce a tutti, non sia stato interpellato sulla questione proprio Hawass, direttore del Progetto Djedi, che ha accompagnato Giacobbo nella visita della piramide. Il vero quesito è la funzione sconosciuta di questi canali, detti impropriamente “d’areazione”, che da alcuni vengono indicati come passaggi simbolici per l’anima del faraone verso le stelle circumpolari.

Infine, non poteva mancare il riferimento allo studio che negli ultimi anni ha catalizzato l’attenzione dei media: lo Scan Pyramids Project. Ne ho parlato ampliamente sul blog, quindi dico solo che una squadra internazionale di scienziati ha effettuato indagini non invasive con l’utilizzo di particelle muoniche individuando due anomalie nella Piramide di Cheope (immagine in alto). In particolare, sarebbe stato rilevato un ampio vuoto sopra la Grande Galleria, interpretato troppo frettolamente come “stanza segreta”. Ormai dovremmo aver imparato la lezione dalla lunghissima vicenda delle camere nascoste nella tomba di Tutankhamon e quindi sarebbe opportuna maggior cautela nei proclami aspettando ulteriori esami (che fra l’altro sono stati annunciati in esclusiva durante la puntata dallo scettico Hawass che ha parlato di due nuovi gruppi di studiosi, giapponesi e americani, attesi a Giza per l’inizio del 2019). Appare quindi come minimo prematura l’ipotesi di Giulio Magli, docente di matematica e archeoastronomia presso il Politecnico di Milano, che basandosi sulla lettura dei Testi delle Piramidi ha parlato della presenza nella camera di un trono di ferro meteoritico. Interpretare alla lettera le fonti scritte è sempre sbagliato, a maggior ragione quando non ne si conosce il contesto. Quel vuoto, per quello che sappiamo ora, potrebbe avere semplicemente una funzione strutturale o pratica nel realizzare la galleria sottostante, quindi è inutile fare ragionamenti sul suo contenuto.

In ogni caso, la teoria di Magli si basa soprattutto sulla formula 536 dei Testi delle Piramidi, presente solo nella piramide di Pepi I (VI din., 2330-2280 a.C.; quindi lontana circa tre secoli dal regno di Cheope durante il quale non si hanno tracce di questi enunciati religiosi).

Sethe K., Die Altaegyptischen Pyramidentexte Pyramidentexte nach den Papierabdrucken und Photographien des Berliner Museums, 1908

Tuttavia, viene presa in considerazione solo la versione di Faulkner (The Ancient Egyptian Pyramid Text, 1969) che per l’ultima parte della formua (Pyr. 1293a) recita: “Sit on this your iron throne”. Questo ferro, secondo Magli, sarebbe quello meteoritico per la menzione in precedenza delle “porte del cielo”. Altri studiosi, invece, hanno tradotto il termine biA (in questo caso, evidenziato in alto, è biAi) come “rame”, “bronzo” (Sethe 1962, p. 119; Curto 1962, p. 67), genericamente “metallo” (Allen 2005, p. 168) o, come aggettivo “fermo/eterno/brillante” (Speelers 1934, p. 308; Mercer 1952, p. 253). Appare quindi evidente che, per un’interpretazione così dibattuta, non sia sufficiente scegliere solo la versione che fa al proprio caso, soprattutto se non si è filologi.

Per una trattazione più ampia dell’argomento e per i riferimenti bibliografici precedenti, rimando all’articolo di Lalouette: Le «firmament du cuivre»: contribution à l’étude du mot biA.

 

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#ScanPyramids: confermata la presenza di un grande “vuoto” nella Piramide di Cheope?

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Source: ScanPyramids

Vi avverto: tra eclissi datanti, Popoli del Mare e camere nascoste, il prossimo sarà un periodo pieno di grandi proclami in cui i giornali sguazzeranno. Iniziamo con la notizia pubblicata oggi su Nature che riporta all’attenzione pubblica, dopo mesi di silenzio, il progetto #ScanPyramids. Riassumendo brevemente, un team internazionale (HIP.institute, Università del Cairo, Université Laval, Nagoya University) sta utilizzando le tecnologie più avanzate per analizzare la struttura interna delle grandi piramidi di IV dinastia. In particolare, l’obiettivo principale è l’individuazione di vuoti o altre anomalie all’interno della Piramide di Cheope. Grazie all’utilizzo dell’ormai tanto famosa quanto incomprensibile prospezione muonica (qui una breve spiegazione), nell’ottobre 2016, erano state riscontrate due cavità, una alla base del lato nord, dietro l’ingresso originale (presenza confermata anche da termocamere), l’altra in corrispondenza dell’angolo N-E, a 105 metri d’altezza. Ma poi, complice anche lo scetticismo delle autorità locali e soprattutto di Zahi Hawass, si era deciso di verificare questi risultati con altri esami effettuati tra agosto 2016 e luglio 2017. I nuovi rilevamenti confermerebbero l’ipotesi del fisico giapponese Kunishiro Morishima: un grande vuoto posto sopra la Grand Gallery, tra i 50 e i 70 metri dalla base del monumento. Con una lunghezza di più di 30 metri, la struttura sarebbe la più grande scoperta nella piramide dall’Ottocento. Infatti, in corrispondenza di quell’area, viene segnalato un eccesso di muoni (particelle prodotte dai raggi cosmiche) non assorbiti dalla roccia che sono stati rilevati da piattaforme posizionate nella Camera della Regina e fuori dalla piramide.

