Articoli con tag: USA

Sarcofago di Epoca Tarda restituito all’Egitto dagli USA

Source:  bbc.com

Inauguriamo il 2023 con una notizia riguardante la restituzione all’Egitto di un sarcofago illegalmente esportato negli USA. Il mercato nero di antichità, che è cresciuto esponenzialmente subito dopo la rivoluzione del 2011, ha spinto le autorità egiziane a istituire un dipartimento apposito che negli ultimi 10 anni è riuscito a recuperare circa 29.300 oggetti.

Questa volta il successo è dovuto alla collaborazione con gli Stati Uniti e in particolare al lavoro della Procura distrettuale di Manhattan, già coinvolta nelle indagini sul sarcofago dorato di Nedjemankh, finito al Metropolitan Museum, e su altri reperti egizi. Il canale attraverso cui tutti questi pezzi sono arrivati in America è infatti lo stesso e passava per la Germania. Nel caso specifico, secondo quanto riferito dal procuratore distrettuale Alvin Bragg, il sarcofago sarebbe stato trafugato nell’area di Abusir, necropoli a sud del Cairo, e contrabbandato nel 2008. Successivamente è stato prestato da un collezionista privato prima al Michael C. Carlos Museum della Emory University e dal 2013 al Museo di Scienze Naturali di Houston, Texas, che ovviamente non si è opposto al rimpatrio dopo aver appurato l’origine illegale dell’oggetto.

Il sarcofago antropoide in legno, lungo 294 e largo 90 cm, apparteneva a un sacerdote di nome Ankhenmaat, vissuto a Eracleopoli in Epoca Tarda (664-332 a.C.). Il “Green Giant”, così ribattezzato per il caratteristico colore verde del volto e per le dimensioni (il coperchio pesa circa 500 kg), in realtà era stato già restituito a settembre, ma la cerimonia ufficiale di consegna si è tenuta solo ieri al Cairo, alla presenza del ministro degli Esteri egiziano, Sameh Shukry, il ministro del Turismo e delle Antichità, Ahmed Eissa, il segretario generale del Supremo Consiglio delle Antichità, Mostafa Waziry, e di Daniel Rubinstein, l’incaricato d’affari americano in Egitto.

https://eg.usembassy.gov/u-s-embassy-egyptian-government-celebrate-the-return-of-historic-sarcophagus-to-the-egyptian-people/

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Nel 2021 recupertati dall’Egitto oltre 5300 reperti archeologici trafugati

Source: reuters.com

Fine anno, periodo di bilanci.

Shaaban Abdel-Gawad, coordinatore generale del Dipartimento Rimpatrio delle Antichità, ha riferito in un’intervista al canale satellitare Al-Hayat che dal 2011, dopo lo scoppio della primavera araba, sono stati recuperati circa 30.000 reperti illegalmente esportati dall’Egitto. In particolare, nel 2021 sono state oltre 5300 le antichità restituite da paesi stranieri. Gran parte dei pezzi, 5000 tra papiri, ostraka, maschere funerarie e altri frammenti di sarcofago, provengono dal Museo della Bibbia di Washington. Poi se ne contano 114 dalla Francia, 95 da Israele, 3 da Londra, 2 dall’Italia, 2 dal Belgio, 1 dal Canada e, più recentemente, 36, tra cui la testa di una statua di Sekhemet, dalla Spagna (foto in alto). A questi si aggiungono altri oggetti trafugati e finiti in Olanda, Germania, Cipro, Giordania e Libano. Ben 813 reperti, invece, sono stati sequestrati nel solo mese di novembre nei porti e aeroporti egiziani prima che lasciassero il paese.

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La statua di Sekhemka forse negli USA

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Source: AFP

Le indiscrezioni che volevano la statua di Sekhemka negli USA potrebbero essere fondate. Lo scorso aprile, infatti, allo scadere del divieto di esportazione della scultura, si era parlato di un collezionista statunitense dietro l’offerta vincente di 14 milioni di sterline, 17.645.576 € (15,762,500 £ in totale con le spese accessorie) all’asta di Christie’s del 10 luglio 2014. A confermarlo ci sarebbe un documento presentato al parlamento britannico dal Department for Culture, Media and Sport (link in fondo all’articolo) in cui, per il reperto, si apriva una procedura di esportazione oltreoceano. Il report risale a circa 6 mesi fa, ma la notizia è trapelata solo ora dopo l’interesse della BBC.

Caso 14, pag. 43: https://www.gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_data/file/522346/4821_ACE_Export_Objects_Cultural_Interest_2014-15.pdf

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Bufale eGGizie*: le piramidi sono granai

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Source: archeoricette.com

(*A scanso di equivoci, il nome della rubrica contiene volutamente un errore ortografico per sottolineare il carattere a dir poco ridicolo di alcune notizie che riguardano l’Egitto)

Odio quando la gente parla di cose che non conosce e, ancora di più, quando pretende di aver ragione. E, purtroppo, in archeologia succede spesso. Molti, troppi, con la scusa del «da piccolo avrei voluto fare l’archeologo, ma poi sono diventato ingegnere» (niente di personale, è solo un esempio) e con alle spalle una “solida” documentazione, quando va bene, su wikipedia, si arrogano il diritto di mettere in dubbio dati SCIENTIFICI supportati da anni di studi di professionisti che si occupano di antichità per lavoro, non nel tempo libero. Perché l’archeologia è un MESTIERE, non una passione (o, meglio, non solo), un hobby, un passatempo. Si è lottato tanto per il nostro riconoscimento, non solo a livello legislativo, ma una parte dell’opinione pubblica è ancora convinta che chiunque potrebbe occuparsi, allargando un po’ il discorso, di cultura. Non a caso, lo Stato se ne approfitta sfruttando “volontari” in musei, monumenti, scavi e in altre mansioni che dovrebbero essere affidate solo a persone competenti che hanno speso tempo e denaro per la loro formazione. Nel fine settimana, io non mi metto a curare carie o a progettare rotonde. Allora per quale motivo uno che fa tutt’altro nella vita dovrebbe pretendere di saperne di più di chi ha laurea, specializzazione, dottorato, esperienza sui libri e sul campo?

Tutto questo sfogo perché, ormai da qualche anno, mi occupo di divulgazione archeologica sul web e continuo a veder spuntare siti o blog di “amatori” che pubblicano SPAZZATURA. Niente in contrario con chi condivide con gli altri il proprio amore per la storia, anzi. Mi riferisco, piuttosto, a tutti quei cialtroni che, per ignoranza o, peggio, per guadagno, fanno girare vere e proprie fandonie senza alcun fondamento che, però, vengono prese per buone dal pubblico che non controlla le fonti. Questa situazione è ancora più grave per l’antico Egitto, la cui aurea di mistero ed esotismo è terreno fertile per fantarcheologi, ufologi, new ager, cospirazionisti e creazionisti. Non passa settimana che qualcuno non mi chieda di alieni, Atlantide, retrodatazioni, verità nascoste o roba simile e, alle mie risposte, gli interlocutori sembrano restare delusi. Infatti, la corretta spiegazione agli enigmi della storia è quasi sempre la più semplice.

Così, era da un po’ di tempo che pensavo di lanciare una nuova rubrica in cui confutare le grandi bufale che girano intorno al mondo dell’egittologie e l’occasione si è proposta negli ultimi giorni grazie a Benjamin Carson. A chi non segue l’attualità politica statunitense, non dirà niente questo nome che è saltato alla ribalta soprattutto sui social. Si tratta di un ex neurochirurgo in corsa alle primarie del Partito Repubblicano per le elezioni presidenziali del 2016; insomma, un pretendente alla Casa Bianca. Lo scorso 4 novembre (ricordo, il 93° anniversario della scoperta della tomba di Tutankhamon), un giornalista della CBS gli ha chiesto se credesse ancora in una sua teoria espressa diciassette anni fa, ottenendo una conferma. Nel 1998, infatti, durante una conferenza alla Andrews University, Carson affermò che le piramidi non sono costruzioni degli alieni (e fin qui, tutto bene) ma neanche tombe, bensì granai realizzati da Giuseppe figlio di Giacobbe. Già, quello delle vacche grasse e vacche magre. Se non ci credete, andate al minuto 3.44:

L’origine di queste dichiarazioni è spiegata dall’adesione di Carson alla Chiesa Avventista del Settimo Giorno che crede nell’infallibilità delle Sacre Scritture. In questo modo, Giuseppe, dopo aver interpretato i sogni del faraone, sarebbe diventato visir e avrebbe fatto costruire le piramidi per immagazzinare il grano durante i periodi di fertilità. In realtà, però, la Bibbia non fa alcun riferimento alle piramidi; basta leggere i versetti in questione:

“Giuseppe aveva trent’anni quando entrò al servizio del faraone, re d’Egitto. Quindi Giuseppe si allontanò dal faraone e percorse tutta la terra d’Egitto. Durante i sette anni di abbondanza la terra produsse a profusione. Egli raccolse tutti i viveri dei sette anni di abbondanza che vennero nella terra d’Egitto, e ripose i viveri nelle città: in ogni città i viveri della campagna circostante. Giuseppe ammassò il grano come la sabbia del mare, in grandissima quantità, così che non se ne fece più il computo, perché era incalcolabile”. (Genesi 41, 46-49)

Si parla, a seconda delle traduzioni, di “depositi” o “magazzini del re”. Allora come si è arrivati a una conclusione simile? Questa credenza si diffuse nel Medioevo, con le prime fonti che presentano le piramidi come grandi silos che risalgono al VI secolo, forse per un errore nell’etimologia del nome accostato a “pyros”, grano in greco. Tra gli esempi più famosi, si può ricordare l’Historia Francorum di Gregorio di Tours (1.10) del 574-593. I testi in questione, cristiani e arabi, nel corso dei secoli hanno influenzato anche l’arte religiosa, come si può osservare in uno splendido mosaico del XII secolo in una delle cupole di San Marco a Venezia (tra le mani di Carson nell’immagine in alto).