Da notare, però, che questa volta, memori della precedente tirata di orecchi dal Ministero delle Antichità, nessuno si è azzardato a parlare di “camere”. In ogni caso, al momento è inutile fare ipotesi sulla natura dell’anomalia, anche perché non è ancora possibile sapere se questa sia orizzontale o obliqua come la galleria sottostante. Nonostante ciò, c’è già qualcuno che si è avventurato in spiegazioni parlando di un condotto utilizzato per trasportare i pesanti blocchi di copertura della Camera del Re o comunque legato alla costruzione della Grand Gallery stessa.

Aggiornamento (3 novembre 2017):

Come prevedibile, è arrivata la risposta piccata del Ministero delle Antichità. Mostafa Waziry, Segretario Generale del Supreme Council of Antiquities, ha parlato di conclusioni troppo precipitose per uno studio preliminare e di termini inadeguati considerati addirittura propagandistici. Il comunicato si riferisce a parole come “scoperta”, “camera segreta”, “galleria”, “tunnel” (a dir la verità, usate soprattutto dalla stampa) e in particolare ad alcune interviste rilasciate dallo stesso Mehdi Tayoubi, co-direttore dello ScanPyramids Project. Ma il vero problema è stato sicuramente la pubblicazione della notizia senza l’approvazione del Ministero – che ha l’esclusiva degli annunci e che ha revocato concessioni di scavo a missioni archeologiche per scavalcamenti simili – e del comitato scientifico permanente (Zahi HawassMark Lehner, dir. Ancient Egypt Research AssociatesMiroslav Barta, dir. della missione ceca a Saqqara, e Rainer Stadelmann, ex dir. del Deutschen Archäologischen Institut Kairo) che giudica i risultati del progetto. Lehner, infatti, ha riferito come già si conoscesse la presenza di vuoti lasciati durante la costruzione della piramide, paragonata così alla groviera più che al cheddar (cit.). Quindi niente di nuovo. La risposta di Hawass è stata ancora più categorica: “Questa pubblicazione non fornisce niente all’Egittologia. Zero”.

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#ScanPyramids: confermate le anomalie della Piramide di Cheope

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Dopo un anno di ricerca, si cominciano a trarre le prime conclusioni per lo ScanPyramids Project; tuttavia, rispetto a quanto detto finora, le novità sono veramente poche. Il progetto internazionale mirava ad analizzare la struttura interna delle grandi piramidi di IV dinastia grazie all’uso delle tecnologie più avanzate come laser scanner, termografia a infrarossi e radiografia muonica. In questi 12 mesi, sono state studiate, alla ricerca di eventuali camere sconosciute, la Piramide romboidale di Snofru e la quella di Cheope. Se la prima è servita, più che altro, per tarare gli strumenti, nella seconda sono state evidenziate due anomalie nell’angolo nord-est e poco sopra l’ingresso alla rampa discendente sul lato nord. Al momento, non si conoscono ulteriori dettagli. Ieri, infatti, Hany Helal e Tayoubi Mehdi, direttore e vicedirettore del progetto, hanno presentato questi risultati al comitato scientifico formato, per conto del Ministero delle Antichità, da Zahi Hawass, Mark Lehner (dir. Ancient Egypt Research Associates), Miroslav Barta (dir. della missione ceca a Saqqara) e Rainer Stadelmann (ex dir. del Deutschen Archäologischen Institut Kairo). Durante l’incontro è stato deciso di prolungare di un anno la concessione di ricerca così da determinare dimensioni e natura delle anomalie.

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Aggiornamento (15 ottobre 2016):

L’HiP.Institute ha rilasciato una relazione che fornisce maggiori informazioni sui risultati conseguiti nell’ultimo anno. L’anomalia sul lato nord (immagine in alto), quella in prospettiva più promettente, sembrerebbe coincidere con un “vuoto” dietro l’ingresso originale. Forma, dimensioni ed esatta posizione di questa anomalia saranno determinate, alla fine di ottobre, con una ulteriore scansione muonica che prevede 12 piattaforme istallate nel corridoio discendente. Sull’angolo N-E, invece, sarebbe stata individuata una cavità a 105 metri d’altezza.

http://www.hip.institute/press/HIP_INSTITUTE_CP9_EN.pdf

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L’imperfezione della Piramide di Cheope

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Credit: Mark Lehner

Il titolo dell’articolo è ovviamente una provocazione verso tutti coloro che, convinti dell’esistenza di avanzatissime tecnologie scomparse nell’antichità, parlano di costruzioni del passato più precise di quelle contemporanee. Il recente studio dell’ingegnere Glen Dash e dell’egittologo Mark Lehner – che da anni dirige a Giza la missione dell’Ancient Egypt Research Associates (AERA) -, infatti, ha portato a dati perfettamente ipotizzabili e che, comunque, non tolgono niente alla perizia tecnica utilizzata per realizzare una delle 7 meraviglie del mondo antico: la base della Piramide di Cheope non è perfettamente quadrata.