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Source: moy.guide

Ma veniamo al momento delle smentite. Prima di entrare nel particolare con le spiegazioni, però, ragioniamo con l’ovvio. A sinistra potete vedere lo schema della struttura interna della Piramide di Cheope che, al di là di poche stanze e corridoi, è piena. Perché costruire un magazzino di 7 milioni di tonnellate per conservare qualche quintale di cereali? Inoltre, non mi sembra così comodo spingere ceste piene di materiale su per la ripida Grande galleria.

Ma faccio finta che queste osservazioni non bastino e passo alle prove. Non ci sono dubbi che le piramidi fossero tombe grazie a testimonianze scritte e archeologiche. Prima di tutto, sono ben chiari i passi che, nel corso dell’Antico Regno, hanno portato alla trasformazione delle sepolture reali. Nel Protodinastico, i faraoni erano sepolti nelle, o meglio, sotto le mastabe (dall’arabo “panca”), strutture monumentali in pietra o, più spesso, mattoni crudi dalla forma troncopiramidale. Queste tombe sono una regolarizzazione dei tumuli funerari e hanno anche un’origine ideologica. Nella teologia eliopolitana, infatti, il demiurgo, Atum o Ra, si autogenera sulla collina primordiale che emerge dalle acque indistinte del Nun. Quindi, la mastaba, come successivamente la piramide, è la riproduzione del monticello dove avviene per la creazione iniziale detta, appunto, sep-tepi , la “Prima volta”. Questa simbologia rimanda alla rinascita del faraone dopo la morte e al suo compito di reiterare ciclicamente la creazione originale. Con la III dinastia, si ha il primo passo verso la struttura sepolcrale definitiva che si avrà solo a Giza. La mastaba di Djoser (2680-2660) subì progressivi ampliamenti, secondo le fonti voluti dall’architetto Imhotep che aggiunse altri piani realizzando prima una piramide a quattro gradoni e poi la definitiva a sei alta 60 metri. Poi, all’inizio della IV dinastia, Snefru (2650-2609) si fece costruire addirittura tre piramidi, una a Meidum (in realtà, regolarizzò le facciate di una struttura a sette o otto gradoni preesistente, probabilmente opera di Huni) e due a Dashur, la “Piramide romboidale” e la “Piramide rossa”. La strana forma della anche detta “Piramide a doppia pendenza” evidenzia il mancato raggiungimento del progetto finale di Cheope (2605-2580) e dei suoi successori Chefren e Micerino. In ogni caso, questo tipo di tomba verrà adottato fino alla XIII dinastia e, in versione molto più ridotta, anche come segnacolo delle sepolture di Nuovo Regno.

Già che ci sono, e spero di non doverci tornare su, sfato un’altra leggenda metropolitana sull’Egitto: le piramidi sono in tutto il mondo, dalla Cina al Messico, perché opera di un’unica civiltà perduta, Atlantide o simili, dall’alto livello tecnologico (gli alieni non li prendo nemmeno in considerazione). L’evoluzione verso la forma piramidale ha anche motivazioni strutturali. Esperimento 1: prendete una manciata di sabbia e fatela cadere lentamente su uno stesso punto. Vedrete che si formerà un mucchietto a punta con l’inclinazione di circa 51 gradi, la stessa della Grande Piramide. Esperimento 2: prendete delle formine da bambini, quelle che riproducono le principali figure solide. Provando a capovolgere un cilindro, una sfera, un parallelepipedo o, appunto, una piramide, in quale caso impiegate più forza? Appunto. Tutto questo per spiegare empiricamente che la piramide è la forma più stabile, la soluzione ideale per realizzare grandi opere sviluppate verso l’alto ed è normalissimo che diverse culture siano arrivate a costruire monumenti simili senza il bisogno di essere entrate in contatto.

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Gli USA aiuteranno l’Egitto nella salvaguardia della Sfinge

Source: egypt.usembassy.gov

Source: egypt.usembassy.gov

Durante una visita ufficiale a GizaStephen Beecroft, ambasciatore americano in Egitto (quello con la camicia a quadri), ha annunciato che gli USA continueranno a supportare economicamente il paese africano nella salvaguardia del suo patrimonio storico-archeologico. In particolare, Beercroft ha confermato che l’U.S. Agency for International Development (USAID) continuerà ad aiutare gli Egiziani a proteggere la Sfinge dall’acqua della falda freatica che ne minaccia la base. Il problema era apparso nel 2006 mettendo in pericolo il monumento e la “Città dei costruttori delle piramidi”, ma è stato temporaneamente risolto abbassando il livello idrico. La stessa cosa era successa nella Vecchia Cairo, a Luxor e a Edfu dove, sempre grazie all’intervento dell’USAID, si è evitato il peggio. Dal 1995, l’agenzia statunitense ha fornito circa 100 milioni di dollari per la conservazione e il restauro di siti che si trovano nella Cittadella della capitale, a Giza, Luxor, Alessandria, Sohag e sul Mar Rosso.

http://egypt.usembassy.gov/pr090315b.html

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Corte d’Appello USA rifiuta sequestro della maschera di Ka-Nefer-Nefer

Ka-Nefer2Sfruttando l’atmosfera dei Mondiali, si potrebbe scrivere: USA-St. Louis Art Museum 0-2. Il governo americano, infatti, perde di nuovo nella causa fratricida contro il museo per la gestione della maschera funeraria di Ka-Nefer-Nefer. La bellissima maschera in cartonnage con foglie d’oro e inserti vitrei apparteneva a una donna della XIX dinastia (1200 a.C. circa) e fu scoperta nel 1952 a Saqqara. Poi, se ne persero le tracce tra il 1966 e il 1973 quando fu spedita al Cairo per essere restaurata. Infatti, non si sa come abbia lasciato l’Egitto e sia finita alla Phoenix Ancient Art, galleria specializzata nella vendita di reperti archeologici, che nel 1998 l’ha ceduta al St. Louis Museum per 499.000 $.

Da quel momento, è iniziata la disputa legale con una prima richiesta di restituzione nel 2006 da parte di Zahi Hawass e con la causa civile intentata dal governo degli USA che ha provato a sequestrare il reperto ai sensi delle leggi doganali sulle antichità rubate (19 U.S.C. § 1595a). La Corte Distrettuale aveva rigettato la richiesta perché non esistono prove del furto (è nota la cattiva usanza dei funzionari egiziani di usare i reperti come doni o merce di scambio) e, inoltre, aveva redarguito il governo per non aver saputo applicare il regolamento e per aver voluto intromettersi nelle competenze del museo.

Così, i legali di Washington hanno provato a ritoccare la richiesta, ma è arrivata la seconda sconfitta perché la Corte d’Appello dell’8° Circuito (Missouri) ha rifiutato la richiesta di modifica di denuncia per la scadenza dei termini. Quindi, a causa di questo ritardo, la maschera rimarrà a Saint Louis.

http://www.artlawreport.com/2014/06/12/appeals-court-rules-mask-of-ka-nefer-nefer-will-stay-at-st-louis-art-museum-because-government-missed-deadlines/

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Donna americana restituirà reperti all’Egitto

BqhN5ABCMAA2x0ECynthia Croasdaile, americana ed ex residente di Alessandria, restituirà la sua collezione di ushabti dopo aver letto l’articolo del New York Times che, nello scorso marzo, aveva riportato la richiesta d’aiuto dell’Egitto per arginare i saccheggi esplosi dopo il 2011. Colpita dalla pessima situazione del patrimonio archeologico egizio, la donna ha deciso di privarsi della sua piccola “collezione” di famiglia, composta da pezzi della XXVI din. (685-525 a.C.), che apparteneva al padre quando negli anni ’70 lavorava per la Phillips Petroleum nel deserto occidentale. Un gesto sicuramente da sottolineare più per il simbolo che per l’effettiva importanza dei reperti che torneranno in patria. La notizia è stata ufficializzata durante una conferenza stampa presso l’Ambasciata d’Egitto a Washington.

http://www.egyptembassy.net/

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Torneranno in Egitto 8 reperti sequestrati negli USA

To repatriate to Egypt from USA by Luxor Times 1b

Source: luxortimesmagazine.blogspot.it

Durante un viaggio ufficiale negli USA, il ministro Ibrahim ha terminato le pratiche burocratiche per il rimpatrio di 8 reperti egizi sequestrati alla dogana aeroportuale di New York nel 2011. Torneranno in Egitto due sarcofagi lignei dipinti (tra cui quello in foto) risalenti all’Epoca Tarda e al periodo greco-romano, una maschera di cartonnage e un coperchio di sarcofago del III Periodo Intermedio, un sudario di lino con perline colorate, due modellini di barca in legno del Medio Regno e una statuetta in calcare, ancora del III P.I. Tutti gli oggetti provengono da scavi illegali e saranno riconsegnati al paese di origine entro la fine del mese, mentre si tratta ancora per altre tre antichità.

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