Il grande monumento funebre, costruito intorno al 2560 a.C. (e non 12 mila anni fa…), originariamente era ricoperto da lastre di calcare che, nel corso dei secoli, sono state asportate come materiale edile di riuso. Proprio la mancanza del rivestimento non ha permesso finora una misurazione precisa delle dimensioni della piramide. Tuttavia, i ricercatori della Glen Dash Foundation hanno considerato i pochi blocchi rimasti alla base (immagine in alto) e gli 84 segni ancora visibili sulla piattaforma dove poggiavano calcolando, con metodi statistici, il vero andamento del perimetro. In base ai calcoli effettuati, il lato est misurerebbe dai 230,295 ai 230,373 m, mentre quello ovest dai 230,378 ai 230,436 m portando, così, a una differenza di soli 8,3-14,1 cm. Un’inezia se paragonata alla stazza della piramide ma sufficiente, forse, a smontare qualche teoria fantarcheologica.

Per maggiori informazioni: http://dashfoundation.com/downloads/archaeology/as-published/AERAGRAM16_2_GDash.pdf 

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Arrestati tre uomini per aver venduto pezzi delle piramidi di Giza: il VIDEO

Che l’area archeologica di Giza non fosse il posto più accogliente per i visitatori si sapeva già da tempo, ma ora è stato oltrepassato ogni limite di decenza. Ai cumuli di spazzatura, alle decine di invasivi venditori di souvenir, ai mucchi di escrementi di cavalli e dromedari, si sono aggiunti anche criminali, perché non possono essere definiti diversamente, che vendono veri pezzi delle piramidi. Rumor giravano ormai da una settimana, ma erano stati smentiti ufficialmente dalle autorità locali del Ministero delle Antichità (il vizio di insabbiare verità scomode è purtroppo ben noto a noi Italiani a causa delle ultime tragiche notizie di cronaca).

Ma, dopo la diffusione di ieri di un video girato da giornalisti di Dotmsr, oggi la Polizia per il Turismo e le Antichità è stata “costretta” ad arrestare tre uomini, conducenti di cammelli, sospettati di aver martellato blocchi della Piramide di Micerino e di aver venduto i frammenti di roccia a turisti per 250-5000 LE (dai 28 ai 570 euro circa).

Questa vergogna si aggiunge alla bravata di un giovane tedesco, Andrej Ciesielski, che, un paio di giorni prima, aveva scalato indisturbato la Grande Piramide riprendendo l’ascesa con la sua Go-Pro e meritandosi, così, la cacciata a vita dall’Egitto (e gli è andata bene visto che la pena prevista dalla legge egiziana prevede fino a tre anni di prigione).

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Da rifare il processo a Erdmann e Görlitz

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Source: mz-web.de

Ricordate il caso Görlitz-Erdmann? I due ciarlatani beccati a rubare campioni di roccia all’interno della Grande Piramide di Giza per provarne la datazione a 13.000 anni fa? Se non ne avete mai sentito parlare, qui potete trovare tutti i particolari della vicenda. In ogni caso, i due tedeschi, più il loro cameraman, erano stati condannati in contumacia (ovviamente perché scappati dall’Egitto) a 5 anni di carcere, soprattutto per aver raschiato pigmenti di un cartiglio di Cheope. Ma, nonostante la richiesta ufficiale all’Interpol di un mandato di cattura internazionale, in patria se l’erano cavata solo con una multa di 1200 euro. I sei egiziani accusati di averli aiutati, invece, sono stati puniti con 22 mesi di reclusione. Ora, però, il quotidiano regionale della Bassa Sassonia Mitteldeutsche Zeitung fornisce qualche speranza ai due “pseudo-archeologi” segnalando che gli avvocati di uno dei complici, il tour operator Fergany Al Komaty, sono riusciti a far riaprire il caso e a far liberare il loro assistito dopo 18 mesi. Poi, sono stati rilasciati anche gli altri cinque, tre ispettori del Ministero delle Antichità e due guardiani del sito. Sembra, infatti, che alcuni capi d’imputazione siano stati messi in dubbio e che, per questo, sia necessario iniziare un nuovo processo. Erdmann e Görlitz sperano che cada l’accusa più grave che loro hanno sempre rigettato, cioè quella di aver danneggiato il cartiglio reale tracciato in rosso nella “Campbell’s Chamber”.

http://www.mz-web.de/mitteldeutschland/archaeologe-dominique-goerlitz-aegypten-laesst-alle-helfer-von-sachsens-indiana-jones-frei,20641266,32950342.html

Categorie: traffico di antichità | Tag: , , , , | 2 commenti

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